Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Tropius    06/11/2007    3 recensioni
Questo è il primo racconto che pubblico su EFP. E' una storia che ho scritto diversi anni fa e che ha come protagonista un ragazzo che scopre il sesso proprio il giorno in cui i genitori decidono di divorziare.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

UN UOMO E NIENTE PIU’

Marco era in bagno. Era in bagno sì, ma non per il motivo per cui tutti ci vanno. Sì, si stava masturbando. Una cosa che aveva conosciuto a undici anni e che adesso, dopo cinque, considerava del tutto normale. Pochi minuti di piacere, magari pensando a Lisa ("La bella fica della classe", come la chiamava Giulio, il suo migliore amico), che gli permettevano di non pensare alla scuola e ai rompipalle dei suoi genitori, che ormai da tre anni facevano finta di essere felici e di volersi ancora bene, quando Marco sapeva benissimo che erano a due passi dal divorzio.

Ipocriti, sì. I suoi genitori erano degli ipocriti, dei falsi, ma sopratutto dei pessimi attori. Ricordava molto bene quella volta che, tornato a casa da scuola, sua madre l'aveva accolto con un sorriso. Un sorriso, sì, ma con gli occhi gonfi di pianto. In cucina c'era suo padre, seduto alla tavola apparecchiata, che leggeva il giornale, e anche lui aveva un sorriso sulle labbra, sì: ma era rosso, rosso di una rabbia che cercava di contenere, ma che sarebbe esplosa di lì a poco se, adducendo come scusa il non aver fame e l'essere in ritardo, non se ne fosse andato in ufficio, tutto bello vestito e profumato. O come quell’ altra volta che si erano preparati per andare ad una festa organizzata dai colleghi di suo padre: lui non aveva detto niente a sua moglie e l'avvertì all'ultimo momento. Lei era pronta ad incazzarsi a morte, ma poi si rese conto che Marco era presente e, facendo finta di niente, andò a prepararsi.

Ecco, era questa l'ipocrisia e la falsità che i suoi genitori avevano fin nel midollo. Peccato che alla fin fine, non fossero poi tanto bravi a nascondere la realtà.

Marco raggiunse l'orgasmo. Sapeva che non era niente in confronto ad una vera sana scopata, e lo sapeva perché glielo avevano detto, ma per adesso bastava. Dopotutto, sebbene genitori e amici dicessero che era ancora immaturo e infantile, lui non era così stronzo da scoparsi la prima che capitava, voleva che almeno la ragazza lo interessasse. Anzi, il massimo sarebbe stato farlo con una che lo amava. E non per vantarsi, ma di ragazze che gli andavano dietro, un paio ne conosceva. Non era un Adone, questo no, ma era abbastanza "giusto" da rientrare nei canoni di preferenza femminile: alto, con i capelli neri, corti e tenuti sempre alla spina dal gel, e lineamenti da duro; era "giusto" , sì; almeno per quanto riguardava il suo paese, un piccolo paese di provincia dove è facile parlare, ma molto più ascoltare e credere come vere storie che non lo sono.

Marco si lavò e, dopo essersi sistemato, uscì di casa; i suoi genitori sarebbero tornati di lì a poco e non aveva voglia di trovarseli davanti. Ormai non sentiva più il calore familiare o l’amore per la famiglia che aveva prima; o almeno, per quanto riguardasse la sua, di famiglia. Anche la sola parola "famiglia" gli faceva saltare i nervi e lo trasformava in una belva, come quando aveva aggredito l'insegnante di religione che aveva parlato della bellezza di "appartenere ad una famiglia". All' inizio la professoressa, allibita e sconcertata dalle parole di Marco, aveva cercato di ribattere, ma alla fine fu costretta ad alzare bandiera bianca. Marco andava male a scuola, malissimo, ma la sua capacità oratoria era straordinaria: se c'era qualcosa che non gli andava, o che non gli piaceva, Marco lo diceva, e lo diceva in maniera tale che nessuno potesse replicare: o aveva ragione lui (e le sue ragioni erano sempre dimostrate), o aveva ragione lui (perché gli altri si arrendevano).

Non doveva incontrare nessuno in particolare, ma la voglia di non vedere i suoi genitori era troppo alta. E poi, ai giardini avrebbe sicuramente incontrato qualcuno che, o non aveva niente da fare, oppure, come lui, non voleva accettare la realtà, ma non era così coglione da drogarsi; al massimo una sigaretta, ogni tanto, giusto per fare qualcosa in più che i genitori proibivano. Perché la realtà era brutta; la realtà era che non c'era realtà. Perché tutti fingevano, dai suoi genitori, agli insegnanti, ai compagni, agli amici, se esistevano. Di tutte le persone che conosceva non ce n'era una che lui potesse dire "sincera". Tutti erano pronti a cambiare parere su qualsiasi cosa, a seconda delle persone con cui si trovavano; così i pantaloni o la maglietta nuova di Tizio erano belli se ti trovavi con Caio, brutti se ti trovavi con Sempronio. E alla fine l'immaturo era lui, Marco, che diceva quello che pensava e viceversa; e che sopratutto, faceva solo ciò che era in grado di fare, o che gli andava di fare. Forse era per questo che l’unica materia in cui andava abbastanza bene era la Filosofia dove, più che nelle altre materie, era necessario saper parlare e saper pensare. Non erano come la Matematica o la Fisica, dove tutto si riduceva ad un insieme di formule e numeri e dove niente poteva essere "tuo"; o come l'italiano, dove si trattava di ripetere a memoria vita, morte e miracoli degli autori, no. A Marco piaceva pensare, pensare di testa sua, senza che una fottutissima persona dovesse dirgli cosa pensare e, sopratutto, come pensare. Ed ecco spiegato perché Marco litigava con l'universo intero: perché l'universo intero aveva delle regole e non le seguiva; Marco le aveva, ma le seguiva.

Arrivato ai giardini Marco cominciò a guardarsi intorno, nella speranza di incontrare qualche viso conosciuto; non importava chi fosse, anche una persona non proprio "simpatica", ma che almeno lo distraesse dalla merda di vita che faceva. Fu accontentato: la maggior parte delle panchine erano vuote, dopotutto era ancora presto, le cinque, e le panchine dei giardini si popolavano dopo le sette, ma seduto su una di queste, tutto solo, perso nei suoi pensieri e intento a fumare una sigaretta, c'era Giulio.

Giulio era un compagno di classe di Marco, e il suo migliore amico. Non per niente, si conosceva­no da quando avevano sei anni e avevano frequentato le elementari e le medie nelle stesse classi. Non passava giorno che non si vedessero e, sebbene non lo dimostrassero mai e in nessun modo, si volevano un gran bene

- Ciao, Giulio - disse Marco sedendosi accanto all'amico e rubando la sigaretta, per poi inspirare il fumo come se fosse stata sua.

- Ciao. - rispose Giulio - Come va? -

- Come al cazzo. - era un rito che avevano, una sorta di "saluto dell'amico ritrovato" o una parola d'ordine che andava detta quando si incontravano. Stavolta però, Marco l'aveva detto in modo diverso e Giulio l'aveva capito

- E' successo qualcosa? -

- Mh mh. - rispose Marco, facendo cenno di "sì" con la testa.

- Che cosa? -

- Oggi mio padre mi ha detto che sta per divorziare da mia madre. –

- Mi dispiace. -

- Figurati - disse Marco, con tono noncurante - lo sapevo da un bel pò. Avevo capito che c'era qualcosa che non andava. A dire la verità, non me ne frega niente. -

- Non dire così - disse Giulio con tono ammonitivo - Non devi neanche pensarlo, potresti pentirtene.-

- E di che cazzo dovrei pentirmi? Di dare dolore ai miei genitori? - aveva i nervi a fior di pelle e Giulio l'aveva capito, perciò era meglio cercare di dirigere la conversazione su un altro argomento.

- Hey, è stata forte oggi Alessia, eh? - fece Giulio dopo un pò di silenzio. Marco rispose sorridendo. Frequentavano tutti e due il terzo anno del liceo scientifico, sempre nella stessa classe. Nes­suno dei due era una cima in nessuna materia, ma con l’inizio del nuovo quadrimestre si erano promessi di studiare un pò di più. Complessiva­mente però, la classe era una delle migliori dell'istituto. E Alessia era la migliore della classe: brava, superbrava, fisicamente non da buttare, ma sopratutto, sconsiderata: non guardava nessuno pur di raggiungere il suo obiettivo, ed era talmente sicura di ciò che faceva che era pronta ad intraprendere con i professori delle discussioni che spesso occupavano tutta l'ora; naturalmente, per questo era la benvoluta della classe. Quella mattina, per esempio, aveva attaccato il professore d’Italiano, che durante la lezione su Dante si era messo a parlare di politca. Un vero mostro, vista la testardaggine del professore

- Prima di andarsene in ufficio mi ha detto che doveva dirmi una cosa importante. - disse Marco

- Eh? - chiese Giulio, che non aveva capito di cosa Marco stesse parlando

- Mio padre. Mia madre era già al lavoro, così lui ne ha approfittato per parlarmi. Mi ha detto perché vuole divorziare da mia madre.-

- Perchè? -

- Si è trovato un' altra, quel coglione. –in un impeto di rabbia, diede un pugno alla spalliera della panchina

- Hey, quello è tuo padre, non dovresti parlare così di lui. –

- Ma cosa cazzo me ne importa? Lui va a scopare con la sua puttana, tradendo sua moglie e quello che si deve fare degli scrupoli sono io? -

- E' pur sempre tuo padre, e poi non puoi giudicare una situazione che non conosci. -

- Ma cosa c'è da conoscere? - Marco si stava davvero innervosendo - Mio padre ha tradito mia madre, è questa la verita, e io non ho alcuna intenzione di nasconderla.

- Sì, ma tu che ne sai se non c'è sotto qualcos’ altro, se il tradimento di tuo padre non è la fine di qualcosa iniziato chissà quanto tempo fa? -

Marco rimase per qualche secondo a fissare Giulio; stavolta aveva ragione, Marco conosceva solo la parte finale del litigio dei suoi. Del resto non sapeva niente. Si limitò ad annuire, guar­dando davanti a sé

- Ciao, ragazzi. - una voce femminile fece alzare lo sguardo ai due. E proprio lì, davanti a loro, si materializzò Lisa, sì "La bella fica della classe", colei che solo i ragazzi davvero "giusti" potevano avere. I suoi capelli lunghi, biondi, oscillavano trasportati dal dolce vento. I suoi occhi verdi, felini, osservavano i due ragazzi con sincera allegria. Il suo viso dolce, allegro sembrava sprizzare felicità. Ma ciò che più di tutto interessò i due ragazzi fu il suo corpo, sinuoso, sensuale, di fronte al quale nessun uomo degno di tale nome poteva restare indifferente. Giulio dovette curvare un pò la schiena, per evitare che Lisa si accorgesse di strane protuberan­ze nelle "parti basse"

- Ciao, Lisa. - disse Marco. Cercò di rimanere il più tranquillo possibile, ma si vedeva lontano un miglio che sperava che Giulio se ne andasse, lasciando i due in pace, come probabilmente avrebbe fatto; Giulio era il classico tipo che le ragazze le vedeva, le guardava, le desiderava... ma non se le cercava. Nessuno sapeva dire se lo facesse apposta oppure no, e forse non ne era in grado neppure lui, ma non sarebbe stato capace neanche di saltare addosso a Monica Bellucci nuda, che magari lo invitava a fare di lei ciò che voleva. Non ci riusciva nemmeno nei sogni, anche perché solo nei suoi sogni gli capitava di incontrare la Bellucci nuda. Inoltre, Giulio sapeva che Marco, come il resto della componente maschile della classe, andava dietro a Lisa, e non avrebbe mai fatto un torto di questo tipo al suo migliore amico

- Beh, per me si è fatto tardi - disse Giulio - non posso perdermi la puntata de "L'uomo tigre" di oggi. Ci si vede! - Detto questo, si alzò e se ne andò. Lisa si sedette vicino a Marco e poi, dopo un tempo che a Marco sembrò interminabile, chiese

- Beh? -

- "Beh", che cosa? - si riprese Marco.

- Tutto a posto? Non hai la faccia molto sveglia, ti sei fatto? - lo chiese, ma non con tono convinto

- No, sono solo un pò stanco. - disse Marco accennando un sorriso.

- Hey, ti va di passeggiare un pò? -

Passeggiarono per le vie del paese, senza curarsi di dove stessero andando e parlando di sciocchezze, tutti persi in quelle. Finché non arrivarono sotto casa di Lisa

- Qui abito io. - disse lei

- Ah. - annuì Marco, come se non lo sapesse; in realtà era passato molte volte sotto casa della ragazza, sperando magari che lei uscisse sul balcone e lo invitasse a salire; ma non era mai successo

- Ti va di salire un attimo? - chiese Lisa - Dài, i miei non ci sono. -

Dopo quella proposta, Marco aveva toccato tutti i cieli con tutte le dita. Magari ci scappava una pomiciata, sì: qualche bacio, qualche toccatina, qualche carezza e poi... la promessa che la prossima volta si sarebbe fatto sul serio. La prossima volta, sì: non oggi.

Senza rendersene neanche conto, Marco era in casa di Lisa, nella sua camera, intento a guardare gli innumerevoli pupazzetti della ragazza. Lei era seduta sul letto e lo guardava

- Certo che ti piacciono proprio i pupazzi, eh? - chiese Marco, che non sapeva come fare per allentare la tensione che provava dentro di sè

- Sì - rispose Lisa - sono i miei amici, i miei consiglieri. Quando sono triste o ho un problema li metto tutti per terra, mi ci siedo in mezzo e li guardo, senza fare altro. Mia madre pensa che sono pazza. - si mise a ridere.

Anche Marco rise. Rimase per un pò a guardare ancora quei pupazzi e, quando si voltò, Lisa era davanti a lui e lo fissava seria. D'un tratto lei gli prese il volto e cominciò a baciarlo; lui si limitò a stringerle la vita, ma non voleva, non poteva, non DOVEVA essere da meno. Senza mai smettere di baciarla, la tirò a sé e poi la fece stendere sul tappetino della stanza: non era il suo primo bacio, no, ma non l'aveva mai fatto con una che gli piaceva veramente. Gli piaceva, ma aveva anche paura che a lei non piacesse. Con dolcezza, Lisa allontanò il viso di Marco dal suo e gli sorrise

- Sai - disse - era da tanto tempo che volevo farlo.-

- Sì, anch'io. - le rispose il ragazzo.

- Stai pensando a quello, vero? -

- Eh? -

Lisa sorrise – Non fare lo stupido, hai capito. -

Marcò arrossì - Ti dà...ti dà fastidio? - balbettò.

- No,no. - rispose lei - Penso sia normale che tu stia pensando a quello, no? - lo baciò ancora.

- Sì, però, non voglio farlo... qui... adesso... se tu non ti...- riprese a balbettare

- Voglio farlo. -

- Cosa?!? -

- Voglio farlo. Sarebbe assurdo pensare il contrario, ma lo faremo quando ci sentiremo pronti. -

Marco si scostò e si sdraiò accanto a lei. Rimasero così per un pò, parlando di tante cose... amici, famiglia, scuola, tutto.

Alla fine, fu Marco che decise di andarsene, e che le diede l'appunta­mento per il giorno dopo a scuola. Lei sembrava contenta, allegra. Ora stavano insieme, potevano vantarsene.

Tornato a casa, Marco si accorse che non c'era nessuno. In cucina c'era un foglio di carta, scritto a mano, da suo padre

"Marco,

quando sono passato a casa tu non c'eri, spero ti sia divertito. E' difficile doverti mettere a conoscenza di questi fatti, e farlo per iscritto è ancora più difficile. Ma tra me e tua madre le cose non andavano più bene da tanto tempo e forse il più debole sono stato io, che mi sono rifugiato nelle braccia di "quella puttana" come tu la chiami. Le tue parole, oggi, mi hanno ferito, ma in fondo la tua reazione è comprensibile. Vorrei che però prendessi in considera­zione l’ ipotesi che anche tua madre avrebbe potuto mettersi con un altro uomo prima di me. Certo, non l'ha fatto, ma avrebbe potuto. Comunque da oggi io non vivrò più con voi. Tra un pò io e tua madre divorzieremo e starà al giudice decidere con chi tu andrai a vivere. Mi dispiace per quello che stai passando, ma spero che te ne dimenticherai al più presto.

PAPA'

P.S. = Mamma passerà la notte dalla zia Licia, se hai bisogno di qualcosa, chiamala."

Con gli occhi pieni di lacrime, non tanto per il dolore, quanto per la rabbia, Marco prese il foglio e lo strappò più volte che potè, poi lanciò in aria i pezzi di carta e urlò

- Ti dispiace per quello che sto passando, eh? Però ti piace godere con quella troia! Le mie parole ti hanno ferito, eh? Però non te ne fotte un cazzo del mio dolore! Sei solo uno stronzo! Un emerito, matrico­lato, semplicissimo STRONZO!!!!

Il mattino dopo, Marco e Lisa si incontrarono a scuola. Si comportarono come due fidanzati avrebbero fatto, mano nella mano, baci sul collo o sulla guancia. Marco si era chiesto come si sarebbe dovuto comportare e se si fosse sentito imbarazzato davanti ai suoi compagni, ma tutta la paura passò appena si rese conto che un comportamento anomalo avrebbe potuto insospet­tire i suoi compagni. Il loro comportamento disinvolto portò invece ad applausi e commenti, spesso poco carini, ma che altro non erano che apprezzamenti rivolti alla virilità di Marco, che era riuscito a conquistare Lisa. Ovviamente, nel giro di poche ore tutti, insegnanti inclusi, sapevano che Marco e Lisa "stavano insieme". Ma alla fine della giornata, già non ci pensava più nessuno. Prima di separarsi, Marco e Lisa si diedero appuntamento per la sera, ai giardini del paese.

Il ritorno a casa non fu per Marco una cosa allegra. Appena tornato, si trovò davanti sua madre.

- Ciao. - disse. Aveva gli occhi rossi di pianto e l'aria stravolta, ma si sforzò di sorridere. Marco non disse niente, entrò e si sedette a tavola. Sua madre aveva cucinato i tortellini: Marco ne andava matto e vedendo sua madre che si sedeva a tavola e che cominciava a mangiare, fu assalito da una forte rabbia verso suo padre. In questo momento lui poteva essere dappertutto con la sua puttana, mentre loro erano lì, abbandonati dalla persona che più amavano, una volta

- Ti piacciono? - chiese la donna

Marco annuì

- Sai, me li ha dati zia Licia, perché sa che ti piacciono. -

Marco annuì.

Nessuno disse o fece più niente. Dopo aver mangiato, Marco andò in salotto e accese la TV. Sua

madre, invece, sparecchiò e poi andò in camera sua e chiuse la porta. Marco pensò che sola, nella

sua camera, lei stava certamente piangendo, ma non volle, o non ebbe il coraggio di andare

da lei.

Erano ormai le otto di sera, quando Marco uscì di casa. Sua madre era rimasta tutta la giornata in camera sua e forse ci sarebbe rimasta fino al giorno dopo. D'un tratto gli venne un pensiero. Se suo padre non si faceva scrupoli, perché lui avrebbe dovuto farseli? Perchè doveva avere l’innaturale, irrazionale e stupida paura di chiedere a Lisa di fare del sesso con lui? Non c'era un perché.

Marco era seduto su una panchina, nei giardini del paese. Non sapeva con quale coraggio, o sfaccia­taggine, o chissà che cosa, ma aveva comprato un preservativo: ora l'aveva in tasca. Era nervoso, ma tutto intorno a lui sembrava dirgli che non era poi tanto grave se lo faceva il giorno dopo essersi messo con una ragazza. Lei stessa sembrava essere d'accordo; peccato che fossero già le otto e mezza e lei non arrivasse.

- Non lo sai che una donna si fa sempre aspettare? - disse Lisa, sulla porta di casa sua. Alla fine Marco c'era andato

- Scusa - si giustificò il ragazzo - ma non ti vedevo arrivare e pensavo che ormai non venissi più. -

- Ma non dire stupidaggini! - esclamò Lisa ridendo - Dài, entra, i miei non ci sono. -

I suoi genitori non c'erano: ottimo! Magari poteva farlo lì, senza tanti problemi. Lei stava per andare in camera sua a finire di truccarsi, ma lui la prese per un braccio e la strinse forte a sé

- Non usciamo. - le sussurrò all'orecchio - Restiamo qui. -

- Che ti è successo? - chiese Lisa, accarezzandogli la guancia con la mano. Si accorse che era bagnata. Si voltò verso di lui; Marco era in lacrime

- I miei stanno divorziando. - disse il ragazzo - Lo so, lo so che sono uno stupido a piangere

come un moccioso, ma... -

- No, non dire così. - lo riprese Lisa - Il divorzio dei 'propri genitori non è una cosa facile. E' normale che tu sia triste. - Lo abbracciò, forte, in modo che lui potesse sentire la sua presenza.

- Voglio farlo. - disse Marco

- Cosa?!? - chiese stupita Lisa.

- Voglio farlo. Qui, ora, con te. Ti prego, dimmi di sì. Non prendermi per pazzo. -

Lei non rispose, ma cominciò a baciarlo. Gli sfilò la maglietta, poi passò ai pantaloni e ai boxer.

Qualche minuto dopo, Marco era su di lei. Le accarezzava i capelli, lei sembrava imbarazzata, ma non era impaurita.

- Comincia.- gli disse. Marco la baciò e poi entrò. Al piccolo dolore si sostituì un grande piacere, che non aveva niente a che fare con quelle stupide seghe che si era fatto fino a quel momento. Non voleva parlare, anche perché parlando avrebbe rovinato tutto; gli bastava ansimare e ascoltare i lamenti di piacere di Lisa.

Ora niente aveva più importanza; suo padre, sua madre, la scuola, la fottutissima vita che faceva, niente aveva più interesse adesso, perché lui, Marco, stava per diventare un uomo, un vero uomo. La cosa che più gli interessava ora, era diventare uomo, era Lisa, era che il preservativo l'aveva messo, quindi non c'era pericolo, era tutto questo e molto altro ancora.

Marco raggiunse L'orgasmo: stavolta però non c'era la sua mano a ricevere il suo sperma, ma c'era una sottile, sottilissima pellicola che separava il piccolo Marco dalla piccola Lisa. E basta, solo questo era importante.

Qualche giorno dopo il padre di Marco tornò a casa, per prendere la sua roba. Sua madre era al lavoro, pro­prio per questo suo padre era passato in quel momento. Parlarono di tante cose, ma Marco non gli disse che aveva fatto sesso, perché questi non erano affari suoi. Parlando con lui, provava quasi vergogna di essere anche lui un uomo e non volle considerare neanche lontanamente l'ipotesi che potesse tradire Lisa. No, per niente al mondo sarebbe successo.

- Beh, io ho finito. - disse suo padre - ho preso tutto. - erano in piedi, davanti alla porta di ingres­so. Marco si limitò ad annuire

- Magari un giorno di questi ti vengo a trovare, ce ne andiamo in giro. - ancora, Marco annuì

- Ce l'hai ancora con me, vero? - Marco non rispose, ma distolse lo sguardo - Beh, non mi rende felice questa cosa, ma forse sarà meglio che non mi faccia vedere per un pò. Se hai voglia di telefonarmi, fallo, ce l'hai il numero, vero? - Marco annuì.

- Beh, allora ci vediamo. - L'uomo aprì la porta e uscì.

- Ciao, papa. - disse Marco, poi chiuse la porta.

Quando non sentì più i passi di suo padre per le scale, Marco si abbandonò ad un pianto, triste. Perché era triste, sì, non era come i suoi amici che facevano di tutto per sembrare super-eroi. Marco era un uomo, solo un uomo, sì. E niente più.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Tropius