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Autore: DamaFalco_di_Lunaequostre    19/04/2013    2 recensioni
Stavolta mi cimento in qualcosa di mai provato…Ma c’è una prima volta per tutto e spero che questo nuovo racconto vi dia un po’ di momenti d’emozione.
Perché a chi non piace che Merlino e Artù abbiano finalmente un momento tutto per loro?
Ma per concederglielo i nostri amici Galvano e Lancillotto dovranno fargli provare, con l’inganno, il sentimento della gelosia che tutti gli amanti veri attanaglia.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lancillotto, Merlino, Nimueh, Nuovo personaggio, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione
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L'inganno

Stavolta mi cimento in qualcosa di mai provato…Ma c’è una prima volta per tutto e spero che questo nuovo racconto vi dia un po’ di momenti d’emozione.

Perché a chi non piace che Merlino e Artù abbiano finalmente un momento tutto per loro?

Ma per concederglielo i nostri amici Galvano e Lancillotto dovranno fargli provare, con l’inganno, il sentimento della gelosia che tutti gli amanti veri attanaglia.

Or dunque vi ringrazio fin da ora per lo gentile commento che lascerete!!!

 

 

L’inganno

 

Come sempre era in estremo ritardo, di corsa e già col fiatone.

Accidenti perché non riusciva mai ad essere puntuale, adesso si sarebbe preso una ramanzina di quelle belle e cocenti, come solo quel cretino sapeva darli.

Manco fosse stata colpa sua stavolta, se lui non lo avesse provocato per tutta la sera con Galvano e Lancillotto, sarebbe stato già da lui.

Quei due lo facevano esasperare come non mai, Galvano perché ci provava in tutti i modi e Lancillotto perché aveva capito il giochetto.

Solo che lui non sapeva che vi era una scommessa in corso, una scommessa tra i due cavalieri che riguardava lui e… Artù!

I due erano praticamente all’oscuro che quel giorno, per un boccale di birra, sarebbero stati gioco dei due mascalzoni.

Artù era già di malumore, dalla sera avanti a causa di Galvano che continuava a toccare e abbracciare il suo….Merlino…Accidenti a lui che adesso era in ritardo!!!

Che diavolo aveva fatto la notte precedente?

L’aveva passata da solo o…?

No, impossibile che avesse rivisto Galvano. Se lo ripeteva ormai dal momento in cui si erano separati e lui e Lancillotto erano tornati insieme al castello, mentre un Merlino un po’ arzillo veniva scortato da un Galvano mano lunga.

Quando lo vide svoltare l’angolo, il cuore gli sobbalzò, un po’ perché vederlo così affannato lo eccitava e un po’ perché.. perché cavolo aveva tutto quel fiatone?

“Dove accidenti eri si può sapere?” Gli chiese furioso e col broncio.

“Ero…Uff… Ho fatto tardi perdonami!” Rispose col fiatone e il viso arrossato per la corsa.

Artù lo squadrò da capo a piedi, qualcosa gli diceva che non era solo per quello.

“Senti… Ma non è che sei passato prima da Galvano? E poi sei venuto…?”

“Ma che diavolo stai dicendo?” Gli urlò contro. “Non cominciare con storie di gelosia mio caro… Perché stavolta non ci siamo!”

A quel dire ardito Artù stava per rispondere con altrettanto ardito impeto, ma un Lancillotto sveglio e pimpante si avvicinò a lui.

“Buongiorno raggio di Sole!” Voce suadente, occhiolino e braccio intorno alla vita del suo signore.

A quella vista Merlino si sentì ribollire dentro, anche se non doveva preoccuparsi certo di Lancillotto lui… Lui era tremendamente bello e amava Ginevra… E non solo per sfortuna sua.

Una volta lo aveva sentito rivelare, a Sir Leon, che sì amava Ginevra; ma che nutriva un certo “basso” interesse per il principe.

A quel ricordo la mente di Merlino si limitò ad un unico pensiero… Che quei due…?

“E tu? Che hai fatto poi ieri sera?” Chiese sospettoso.

Artù si voltò a guardarlo, che fosse già girata la voce…No! Non poteva essere… Assurdo che fosse? Si limitò a spostarsi dall’abbraccio di Lancillotto, per poi avvicinarsi a Merlino per salutarlo come si doveva.

Merlino si spostò da lui, guardandolo accigliato e ancora più sicuro che tra i due fosse successo qualcosa.

Il babbeo reale aveva di sicuro combinato qualcosa, quando li faceva tremila moine aveva sempre da farsi perdonare una marachella.

Artù si sentì offeso da quel gesto, così voltandosi rosso in viso per la rabbia gli disse: “Vedi di sistemarmi camera e di fare le faccende alla svelta…E guai a te se non lo fai!”.

Merlino lo vide allontanarsi con Lancillotto, sorridenti e spensierati. Ma qualcosa lo riportò alla realtà, un abbraccio è un bacio sfiorato sul garrese.

Era Galvano, con quel suo sorrisino malizioso e spavaldo.

“Il principino culo d’oro s’è alzato male?” Gli chiese malizioso e facendoli l’occhiolino.

Merlino arrossi all’inverosimile, quei gesti così spavaldi lo mettevano a disagio…. Ma non poteva certo dire che non gli piacesse essere ammirato, lui che si considerava bruttino e anonimo.

“Quell’idiota pensa che tra me e te ci sia qualcosa… Ci posso scommettere qualsiasi cosa!” Rispose un po’ sconsolato.

Galvano lo abbraccio stretto, Merlino era buono e dolce, ed estremamente sensuale.

Lo sentiva tremare, tra imbarazzo e tristezza, perché quando Artù lo trattava così lui ne soffriva. Il cavaliere errante gli fece alzare il volto, aveva gli occhi lucidi e le guance rosse. Lo sfiorò con la mano libera dai guanti e guardandolo negli occhi, in quegli splendidi occhi oltre oceano gli disse:” Senti vai a fare quello che devi… Se sarai libero nel pomeriggio ti prometto che lo passeremo insieme.”

Merlino gli sorrise e asserì con una sonora scossa di testa. Salutò il caro amico e si diresse hai suoi lavori.

La mattina trascorse tranquilla, ognuno affaccendato nei propri mestieri.

Merlin pulì e sistemò la camera del somaro, mentre quest’ultimo si era perso tra allenamenti e riunioni varie.

A mezza veglia del pranzo, Merlino si fece carico di scendere nelle cucine a prendere il pranzo per il suo regale tesoro.

Fortuna, o sfortuna come veder si voglia, si scontrò con la cara amica Ginevra.

“Acc….Merlino! E’ il cielo che ti porta….” Disse sorridente.

Merlino la guardò stupito a quelle parole. “Che succede Gin cara?”

“Stavo giusto venendoti a cercare… Oggi non pensare al pranzo di Artù, sarà ospite mio e di Lancillotto!”

A quelle parole, si sentì salire un certo malumore… Non che della furia.

Rispose solamente che andava bene, per poi entrare in cucina e chiedere alla cuoca un fagotto di cibarie per due e una caraffa di vino.

Così preso il fagotto, si diresse verso la rena di allenamento, dove non vi era che Galvano.

“Tu non mangi?” Merlino gli fece vedere il vino e il fagotto.

Galvano gli sorrise, per poi aiutarlo a sistemare il frugale pranzetto.

Eppure era così facile mangiare con lui, così tranquillo e spensierato… Che nemmeno il giovane druido poteva crederci!

In genere i pranzi tra lui e il suo sire erano pieni di discussioni, le quali finivano sempre con “E’ compito mio proteggerti e tu vedi di non intrometterti!”.

Galvano invece lo ascoltava, gli dava consigli e parlava sereno della sua giornata. Forse era anche a causa della loro condizione nel regno a rendere le cose più facili.

Senza neanche accorgersene, il tempo era trascorso e i cavalieri cominciavano a fare ritorno alla rena per gli allenamenti pomeridiani.

Merlino raccolse svelto i resti del pranzo, mentre vedeva arrivare il suo reale asino. Qualcosa però lo fermò, una mano lesta e veloce lo prese e lo attirò verso sé, per regalarli un dolce bacio sulla fronte e sussurrarli: “Sei un tesoro!”.

La faccia del mago si fece rossa di vergogna mentre svelto sfilava tra i cavalieri, mentre un Ser Leon lo guardava stupito.

Artù che aveva visto la scena da lontano era rimasto basito, il suo maghetto si era fatto baciare.

Strinse i pugni vedendolo andarsene furtivo e rosso in volto, come una dametta vergine.

I suoi pugni si strinsero, mentre un’ombra di gelosia e rabbia gli velava il volto. Lancillotto guardò stupito Galvano, il quale gli rivolse un sorriso furbo ed un occhiolino di complicità.

A quel punto il moro cavaliere capì cos’era in realtà successo, si fece scappate una risata che gli valse uno sguardo iracondo del suo signore.

Il pomeriggio del mago passò allegro e spensierato, per il sire illustrissimo il pomeriggio fu un vero inferno.

Menava fendenti a chiunque, richiamava e brontolava chiunque dei cavalieri gli capitasse sotto mano. E in quei frangenti i due ingannatori ebbero tempo di ragionare, anche della sera precedente.

Lancillotto raccontò al caro amico che mentre tornavano al castello, avevano incontrato la nuova ragazza che lavorava alla stufa, la suadente Loreley.

Era ormai rinomata come grande ammaliatrice, proveniente da oltre le terre del Reno, essa era stata subito etichettata come donna di melodiosa voce e innata maestria con l’altrui sesso.

Anche Galvano aveva potuto deliziarsi della gentil pulzella, la quale certamente si meritava ogni elogio fattogli. Ovviamente il nostro giovane cavaliere, conosciuto da pulzelle e giovani di corte, era ben scaltro a farsi avere favori particolari. Ma da lei nemmeno lui era riuscito ad avere “grazie speciali”.

Lei però aveva detto al principe di starle ben a distanza, che i cuori legati non erano affare che la riguardassero; gli spiegò Lancillotto all’amico.

Così entrambi si erano riavviati al castello, dondolanti e leggermente allegri.

Alla fine non era poi successo niente di strano, ma che il regale somaro se ne fosse avuto a male fino a quel punto?

No, non ci potevano credere. Ma la cosa veniva a loro favore. Tanto che aspettarono il tramonto e la fine degli allenamenti per ordire un nuovo tranello.

Merlino si recò al campo degli allenamenti; mentre un Lancillotto svelto e scaltro, prese il principe cingendolo alle spalle e sollevandoli il mento.

Or dunque, chiunque li avesse visti davanti avrebbe visto che non vi era niente di male, ma per chi arrivava, come Merlino, dall’angolo…. Beh la cosa risultava equivoca!

Tanto che il nostro giovane mago, preso da somma rabbia, scaraventò a terra il canovaccio e la brocca d’acqua che aveva portato per il suo amato principe.

Galvano vedendolo quasi con le lacrime agli occhi lo fermò.

“Merlino che succede?” Gli chiese preoccupato.

“E’… E’ un maledetto idiota!” Urlò, per poi nascondere il viso sul petto dell’amico e frigniucchiare.

Neanche Galvano si capacitò, fino a quando non vide arrivare Artù e Lancillotto insieme.

E come era stato per il povero mago, anche il principe equivocò il gesto.

Allorché si voltò iracondo e ritornò dalla parte dell’armeria.

Lancillotto lo seguì a sprone battuto, cercando di persuaderlo che magari era solo una cosa amichevole.

“Non era amichevole…. Non era amichevole affatto!” Urlò il principe furioso.

“Forse ci siamo sbagliati, magari si stavano solo abbracciando… insomma ragioniamo… Merlino è il vostro compagno, fedele e dolce e….”

“Silenzio! Basta!” Artù tirò un calcio alla panca, facendola ribaltare.

Lancillotto sussultò a tale gesto, ma non ebbe coraggio di riaprire nuovamente la bocca.

“Stasera che vada con chi vuole…Io vado alla stufa da quella Loreley!” Sentenziò Artù.

“Ma sei impazzito? E Merlino che dirà?” Gli rimproverò l’amico Lancillotto.

“ Che dica quel che vuole… a quanto pare preferisce lui a…” Non riuscì nemmeno a finire la frase che corse per le scale.

Lancillotto lo guardò stupefatto, per poi correre da quei due e chiarire anche a Galvano che il gioco era andato oltre.

Artù si rivestì di abiti umili, calzando stivaletti bassi da scudiero e un mantello marrone col cappuccio stretto. In questa maniere sarebbe passato inosservato, all’ora del tramonto, fra la folla. Si rimirò un’ultima volta, prima di metter su il broncio al ricordo e partire. Tra le braccia di lei, sperava, di trovare un qualche conforto e un pizzico di gioco.

Lancillotto arrivò alla locanda della Cerva Albina, dove un Galvano e un Merlino spensierato cenavano.

Galvano vedendo l’amico lo invitò con loro, ma si accorse che c’era qualcosa che non andava. Il suo volto era oscurato e i suoi occhi rivelavano una certa preoccupazione.

Galvano si alzò appena esso gli fu vicino: “Lancillotto ma che hai?”

“Me lo domandi pure? Hai esagerato per la miseria!” lo riprese il moro cavaliere.

“Esagerato a fare cosa?” Non riusciva a capire che cosa stava dicendo.

Merlino li guardò perplesso, che diavolo stava mai succedendo da farli agitare così?

“Galvano ma cosa…?”

Galvano guardò Merlino, poi Lancillotto e sospirando gli disse: “Io e Lancillotto avevamo…Fatto una scommessa…Insomma…Io dovevo far ingelosire il principino e lui te…”

“Ma a quanto pare le cose ci sono sfuggite di mano!” Chiarificò il moro cavaliere.

Merlino cominciò a ripassare i fatti avvenuti, in effetti qualcosa c’era sotto.

“Ci avete ingannati per tutta la giornata?” Gli sbraitò contro il giovane mago.

I due dovettero così raccontare per filo e per segno la giornata, fino a spiegare che era solo colpa loro.

“E adesso dov’è andato quell’asino?” Chiese Merlino, cercando di sembrare fintamente calmo.

Galvano guardò Lancillotto, il quale abbasso la testa e la scosse in segno quasi di dispiacere.

“Merlino è andato…alla stufa da Loreley!” Gli disse in fine.

Merlino nemmeno li guardò, se il suo principe era partito dal castello al calare del tramonto lui certo aveva il vantaggio di esser più vicino alla stufa.

Non salutò nemmeno i due, prese a camminare veloce verso il luogo che Lancillotto li aveva  indicato, sperando di prenderlo prima che entrasse in stanza da quella.

Artù nel frattempo si stava avviando, mentre nella sua testa passavano i dolci momenti. Quei momenti che lui passava con Merlino, quelli felici e dolci, quelli dei piccoli e fuggevoli amori e scambi di effusioni.

Eppure, eppure adesso lo vedeva così lontano, perché aveva…. Ogni pensiero tornava a lui.

Nel frattempo Merlino era arrivato alla stufa, ed aveva chiesto di vedere Loreley. La padrona lo condusse fino alla stanza della donna, bussò e aprendo fece cenno al giovane di entrarvi.

Merlino sentì la porta chiudersi alle sue spalle, mentre cercava di capire dove fosse ella.

La stanza era piena di teli dai colori bianchi e purpurei, una vasca in legno ben lavorato e rame era posizionata al centro. Oltre uno scalino e i veli più scuri, si poteva intravedere un letto dalle scure lenzuola, dal quale una figura si alzò slanciata e cominciò a venirgli in contro.

Una ragazza vestita di fino lino aprì i tendaggi, camminando poi verso di lui. Non era certo bellissima, come Morgana, ma aveva capelli mossi e di colore rosso profondo. Corporatura giunonica ma passo bello e sensuale come una volpe. Si avvicinò a Merlino sorridente, mentre le sue gote s’imporporavano.

Merlino notò come i suoi occhi avessero un colore particolare, tra il verde e il rosso.

“Che vieni cercando o giovane?” Gli chiese timida poggiando una sua mano sulla spalla di Merlino.

Esso deglutì rumorosamente, sentì come una scossa percorrergli la schiena ma poi: “E’…E’ per caso venuto un giovane biondo e di bell’aspetto?”

La ragazza lo guardò con occhi di stupore, per poi discostarsi un poco da esso.

“No mio giovane straniero…Me ne ricorderei se tal angelo si fosse addentrato nella mia stanza!” Gli rispose ella con un velo di malizia.

Merlino la guardò, aveva occhi sinceri e sguardo bello.

“Ma perché non lo aspettate qui?” Gli disse facendoli cenno di accomodarsi sul lussuoso divanetto.

Merlino scosse energicamente il capo a dissenso, mentre lei li prendeva la mano e conduceva a sedere.

“Cose è mai successo tra te e costui per esser così arrabbiato? Perché il tuo comportamento è da innamorato più che da amante.”

Merlino la guardò sorpreso e rosso in volto, quasi come un fuoco lo infiammasse dall’interno.

“Non devi mica fare una faccia così, si capiva da come lo ai cercato che c’è molto di più. E anche tu sei un essere particolare, lasciamelo ammettere.”

“E che…Insomma ci hanno tirato in un tranello, abbiamo litigato e…”

Lorelay gli poggiò delicata l’indice sulla bocca, per zittirlo di quel suo balbettare irritato e furioso.

“Senti, ti capisco ma hai pensato a come si sente lui? Insomma anche lui è stato vittima del solito tranello, anche lui adesso sarà arrabbiato e furibondo ma… Io posso aiutarti!”

Merlino la guardò perplesso. Come poteva aiutarlo?

“Senti cosa facciamo. Lui verrà qui giusto? Allora io lo accoglierò, ma sarai tu la sua sorpresa. Fare la pace a letto… E sempre un buon modo per trovare la strada del perdono.”

La ragazza li fece un occhiolino malizioso, mentre le gote del mago riprese fuoco.

“Dimmi come ti chiami?”

“Merlino…E voi?”

“Lorelay, vengo dalle provincie del Reno.”

La ragazza si alzò in piedi, dirigendosi verso il letto ed accomodando vicino ad esso delle candele.

“Come…Come siete arrivata qui?”

“Sono stata catturata in un villaggio, chi mi ha presa mi a caricata su di una nave e fatta arrivare qui. Il resto…Beh lo avrai intuito da solo!”

Ridacchio e si rimise a sistemare la piccola alcova, che avrebbe fatto per quella notte da nido agli amanti.

Merlino la guardò affaccendarsi a sistemare il tutto, avrebbe voluto fargli tante domande, ma non ci sarebbe mai stato il tempo.

Qualcosa però attrasse la sua attenzione, un piccolo cimelio in legno… Tipico dei culti pagani.

“Tu sei..”

“Sì Merlino, io sono figlia dei druidi. E mantengo ancora i miei piccoli talismani.”

Merlino la guardò e sospirò, forse anche lei aveva poteri magici ma non poteva usarli perché… Perché a Camelot non era consentito.

Stupida legge di Uther!

“Adesso sbrigati a sistemarti e infilati nel letto. Io sarò di l’ha e lo aspetterò. Tu fai solo una cosa, stai zitto e aspettalo.”

“Loreley tu…”

“Sì?”

“Niente. Vado di là.”

Merlino si avviò verso il letto, facendo ricadere alle sue spalle il tendaggio pesante che divideva il salottino dall’alcova.

Avrebbe voluto chiederle se praticava la magia ma… No era meglio così.

Si spogliò, rimanendo nudo, il suo corpo leggermente infreddolito. Sollevò le coltri per infilarsi a letto.

I tessuti erano pregiati, forse lenzuola di seta e coperta di damascato. Non ci aveva molto badato, perché adesso il suo unico pensiero era Artù.

Infatti il principe era ormai in arrivo alla locanda, frustrato dai pensieri che gli vorticavano per la testa.

Entrò tenendo saldo il cappuccio del mantello, in modo tale che non si vedesse il volto.

Chiese alla matrona di condurlo d Lorelay, ma prima ch’essa potesse rispondergli negativamente una voce soave la fermò.

“Potete farlo salire, lo stavo giusto aspettando.”

Così la matrona fece strada al giovane, fino ad arrivare alla porta della sua stanza.

Loreley apri la porta e fece entrare Artù, prendendogli la mano.

Il principe si ritrovo all’interno della stanza, mentre i suoi occhi s’incrociavano con quelli di lei.

Loreley gli abbassò lentamente il cappuccio, carezzandoli poi una guancia. Era davvero bello come un angelo.

“Siete bello come vi avevano descritto. Mi rammarica quasi non essere io ciò che cercate stasera.”

Artù la guardò perplesso, perché non capiva il senso di quella frase.

“Passate quelle tende…” Gli sussurrò lei all’orecchio. “C’è chi meglio di me può soddisfarvi sire.”

La sua bocca scivolò lieve su quella di Artù, per poi scostarsi e farlo accomodare nell’alcova.

Il principe andò dove la giovane gli aveva indicato, aprì le tende e la sua sorpresa fu grande a vedere chi vi fosse.

Merlino era sdraiato nel letto, ma alla vista del suo signore s’inginocchiò guardandolo tra smarrimento e vergogna.

Artù rimase forse più sbalordito di lui, ma non riusciva a nascondere un pizzico d’eccitazione che lo stava pervadendo.

“Che…Che ci fai tu…Tu qui?” Disse balbettando e deglutendo rumorosamente.

“Artù ero venuto a cercarti…Volevo…Volevo chiederti scusa insomma…” Senza poi poter dire più nulla gli si getto tra le braccia, cadendo quasi dal letto.

Artù lo abbraccio, facendosi più vicino al letto, carezzandoli i corvini capelli sempre arruffati.

“Merlino…Non ti mettere a piangere ti prego…E’ stata anche colpa mia…”

Ma in quel momento più che delle parole erano i silenzi a parlare per loro.

Qualche lagrima fuggì dagli occhi del mago, bagnando la camicia del sire. Artù fece passare una mano tra lui e il corpo dell’amante, slacciando il fermaglio del mantello.

Merlino singhiozzò leggermente, mentre il suo adorato aveva fatto cadere a terra il mantello scuro. Si distaccò leggermente da lui, guardandolo nell’immenso di quel occhi di cielo.

“Mi acceca la gelosia quando vedo che guardi altri…Non devi mai più farlo!”

Il magò assentì, anche lui provava la stessa emozione. Ma Artù continuo a spogliarsi, sfilandosi gli stivaletti e la camicia.

Non ci volle molto che anche le braghe volarono a terra. Ma il giovane mago avvinghiò il suo sire, trascinandolo nel letto sopra di sé.

“Era così tanto che lo desideravo, che volevo questo momento tutto per noi.”

Artù non replicò a codeste parole, ma imbrigliò in un profondo bacio la bocca dell’amante; fermando così ogni altra parola.

Iniziarono ad accarezzarsi, dolcemente e vogliosamente. Si lasciarono scappare gemiti di piacere mentre l’uno dava piacere, con le carezze più intime all’altro.

Artù s’andò poi a posizionare sul corpo affusolato e accaldato di Merlino, penetrandolo con dolcezza ed accortezza. Un flebile gemito uscì dalle labbra del mago, mentre i loro corpi divenivano uno solo nell’atto dell’amore.

Quanto pensieri, sensazioni ed emozioni vorticavano nell’anima di entrambe, ma il corpo e l’anima erano troppo presi dall’unirsi in quel magico momento; tanto da far scordare ad entrambe il razionale.

Erano talmente avvinghiati da far confondere i loro corpi, ma anche all’apice del piacere non riuscirono a dividersi.

Artù gemette con forza e virilità, mentre i gemiti di Merlino erano dolci nell’orecchio dell’altro.

“Pere sempre! Solo mio amore mio!”

Codeste furono le parole del sovrano, prima di tornare a baciare Merlino. Il mago si crogiolò tra le braccia del suo sire, continuando poi fino all’alba ad essere un corpo ed un’anima sola.

In fondo non vi era furia di tornare al castello, adesso era il loro momento.

 

 

 

Loreley gli aveva lasciati soli, prendendo il mantello dalla sedia.

Era scesa sgattaiolando fuori dalla stufa, ormai quello non era più un luogo per lei.

“Allora strega del Reno? Che notizie?”

Una voce di bimbo la fece voltare quasi di scatto. Un bambino dal mantello grigio nebbia ed una donna dal mantello color verde-acqua erano alle sue spalle.

“Sarà un buon sire ma non credo voglia eredi. Il mago e lui sono uniti dagli astri, la loro unione è indissolubile.”

“Ciò non è contemplabile! Merlino è figlio del principe Rosso e Artù un Pendragon, devono solo essere compagni di un destino, niente di più.”

Loreley rise alla stupidità di Nimue, la dama del lago.

“Non ti arrabbiare troppo, tanto la fine è segnata per tutti noi. Il Drago Rosso è nato, ben presto sarà grande da far guida a questo paese ed unirlo.”

Tallaisien fu spiccio, lui era un veggente e sapeva che il destino era poco variabile.

Nimue si stizzì alla sua controbattuta, ma Loreley era stufa di ascoltare entrambe.

Tanto nessuno di loro, NESSUNO, avrebbe mai potuto fa sì che i due non si amassero e vivessero la loro unione.

  
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