Stavolta mi cimento in
qualcosa di mai provato…Ma c’è una prima volta per tutto e spero che questo
nuovo racconto vi dia un po’ di momenti d’emozione.
Perché a chi non piace
che Merlino e Artù abbiano finalmente un momento tutto per loro?
Ma per concederglielo
i nostri amici Galvano e Lancillotto dovranno fargli provare, con l’inganno, il
sentimento della gelosia che tutti gli amanti veri attanaglia.
Or dunque vi ringrazio
fin da ora per lo gentile commento che lascerete!!!
L’inganno
Come sempre era in
estremo ritardo, di corsa e già col fiatone.
Accidenti perché non riusciva mai ad
essere puntuale, adesso si sarebbe preso una ramanzina di quelle belle e
cocenti, come solo quel cretino sapeva darli.
Manco fosse stata colpa sua stavolta,
se lui non lo avesse provocato per tutta la sera con Galvano e Lancillotto,
sarebbe stato già da lui.
Quei due lo facevano esasperare come
non mai, Galvano perché ci provava in tutti i modi e Lancillotto perché aveva
capito il giochetto.
Solo che lui non sapeva che vi era
una scommessa in corso, una scommessa tra i due cavalieri che riguardava lui e…
Artù!
I due erano praticamente all’oscuro
che quel giorno, per un boccale di birra, sarebbero stati gioco dei due
mascalzoni.
Artù era già di malumore, dalla sera
avanti a causa di Galvano che continuava a toccare e abbracciare il suo….Merlino…Accidenti
a lui che adesso era in ritardo!!!
Che diavolo aveva fatto la notte
precedente?
L’aveva passata da solo o…?
No, impossibile che avesse rivisto
Galvano. Se lo ripeteva ormai dal momento in cui si erano separati e lui e
Lancillotto erano tornati insieme al castello, mentre un Merlino un po’ arzillo
veniva scortato da un Galvano mano lunga.
Quando lo vide svoltare l’angolo, il
cuore gli sobbalzò, un po’ perché vederlo così affannato lo eccitava e un po’
perché.. perché cavolo aveva tutto quel fiatone?
“Dove accidenti eri si può sapere?”
Gli chiese furioso e col broncio.
“Ero…Uff… Ho fatto tardi perdonami!”
Rispose col fiatone e il viso arrossato per la corsa.
Artù lo squadrò da capo a piedi,
qualcosa gli diceva che non era solo per quello.
“Senti… Ma non è che sei passato
prima da Galvano? E poi sei venuto…?”
“Ma che diavolo stai dicendo?” Gli
urlò contro. “Non cominciare con storie di gelosia mio caro… Perché stavolta non
ci siamo!”
A quel dire ardito Artù stava per
rispondere con altrettanto ardito impeto, ma un Lancillotto sveglio e pimpante
si avvicinò a lui.
“Buongiorno raggio di Sole!” Voce
suadente, occhiolino e braccio intorno alla vita del suo signore.
A quella vista Merlino si sentì
ribollire dentro, anche se non doveva preoccuparsi certo di Lancillotto lui…
Lui era tremendamente bello e amava Ginevra… E non solo per sfortuna sua.
Una volta lo aveva sentito rivelare,
a Sir Leon, che sì amava Ginevra; ma che nutriva un certo “basso” interesse per
il principe.
A quel ricordo la mente di Merlino
si limitò ad un unico pensiero… Che quei due…?
“E tu? Che hai fatto poi ieri sera?”
Chiese sospettoso.
Artù si voltò a guardarlo, che fosse
già girata la voce…No! Non poteva essere… Assurdo che fosse? Si limitò a
spostarsi dall’abbraccio di Lancillotto, per poi avvicinarsi a Merlino per
salutarlo come si doveva.
Merlino si spostò da lui,
guardandolo accigliato e ancora più sicuro che tra i due fosse successo
qualcosa.
Il babbeo reale aveva di sicuro
combinato qualcosa, quando li faceva tremila moine aveva sempre da farsi
perdonare una marachella.
Artù si sentì offeso da quel gesto,
così voltandosi rosso in viso per la rabbia gli disse: “Vedi di sistemarmi
camera e di fare le faccende alla svelta…E guai a te se non lo fai!”.
Merlino lo vide allontanarsi con
Lancillotto, sorridenti e spensierati. Ma qualcosa lo riportò alla realtà, un
abbraccio è un bacio sfiorato sul garrese.
Era Galvano, con quel suo sorrisino
malizioso e spavaldo.
“Il principino culo d’oro s’è alzato
male?” Gli chiese malizioso e facendoli l’occhiolino.
Merlino arrossi all’inverosimile,
quei gesti così spavaldi lo mettevano a disagio…. Ma non poteva certo dire che
non gli piacesse essere ammirato, lui che si considerava bruttino e anonimo.
“Quell’idiota pensa che tra me e te
ci sia qualcosa… Ci posso scommettere qualsiasi cosa!” Rispose un po’
sconsolato.
Galvano lo abbraccio stretto,
Merlino era buono e dolce, ed estremamente sensuale.
Lo sentiva tremare, tra imbarazzo e
tristezza, perché quando Artù lo trattava così lui ne soffriva. Il cavaliere
errante gli fece alzare il volto, aveva gli occhi lucidi e le guance rosse. Lo
sfiorò con la mano libera dai guanti e guardandolo negli occhi, in quegli
splendidi occhi oltre oceano gli disse:” Senti vai a fare quello che devi… Se
sarai libero nel pomeriggio ti prometto che lo passeremo insieme.”
Merlino gli sorrise e asserì con una
sonora scossa di testa. Salutò il caro amico e si diresse hai suoi lavori.
La mattina trascorse tranquilla,
ognuno affaccendato nei propri mestieri.
Merlin pulì e sistemò la camera del
somaro, mentre quest’ultimo si era perso tra allenamenti e riunioni varie.
A mezza veglia del pranzo, Merlino
si fece carico di scendere nelle cucine a prendere il pranzo per il suo regale
tesoro.
Fortuna, o sfortuna come veder si voglia,
si scontrò con la cara amica Ginevra.
“Acc….Merlino! E’ il cielo che ti
porta….” Disse sorridente.
Merlino la guardò stupito a quelle
parole. “Che succede Gin cara?”
“Stavo giusto venendoti a cercare…
Oggi non pensare al pranzo di Artù, sarà ospite mio e di Lancillotto!”
A quelle parole, si sentì salire un
certo malumore… Non che della furia.
Rispose solamente che andava bene,
per poi entrare in cucina e chiedere alla cuoca un fagotto di cibarie per due e
una caraffa di vino.
Così preso il fagotto, si diresse
verso la rena di allenamento, dove non vi era che Galvano.
“Tu non mangi?” Merlino gli fece
vedere il vino e il fagotto.
Galvano gli sorrise, per poi
aiutarlo a sistemare il frugale pranzetto.
Eppure era così facile mangiare con
lui, così tranquillo e spensierato… Che nemmeno il giovane druido poteva
crederci!
In genere i pranzi tra lui e il suo
sire erano pieni di discussioni, le quali finivano sempre con “E’ compito mio
proteggerti e tu vedi di non intrometterti!”.
Galvano invece lo ascoltava, gli
dava consigli e parlava sereno della sua giornata. Forse era anche a causa
della loro condizione nel regno a rendere le cose più facili.
Senza neanche accorgersene, il tempo
era trascorso e i cavalieri cominciavano a fare ritorno alla rena per gli
allenamenti pomeridiani.
Merlino raccolse svelto i resti del
pranzo, mentre vedeva arrivare il suo reale asino. Qualcosa però lo fermò, una
mano lesta e veloce lo prese e lo attirò verso sé, per regalarli un dolce bacio
sulla fronte e sussurrarli: “Sei un tesoro!”.
La faccia del mago si fece rossa di
vergogna mentre svelto sfilava tra i cavalieri, mentre un Ser Leon lo guardava
stupito.
Artù che aveva visto la scena da
lontano era rimasto basito, il suo maghetto si era fatto baciare.
Strinse i pugni vedendolo andarsene
furtivo e rosso in volto, come una dametta vergine.
I suoi pugni si strinsero, mentre
un’ombra di gelosia e rabbia gli velava il volto. Lancillotto guardò stupito
Galvano, il quale gli rivolse un sorriso furbo ed un occhiolino di complicità.
A quel punto il moro cavaliere capì
cos’era in realtà successo, si fece scappate una risata che gli valse uno
sguardo iracondo del suo signore.
Il pomeriggio del mago passò allegro
e spensierato, per il sire illustrissimo il pomeriggio fu un vero inferno.
Menava fendenti a chiunque,
richiamava e brontolava chiunque dei cavalieri gli capitasse sotto mano. E in
quei frangenti i due ingannatori ebbero tempo di ragionare, anche della sera
precedente.
Lancillotto raccontò al caro amico
che mentre tornavano al castello, avevano incontrato la nuova ragazza che
lavorava alla stufa, la suadente Loreley.
Era ormai rinomata come grande
ammaliatrice, proveniente da oltre le terre del Reno, essa era stata subito
etichettata come donna di melodiosa voce e innata maestria con l’altrui sesso.
Anche Galvano aveva potuto
deliziarsi della gentil pulzella, la quale certamente si meritava ogni elogio
fattogli. Ovviamente il nostro giovane cavaliere, conosciuto da pulzelle e
giovani di corte, era ben scaltro a farsi avere favori particolari. Ma da lei
nemmeno lui era riuscito ad avere “grazie speciali”.
Lei però aveva detto al principe di
starle ben a distanza, che i cuori legati non erano affare che la
riguardassero; gli spiegò Lancillotto all’amico.
Così entrambi si erano riavviati al
castello, dondolanti e leggermente allegri.
Alla fine non era poi successo
niente di strano, ma che il regale somaro se ne fosse avuto a male fino a quel
punto?
No, non ci potevano credere. Ma la
cosa veniva a loro favore. Tanto che aspettarono il tramonto e la fine degli
allenamenti per ordire un nuovo tranello.
Merlino si recò al campo degli allenamenti;
mentre un Lancillotto svelto e scaltro, prese il principe cingendolo alle
spalle e sollevandoli il mento.
Or dunque, chiunque li avesse visti
davanti avrebbe visto che non vi era niente di male, ma per chi arrivava, come
Merlino, dall’angolo…. Beh la cosa risultava equivoca!
Tanto che il nostro giovane mago,
preso da somma rabbia, scaraventò a terra il canovaccio e la brocca d’acqua che
aveva portato per il suo amato principe.
Galvano vedendolo quasi con le
lacrime agli occhi lo fermò.
“Merlino che succede?” Gli chiese
preoccupato.
“E’… E’ un maledetto idiota!” Urlò,
per poi nascondere il viso sul petto dell’amico e frigniucchiare.
Neanche Galvano si capacitò, fino a
quando non vide arrivare Artù e Lancillotto insieme.
E come era stato per il povero mago,
anche il principe equivocò il gesto.
Allorché si voltò iracondo e ritornò
dalla parte dell’armeria.
Lancillotto lo seguì a sprone
battuto, cercando di persuaderlo che magari era solo una cosa amichevole.
“Non era amichevole…. Non era
amichevole affatto!” Urlò il principe furioso.
“Forse ci siamo sbagliati, magari si
stavano solo abbracciando… insomma ragioniamo… Merlino è il vostro compagno,
fedele e dolce e….”
“Silenzio! Basta!” Artù tirò un
calcio alla panca, facendola ribaltare.
Lancillotto sussultò a tale gesto,
ma non ebbe coraggio di riaprire nuovamente la bocca.
“Stasera che vada con chi vuole…Io
vado alla stufa da quella Loreley!” Sentenziò Artù.
“Ma sei impazzito? E Merlino che
dirà?” Gli rimproverò l’amico Lancillotto.
“ Che dica quel che vuole… a quanto
pare preferisce lui a…” Non riuscì nemmeno a finire la frase che corse per le
scale.
Lancillotto lo guardò stupefatto,
per poi correre da quei due e chiarire anche a Galvano che il gioco era andato
oltre.
Artù si rivestì di abiti umili,
calzando stivaletti bassi da scudiero e un mantello marrone col cappuccio
stretto. In questa maniere sarebbe passato inosservato, all’ora del tramonto,
fra la folla. Si rimirò un’ultima volta, prima di metter su il broncio al
ricordo e partire. Tra le braccia di lei, sperava, di trovare un qualche
conforto e un pizzico di gioco.
Lancillotto arrivò alla locanda
della Cerva Albina, dove un Galvano e un Merlino spensierato cenavano.
Galvano vedendo l’amico lo invitò
con loro, ma si accorse che c’era qualcosa che non andava. Il suo volto era
oscurato e i suoi occhi rivelavano una certa preoccupazione.
Galvano si alzò appena esso gli fu
vicino: “Lancillotto ma che hai?”
“Me lo domandi pure? Hai esagerato
per la miseria!” lo riprese il moro cavaliere.
“Esagerato a fare cosa?” Non
riusciva a capire che cosa stava dicendo.
Merlino li guardò perplesso, che
diavolo stava mai succedendo da farli agitare così?
“Galvano ma cosa…?”
Galvano guardò Merlino, poi Lancillotto
e sospirando gli disse: “Io e Lancillotto avevamo…Fatto una
scommessa…Insomma…Io dovevo far ingelosire il principino e lui te…”
“Ma a quanto pare le cose ci sono
sfuggite di mano!” Chiarificò il moro cavaliere.
Merlino cominciò a ripassare i fatti
avvenuti, in effetti qualcosa c’era sotto.
“Ci avete ingannati per tutta la
giornata?” Gli sbraitò contro il giovane mago.
I due dovettero così raccontare per
filo e per segno la giornata, fino a spiegare che era solo colpa loro.
“E adesso dov’è andato quell’asino?”
Chiese Merlino, cercando di sembrare fintamente calmo.
Galvano guardò Lancillotto, il quale
abbasso la testa e la scosse in segno quasi di dispiacere.
“Merlino è andato…alla stufa da
Loreley!” Gli disse in fine.
Merlino nemmeno li guardò, se il suo
principe era partito dal castello al calare del tramonto lui certo aveva il
vantaggio di esser più vicino alla stufa.
Non salutò nemmeno i due, prese a
camminare veloce verso il luogo che Lancillotto li aveva indicato, sperando di prenderlo prima che
entrasse in stanza da quella.
Artù nel frattempo si stava
avviando, mentre nella sua testa passavano i dolci momenti. Quei momenti che
lui passava con Merlino, quelli felici e dolci, quelli dei piccoli e fuggevoli amori
e scambi di effusioni.
Eppure, eppure adesso lo vedeva così
lontano, perché aveva…. Ogni pensiero tornava a lui.
Nel frattempo Merlino era arrivato
alla stufa, ed aveva chiesto di vedere Loreley. La padrona lo condusse fino alla
stanza della donna, bussò e aprendo fece cenno al giovane di entrarvi.
Merlino sentì la porta chiudersi
alle sue spalle, mentre cercava di capire dove fosse ella.
La stanza era piena di teli dai
colori bianchi e purpurei, una vasca in legno ben lavorato e rame era
posizionata al centro. Oltre uno scalino e i veli più scuri, si poteva
intravedere un letto dalle scure lenzuola, dal quale una figura si alzò
slanciata e cominciò a venirgli in contro.
Una ragazza vestita di fino lino
aprì i tendaggi, camminando poi verso di lui. Non era certo bellissima, come
Morgana, ma aveva capelli mossi e di colore rosso profondo. Corporatura giunonica
ma passo bello e sensuale come una volpe. Si avvicinò a Merlino sorridente,
mentre le sue gote s’imporporavano.
Merlino notò come i suoi occhi avessero
un colore particolare, tra il verde e il rosso.
“Che vieni cercando o giovane?” Gli
chiese timida poggiando una sua mano sulla spalla di Merlino.
Esso deglutì rumorosamente, sentì
come una scossa percorrergli la schiena ma poi: “E’…E’ per caso venuto un
giovane biondo e di bell’aspetto?”
La ragazza lo guardò con occhi di
stupore, per poi discostarsi un poco da esso.
“No mio giovane straniero…Me ne
ricorderei se tal angelo si fosse addentrato nella mia stanza!” Gli rispose
ella con un velo di malizia.
Merlino la guardò, aveva occhi
sinceri e sguardo bello.
“Ma perché non lo aspettate qui?”
Gli disse facendoli cenno di accomodarsi sul lussuoso divanetto.
Merlino scosse energicamente il capo
a dissenso, mentre lei li prendeva la mano e conduceva a sedere.
“Cose è mai successo tra te e costui
per esser così arrabbiato? Perché il tuo comportamento è da innamorato più che
da amante.”
Merlino la guardò sorpreso e rosso
in volto, quasi come un fuoco lo infiammasse dall’interno.
“Non devi mica fare una faccia così,
si capiva da come lo ai cercato che c’è molto di più. E anche tu sei un essere
particolare, lasciamelo ammettere.”
“E che…Insomma ci hanno tirato in un
tranello, abbiamo litigato e…”
Lorelay gli poggiò delicata l’indice
sulla bocca, per zittirlo di quel suo balbettare irritato e furioso.
“Senti, ti capisco ma hai pensato a
come si sente lui? Insomma anche lui è stato vittima del solito tranello, anche
lui adesso sarà arrabbiato e furibondo ma… Io posso aiutarti!”
Merlino la guardò perplesso. Come
poteva aiutarlo?
“Senti cosa facciamo. Lui verrà qui
giusto? Allora io lo accoglierò, ma sarai tu la sua sorpresa. Fare la pace a
letto… E sempre un buon modo per trovare la strada del perdono.”
La ragazza li fece un occhiolino
malizioso, mentre le gote del mago riprese fuoco.
“Dimmi come ti chiami?”
“Merlino…E voi?”
“Lorelay, vengo dalle provincie del
Reno.”
La ragazza si alzò in piedi,
dirigendosi verso il letto ed accomodando vicino ad esso delle candele.
“Come…Come siete arrivata qui?”
“Sono stata catturata in un
villaggio, chi mi ha presa mi a caricata su di una nave e fatta arrivare qui.
Il resto…Beh lo avrai intuito da solo!”
Ridacchio e si rimise a sistemare la
piccola alcova, che avrebbe fatto per quella notte da nido agli amanti.
Merlino la guardò affaccendarsi a
sistemare il tutto, avrebbe voluto fargli tante domande, ma non ci sarebbe mai
stato il tempo.
Qualcosa però attrasse la sua
attenzione, un piccolo cimelio in legno… Tipico dei culti pagani.
“Tu sei..”
“Sì Merlino, io sono figlia dei
druidi. E mantengo ancora i miei piccoli talismani.”
Merlino la guardò e sospirò, forse
anche lei aveva poteri magici ma non poteva usarli perché… Perché a Camelot non
era consentito.
Stupida legge di Uther!
“Adesso sbrigati a sistemarti e
infilati nel letto. Io sarò di l’ha e lo aspetterò. Tu fai solo una cosa, stai
zitto e aspettalo.”
“Loreley tu…”
“Sì?”
“Niente. Vado di là.”
Merlino si avviò verso il letto,
facendo ricadere alle sue spalle il tendaggio pesante che divideva il salottino
dall’alcova.
Avrebbe voluto chiederle se
praticava la magia ma… No era meglio così.
Si spogliò, rimanendo nudo, il suo
corpo leggermente infreddolito. Sollevò le coltri per infilarsi a letto.
I tessuti erano pregiati, forse
lenzuola di seta e coperta di damascato. Non ci aveva molto badato, perché
adesso il suo unico pensiero era Artù.
Infatti il principe era ormai in
arrivo alla locanda, frustrato dai pensieri che gli vorticavano per la testa.
Entrò tenendo saldo il cappuccio del
mantello, in modo tale che non si vedesse il volto.
Chiese alla matrona di condurlo d
Lorelay, ma prima ch’essa potesse rispondergli negativamente una voce soave la
fermò.
“Potete farlo salire, lo stavo
giusto aspettando.”
Così la matrona fece strada al
giovane, fino ad arrivare alla porta della sua stanza.
Loreley apri la porta e fece entrare
Artù, prendendogli la mano.
Il principe si ritrovo all’interno
della stanza, mentre i suoi occhi s’incrociavano con quelli di lei.
Loreley gli abbassò lentamente il
cappuccio, carezzandoli poi una guancia. Era davvero bello come un angelo.
“Siete bello come vi avevano
descritto. Mi rammarica quasi non essere io ciò che cercate stasera.”
Artù la guardò perplesso, perché non
capiva il senso di quella frase.
“Passate quelle tende…” Gli sussurrò
lei all’orecchio. “C’è chi meglio di me può soddisfarvi sire.”
La sua bocca scivolò lieve su quella
di Artù, per poi scostarsi e farlo accomodare nell’alcova.
Il principe andò dove la giovane gli
aveva indicato, aprì le tende e la sua sorpresa fu grande a vedere chi vi
fosse.
Merlino era sdraiato nel letto, ma alla
vista del suo signore s’inginocchiò guardandolo tra smarrimento e vergogna.
Artù rimase forse più sbalordito di
lui, ma non riusciva a nascondere un pizzico d’eccitazione che lo stava
pervadendo.
“Che…Che ci fai tu…Tu qui?” Disse
balbettando e deglutendo rumorosamente.
“Artù ero venuto a cercarti…Volevo…Volevo
chiederti scusa insomma…” Senza poi poter dire più nulla gli si getto tra le
braccia, cadendo quasi dal letto.
Artù lo abbraccio, facendosi più vicino
al letto, carezzandoli i corvini capelli sempre arruffati.
“Merlino…Non ti mettere a piangere
ti prego…E’ stata anche colpa mia…”
Ma in quel momento più che delle
parole erano i silenzi a parlare per loro.
Qualche lagrima fuggì dagli occhi
del mago, bagnando la camicia del sire. Artù fece passare una mano tra lui e il
corpo dell’amante, slacciando il fermaglio del mantello.
Merlino singhiozzò leggermente,
mentre il suo adorato aveva fatto cadere a terra il mantello scuro. Si distaccò
leggermente da lui, guardandolo nell’immenso di quel occhi di cielo.
“Mi acceca la gelosia quando vedo
che guardi altri…Non devi mai più farlo!”
Il magò assentì, anche lui provava
la stessa emozione. Ma Artù continuo a spogliarsi, sfilandosi gli stivaletti e
la camicia.
Non ci volle molto che anche le
braghe volarono a terra. Ma il giovane mago avvinghiò il suo sire,
trascinandolo nel letto sopra di sé.
“Era così tanto che lo desideravo,
che volevo questo momento tutto per noi.”
Artù non replicò a codeste parole,
ma imbrigliò in un profondo bacio la bocca dell’amante; fermando così ogni
altra parola.
Iniziarono ad accarezzarsi,
dolcemente e vogliosamente. Si lasciarono scappare gemiti di piacere mentre l’uno
dava piacere, con le carezze più intime all’altro.
Artù s’andò poi a posizionare sul
corpo affusolato e accaldato di Merlino, penetrandolo con dolcezza ed
accortezza. Un flebile gemito uscì dalle labbra del mago, mentre i loro corpi
divenivano uno solo nell’atto dell’amore.
Quanto pensieri, sensazioni ed
emozioni vorticavano nell’anima di entrambe, ma il corpo e l’anima erano troppo
presi dall’unirsi in quel magico momento; tanto da far scordare ad entrambe il
razionale.
Erano talmente avvinghiati da far
confondere i loro corpi, ma anche all’apice del piacere non riuscirono a
dividersi.
Artù gemette con forza e virilità,
mentre i gemiti di Merlino erano dolci nell’orecchio dell’altro.
“Pere sempre! Solo mio amore mio!”
Codeste furono le parole del
sovrano, prima di tornare a baciare Merlino. Il mago si crogiolò tra le braccia
del suo sire, continuando poi fino all’alba ad essere un corpo ed un’anima
sola.
In fondo non vi era furia di tornare
al castello, adesso era il loro momento.
Loreley gli
aveva lasciati soli, prendendo il mantello dalla sedia.
Era scesa sgattaiolando
fuori dalla stufa, ormai quello non era più un luogo per lei.
“Allora strega
del Reno? Che notizie?”
Una voce di
bimbo la fece voltare quasi di scatto. Un bambino dal mantello grigio nebbia ed
una donna dal mantello color verde-acqua erano alle sue spalle.
“Sarà un buon
sire ma non credo voglia eredi. Il mago e lui sono uniti dagli astri, la loro
unione è indissolubile.”
“Ciò non è
contemplabile! Merlino è figlio del principe Rosso e Artù un Pendragon, devono
solo essere compagni di un destino, niente di più.”
Loreley rise
alla stupidità di Nimue, la dama del lago.
“Non ti
arrabbiare troppo, tanto la fine è segnata per tutti noi. Il Drago Rosso è
nato, ben presto sarà grande da far guida a questo paese ed unirlo.”
Tallaisien fu
spiccio, lui era un veggente e sapeva che il destino era poco variabile.
Nimue si stizzì
alla sua controbattuta, ma Loreley era stufa di ascoltare entrambe.
Tanto nessuno
di loro, NESSUNO, avrebbe mai potuto fa sì che i due non si amassero e vivessero
la loro unione.