*Only Act* Con Amore e Odio Katherine aveva il cuore in gola. Il messaggio che Elijah le
aveva mandato quella sera non l’aveva sorpresa più di tanto ed era preparata a
ciò che stava facendo... ma non poteva evitare di sentirsi terribilmente
agitata. Introdursi di nascosto nella villa di Klaus era stato facile
a livello tecnico, ma a livello emotivo l’ansia la stava distruggendo. Si trovava nella tana del lupo, che avrebbe potuto far
ritorno da un momento all’altro. Avrebbe potuto chiamarlo, certo, ormai tutti avevano il
numero di cellulare di tutti; avrebbe anche potuto scrivergli su Whatsapp o
mandargli un’email o scrivergli un sms ma, per quanto
la relazione tra Klaus e il suo smartphone fosse
intensa, una lettera scritta a mano non aveva rivali. Katherine aveva appesa posato la busta chiusa e timbrata in
ceralacca rosso sangue sulla scrivania, quando un quasi impercettibile
movimento d’aria la bloccò. Lui era lì. Il primo pensiero fu quello di scappare. Il secondo fu che lui l’avrebbe raggiunta senza fatica. Il terzo fu la paura di morire entro pochi minuti. «Non muoverti» sussurrò Klaus, fissando la schiena della vampira.
«Stasera mi sento generoso. Qualunque cosa sia scritta in quella busta, sono
sicuro che tu possa dirmela a voce.» Katherine non si mosse, non voleva guardarlo e sentiva di non
riuscire a fare un solo movimento. «Mi ucciderai dopo che avrò parlato?» «Non stasera.» Poteva sentirlo
sorridere. «Voltati.» Ah,
gli uomini inglesi e il loro accento. Qualsiasi cosa uscisse dalla bocca di
Klaus aveva un suono terribilmente sensuale. Lei
si voltò e vide l’ibrido in fondo al salone, ben lontano, con le mani dietro la
schiena e un’espressione rilassata in volto. «Non
ho intenzione di rubarti tempo prezioso in chiacchiere, per questo ti ho
scritto» disse, con finta tranquillità. «Tolgo volentieri il disturbo.» Aveva
solo spostato la mano dalla superficie della scrivania, niente di più, ma era
bastato per ritrovarsi Klaus davanti a lei, solo una manciata di centimetri a
dividerli. Lui
sorrise della sua espressione sorpresa e spaventata insieme. La fissò
intensamente negli occhi – oh, lei reggeva il suo sguardo e questo era davvero
degno di nota – e poi osservò la busta. «Sono
felice di sapere che anche tu apprezzi ancora il fascino antico di una lettera
scritta a mano, Katerina.» «Pensa
un po’, l’ho sigillata con la ceralacca e la mia iniziale» tentò di alleggerire
un po’ l’aria, dicendo comunque la verità e sì, Klaus aveva ragione, niente
aveva più fascino della comunicazione epistolare. «La
nostra iniziale.» Katherine
si morse la lingua per non rispondergli male. «Vieni,
fammi compagnia» l’ibrido indicò il divano dietro di sé con una mano. «Ci sono
alcune cose che mi piacerebbe capire.» «Davvero,
non disturbarti, non è necessario» lei alzò le mani e fece un passo indietro. «Devo
proprio andare via, ho molte cose da fare.» Klaus la incenerì con lo sguardo. Katherine fece un rapido
calcolo mentale e scattò in avanti a tutta velocità. La sua fuga durò meno di
un secondo, perché si ritrovò immediatamente contro al muro, schiacciata tra
esso e il corpo di Klaus. Aveva sbattuto la testa e il seno doleva per la forte pressione. «Sapevi che ti avrei presa senza sforzo» sentì sussurrare
alle sue spalle. «Valeva la pena tentare.» «Oh, Katerina... non ti smentisci mai.» Klaus si allontanò da lei, ma le afferrò i polsi in una morsa
ferrea e la condusse verso il divano, dove la fece sedere senza molte
cerimonie. Rimase qualche secondo in piedi davanti a lei, a guardarla
dall’alto, in silenzio, con il chiaro intento di intimidirla. «Sempre dietro alle cause perse» scosse la testa e si sedette
accanto a lei. Notò le sue spalle rigide e lo sguardo vigile, ma sapeva che non
avrebbe più tentato di scappare. «Come mai tanta fretta?» «Te l’ho detto, ho delle cose da fare» ripeté lei, senza
osare guardarlo in viso. Non avrebbe potuto ammaliarla perché aveva delle verbena in
corpo, ma Katherine sapeva che sfidare il suo sguardo dopo quel lampo di genio
l’avrebbe messa ancora più in pericolo. A Klaus piaceva comandare. Mostrarsi quieta e sottomessa era
la cosa migliore da fare, se voleva uscire viva da quella casa. «Con mio fratello?» Di nuovo, Katherine si morse la lingua per non rispondergli a
tono. Analizzò le opzioni che le venivano in mente, ma finivano tutte con un
insulto o un augurio di morte. Decisamente era meglio evitare. «Cose private» si limitò a dire, scatenando una lieve e irritante
risatina da parte dell’ibrido. Sussultò quando lui alzò una mano e gliela passò tra i
capelli. Nonostante il suo tocco fosse estremamente delicato, Katherine non si
rilassò. Era in attesa. Di cosa, non lo sapeva, ma lui l’avrebbe attaccata in
qualche modo, ne era certa. «Li tieni lunghi per te o per Elijah?» domandò Klaus,
continuando ad accarezzarle i capelli. «O per me?» Quell’insinuazione fece voltare Katherine di scatto. Fissò i
suoi occhi con sguardo duro, quasi oltraggiato. «Mi sono sempre piaciuti lunghi.» «Anche a me.» La vampira ricordava bene i momenti da umana vissuti con lui:
Klaus le diceva sempre quanto fosse bella, quanto affascinante fosse nei
vestiti che lui le regalava, quanto gli piacessero i suoi riccioli lunghi che
le sfioravano i fianchi. Le aveva chiesto di non
tagliarli mai. A un tratto, la mano si arrestò, ferma sulla sua spalla, le
ciocche tra le dita. «Dunque, veniamo a noi. Come hai irretito mio fratello?» «Io non–» «No, hai ragione, lo so già» la interruppe e Katherine capì
che quella di prima non era una vera domanda, quanto più l’inizio di una lunga
e irritante sequela di insulti poco velati nei suoi confronti. «Elijah è sempre stato pazzo di te.» Se fosse stata umana, Katherine sarebbe arrossita. Solo Klaus
era in grado di dire cose simili con quella faccia da stronzo e il sorriso
sulle labbra. «Mi chiedo se Stefan Salvatore fosse un riflesso di Elijah, o
se tu sia tornata da lui perché Stefan ti ha rifiutata più volte.» Stronzo. «Nessuno è il riflesso di nessuno» controllarsi era sempre
più difficile. Katherine aveva paura per la propria incolumità e allo stesso
tempo voleva sia insultare che compiacere Klaus, sperando di avere salva la
vita in qualche fortunato modo. «Elijah e Stefan sono diversi e sono ugualmente
due brave persone.» «E di Damon che mi dici?» La vampira sospirò, già al limite della sopportazione. «Klaus,
dove vuoi arrivare? Non hai bisogno di fare questi giochetti con me.» «Lo so, ma mi divertono.» Se gli avesse tirato un pugno sul naso sarebbe morta senza
ombra di dubbio entro mezzo secondo, ma sarebbe morta felice. Se doveva darsi
per spacciata, pensò Katherine, almeno avrebbe concluso la sua vita con una
vittoria personale. «Cosa vuoi da me?» La mano sulla spalla era quasi più irritante della
strafottenza di Klaus. In quel momento, l’ibrido si alzò e si diresse verso il
carrello dei liquori, certo che la sua ospite
non avrebbe tentato di nuovo la fuga. «Solo farti qualche domanda. Spero che vorrai essere sincera,
dato che non posso ammaliarti.» Katherine rilassò i muscoli e si appoggiò allo schienale del
divano. Aveva la sensazione che quell’allegra chiacchierata sarebbe durata a
lungo. «Non ti mentirei mai, è difficile resistere al fascino delle tue
minacce.» Klaus ridacchiò e tornò accanto a lei con due bicchieri in
mano. Gliene porse uno e le assicurò che non c’era veleno lì dentro. «Sono
serio, voglio solo parlare.» «L’ultima volta ero legata a una sedia» gli ricordò lei,
accavallando le gambe e portandosi il bicchiere alle labbra. «L’ultima volta fingevi di essere Elena.» «Si fa quel che si può per sopravvivere, sai? E dato che tu
sei il mio ostacolo più grande, mi sono prestata anche a quello.» Ci fu un lungo minuto di silenzio. Non era imbarazzante, né
strano o teso. Katherine si concentrò sul liquore che scendeva lungo la sua
gola, Klaus fece lo stesso, fissandola. Forse, pensò lei, Klaus voleva davvero solo parlare. «Allora...» riprese lui, dopo aver vuotato mezzo bicchiere. «Elijah.
L’hai cercato tu o ti ha trovata lui?» «Io.» «Perché?» Katherine si voltò a guardarlo. «Perché sono stanca e voglio
chiudere questa cosa una volta per
tutte.» Klaus le rimandò uno sguardo terribilmente intenso. «Questa cosa sono io? O siamo noi?» Perché voleva metterla in imbarazzo a tutti i costi? «Non esiste nessun ‘noi’,
Klaus. Non più. Anzi, non è mai realmente esistito» ribatté la vampira con
stizza, stringendo forte il bicchiere tra le dita. «Ci sono solo io che scappo
da te da cinquecento anni e ho raggiunto il mio limite di sopportazione. Ho già
provato a barattare, ma la gang di Mystic Falls si è messa in mezzo e la tua
costante voglia di uccidermi non mi invita di certo ad avvicinarmi a te come se
nulla fosse.» Klaus finì il suo liquore, Katherine fece lo stesso e posarono
i bicchieri sul tavolino davanti a loro. «Cosa ti ha promesso Elijah? O cosa hai promesso tu a lui?» Lei roteò gli occhi al cielo e represse uno sbuffo annoiato.
Le sembrava di leggere la Posta del Cuore
su qualche stupida rivista per stupide adolescenti. «Credo che tu lo sappia.» Lui alzò le sopracciglia e sembrava sul punto di scoppiare a
riderle in faccia. «Cosa dovrei sapere, love?
Quanto sei brava a manipolare gli uomini con il tuo bel faccino, gli abiti
attillati e i giochetti sotto le lenzuola? Non ho ancora avuto quel piacere
quindi, prego, spiegami.» Allusioni sessuali al suo aspetto e alle sue attività intime,
ma certo, quello era un altro dei tanti modi in cui Klaus si divertiva a
mettere a disagio le persone. «Non avrai mai quel piacere» si lasciò sfuggire lei, poi
aggiunse subito «e non ho promesso nulla a Elijah né lui a me, tranne il
baratto della cura per la mia libertà. Non voglio più scappare e voglio vivere
con serenità la mia relazione con Elijah.» «Wow, questo sì che è essere sinceri.» Klaus mimò un applauso verso di lei, che si morse il labbro
per evitare di esporsi troppo. Voleva andare via da lì. iniziava ad avere un brutto
presentimento. «Sembra che tutti, tranne la dolce Elena, vogliano trovarsi
in balìa delle emozioni umane» disse Klaus, con l’espressione di un adulto che
deve badare a una classe di bambini capricciosi. «Rebekah desidera la cura più
di qualsiasi altra cosa, Elijah gioca a fare l’innamorato con te, tu ti
comporti come una vestale immacolata e i fratelli Salvatore sono così
innamorati di Elena che ormai vivono solo per riaverla indietro come piace a
loro.» «Non sei diverso da noi, Klaus, tu corteggi Caroline.» L’ibrido si sporse verso di lei e provò un intimo godimento
nel vederla irrigidirsi all’istante. «Non lo nego, ma non è la mia priorità.» «Tanto lei non ci sta, sbaglio?» gli rivolse un ghigno
malizioso e vide il sorriso spavaldo sparire dal suo volto. «Tu sì?» «Con te o con Caroline?» La cosa poteva essere interessante. «Dovresti tenere a bada tua sorella, piuttosto, ho la
sensazione che diventare umana non le basterà. Sono sicura che vorrà dei figli.
Preparati a diventare zio.» Voleva solo sgranchirsi le gambe, non aveva intenzione di
scappare, per questo si alzò, ma evidentemente Klaus la pensava in modo
diverso. Katherine si ritrovò, per la seconda volta nel giro di mezz’ora,
sbattuta con forza contro una parete. Stavolta le doleva la schiena per la botta ma, cosa più
preoccupante, l’alta figura di Klaus troneggiava su di lei: le teneva un
braccio sopra la testa, il viso vicino al suo e una mano stretta sul fianco. «Non stavo scappando» gli lanciò uno sguardo avvelenato. Lui non rispose, sembrava pensieroso. Spostò lo sguardo dal
suo viso verso il basso e la mano, dal fianco, si posò aperta sul suo ventre. Katherine si irrigidì come mai prima d’ora. «Stai per aprirmi in due?» sussurrò, gli occhi fissi sulla
mano, tutti i sensi all’erta, pronta a difendersi da qualsiasi attacco. «Tu sei stata madre» bisbigliò l’ibrido, senza muoversi né
guardarla in viso. «Probabilmente Rebekah vorrà dei figli, hai ragione.»
sembrava più che stesse parlando da solo, riflettendo su ciò che lei gli aveva
detto poco prima. «Com’è? Essere genitori, intendo.» Era umanità quella che gli leggeva in volto? Dubbio? O solo
curiosità? Katherine rilasciò il respiro che aveva trattenuto e tentò di
rilassarsi e auto convincersi che Klaus non stesse per sviscerarla con le
proprie mani. «Non lo so» ammise, chiudendo gli occhi. La sua bambina. «Conosco solo il percorso della gravidanza. Non ho mai
conosciuto mia figlia» detestava parlare di quell’episodio, detestava parlare
di se stessa e dei suoi sentimenti, detestava ricordare quanto dolore avesse
provato in quel periodo della sua vita. «Avendo disonorato la famiglia, mio padre diede in adozione
la mia bambina. Non l’ho mai tenuta in braccio né allattata, non le ho dato un
nome... non l’ho neanche sfiorata.» Si leccò le labbra secche e sbatté più
volte le palpebre, sentendo gli occhi lucidi. «L’ho solo partorita. Dovrai
trovare qualcun altro a cui chiedere consigli sulla maternità, quando Rebekah
ti riempirà la casa di nipotini.» I secondi che seguirono sembrarono ore. Katherine lottò per
evitare di avere una crisi di nervi e al tempo stesso era pronta a difendersi
da qualsiasi attacco. Ma Klaus non l’attaccò. «Sediamoci.» Non disse altro e questa volta non se la trascinò dietro, ma
aspettò che lei lo seguisse da sola. Katherine non sapeva cosa pensare. Indubbiamente Klaus era
diverso, sembrava che avesse iniziato a prendere coscienza del mondo che lo
circondava e, forse, del modo in cui stava vivendo la sua vita. Possibile che stesse crescendo? «Lascia mio fratello.» No, decisamente no. Forse Klaus era solo in preda a qualche
dubbio, vista la quantità di gente intorno a lui che desiderava essere umana e
vivere una storia romantica. «No.» Klaus le rivolse uno sguardo omicida, ma lei non mostrò segni
di cedimento. «Non sei la donna giusta per lui.» «Detto da uno che corteggia la donna di un altro, riuscendo
solo a farsi odiare sempre di più, la cosa è irrilevante.» La mano di Klaus scattò sulla gola della vampira. «Vuoi
negare di aver cercato me ed Elijah in Damon e Stefan Salvatore?» Lei sgranò appena gli occhi e non rispose. Per Klaus quello
era un punto a suo favore. «Due fratelli, Katerina, niente di più ovvio. Uno dolce e
romantico, che ti regala fiori e poesie...» si avvicinò a lei, le labbra tese
in un ghigno, e le sussurrò all’orecchio «e uno forte e passionale, che ti fa
perdere la ragione.» Avrebbe potuto morderla, o spezzarle il collo. Katherine non
sapeva cosa pensare. Klaus era decisamente fuori di testa: un momento prima era
serio e in preda a dubbi esistenziali, quello dopo era di nuovo il solito
psicopatico. «Hai avuto la tua occasione con me e l’hai sprecata. Peggio
per te» gli rispose lei, con la speranza che la sua bocca si allontanasse dal
suo collo. «Cercare di rovinare la felicità di Elijah non ti farà sentire
meglio. Forse potresti chiamare Hayley per un secondo
round.» Klaus lasciò andare il collo della vampira e si spostò per
guardarla in viso. Sembrava arrabbiato per quell’intrusione nella privacy dei
suoi rapporti personali. Un punto per me, pensò Katherine, rivolgendogli un
sorriso ambiguo. «Io so sempre tutto, Klaus» sussurrò, con un tono di voce che
aveva fatto capitolare molti uomini. «So dove sei, con chi sei e cosa stai
architettando.» «Stalker.» Lei piegò la testa di lato, divertita. «Se vuoi vederla così.» «Questo non cambia le cose, sweetheart. Voglio che lasci mio fratello.» «Non voglio farlo.» «Devi.» «Perché?» L’ostinazione di Katherine era troppo palese. Lei stessa
faticava a crederci. Non perché non fosse sincera riguardo i suoi sentimenti
per Elijah, ma perché non sapeva se fidarsi ancora di lui o no. Aveva rifiutato di dare la cura a Klaus e per ripicca ci era
andata di mezzo lei. La cosa peggiore e che più l’aveva ferita, però, era che
Elijah non aveva fatto nulla per convincere il fratello a lasciarla andare.
Aveva accettato quel rifiuto, restando fermo nella sua posizione di non dargli
la cura. Katherine gli aveva detto di amarlo, di fidarsi di lui, di
voler vivere insieme ed essere, per quanto possibile, umana al suo fianco. Gli aveva dato l’unica cosa che rappresentava
un vantaggio enorme su chiunque e non aveva chiesto nulla in cambio. Forse era vero, pensò tristemente la vampira, Elijah non
nutriva la minima fiducia in lei e in ciò che gli aveva detto. Non si mosse quando Klaus allungò una mano per accarezzarle
il viso. «Continui a credere nell’amore, non è così? Puoi dare il tuo cuore a
Elijah quante volte vuoi, ma prima di te verrà sempre la nostra famiglia.» Sì, lo sapeva, lo sapeva bene e, anche se faceva male, spesso
aveva cercato di evitare quel pensiero. Alla fine, nessuno credeva in lei tanto da restarle accanto. «Una famiglia che stai distruggendo con le tue stesse mani»
cercò di ferirlo come poteva. «Eppure siamo ancora insieme dopo mille anni.» Fail, Katerina. «Voglio andare via» poco più di un sussurro, gli occhi bassi,
le spalle curve. La mortificazione di sapere che Elijah non le aveva dato
credito era abbastanza difficile da sostenere, non avrebbe potuto affrontare
un’altra dose di cattiveria da parte di Klaus. Aprì la bocca per parlare, ma si ritrovò le labbra di Klaus
sulle proprie. In un primo momento non capì cosa stesse succedendo, perché
l’ibrido era fermo e il bacio durò solo pochi secondi. Un filo d’aria si
frappose fra loro, gli occhi di Klaus cercarono i suoi e la baciò di nuovo. Katherine portò subito le mani sul suo petto e lo spinse con
forza, riuscendo ad allontanarlo da sé. «Che cosa...» balbettò, incapace di articolare una frase di
senso compiuto. «Perché?» «Perché lo voglio» rispose lui con un’alzata di spalle. «Perché
ti terrà lontana da mio fratello e perché, in questo momento, la tua vita
dipende unicamente da me. E questo mi eccita.» Katherine non aveva mai visto quell’aspetto di Klaus. Nel
1492, seppur nel mezzo di un corteggiamento ufficiale, tra loro non c’era mai
stato niente di intimo, neanche un bacio al limite della castità. Sapeva di Hayley, sapeva di
Caroline e aveva visto molte altre donne cadere tra le sue braccia nel corso di
cinquecento anni. Lei stessa, da ragazzina, aveva sognato il momento in cui la
sua unione con Klaus sarebbe stata completa a tutti gli effetti ma, anche
nell’appartamento di Alaric, tra loro non era
successo nulla. Certo, Klaus amava il contatto fisico e adorava sedurre con
la sua voce e quelle maledette fossette sulle guance, oltre a saper comandare. Faceva tutto parte del suo
fascino particolare e misterioso che l’aveva sempre accompagnato. «Avanti, nega di averlo desiderato» Klaus si fece avanti di
nuovo, sussurrando quelle parole sulla bocca della vampira, una mano tra i suoi
capelli e l’eccitazione nello sguardo. «Katerina.» Se c’era una cosa a cui lei non resisteva, era il modo in cui
Klaus pronunciava il suo nome da umana. L’accento forte rendeva particolare
anche la pronuncia di Elijah, ma nella voce di Klaus c’era qualcosa... non
sapeva spiegarlo, non ci era mai riuscita. Era sensuale e pericoloso allo stesso tempo. Le ricordava i
tempi passati e gli anni trascorsi a fuggire da lui, seppur restando sulle sue
tracce. Le provocava sempre un brivido e non solo di paura, ma
principalmente di aspettativa. «Elijah...» provò a dire lei, cercando di trovare una ragione
per non cedere. «Elijah non ha combattuto per la tua libertà. È di nuovo
tutto nelle mie mani, Katerina. In
ogni caso, lui sarà più al sicuro lontano da te.» Klaus le sfiorò il collo con la punta delle dita e osservò la
vampira socchiudere gli occhi. Era bella. Era sempre stata bella. Non era
difficile capire come mai così tanti uomini fossero caduti nella sua rete,
compreso suo fratello. O lui stesso. Più volte aveva pensato di usare il sesso contro la vampira,
ma aveva sempre scelto la via della tortura, deciso a non lasciarsi andare così
tanto con lei. Quella sera, però, Klaus aveva l’impressione che Katerina
stesse per dirgli addio e, vista la situazione generale, lui non avrebbe potuto
correrle dietro per molto tempo. E no, una parte di lui non riusciva ad
accettare che lei avesse scelto Elijah. «È una minaccia?» Oh, ecco l’inganno, finalmente l’aveva scoperto. Il sorriso sul volto dell’ibrido si accentuò, la malizia
brillò nei suoi occhi. Non c’era bisogno di sentire la risposta. Una parte di lei, inoltre, era terribilmente eccitata:
neanche il grande, potente e immortale Lord Niklaus poteva resisterle. Lui non
era diverso dagli altri uomini, non era immune al suo fascino e in quel momento
la desiderava. Klaus la voleva. Quel pensiero fu la sua rovina. Fu Katerina Petrova
a spingersi verso di lui e baciarlo con passione, la stessa passione che aveva
provato per lui cinque secoli prima. Aveva aspettato molte vite e alla fine
stava succedendo. Alle conseguenze avrebbe pensato in seguito: aveva già
immaginato di non riuscire a uscire indenne da quella casa, si sarebbe portata
via una profonda ferita che si sarebbe leccata da sola. Come sempre. Klaus approfondì subito il bacio, poco incline al
romanticismo in quel periodo: lui non era Stefan Salvatore e non era Elijah. Tirò appena i capelli della vampira per farle inclinare la
testa e le passò la lingua sulla gola. Le sfilò la maglia in un secondo e la
spinse di schiena sul divano, stendendosi su di lei e riprendendo a baciarla. Poteva sentire la passione di Katerina, la voglia e
l’eccitazione crescere rapidamente in lei e questo, ammise a se stesso, lo
eccitò da morire. Sfiorò ogni centimetro del suo corpo, le strinse i fianchi,
per poco non le strappò i leggins di dosso, dopo che
lei ebbe scalciato via le sue scarpe dal tacco vertiginoso. Il suo seno era
morbido, strizzato in un push up degno di quel nome.
Quasi gli dispiacque toglierglielo, ma non voleva barriere tra loro due, non
più, non in quel momento. Quando anche la sua maglia raggiunse il pavimento, o
qualsiasi cosa avesse raggiunto dopo essere stata lanciata via, Klaus tirò su
la schiena, reggendosi sulle ginocchia e osservando la vampira dall’alto. Elijah scelse proprio quel momento per tornare a casa. Preoccupato per la situazione, voleva parlare con Klaus di
quanto accaduto con Silas-Rebekah. Aveva udito dei
gemiti dal giardino e si era fermato davanti a una finestra, per capire chi
fosse in casa e dove, in modo da evitare un’esperienza spiacevole per tutti. Aveva notato un paio di scarpe col tacco per terra nel salone
e proprio quando stava iniziando a pensare che gli amanti si fossero spostati
in una delle camere, ecco che vide Klaus emergere dal divano, che dava lo
schienale alla finestra. Elijah scosse la testa, ma qualcosa catturò la sua
attenzione. Una ragazza dalla lunga chioma castana si mostrò, senza veli,
tracciando una scia di baci sul petto di Klaus, dai fianchi alle spalle. È Elena, fu il suo primo pensiero. La vampira, priva della sua umanità, non aveva più alcun
freno morale e suo fratello non ne aveva mai avuti. Per quanto la cosa fosse
sconcertante, poteva avere un fondo di verità. Non è Katerina, ripeté più volte nella sua mente. Non è lei. Vide Klaus baciare la ragazza con passione e trasporto, prima
di spingerla sul divano e slacciarsi i pantaloni con una mano. Elijah non era un guardone e men
che meno gli interessavano i rapporti promiscui di suo fratello, ma era come
pietrificato, non riusciva a muoversi, né spostare lo sguardo altrove. I capelli della ragazza – non
era Katerina, no, non era lei, nel modo più assoluto, non poteva essere lei
– erano così lunghi da cadere oltre il bracciolo del divano. Erano
meravigliosamente arricciati. A un certo punto, non seppe dire quando, lei si aggrappò alla
spalliera del divano con una mano, stringendo la stoffa tra le dita. Klaus fece
la stessa cosa, cercò la mano della ragazza e la coprì con la sua. Non è Katerina. Un sussurro giunse, forte e chiaro, alle sue orecchie
dall’udito sovrannaturale. «Klaus...» Non è lei. Quello che successe dopo fu così intimo e privato, così
personale e unico che Elijah si sentì, a tutti gli effetti, un guardone. Le mani dei due amanti lasciarono la stoffa del divano, si cercarono,
si accarezzarono e intrecciarono le dita, stringendosi con delicatezza. Poi,
sparirono oltre lo schienale. La voce di Klaus gli congelò le membra. «Katerina...» un
sospiro. «Non avremmo dovuto aspettare
così tanto.» Non è lei. Così come era arrivato, silenzioso e immerso nell’ombra,
Elijah sparì. Katherine si guardò intorno alla ricerca di qualcosa, mentre
con le mani cercava di dare un senso ai suoi capelli. Ricordava di aver messo
un elastico nella borsetta quella mattina. «Cerchi questa?» Si voltò e vide Klaus con una sua scarpa in mano. La afferrò
e tornò all’altezza che le piaceva tanto, almeno dodici centimetri più in alto
di quanto Madre Natura le avesse concesso. «Grazie.» Non lo guardò negli occhi, non lo guardò neanche in viso.
Tenne lo sguardo basso tutto il tempo, che era comunque poco, dato che si erano
entrambi rivestiti velocemente. «Katerina.» Un sussurro alle sue spalle, troppo vicino per i suoi gusti. «Cosa vuoi ancora?» Sembrava esasperata, in effetti lo era. Non che non le fosse
piaciuto quell’incontro carnale con lui, ma ora si sentiva davvero male a
riguardo. Prima o poi avrebbe dovuto affrontare Elijah, nonostante lui non
avesse fatto chissà che sforzo per ottenere la sua libertà. «Dove andrai adesso?» «Ti interessa?» si girò con uno scatto che tradiva un filo di
rabbia e nervosismo. «Vuoi davvero fare altri giochetti con me, Klaus?» L’espressione dell’ibrido era seria, tesa, ma lei comunque
non si fidava: aveva imparato a conoscere i finti sorrisi di Klaus, la crudeltà
celata nei suoi gesti eleganti, le offese e le minacce nascoste dai suoi modi
garbati e la voce accattivante. Aveva imparato che le fossette che si formavano sulle sue
guance quando sorrideva non erano carine,
erano un presagio nefasto. Come lei, Klaus aveva sempre qualcosa in mente e quel
qualcosa, in genere, includeva un massacro e un bagno di sangue. «No, hai ragione» rispose lui, alzando le mani. «Ho altre
cose a cui pensare, non è necessario intromettermi nella tua vita privata.» «Come se non l’avessi già fatto» ribatté acidamente la
vampira, voltandogli le spalle per recuperare la borsa dal tavolino. Trattenne il fiato quando sentì le mani dell’ibrido
afferrarle i fianchi e stringere con forza. L’aveva fatto spesso poco prima, ma
ora era diverso, non c’era l’impeto della passione, solo l’intento di
minacciarla un’altra volta. «Voglio solo assicurarmi che tu abbia compreso la situazione,
sweetheart.» «Certo che l’ho compresa» no, non riusciva a non essere acida
con lui. «Non hai nulla di cui preoccuparti.» Si girò tra le sue braccia, osservò il suo viso e gli regalò
un mezzo sorriso enigmatico, che non voleva confondere lui, ma proteggere se
stessa. Non si sarebbe mai mostrata debole e depressa in sua presenza. «Mi prenderò io la colpa, tranquillo. Sono sempre stata la
stronza della situazione, posso esserlo anche questa volta» disse, sempre
sorridendo, ma sentendosi morire dentro. «Elijah tornerà a raccogliere la
miseria che ti lasci alle spalle e sarai solo tu ad avere il potere di
disintegrare di nuovo la tua famiglia.» Lui non rispose, si limitò a fissarla a lungo e in silenzio.
Sapeva di metterla a disagio ed era proprio ciò che voleva. Buffo, pensò, non
erano le parole a intimidire una come Katerina, ma un semplice sguardo. O forse
solo lui era in grado di farlo? Si chinò su di lei e la baciò, senza la passione di un’ora
prima, ma senza dolcezza. Stava
sigillando un patto. Katherine non si fece indietro e non tentò di fermarlo.
Rispose al bacio, sentendo le mani di lui sempre sui suoi fianchi e posò le
proprie sulle sue spalle, fin quando il bacio non ebbe fine. «È il momento di correre, Katerina» un soffio sulla sua
pelle. Le fossette sulle sue guance. «Leggi la lettera.» Con quelle parole, la vampira sparì. Katherine girò a lungo prima di tornare a casa. Aveva bisogno
di stare all’aperto, di sentire l’aria fresca della sera e camminare senza
meta. Comprò anche un gelato lungo la strada. Aveva legato i capelli in una coda alta. Era quasi mezzanotte quando imboccò il vicolo che dava
accesso al piccolo appartamento dove si era sistemata in quel periodo. Con
enorme sorpresa, vide Elijah a pochi metri dal portone dell’edificio. Si bloccò a metà passo e osservò il vampiro andarle incontro. «Torni sempre così tardi?» le chiese con nonchalance, ma lei
poteva sentire che c’era qualcosa che non andava. «Non aspettavo visite. Sei qui da molto?» Klaus non era quel tipo di uomo che si vanta delle proprie
conquiste sessuali e non avrebbe mai informato il fratello in tempo record del
loro amplesso sul divano. Grazie al cielo gli erano rimaste le buone maniere
dei tempi andati. Era certa che lui non gli avesse detto nulla. «Da un po’.» Non riusciva a guardarlo in faccia. «Mi dispiace che Niklaus abbia negato di nuovo la tua libertà.» «Prima o poi cederà» finse di essere molto impegnata a
cercare le chiavi di casa nella borsetta. «Gli ho lasciato una lettera con
un’informazione importante. Dovrebbe bastare a tenerlo impegnato per un po’.» Il vampiro non rispose, rimase immobile davanti a lei, le
mani nelle tasche dei pantaloni eleganti e lo sguardo fisso sul suo volto. «Cosa gli hai offerto?» Katherine estrasse le chiavi dalla borsa e ci giocherellò con
le dita. Dal momento in cui aveva ricevuto la brutta notizia circa le negoziazioni
con Klaus, non aveva più risposto a Elijah, né lui l’aveva cercata. Erano in una sorta di rottura silenziosa. Lui aveva
dimostrato di non fidarsi di lei, lei era rimasta delusa dal suo comportamento. «Indicazioni su dove trovare una persona.» «Solo questo?» Alzò lo sguardo e si accorse subito di aver fatto un errore:
l’espressione di Elijah era così dura e tesa e terribilmente seria da farle
correre un brivido lungo la schiena. «Sì, solo questo.» «Katerina... non è necessario mentire. Vi ho visti.» La vampira aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse
subito dopo, incapace di emettere un suono. Com’era possibile? Come aveva
fatto? Perché? Chi? «C’è stata una complicazione con Silas»
iniziò a spiegare lui in un tono di voce pericolosamente controllato. «Stavo
tornando a casa per parlarne con Niklaus, quando mi sono accorto che non era
solo.» Fissò lo sguardo nel suo, inchiodandola lì sul posto. Se i
suoi occhi avessero avuto qualche potere, Katherine sarebbe morta incenerita in
quell’esatto istante. «Avete dimenticato di chiudere le tende.» «Elijah, io... io non...» era a corto di spiegazioni, di
parole in propria difesa, di argomentazioni. Il mondo le stava crollando addosso un’altra volta. «Elena mi aveva avvertito e io non ho voluto crederle. Ho
effettivamente avuto qualche dubbio, visti i tuoi precedenti, ma mi avevi quasi
convinto con la scenetta della cura e la tua storiella sulla fiducia e sul
cambiamento» c’era una nota di profondo dolore in quelle parole e Katherine
avrebbe voluto abbracciarlo e chiedergli perdono, ma non poteva farlo. Klaus le aveva concesso una tregua. Non c’era stato bisogno
di dirlo ad alta voce, il loro era stato un tacito accordo: lasciare Elijah e
scappare, approfittando della situazione difficile di cui Klaus doveva occuparsi
a Mystic Falls e delle nuove informazioni contenute nella lettera che gli aveva
scritto. Katherine aveva accettato di prendersi una colpa che non
aveva e macchiarsi di un tradimento difficile da perdonare. Poteva tirare un
sospiro di sollievo per un po’. Da sola e con il cuore a pezzi, ma era già un
ottimo risultato, viste le premesse. «Hai una giustificazione per il tuo comportamento?» Cercò le parole adatte, ma non ne trovò. «Nessuna
giustificazione valida» ammise e in effetti era vero: Elijah non avrebbe mai
acconsentito a farle barattare il proprio corpo per una breve tregua dovuta a
problemi di maggiore gravità. Con suo fratello, per di più. La consapevolezza che non l’avrebbe mai perdonata la colpì
violentemente. Non riuscì a trattenere un brivido. «Che sciocco sono stato» Elijah si leccò le labbra secche e
scosse la testa, sconsolato. «Sapevo che prima o poi sarebbe successo.» Katherine aggrottò la fronte e lo guardò senza capire. Di
cosa stava parlando? Di un suo eventuale tradimento? «Tutta questa storia con Niklaus, cinquecento anni a corrervi
dietro, le questioni irrisolte tra voi due...» si portò una mano davanti agli
occhi e sospirò. «Ho sempre saputo di non poter competere con lui, ma non ho mai voluto ammetterlo.» «Elijah, no! Questo non è vero!» esclamò lei, sconvolta da
quelle dichiarazioni. «Klaus voleva uccidermi e io mi sono protetta, non c’è
mai stato altro!» «No? E allora cosa ti ha spinta a darti a lui? Cosa ha spinto
lui a lasciarti andare dopo aver spezzato la maledizione?» alzò appena il
volume della voce, cosa insolita visti i suoi modi sembra garbati e
controllati. «Avrebbe potuto ucciderti, ma non l’ha fatto e non crederò mai che
è stato solo il piacere della caccia a fermarlo, non più ormai.» Katherine si ritrovò a corto di parole. Si era interrogata
spesso sulle motivazioni che avevano spinto Klaus a lasciarla fuggire quella
volta, ma rimuginare sul passato non era mai stata la sua attività preferita,
di certo non con il pericolo che lui la catturasse un’altra volta. «Ad ogni modo, forse dovrei ringraziarti» Elijah fece due
passi e affiancò la vampira, guardandola dall’alto. «Ora posso davvero chiudere
il capitolo della mia vita che riguarda te e andare avanti.» Una lacrima scivolò sul suo volto, fisso verso il basso. «Addio, Katerina.» Molti minuti dopo, forze mezz’ora, Katherine si mosse e si
appoggiò al muro dello stabile. Si portò le mani tra i capelli e le sentì
tremare. Le gambe erano pesanti, fare quei pochi passi l’aveva stancata come
non mai. Klaus le aveva concesso una tregua? Col cavolo. Quello era l’inizio della sua punizione, della sua vendetta,
delle sue torture. Benvenuta nei tuoi
prossimi duecentocinquant’anni di terrore e
solitudine, Katerina.