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Autore: Soul Sister    23/04/2013    1 recensioni
Darren non aveva mai creduto veramente nel chiodo schiaccia chiodo, i sentimenti non cambiano come si cambiano le mutande. Specialmente se erano forti, devastanti e totalizzanti come quelli che provava per Chris.
A volte, si chiedeva se anche lui sentisse la sua mancanza -se ne sentisse almeno un millesimo di quanto lui mancava a Darren. Se anche lui avesse una canzone che gli ricordava di loro, se ancora usasse Rain come profumo, se indossasse mai la maglietta di Harry Potter che gli aveva rubato dal cassetto con la scusa che 'gli piaceva troppo'.
Si chiedeva se come lui, ogni sera, guardasse fuori dalla finestra e si ricordasse che almeno erano sotto lo stesso cielo, anche se erano a miglia di distanza.
Duemilacinquecento fottute miglia a dividerli, già; come se non fossero bastate quelle assurde regole che si erano auto-imposti, a rendere tutto di per sé più complesso.

WARNING - Happy ending.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*ascoltate http://www.youtube.com/watch?v=Kq-r4ZUpels mentre leggete*

2500 miles

Hello, do you miss me?

Darren si passò una mano sul viso, stropicciandosi gli occhi stancamente e sbuffando frustrato. Rotolando nel piumone un po’ goffamente, si sporse verso il comodino alla sua destra e afferrò il suo telefono con le punte delle dita, per poi sbloccarlo e guardare l’ora. Il quadrante digitale segnava la bellezza delle tre di notte, e Darren sentì ancora di più il peso della stanchezza che gli gravava addosso: erano più di diciotto ore che stava sveglio, e aveva un dannato, dannatissimo bisogno di dormire. Avrebbe dato qualunque cosa pur di riuscire a sprofondare in un pesante e rigenerante sonno senza sogni, ma le sue palpebre si rifiutavano categoricamente di chiudersi - nonostante fossero pesanti come macigni e implorassero pietà - come se già sapessero che l’avrebbe accolto l’ennesimo incubo che l’avrebbe fatto svegliare di soprassalto e col cuore che scalpitava alla velocità della luce.

Darren si chiedeva quando sarebbe riuscito di nuovo a dormire serenamente.

Era da sei mesi a quella parte che il suo corpo non gli concedeva una sana dormita, a causa di quell’angoscia che gli attanagliava il petto tutte le sere. Nonostante si fidasse ciecamente di Chris, non sopportava l’idea che fosse a Los Angeles da solo, mentre lui se ne stava a New York a rodersi il fegato per la paura costante che gli potesse succedere qualcosa; non sopportava l’idea di averlo lontano, di non poter essere con lui qualora ne avesse avuto bisogno, di non poterlo abbracciare in ogni momento, e di vederlo solo attraverso lo stupido monitor di un computer, o nei pochi week-end in cui entrambi erano liberi.

Chris gli mancava, in un modo che Darren non riteneva umanamente possibile: a volte sentiva così tanto la sua assenza che gli faceva male il cuore, il fiato si spezzava e non riusciva più nemmeno a muoversi. Ed era frustrante, soprattutto perché non poteva farci assolutamente nulla: più di una volta aveva pensato di prendere il primo aereo per Los Angeles, ma non l’aveva mai fatto perché era conscio di non poter mollare tutto su due piedi, piombargli là e implorarlo di tornare a New York con lui, o di poter rimanere lui stesso. Ed era sicuro che ci avrebbe pensato ancora altre mille volte, finché non avrebbe potuto riabbracciare Chris, perché nonostante fosse irrazionale, stupida e assurda, era l’idea migliore che gli tornasse in mente.

Era assurdo come non riuscisse ad abituarsi all’assenza dell’altro, ma era più forte di lui: erano passati da stare perennemente insieme, quasi vivendo in simbiosi, a vedersi saltuariamente, quando avevano la fortuna di non avere impegni.

I primi tempi di lontananza a causa dei loro lavori erano stati difficili, ma Darren aveva pensato che col passare delle settimane quella situazione avrebbe raggiunto un equilibrio, e non sarebbe stato così faticoso tollerare quelle 2500 miglia che li dividevano. Ma aveva constatato a sue spese che no, non poteva abituarsi a quella sensazione di incompletezza nel suo petto, e che le chiamate – per quanto fossero lunghe e fitte fitte di chiacchiere – e la sua immagine composta da pixel non rendevano assolutamente giustizia all’avere Chris al suo fianco. Anzi, vederlo solo per webcam o sentirlo per telefono appesantiva ancora di più quell’infinita e straziante attesa, perché se sfiorava lo schermo del pc Darren non riusciva a percepire il calore, la morbidezza, e il profumo della pelle di Chris.

Così passava le sue giornate sperando che arrivasse presto il weekend libero di Chris, e in quei momenti Darren si sentiva letteralmente perso, perché bramava quei momenti: bramava il momento in cui lo avrebbe potuto stringere tra le sue braccia, annusare il suo profumo e perdersi nei suoi occhi.

Ma allo stesso tempo, odiava di dover fingere che ne avesse bisogno, che non fosse inevitabile.

Darren sapeva esattamente ciò che provava per Chris, era qualcosa che aveva realizzato molto tempo prima, quando si era reso conto che l’amicizia che li legava andava ben oltre il confine consentito. Ma nonostante si fossero baciati, e ogni volta i loro incontri finivano con loro che facevano l’amore, per Chris era quello che erano: amici. Nonostante fosse ben consapevole che Darren fosse innamorato di lui, e il moro avesse la certezza che anche Chris provasse lo stesso.

Si amavano, e non potevano dirlo. Perché poi, Darren ancora se lo chiedeva. Fatto stava che non se l’erano mai nemmeno detto l’un l’altro per non peggiorare la situazione. Ciò che c’era tra di loro era tanto evidente quanto il fatto che una conferma non avrebbe cambiato nulla, in nessun modo e caso, quindi continuavano con la farsa dei buoni amici pure tra di loro.

Tuttavia, il non ammettere i loro sentimenti ad alta voce non impediva a Darren di provarli, né di sentire la mancanza di Chris in modo a dir poco malsano.

Chris era il suo porto sicuro; era diventato una certezza di cui non poteva fare a meno, nonostante tutta quella situazione gli urlasse dritto in faccia che aggrapparsi a lui con tutte le sue forze l’avrebbe portato a precipitare in un burrone. Ma non poteva far nulla contro quella sensazione reale e concreta di completezza che lo avvolgeva come un abbraccio quando era al suo fianco, quando posava il capo sul suo petto e ascoltava il battito del suo cuore, quando le loro labbra si congiungevano. In quei momenti, Darren sentiva come se avesse trovato il suo esatto posto nel mondo, quella stessa sensazione che provava quando cantava sul palco e suonava la chitarra.

Era destinato a suonare, era destinato anche ad amare Chris con tutto se stesso.

Ed era per quel motivo che i giorni lontani da lui erano così terribili. Il tempo sembrava addirittura dilatarsi in modo osceno, un susseguirsi di secondi lunghi come ore e ore lunghe come giorni, che per lui rappresentavano solo tempo perso lontano da Chris. E ne passava veramente troppo, tra un incontro e l'altro: a volte erano fortunati, e si vedevano una settimana si e una no, ma c'erano anche quelle volte che non si potevano vedere per un mese o più, e quelli erano i momenti peggiori per Darren.

Erano quei giorni in cui era terribilmente arrabbiato, un po' con sé stesso e un po' col mondo, e finiva per sfogarsi con Chris. Già litigare con lui era brutto -o meglio, terribile- farlo a 2500 miglia l'uno dall'altro era anche peggio. Chiarire era difficile, perché non potevano stringersi e guardarsi negli occhi per essere certi che fosse tutto apposto.
C'erano quei giorni in cui entrambi erano stanchi, o distanti l'uno dall'altro non solo fisicamente, e a
Darren faceva male il cuore da morire. Quando litigavano almeno riuscivano a buttare fuori ciò che provavano: vedere Chris freddo e distaccato con lui senza motivo apparente era più doloroso di una pugnalata.
C'erano giorni, poi, in cui
Darren avrebbe solo voluto prendere il primo volo per Los Angeles, andare da Chris, baciarlo con tutto il suo cuore e chiedergli di diventare il suo ragazzo, perché lo amava e se ne fregava di ciò che avrebbe pensato il resto del mondo di lui. Avrebbe dovuto, ma non lo faceva mai.
Se solo tutto fosse stato più semplice, se solo avesse potuto stare vicino a lui..
A volte
Darren avrebbe davvero mandato a puttane tutto -la sua vita, il lavoro - pur di stringere tra le braccia Chris. Ma c'era sempre qualcosa che lo fermava: un litigio, la semplice voglia di tranquillità solo per un po'..una foto scandalistica di Chris con un altro ragazzo.
Odiava con tutto il cuore quando succedeva -e succedeva: dopotutto, loro non stavano insieme. Chris gliel'aveva ripetuto più di una volta, ma ovviamente non cambiava il senso di tradimento che
Darren sentiva dentro di sé, soprattutto perché nessuno di quei ragazzi durava tanto e cambiavano spesso.
A volte, aveva pensato di fare la stessa cosa: trovarsi una ragazza, avere una relazione degna di quel nome, rifarsi una vita.
Quando ci aveva provato, aveva capito che no, non gli importava avere una storia, se quella non era con Chris. Perché amava lui, voleva stare con lui.
Darren non aveva mai creduto veramente nel chiodo schiaccia chiodo, i sentimenti non cambiano come si cambiano le mutande. Specialmente se erano forti, devastanti e totalizzanti come quelli che provava per Chris.
A volte, si chiedeva se anche lui sentisse la sua mancanza -se ne sentisse almeno un millesimo di quanto lui mancava a
Darren. Se anche lui avesse una canzone che gli ricordava di loro, se ancora usasse Rain come profumo, se indossasse mai la maglietta di Harry Potter che gli aveva rubato dal cassetto con la scusa che 'gli piaceva troppo'.
Si chiedeva se come lui, ogni sera, guardasse fuori dalla finestra e si ricordasse che almeno erano sotto lo stesso cielo, anche se erano a miglia di distanza.

Duemilacinquecento fottute miglia a dividerli, già; come se non fossero bastate quelle assurde regole che si erano auto-imposti, a rendere tutto di per sé più complesso.

Darren sbuffò, colpendo la coperta con un pugno, per poi tirarsi su. Il letto cigolò appena, quando con un balzò ne saltò giù; si spostò in bagno, accese l’acqua fredda e la lasciò scorrere per un po’, nel mentre che si guardava nello specchio.

Perché doveva essere tutto così dannatamente difficile? Era così necessario doversi nascondere? Nascondere cosa, poi? Chris non voleva nemmeno ammettere a sé stesso che tra loro ci fosse qualcosa.

Prese un lungo respiro, raccolse un po’ d’acqua con le mani e spruzzandosela in faccia, nel mero tentativo di schiarirsi le idee e darsi una calmata. Poi si spostò nella cucina, tirò fuori dal frigorifero una lattina di birra, e tornò in salotto solo dopo aver recuperato anche la sua chitarra.

Se non riusciva a dormire, tanto valeva che facesse qualcosa di costruttivo.

*

Hello,
Do you miss me?
I hear you say you do,
But not the way I'm missing you

«Mi manchi»

«Anche tu mi manchi, Dare. »

«Questo weekend ci vediamo? Ho bisogno di abbracciarti. »

«..Sì, penso si possa fare. Stasera controllo i voli per New York, poi ti dico, okay? »

«Va bene. Notte, Chris. »

«Buonanotte»

*

You sound so close but it feels like you're so far

Quando Darren entrò nella sua stanza, dopo aver riaccompagnato Chris all’aeroporto per tornare a Los Angeles, sentì il suo cuore fare una capriola e il suo stomaco chiudersi in una morsa fastidiosa quanto ferrea.

La presenza di Chris si sentiva ovunque. Nelle lenzuola disfatte, nell’odore – il suo - che aleggiava in ogni singolo millimetro cubo di aria, misto a quello del sesso. Nonostante fosse rimasto lì solamente per meno di quarantotto ore, sembrava fosse inevitabile che qualsiasi cosa appartenesse a Darren assorbisse l’essenza di Chris.

Per la prima volta in mesi, Darren maledì il fatto che ogni cosa sapesse di lui. Si sentiva sopraffatto, confuso e frustrato, e non riusciva a pensare lucidamente, cosa che aveva davvero bisogno di fare per realizzare cosa fosse successo durante quei due giorni.

Chris era stato distante. Non intenzionalmente, certo, ma Darren si era accorto che la sua mente era altrove.

Quando era atterrato, Darren come al solito gli era andato in contro con un sorriso grande quanto una casa, perché non poteva fare altro, quando aveva l’opportunità di vederlo. Gli aveva gettato le braccia al collo, e avrebbe semplicemente voluto sprofondare in Chris, penetrargli nei pori della pelle e filtrare nelle sue ossa, per rimanere con lui in ogni istante; tuttavia, quando Chris – contrariamente al solito – si era limitato ad avvolgergli la schiena con un gesto così poco accorato, per Darren era stato automatico mollare quasi subito la presa.

Un campanello nella sua testa aveva cominciato a suonare, ma Darren l’aveva deliberatamente ignorato; capitava a tutti di essere stanchi, e non sempre i viaggi in aereo erano piacevoli. Chris poteva essere semplicemente stanco, non avrebbe dovuto allarmarsi per così poco.

Ciononostante, quella mera consolazione di Darren cominciò a vacillare quando Chris non spiccicò parola finché non fu lui a cominciare un discorso piuttosto futile, cosa che – nel loro rapporto – non si era mai visto. Chris e Darren, sin dal loro primo incontro, avevano sempre, sempre trovato qualcosa di cui parlare.

Ogni tanto Chris si perse nei suoi pensieri lasciando Darren senza risposta, altre volte parlò come se fosse totalmente da un’altra parte.

Darren lo conosceva sufficientemente per dire che in quei due giorni Chris non era stato veramente con lui, ma non ebbe il coraggio di farglielo notare. Lo lasciò stare.

Ma se durante il giorno il suo comportamento era stato strano, quando erano andati in camera sua – tecnicamente per dormire – lo era stato ancora di più.

Chris l’aveva letteralmente assalito, trascinando con sé Darren in un intreccio confuso di braccia e gambe, di tocchi decisi, morsi e carezze ovunque: in quel momento, il moro si era lasciato completamente andare a quei gesti, ricambiandoli con la stessa attenzione, ma a mente lucida Darren non riusciva a dare un senso a quella foga. La passione c’era sempre stata tra loro mentre facevano sesso, ma si erano sempre presi il loro tempo per esplorarsi con minuziosità, portarsi al limite e giocare con l’altro.

Se avesse dovuto dare un aggettivo a quella notte, Darren l’avrebbe definita disperata.

E il fatto che non capisse perché gli avesse dato quella sensazione lo terrorizzava.

Perché quella mattina, quando si erano svegliati, Chris era ritornato come il giorno prima. Impassibile, e con la testa altrove.

*

10 Nov. (10.30 PM)

-Quando sei libero posso chiamarti? Mi manchi. –D

11 Nov. (11.46 AM)

-Ieri non mi hai risposto, spero che vada tutto bene. Un bacio. -D

11 Nov. (10.23 PM)

-Chris, ora mi stai preoccupando. Per piacere, rispondimi. –D

11 Nov. (11.02 PM)

-Ehi, Chris? Ci sei? Ti prego, dimmi solamente che stai bene. Sono preoccupato.-D

12 Nov. (00.04 AM)

-Va tutto bene, non volevo farti preoccupare. Sono molto impegnato, se non rispondo è per questo. -C

Darren rimase a fissare quel messaggio per circa una decina buona di minuti, senza sapere se tirare un sospiro di sollievo perché Chris gli aveva risposto, alla fine, o se farsi prendere ancora di più dall’ansia per il tono freddo che trapelava dal messaggio.

Decise di non pensarci.

12 Nov. (00.16 AM)

-Okay, figurati. Buonanotte <3 – D

E perse due ore di sonno nell’attesa di un altro messaggio di risposta.

*

'Cause I'm
Trying to explain
Something's wrong
You just don't sound the same

Darren dovette aspettare una settimana, prima che Chris tornasse lentamente a farsi vivo di sua spontanea volontà, senza che lui dovesse bombardarlo di messaggi imploranti per ricevere una risposta.

Pian piano, il loro equilibrio, dopo quel weekend atipico e quei giorni di silenzio, si stava ristabilendo.

Tuttavia, era abbastanza palese che anche per telefono Chris fosse più distante del normale. Come quando era andato a trovarlo a New York, ciò di cui parlavano erano futilità; talvolta Chris si lamentava di quanto fosse impegnato, di come avrebbe desiderato triplicarsi per fare tutto ciò che doveva con maggior calma. Darren si mordeva tutte le volte la lingua per non chiedergli se, tra tutte quelle cose da fare con più calma, ci fosse stato anche lui.

Darren sapeva che Chris si faceva sentire solamente per non farlo andare nel pallone, e francamente non sapeva se indignarsi o essere felice e accontentarsi di quello che gli concedeva. Dopotutto, lo stava facendo per lui, per non farlo impazzire – perché era quello che sarebbe successo, se Chris, da un momento all’altro, fosse sparito dalla sua vita.

Darren sperava con tutto il cuore che fosse solo la stanchezza a far sembrare Chris così poco coinvolto alle sue orecchie, e la mancanza di tempo a obbligarli a chiamate veloci e sempre meno frequenti.

*

Quando Darren quella sera arrivò a casa, era letteralmente a pezzi.

Non che fosse una novità. Ormai erano settimane che faceva di tutto, letteralmente di tutto, pur di tenersi occupato. Perché lui era fatto così: o pensava, o agiva. E quando agiva ci metteva tutto se stesso e ogni singolo briciolo di attenzione che potesse dedicarvi, sia che stesse facendo la lavatrice, sia stesse portando a spasso il cane dell’anziana vicina che gli offriva sempre i biscotti al cioccolato.

L’importante, comunque, era non pensare. Perché quando pensava, pensava a Chris. E francamente, lui era l’ultima persona che voleva gli ronzasse nella testa.

Era passato più di un mese dall’ultima volta che si erano parlati. Ovviamente per telefono, perché, a quanto pareva, Chris era troppo impegnato con la stesura del suo nuovo libro e con le riprese del suo nuovo film anche solo per vedersi per qualche minuto via webcam. Darren si era accontentato di un veloce botta e risposta, perché sapeva quanto effettivamente il suo ex collega fosse preso e quanto collezionasse anche solamente minuti liberi per mettersi al computer e scrivere. Si accontentò perché un veloce botta e risposta erano meglio di niente, a quel punto.

Tuttavia, nonostante sapesse gli impegni di Chris, la settimana dopo non era riuscito a non proporgli di incontrarsi. Ma Chris aveva detto di no perché era impegnato, e la risposta fu la stessa anche la settimana dopo, e quella dopo ancora.

Darren ci era rimasto di merda. Perché okay, Christopher Paul Colfer era un attore di fama mondiale, era uno scrittore ormai affermato, ed era super impegnato, aveva tante cose da fare, tanto che faceva sembrare l’esistenza di chiunque praticamente una nullità, e doveva destreggiarsi tra molti impegni. Ma quando Darren si sentì preso in causa proprio come tale, come impegno, come qualcosa di obbligato si sentì più offeso di quel che avrebbe dovuto.

Lui non voleva essere un impegno per Chris. Voleva che lui avesse voglia di vederlo, che gli facesse piacere passare del tempo insieme. Come, ormai, non voleva più che Chris lo chiamasse solo per far felice lui.

Ma inghiottì il rospo, e finse di non aver sentito l’eco della musica da discoteca che obbligava Chris a parlare con voce più alta, e non appena riattaccò - dopo avergli dato la buonanotte – decise di dimenticare con l’alcol quella voce maschile che aveva richiamato la sua attenzione dall’altro capo del telefono e che gli aveva fatto fretta, facendo così concludere quella chiamata anche più velocemente del solito.

La mattina dopo, bazzicando sul computer, un articolo su Chris e su una certa festa attirò la sua attenzione. Una festa che risaliva al giorno prima, alla quale erano state scattate una serie di foto che ritraevano Chris con un ragazzo biondo in vari momenti della serata. E c’era la foto di un bacio; sfocato e confuso, e la luce era pessima, certo, ma Darren era quasi sicuro che sì, Chris stava baciando quel ragazzo – Will, l’avevano chiamato nell’articolo.

Darren sentì qualcosa spezzarsi dentro di sé, e seppe per certo che il rumore di un cuore che si spacca in due è il peggior suono al mondo.

Decise di ignorarlo, e non fu nemmeno difficile farlo, dal momento che per due giorni interi Chris non gli scrisse né tentò di chiamarlo.

Ma poi lo fece, e Darren – da idiota qual’era – non aspettò nemmeno che cominciasse il secondo squillo per rispondere. Ma sentire la voce di Chris fu un’accoltellata dritta dritta nel petto, all’altezza di quel cuore già spezzato in due.

Lo ascoltò parlare per un po’ di cose che gli sembravano così lontane, così fuori dalla sua realtà. E poi – come uno stupido – gli chiese ancora se quel weekend si sarebbero visti, e la risposta fu la stessa delle precedenti settimane.

«Ho un sacco di impegni, Dare. »

E Darren glielo disse. Gli disse ciò che aveva pensato la sera della festa, sul fatto di essere diventato un impegno nella sua lunga lista d’attesa. E quando Chris tentò di rispondere che no, non era così, Darren lo interruppe.

«E da quando scrivi in discoteca, Chris? La musica roboante ti aiuta a concentrarti? E dimmi un po’, pomiciare con i ragazzi porta ispirazione? »

La litigata che ne seguì fu tremenda, più brutta di qualsiasi altro litigio li avesse mai coinvolti. Darren sentì il suo cuore lacerarsi in altri punti, e lo sentì sanguinare dolorosamente ad ogni parola che Chris pronunciò, ad ogni accusa che lui gli rivolse. E alla fine, quando lo stesso Chris – con voce stranamente bassa e cauta, considerando i toni accesi che aveva assunto la conversazione - gli disse che forse avrebbero fatto bene a non sentirsi per un po’, Darren sentì ogni cellula del suo corpo diventare di ghiaccio.

Acconsentì, tentando di sembrare più indifferente possibile, ma non appena la chiamata si concluse, se ne pentì.

Ma era troppo tardi, e Chris, in ogni caso, non avrebbe voluto sentirlo. Forse, in realtà, era quello che avrebbe voluto fare da mesi, ma non aveva mai trovato il coraggio di allontanarlo definitivamente per paura di una sua reazione.

Darren francamente avrebbe preferito che lo scaricasse – si può scaricare qualcuno che non è mai stato il tuo ragazzo? - una volta per tutte, con un taglio netto, dicendogli che non lo voleva più intorno, piuttosto che lasciarlo come un idiota sul filo di un rasoio, con costanti sensi di colpa e senza aver idea di cosa sarebbe stato di ciò che c’era tra di loro – amicizia?, amore?, qualunque cosa fosse stata.

Perché quel non sapere quando si sarebbero riparlati lo stava uccidendo. E per quanto cercasse di stancarsi a morte per non pensarci, pur di non pensare a Chris, non ci riusciva. Gli mancava da morire, più di quanto gli fosse mai mancato da quando si erano conosciuti.

Darren era irriconoscibile perfino ai suoi stessi occhi, e questo avrebbe davvero dovuto dargli un’idea della portata dei propri sentimenti per Chris.

Chris che non voleva più avere a che fare con lui.

Darren si alzò dal divano e si diresse in cucina. Magari era rimasta qualche bottiglia di birra dalla sera prima.

*

«Pronto? »

«La mia vita fa schi-ich!-fo.»

«Darren?! » Darren allontanò il telefono dall’orecchio, guardandolo male. Perché Joey urlava tanto? «Hai bevuto? »

«Pooochino. Poco poco. Poco così. »

«Darren, vai a dormire. »

«Perch-perché sono nato? Non ha senso vivere. »

«..Darren. Rettifico, quanto hai bevuto? »

«Joey, io lo amo. Chris. Lo amo tanto. »

«Tu lo--Darren, lo so. Probabilmente lo sa anche il mondo che lo ami. »

« Chris no. Non gliel’ho mai detto. Avrei dovuto. Magari ora mi parlerebbe ancora. È tutta colpa mia»

Joey, dall’altro capo del telefono, sospirò. «Non è affatto così. Darren, vai a dormire. »

«Vado. Nei miei sogni c’è sempre Chris. »

«Ecco, bravo. Buonanotte, Dare »

«Buonanotte, Joey »

*

Probabilmente era andato del tutto fuori di senno.

Anzi, era di sicuro così, altrimenti non si spiegava perché avesse preso un volo last minute per Los Angeles che, guarda caso, era atterrato giusto pochi istanti prima.

Era un’idea stupida, di cui Darren si stava già pentendo. Maledetta quella chiacchierata con Joey, e maledetta la sua capacità di convincerlo anche a fare le cose più stupide.

Non sapeva nemmeno con quali facoltà mentali avesse prenotato il volo e avesse deciso di volare fino a lì. Senza nessun bagaglio, dopo essere corso via dalla casa del suo migliore amico, con solo pochi contanti necessari con sé per pagare due corse del taxi: una per raggiungere casa di Chris, l’altra per tornare all’aeroporto nel caso l’avesse cacciato via o non gli avesse direttamente aperto la porta.

Fatto stava che ormai era lì. E non poteva rimanere come un imbecille a fissarsi intorno, come se così facendo potesse trovare il coraggio di muoversi.

Cosa che fece solamente qualche minuto dopo, quando una donna di circa tre metri– e che era, la nipote di Madame Maxime? - gli diede involontariamente una borsata in testa, destandolo dal suo stato di ameba catatonica.

Poteva farlo. Sì, poteva – si ripeté quel mantra per tutto il tragitto fino all’uscita dell’aeroporto.

«Posso farcela » disse, quando il taxista gli chiese la destinazione, ricevendosi un’occhiata di sbieco.

Quando finalmente s’immisero nel traffico di Los Angeles, Darren cominciò ad avere le palpitazioni.

«Posso farcela»

«Che cosa, di grazia? » incalzò l’uomo di colore, guardandolo dallo specchietto.

«Dire all’amore della mia vita che lo amo. »

«Ah, beh! Buona fortuna, amico! » commentò, sostando finalmente davanti all’appartamento di Chris.

Darren prese dei lunghi, lunghissimi respiri, una volta aver pagato l’autista ed essere sceso dall’auto.

Era lì. Era lì, e non poteva tirarsi indietro. O la va, o la spacca, pensò. E dopotutto, era vero. Non aveva niente da perdere, perché la situazione non poteva peggiorare più di così. Stava già perdendo Chris, se non l’aveva già perso del tutto. L’unica cosa che avrebbe potuto succedere era, effettivamente, che gli richiudesse la porta in faccia. O che gli urlasse contro. In ogni caso, avrebbe avuto l’opportunità di vederlo faccia a faccia dopo settimane, e sentire la sua voce dal vivo, e magari avere il tempo di perdersi nei suoi occhi un’ultima volta.

Fu sufficiente quello, per Darren, per allungare la mano e premere finalmente il campanello.

Il suo cuore scalpitò non appena sentì un rumore di passi e qualche imprecazione. Se non fosse stato così agitato, probabilmente sarebbe scoppiato a ridere, perché quando Chris diceva le parolacce era adorabile e buffissimo.

Ma non ebbe il tempo di concentrarsi troppo su quel pensiero, perché la porta si aprì con uno scatto secco, e un Chris trafelato e al limite della crisi isterica gli comparve davanti in tutta la sua bellezza, mozzandogli letteralmente il fiato.

Dio, quanto gli era mancato.

«Scusa Darren, non ho tempo da perdere, devo prendere un aereo per New York e venire a casa tua per dirti che—Darren? »

Il diretto interessato impiegò più di qualche istante per connettere le sinapsi. Non riusciva nemmeno a muovere un muscolo. Perché Chris era poche spanne da lui, con un’espressione sconvolta, il viso stanco, le guance arrossate e gli occhi a dir poco brillanti. E gli aveva appena vomitato in faccia che lo stava per raggiungere a New York per dirgli— per dirgli cosa?

«Cosa ci fai qui? » gli chiese, la voce ridotta a malapena ad un sussurro.

Darren sentì il proprio cuore fare una capriola davanti a quello sguardo intenso. Sembrava quasi che Chris lo stesse fissando come un’apparizione mistica.

«Cos’è che devi dirmi? » decise di ribattere poi, qualche istante dopo.

Vide Chris abbassare lo sguardo, prendere lunghi respiri, e poi rialzarlo, puntando i suoi zaffiri nei suoi occhi. Deglutì. «Volevo chiederti scusa. Mi sono comportato malissimo nei tuoi confronti, ma avevo paura di perderti. Lo so che non ha senso, ma ho fatto di tutto per allontanarti, ho fatto apposta a trascurarti sperando che mettessi un punto alla situazione. Ma non è successo, e ho esagerato, e non volevo farti star male. Il punto è che ero terrorizzato da cosa stava succedendo, siamo così lontani, mi sentivo da cani senza di te e ho pensato che portarti a voler tagliare i ponti con me sarebbe stata l’idea migliore. Almeno mi sarei messo il cuore in pace sapendo che non mi volevi più. Scusa, sono un idiota. » concluse, dopo aver parlato tutto d’un fiato, arrossandosi ancora di più in viso.

Darren rimase a fissarlo per qualche istante ancora, impassibile.

Quando decise di parlare, l’unica cosa che gli uscì fu: «Sì, sei un idiota. », facendo automaticamente accigliare Chris. «Stavo di merda, Chris. Ho fatto mesi a pensare che tu non mi volessi, a chiedermi cosa avessi fatto per meritarmi un trattamento del genere. E ora mi vieni a dire che hai fatto tutto questo perché avevi paura di perdermi? Scusami, ma da quando in qua per non perdere una persona la si allontana apposta? Per di più come se io avessi mai dimostrato di non volerti più! Pensavo fosse piuttosto evidente che ti amassi, soprattutto dal momento che facevo di tutto per vederti! »

«T-tu mi ami? » balbettò Chris, guardandolo con occhi spalancati.

Darren si irrigidì, e si portò una mano tra i riccioli ribelli. «Oh, beh. Avrei voluto che lo sapessi in un altro modo, ma sì, ti amo. Sono venuto apposta per dirtelo »

«Anche io ti amo. » sussurrò Chris, e se il suo cuore non gli fosse schizzato in gola, Darren avrebbe giurato che se lo fosse immaginato.

«Davvero? »

«Anch’io stavo venendo a New York per dirtelo. Non ne potevo più di stare lontano da te. » Chris cercò di sorridergli, mentre le guance gli si imporporavano in una maniera indecentemente adorabile.

«Ti prego, ripetilo. » implorò Darren, continuando a fissarlo come se gli fosse piombata addosso un’incudine.

«Ti amo. »

«Ancora. » Chris scoppiò a ridere, mentre una lacrima gli rotolava sulla guancia per la commozione.

Darren non riuscì a stare fermo un attimo di più, e gli si gettò letteralmente al collo, seppellendo il viso nell’incavo della spalla. «Ti amo da morire, Chris»

«Credo che non mi ci abituerò tanto facilmente. Mi sa che dovrai ripetermelo parecchie volte prima che mi entri in testa» sussurrò Chris, la voce spezzata dalle lacrime e dalla leggera risata che lo stava scuotendo, mentre entravano a tentoni nel suo appartamento all’indietro.

Non appena riuscì a richiudersi la porta alle spalle, Darren sembrò ricordarsi improvvisamente di un dettaglio che era decisamente da non trascurare, anche perché era stato motivo di parecchio dolore. «Ma Will? »

Chris lo guardò perplesso. «Will? »

«Il ragazzo con cui eri in discoteca. La sera della litigata. »

«Oh. » fece Chris, improvvisamente ricordandosi di lui. «E’ solo un amico. »

«Un amico che ti piace baciare? » incalzò Darren, perplesso.

Chris sospirò. «Ho provato a frequentarlo, come ho provato a frequentare altri ragazzi. Semplicemente non ha funzionato. Pensavo solo a te»

«Perché mi ami? »

Chris ricambiò il sorriso di Darren, avvicinandosi nuovamente a lui. «Perché ti amo» sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarlo per la prima volta dopo mesi. Per la prima volta, dopo aver confessato ciò che provavano l’uno per l’altra.

Avevano ancora tanto di cui discutere su ciò che era successo. Darren avrebbe voluto capire meglio cosa diavolo fosse passato per la testa di Chris in quei mesi, e decisamente dovevano trovare una soluzione per quelle duemilacinquecento miglia che li dividevano.

Ma per il momento, avevano le labbra troppo occupate per riscoprirsi e per sussurrarsi ti amo, per farlo.

The end

Oddio, non ci posso credere che l'abbia pubblicata. Credo di averlo fatto solamente perché sono mesi che lavoro su questa cosa, e ora che l'ho finita non voglio lasciare tutta la mia fatica a marcire in una cartella isolata sul mio computer.

Sì, la chiamo cosa. Perché non può essere chiamata storia. Non sono nemmeno convinta di quello che ho scritto, perché quando tratto Darren e Chris mi sento sempre di violare un terreno che non è il mio. E sento che quindi la probabilità di scrivere cazzate si alza. Infatti sono a dir poco in asia, mentre scrivo queste note. Spero sinceramente di non aver esagerato. Perché effettivamente è molto angst, e parecchio deprimente, ed è anche un po' sconclusionata, e ho finito la fanfiction con fluff Crisscolfer da cariare i denti, e no, non sono convinta nemmeno di quello perché in teoria doveva continuare con altro angst e tanta depressione per poi sfociare in un per sempre felici e contenti. Ma mi sono scocciata di scrivere solo cose tristi, soprattutto perché sono influenzata e raffreddata, e ho bisogno di dolcezza - e sì, a chiunque abbia letto - se qualcuno ha letto - e se qualcuno è arrivato fin qui e sta leggendo queste note - è un suggerimento a non prendermi a frustrate o a sassate. Sono fragile.

No, a parte gli scherzi, sentitevi liberi di dare commenti, negativi o positivi che siano. Mi farebbe piacere, solo per sapere se ho sprecato solo tempo.

Un bacio.

  
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