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Autore: Miyuki chan    25/04/2013    6 recensioni
Amore.
Non è nemmeno una bella parola.
“Oleandro”. “Variopinto”. “Orchidea”. Queste, sono belle parole.
Belle parole, rotonde, morbide e delicate quando le pronunci. Non amore, con quelle sue due consonanti ruvide come l’asfalto contro cui ti grattugiavi le ginocchia da bambino cadendo dalla bicicletta.
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Perciò, quando quella sera Soul mi aveva guardata negli occhi e mi aveva detto «Ti amo», tutto il mio mondo si era frantumato e, con un clangore di vetri rotti, mi era crollato addosso.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Sapevo di non essere il tipo di ragazza che solitamente piaceva a Soul. A lui piacevano ragazze eleganti e femminili: ragazze finemente truccate con capelli sempre perfettamente in ordine, lisciati da piastre o arricciati in morbidi boccoli da mani esperte; ragazze che indossavano graziosi vestitini, né troppo larghi né troppo aderenti, e morbide gonne, né troppo lunghe né troppo corte.
A lui piaceva esattamente questo tipo di ragazza, bella e raffinata, sempre perfettamente vestita, truccata e pettinata.
E io… beh, io ero l’esatto opposto.
Io ero una di quelle ragazze che si lega i capelli perché non le diano fastidio, che non si trucca perché preferisce piuttosto dormire dieci minuti in più la mattina; il tipo di ragazza che indossa un paio di jeans e che poi li abbina alla prima maglietta pulita che trova nell’armadio, perché tanto sui jeans sta bene tutto.
Io, piuttosto che raffinata ed elegante, ero quel tipo di ragazza che impreca, che ride troppo forte, che quando vede giocare a calcio gli amici si mette a giocare con loro, che quando li scopre ad organizzare un torneo di Tekken o una partita a Call of Duty insiste per farne parte.
Ecco, io ero precisamente questo tipo di ragazza: forse quasi più un ragazzo che una ragazza, un maschiaccio, in realtà.
Avevo sempre pensato che, paradossalmente, era questo il motivo per cui andavamo tanto d’accordo: lui non si sarebbe mai potuto innamorare di una poco cool come me ed io… io, lo so che può sembrare un controsenso ma era proprio così, io gli volevo troppo bene per innamorarmi di lui.
 
Mi ero affezionata a Soul piano piano, senza quasi accorgermene.
Ricordavo ancora la prima volta che ci eravamo incontrati, il primo giorno di liceo: la professoressa – una donna di mezza età dai capelli biondicci, grassa e noiosa – ci aveva fatto spostare i banchi e sedere in cerchio, al centro dell’aula, costringendo ognuno di noi a presentarsi agli altri e dire qualcosa su sé stesso.
Ricordavo di essermi guardata attorno, annoiata e scocciata, studiando i volti delle persone che, per cinque anni, avrei visto ogni settimana, cinque giorni su sette, cinque ore al giorno.
Lui, albino, con i suoi occhi rossi e i capelli nivei, aveva ovviamente attratto la mia attenzione ma, dopo averlo spiato di sottecchi per un paio di minuti, avevo deciso che non era poi un granché interessante.
Avevo studiato anche gli altri miei compagni di classe – dieci ragazze e quattordici ragazzi –, scorgendo su ogni volto lo stesso sguardo vacuo e inebetito che faceva fiera mostra di sé sul viso di Soul.
Avevo sentito la delusione assalirmi, mentre uno sgradevole presentimento mi sussurrava all’orecchio con voce maligna che quelli sarebbero stati i cinque anni più lunghi e noiosi della mia vita.
In realtà non era così che sarebbe andata, e me ne accorsi già nei giorni immediatamente successivi quando, tutti quei ragazzi così apatici e vuoti il primo giorno, dimostrarono invece che tanto apatici e vuoti non erano.
Anzi, me lo dimostrarono fin troppo bene, soprattutto Soul, quando – chissà poi perchè? Ma dopotutto era ancora poco più che un bambino, e in quanto bambino, per di più maschio, sapeva essere incredibilmente dispettoso e cattivo – aveva iniziato a rivolgersi a me con appellativi come “piatta” e “asse da stiro”, tra le risate generali della componente maschile della classe.
Cosa poteva poi pretendere da me che allora, con i miei quattordici anni di primina, ero anche io poco più che una bambina, proprio non lo sapevo; in realtà penso che non lo sapesse bene nemmeno lui ma, finchè gli altri ridevano, credo dopotutto che neppure gli importasse molto.
Poi… non saprei dire com’è che siamo diventati amici.
E’ stato tutto così lento, graduale, spontaneo, che nemmeno lo ricordo più.
Finchè, un giorno non meglio precisato in quarta liceo, mi ero resa tutto d’un tratto conto che lui era diventato il mio migliore amico.
Per questo non avrei potuto innamorarmi di lui: gli volevo troppo bene, troppo bene per rovinare la nostra amicizia – il tipo di amicizia che avevo sempre cercato senza mai riuscire a trovarla: calda e rassicurante come un camino in una giornata di gelo, fatta da un fitto e stretto intreccio di lealtà e fiducia incondizionata; ben presto, mi ero resa conto che la nostra amicizia era diventata la certezza a cui aggrapparmi quando tutto il resto andava male – con quella cosa precaria e instabile, quel tuffo nel vuoto indicato con la parola “amore”.
Amore.
Non è nemmeno una bella parola.
“Oleandro”. “Variopinto”. “Orchidea”. Queste, sono belle parole.
Belle parole, rotonde, morbide e delicate quando le pronunci. Non amore, con quelle sue due consonanti ruvide come l’asfalto contro cui ti grattugiavi le ginocchia da bambino cadendo dalla bicicletta.
Perciò, quando quella sera Soul mi aveva guardata negli occhi e mi aveva detto «Ti amo», tutto il mio mondo si era frantumato e, con un clangore di vetri rotti, mi era crollato addosso.
C’era stato qualche attimo – o forse qualche ora? – di silenzio, e un altro schianto: poi, ad andare in frantumi, era stato il cuore di Soul.

Spazio autrice
Mi sono iscritta ad EFP per questo, per Soul e Maka, perchè volevo scrivere qualcosa su di loro, ed è veramente incredibile che alla fine io sia davvero qui a scrivere anche se, devo essere sincera, non sapete da quanto tempo sto "covando" questa storia, chiedendomi se sia o meno il caso di pubblicarla.. Meglio tardi che mai, suppongo.
Vorrei dirvi che questa non è una storia come le altre, che non è la solita storia d'amore sul modello "e vissero tutti felici e contenti", ma a che scopo? Non credo che nessun' autore definirebbe mai la propria storia "una storia come tutte le altre", perciò eviterò di dilungarmi in proposito.
E.. cavoli, sono davvero agitata! Ancora non posso credere di aver davvero iniziato a pubblicare.
In realtà un pochino quasi mi dispiace, sono così affezionata a questa storia, la sento così tanto personale che sono un pochino gelosa, se penso che qualcuno oltre a me potrebbe leggerla... sì, mi rendo conto sia stupido visto che è proprio perchè qualcuno possa leggerla che l'ho pubblicata, compatitemi.
Avrei davvero una marea di cose da dire, spiegare, raccontare, ma questo è solo il prologo, perciò eviterò di annoiarvi...
Un bacio :)


 
  
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