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Autore: past_zonk    03/05/2013    2 recensioni
//piccoli momenti di dolcezza OOC//
“Non sei così stupido come sembri” disse, ridendo un po’ sguaiatamente, gli occhi verdi che brillavano, e le spirali nelle sue iridi che si strizzavano.
“Sembro stupido?” chiese l’uomo, lo sguardo completamente perso e smarrito nei tratti dolci di quel volto. E, sì, per inciso, sapeva di sembrare stupido.
“Quando sei con me sì” disse piano lei, mordicchiandogli il labbro giocosamente.
“Ah, sì?”
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Auron, Rikku
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Beh, questa è una one-shot un po' vecchiotta che oggi ho deciso di continuare, visto che mi sentivo nel mood giusto; così ho messo su il cd di Ed Sheeran e, con il sole al tramonto e l'odore dell'erba bagnata, l'ho scritta. Credo sia una one-shot dedicata tutta alla quotidianità, disprezzata da molti, ma dopotutto stupenda se vissuta con chi amiamo. Non credete?
E, visto che la persona che amo è molto lontana, ho deciso di scrivere un po'! Quindi, questa è per te, ciao!
Silvia.
PS: lo so che sono totalmente OOC, suvvia, sono fanfiction dopotutto, ho scatenato la mia indole romanticona!










Rikku si rotolò ancora una volta sul divano, un calzino mezzo spostato dal suo piede, le sopracciglia arcuate in un’espressione di dolore, un leggins nero aderente, un top azzurro ed i capelli biondi arrotolati disordinatamente attorno ad un pastello.
“Miaaaao!” urlò, sfoggiando un broncio. Erano passati tre anni dal pellegrinaggio, Tidus e Auron erano tornati – un regalo degli intercessori – e tutto era perfettamente calmo. Troppo calmo. Paurosamente calmo.
L’estate era alle porte. I fiori profumavano e di notte le lucciole illuminavano Besaid. Rikku era in quel periodo del mese, era nervosa, le faceva male l’addome, e non riusciva neanche a dormire.
“Auuron!”
“AAAAH”
“miaaao
“Dai, Aurooon” - continuava a chiamarlo con tono disperato, frignando e cambiando posizione sul divano ogni tre secondi circa.
“Cosa?” L’uomo entrò in quel soggiorno illuminato. Un pantalone nero ed una canotta dello stesso colore. Rikku lo trovò perfetto.
“Miao”
Auron tossì, divertito “Mi hai chiamato solo per miagolare?”
Rikku s’appallottolò sul divano, mettendo su un broncio che sapeva essere efficace.
“Non mi sento bene”
“Hn, capisco, mi era sembrato che la casa fosse troppo calma...”
Rikku alzò gli occhi al cielo, battendo poi due volte con la mano sul divano, come a dire 'vieni qui'.
Auron camminò fino al divano e poi si sedette accanto a lei.
Quella casa a Besaid l’avevano comprata con i soldi che l’albhed aveva racimolato in giro con i Gabbiani. Lei ed Auron convivevano, se così si può dire; erano una coppia strana, ma ormai tutti s’erano abituati a vedere il guerriero rude intenerire lo sguardo solo per quella piccola ladruncola, lì a Besaid.
“Cosa posso fare per farti stare meglio?”
“Coccole” disse Rikku, rotolando più vicino all’uomo. Era bello, pensare a quanto fosse quotidiana quella situazione, a quanto sembrasse naturale non vergognarsi di rivolgersi a lui in quel tono, quasi come fosse una bambina. Non c’erano ruoli, fra loro, non c’erano copioni, era stupendo sentirsi a proprio agio.
Auron la fece acciambellare sul suo grembo.
“Sei un gatto del deserto”
Rikku ridacchiò.
“Dov’è che ti fa male?”
L’albhed prese la mano callosa del guerriero con la sua piccola; s’alzò di un po’ la maglia, scoprendo l’ombelico, e gliela fece poggiare lì, sulla pancia.
“Qui”
Auron iniziò a carezzarla piano, in silenzio, quasi fosse davvero un gatto, quella ragazza acciambellata lì. Movimenti circolari e lenti, una leggera pressione che le faceva venire voglia di sospirare, giri con i polpastrelli nelle vicinanze dell’ombelico scoperto.
Rikku si stese, mettendosi un po’ più comoda, poi prese l’altra mano dell’uomo e intrecciò le loro dita.
“Ahw” soffiò, ad occhi chiusi.
Auron ridacchiò.
“Meglio?”, chiese.
Rikku annuì silenziosa; il guerriero si abbassò un po’, fino a sfiorare il naso della ragazza con il suo. Lei incrociò le braccia attorno al suo collo.
“Non sei così stupido come sembri” disse, ridendo un po’ sguaiatamente, gli occhi verdi che brillavano, e le spirali nelle sue iridi che si strizzavano.
“Sembro stupido?” chiese l’uomo, lo sguardo completamente perso e smarrito nei tratti dolci di quel volto. E, , per inciso, sapeva di sembrare stupido.
“Quando sei con me sì” disse piano lei, mordicchiandogli il labbro giocosamente.
“Ah, sì?”
Auron s’alzò con Rikku ancora fra le braccia.
“Auron!” sghignazzò lei “Dove credi di andare?”; nell’esitazione dell’uomo, cominciò a muovere le gambe proprio come una bimba.
“Ci stavo pensando” rispose lui “Forse ti rinchiudo nel tempio”
“Non resisteresti mezza giornata senza me”
“Umpfh”
Auron si sedette di nuovo sul divano, con la ragazza ancora in braccio.
“Neghi? Vuoi provare?”
“No, non lo nego” disse lui, con quella sua voce bassa “e non voglio provare, grazie”
“Meglio” disse lei, puntandogli un dito sul naso “perché io non resisterei neanche cinque minuti!”
“Hai resistito tre anni” asserì seriamente il guerriero, con una venatura melanconica nella voce.
“E quello lo chiami resistere?”
A quel punto lui la baciò piano. La strinse a sé.
Poi, quando, si allontanò dalla sua bocca, e il suo sapore era ancora sulle sue labbra – un sapore buono: salsedine, pesche e dentifricio – le sorrise, conscio che il suo fosse un sorriso un po’ sbilenco, ma era vero e così le disse ti amo.








   
 
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