“Buongiorno Alexandra, dormito bene?”
“Non rompere Jul.” Sputai con voce impastata dal sonno, posizionandomi il cuscino sopra alla testa per non sentire la vocina fastidiosa di mia sorella maggiore.
“Juliette.” Mi corresse.
La guardai di sottecchi, lei era di spalle di fronte allo specchio a sistemarsi qualche ciocca di capelli biondi già perfettamente in ordine, non capivo il senso di tutto ciò.
Passarono pochi minuti prima cheKatherine-la-belva, ovvero mia madre, entrò in camera mia come un uragano rovesciandomi giù dal letto.
“Alex alza quel culo e preparati per andare a scuola!” Mi disse lei educatamente come al solito.
“Ho capito!” Urlai esasperata.
Nuova città.
Nuova scuola.
Nuovi amici.
Stessa madre rompi palle.
Stessa sorella troppo gentile ed intelligente per somigliare a me.
Mi trascinai sbattendo i piedi per terra, ancora assonnata e con gli occhi mezzi socchiusi, non abituati alla luce accecante del lampadario.
Un ragazzino con le ciabatte a forma di Homer Simpson mi sorpasso correndo e, prima che me ne accorgessi, si chiuse nel bagno.
“Chris, esci subito!” Sbattei la mano aperta contro il legno freddo della porta.
Passai tutto il tempo a cercare di contrattare con lui offrendogli soldi, cioccolata o cose come ‘pulire la sua camera per un mese’. Niente da fare, quel moccioso di mio fratello si ostinava a non uscire, come al solito, prima di mezz’ora. Quando aprì la porta del bagno ringraziai mentalmente tutti i Santi, Maria, Gesù, Giuseppe, l’asino e il bue per avermi assistita.
Mi riavviai i capelli con la mano, entrando con mia madre in quella che doveva essere la mia nuova scuola. Ci dirigemmo verso l’ufficio del preside accompagnate da un signore con i baffi grigi e una divisa sporca, probabilmente il bidello.
“Buongiorno Mr.Thompson.” Disse mia madre con tono educato mentre lui ci feceva segno di accomodarci sulle due sedie girevoli davanti alla cattedra.
“È un piacere conoscerla, Mrs. Stewart.”
Iniziarono a parlare di fatti che riguardavano la scuola ed altre sciocchezze di cui non mi importava granché.
Guardai le diverse immagini e stemmi attaccate alle pareti che mi circondavano. Una foto catturò la mia attenzione, mostrava un gruppo di giovani ragazzi vestiti con le uniformi da basket, uno di loro sollevato dagli altri, teneva un trofeo tra le mani. Aveva l’aria piuttosto familiare.
Mi avvicinai a questa foto, non curante dei bisbigli di mia madre che mi intimavano molto dolcemente di riportare il mio di dietro su quella sedia.
Il cuore cominciò a fare capriole e acrobazie prendendo il mio petto per una palestra di ginnastica artistica, quando riconobbi il ragazzo col trofeo in mano nella foto. Harry.
“Lui chi è?” Indicai il riccio che sorrideva in quella piccola immagine appesa al muro. Mr.Thompson si alzò avvicinandosi a me.
“Harold Edward Styles, capitano della squadra di basket.”
Mia madre sgranò gli occhi sorpresa almeno quanto me, all’udire quel nome. Continuai a guardare quell’insignificante foto mentre sentivo qualcosa pungermi gli occhi.
“Grazie per la sua disponibilità Mr.Thomson, spero che mia figlia non le dia problemi.” Mia madre fece uno dei sorrisi più falsi che io abbia mai visto, mentre stringeva la mano del preside.
“Non si preoccupi, di sicuro farà la brava.” Mi accarezzo la testa come fossi un cagnolino. Ci mancava solo che iniziassi ad abbagliare e potevo assomigliare ad uno di quei chiwawa spelacchiati che si mettono nelle borse. Feci un sorriso ancora più falso di quello di mia madre uscendo dalla presidenza con un foglio in mano.
“Prima ora: biologia.” Lessi.
Sbuffai, avevo sempre odiato quella materia e la odierò per sempre. In realtà odiavo ogni cosa che riguardasse le parole scuola, studio o sport, ma questi sono solo dettagli.
Cercai di sistemarmi i capelli con la mano prima di prendere un respiro profondo ed entrare in classe.
“Tu sei?” Una donna che portava degli occhiali con lenti spesse mi squadrò. Soffocai una risata quando si girò verso di me: sembrava si fosse truccata in una lavatrice.
“Alexandra Marie Stewart.” Risposi.
Mi cercò tra l’elenco di nomi che aveva aperto sulla cattedra.
“Ah, tu devi essere la nuova arrivata. Guarda c’è un posto libero li infondo vicino al Signorino Fisher, vatti a sedere.” Mi guardai intorno. L’unica sedia libera era vicino ad un ragazzino strano con i capelli color carota, mi avvicinai intuendo che fosse lui questo ‘Fisher’ lasciandomi cadere a peso morto sul posto libero con la stessa eleganza di un elefante incinto di dieci gemelli. Penso di aver reso l’idea.
“Oh una ragazza!” Lo sentii sussurrare fissandomi con i suoi piccoli occhietti verdi nascosti dietro alle spesse lenti degli occhiali.
Il suo sguardo era lo stesso di un ragazzino che aveva appena visto un pezzo di torta al cioccolato e voleva divorarsela. Terrorizzata, mi trascinai quanto più lontano potessi da questo Fisher.
Presi il quaderno e iniziai a scriverci sopra almeno una trentina di volte il mio nuovo indirizzo di casa, per ricordarmelo meglio. Mi girai verso il mio compagno di banco vedendo che continuava ancora a fissarmi, alzai gli occhi al cielo irritata.
Lui lo notò e si ricompose porgendomi la mano.
“Piacere di conoscerla signorina, il mio nome è Bobby Fisher.”
Primo giorno di scuola e la mia nuova gentilissima professoressa mi metteva vicino ad una carota umana che parlava come mio nonno, poi aver scoperto che Harry frequenta questa scuola è stata la ciliegina sulla torta.
Mi lasciai scappare uno sbuffo incrociando le braccia al petto.
“Alexandra Stewart.” Risposi a Mr.Carota senza neanche guardarlo in faccia.
“Alexandra passami il succo.” Mio fratello scandì bene le parole del mio nome prima di fare una risatina. Sapeva che mi dava fastidio quando le persone mi chiamavano con il mio nome completo. Lo incenerii con lo sguardo.
“Prenditelo da solo tappetto!” Misi quanto più veleno possibile nelle mie parole e detti un altro morso all’hamburger.
“Alex prendi il succo a Christian.” Mi disse gentilmente mia sorella.
Alzai gli occhi al cielo, avvolte Jul era più fastidiosa di mia madre.
Presi il succo e iniziai a versarglielo nel bicchiere, poi con un gesto veloce della mano feci finta di far scivolare la bottiglia e tutto il contenuto arancione li presente finì sui pantaloni di Chris.
Lui mi guardò come se volesse uccidermi, il che probabilmente era vero.
“Alex!” Sentii urlare mia madre.
“Mi è scivolato!” Feci gli occhi da cerbiatto innocente, sbattendo velocemente le palpebre.
Lo sguardo di mia madre si fece duro, Katherine-la-belva stava tornando.
Si girò per prendere dei tovaglioli dalla mensola ed io ne approfittai per mimare con le labbra un “vendetta” a mio fratello che ancora mi guardava in cagnesco.
“Non mi piace come ti stai comportando signorina, chiedi scusa a tuo fratello.” Il solito tono che hanno le madri quando sono in modalità ‘cazziatone’.
“No!” Risposi come una bambina di cinque anni che fa i capricci.
“Alex, dai ascolto alla mamma e chiedi scusa a nostro fratello.” La voce fastidiosamente angelica di mia sorella mi irritava.
Ma perché proprio a me era toccato il “privilegio” di nascere in questa famiglia? L’unico che raramente mi irritava il sistema nervoso era mio padre, ora intento a leggere il suo giornale in completa calma.
“Tu chi sei per dirmi cosa devo fare?” Mi rivolsi a Juliette, stanca di come mi comandasse ogni giorno. Non era nessuno per permettersi di darmi ordini.
“Sono tua sorella maggiore, e ti sto dicendo di ascoltare la mamma! Quindi ora chiedi scusa a Christian!” Rispose, avvolte preferivo davvero mia madre a mia sorella.
“No! Come ho già detto non sei nessuno, non fai nemmeno veramente parte della famiglia. Ti abbiamo trovata in un orfanotrofio e presa con noi ma questo non significa che puoi permetterti di fare come vuoi Jul! Tu non sei veramente mia sorella, non sei nessuno per me.” Urlai esasperata.
Vidi gli occhi verdi di Juliette bagnarsi di lacrime, poi iniziare a singhiozzare prima di correre in camera nostra trascinando con se il suo pianto soffocato.
Cosa avevo fatto? Averi voluto prendermi a pugni, sbattermi al muro e ripetermi quanto fossi incredibilmente scema. Non potevo aver veramente detto quelle parole. Mi morsi la lingua realizzando di aver esagerato nello sfogarmi contro Juliette, ma non la sopportavo più.
Chris restò fermo come un allocco a guardare la scena, mamma e papà assunsero la sua stessa espressione.
Corsi in camera e trovai Jul distesa sul suo letto vicino al mio, con la testa affondata sul cuscino che piangeva come una fontana. Avevo davvero esagerato stavolta.
“Ehi, Juliette.” Provai a chiamarlo con tono dolce.
“Lasciami stare!” Gridò.
“Almeno mi fai parlare!” Sbuffai.
“No, esci fuori da quella porta. Hai già parlato troppo!” Rispose fredda alzando finalmente la testa dal cuscino per girarsi verso di me.
“Fai come vuoi, mi sono pentita di quello che ho detto ed ero venuta qui a chiederti scusa! Ma sai che c’è? Parlare con te è inutile!” Si, lo ammetto. Forse ero una che si alterava parecchio e anche parecchio in fretta, ma ero fatta così e purtroppo non ci potevo far niente.
“Bene fai come vuoi!” Rispose, sentivo il veleno delle sue parole martellarmi il cuore.
“Vaffanculo!” Urlai uscendo, sbattei la porta alle mie spalle prima di dirigermi quasi correndo verso il bagno.
“Ti odio!” La sentii rispondermi da dentro camera sua.
Mi tolsi i vestiti e riempii la vasca di acqua bollente, mi ci infilai dentro talmente velocemente da far schizzare l’acqua sul pavimento del bagno, poco me ne importava, volevo solo rilassarmi e dimenticare questa giornata.
Mi ci volle un po’ per struccarmi, uscii dalla porta del bagno dirigendomi verso la cucina. I muffin che avevo preparato dopo essermi fatta la doccia erano quasi pronti.
Sorrisi soddisfatta di come ero riuscita a cucinarli senza far saltare l’intero quartiere per aria.
Mi misi davanti alla tv facendo zapping tra i canali. Possibile che non davano niente di interessante alle cinque di pomeriggio?
Il ‘drin’ fastidioso del taimer riecheggiò fino alle mie orecchie, segno che i muffin erano pronti. Li tirai fuori dal forno aspettando che si raffreddassero un po’, altrimenti Juliette si sarebbe ustionata mangiandoli. Li misi in un vassoio in ordine, facendo si che le lettere incise con la glassa su di essi formassero la parole ‘scusa’. Non resistetti da prendere un po’ di glassa della lettera ‘A’ con il dito, e mangiarla. Sfortunatamente ne presi un po’ troppa ed ora quella A assomigliava a una V messa al contrario. Bestemmiai in aramaico, poi presi un altro po’ di glassa per sistemarla ma sbagliai mira ed ora assomigliava ad un triangolo strano fatto da un bambino con gli attacchi epilettici. Bestemmiai in arabo, per cambiare lingua, e tolsi quel cavolo di trattino fatto male per poi sistemare il tutto con un altro po’ di glassa. Ringraziai San Crispino perché mi stava simpatico e andai in camera mia e di July camminando con la stessa lentezza con cui Internet Explorer ci mette a caricarsi. Realizzai che di questo passo sarei arrivata in camera trovando Juliette con tre figli già laureati, quindi velocizzai la mia andatura.
Presi un respiro profondo prima di bussare.
Nessuna risposa.
Riprovai.
Nessuna risposa.
Provai ad aprire la porta stile ninja dandogli un calcio.
Fallii miseramente e il mio sogno di diventare la nuova erede di Bruce Lee volò via.
Misi una mano sotto al vassoio pieno di muffin in modo da farlo stare in equilibrio, mentre con l’altra aprivo la maniglia.
Entrai ritrovandola ancora distesa sul letto, mi schiarii la voce cercando di provocare una sua reazione, ma niente.
“Ehi Juliette.” Parlai col tono di voce più dolce che potessi avere.
“Sei viva? Dammi un segnale, ti prego.”
Lei emise un verso simile a quello di un procione partorente.
“Dai Juls, ho portato anche i muffin.” Indicai il vassoio che tenevo in mano anche se lei non mi poteva vedere, visto che era girata di spalle.
Si alzò dal letto improvvisamente come se avessi appena urlato “C’è Orlando Bloom tutto nudo qui vicino a me.”
Si scagliò veloce sul mio vassoio, lesse la scritta glassata sopra i muffin e i suoi occhi sembrarono addolcirsi. Ne prese uno e iniziò a mangiarlo, io posai gli altri sul comodino sedendomi sul letto vicino a lei.
“Senti Juliette…” Iniziai il mio monologo sperando di renderlo figo come quello dei film.
“Sono stata una stronza lo so..”
“È vero.”
“E mi merito un calcio in culo…” Continuai.
“Decisamente…”
“Ma ti giuro che non pensavo davvero quelle cose, le ho dette così tanto perché ero incazzata. Oggi ho avuto una giornata di merda e mi sono sfogata su di te ma non volevo.” Cercai di fargli notare quanto mi fossi pentita.
Lei abbassò lo sguardo torturando l’ultimo pezzo di muffin che aveva in mano.
“C’ho pensato Alex, ed hai ragione. Insomma chi sono io? Me lo chiedo spesso, sono solo una ragazzina che i genitori hanno lasciato all’orfanotrofio da piccola. Pensavo che dopo 13 anni passati lì dentro nessuno mi avrebbe adottata, poi siete arrivati voi ed io ero così felice che quel giorno mi ripromisi di comportarmi bene, di essere la ‘figlia modello’ per guadagnarmi l’amore di Katherine e Peter.”
Potrei giurar di aver sentito una lacrima bagnarmi la guancia, ma per fortuna feci in tempo ad asciugarmela e lei non la notò.
“No ok? Tu sei mia sorella, non importa se non di sangue, sei mia sorella comunque.”
Mi sentii tipo nel bel mezzo di una soap opera, se non sbaglio di solito a questo punto c’è l’abbraccio e gli spettatori da casa faranno un sonoro “aaaw” inteneriti.
Ed ecco l’abbraccio, che finì prima del previsto.
“Ma li hai fatti davvero tu?” Mi chiese indicando i muffin caldi.
“Si.” Risposi soddisfatta.
“Senza incendiare casa? O far saltare il quartiere?” Mi guardò sorpresa.
Presi il cuscino e glie lo tirai in faccia.
“Non sei simpatica.” Cercai di non ridere ma non resistetti.
“Invece lo sono.”
“Ok, lo sei.”
“Visto?”
Gli feci la linguaccia e addentai un muffin.
Mi ci volle un po’ per struccarmi, uscii dalla porta del bagno dirigendomi verso la cucina. I muffin che avevo preparato dopo essermi fatta la doccia erano quasi pronti.
Sorrisi soddisfatta di come ero riuscita a cucinarli senza far saltare l’intero quartiere per aria.
Mi misi davanti alla tv facendo zapping tra i canali. Possibile che non davano niente di interessante alle cinque di pomeriggio?
Il ‘drin’ fastidioso del taimer riecheggiò fino alle mie orecchie, segno che i muffin erano pronti. Li tirai fuori dal forno aspettando che si raffreddassero un po’, altrimenti Juliette si sarebbe ustionata mangiandoli. Li misi in un vassoio in ordine, facendo si che le lettere incise con la glassa su di essi formassero la parole ‘scusa’. Non resistetti da prendere un po’ di glassa della lettera ‘A’ con il dito, e mangiarla. Sfortunatamente ne presi un po’ troppa ed ora quella A assomigliava a una V messa al contrario. Bestemmiai in aramaico, poi presi un altro po’ di glassa per sistemarla ma sbagliai mira ed ora assomigliava ad un triangolo strano fatto da un bambino con gli attacchi epilettici. Bestemmiai in arabo, per cambiare lingua, e tolsi quel cavolo di trattino fatto male per poi sistemare il tutto con un altro po’ di glassa. Ringraziai San Crispino perché mi stava simpatico e andai in camera mia e di July camminando con la stessa lentezza con cui Internet Explorer ci mette a caricarsi. Realizzai che di questo passo sarei arrivata in camera trovando Juliette con tre figli già laureati, quindi velocizzai la mia andatura.
Presi un respiro profondo prima di bussare.
Nessuna risposa.
Riprovai.
Nessuna risposa.
Provai ad aprire la porta stile ninja dandogli un calcio.
Fallii miseramente e il mio sogno di diventare la nuova erede di Bruce Lee volò via.
Misi una mano sotto al vassoio pieno di muffin in modo da farlo stare in equilibrio, mentre con l’altra aprivo la maniglia.
Entrai ritrovandola ancora distesa sul letto, mi schiarii la voce cercando di provocare una sua reazione, ma niente.
“Ehi Juliette.” Parlai col tono di voce più dolce che potessi avere.
“Sei viva? Dammi un segnale, ti prego.”
Lei emise un verso simile a quello di un procione partorente.
“Dai Juls, ho portato anche i muffin.” Indicai il vassoio che tenevo in mano anche se lei non mi poteva vedere, visto che era girata di spalle.
Si alzò dal letto improvvisamente come se avessi appena urlato “C’è Orlando Bloom tutto nudo qui vicino a me.”
Si scagliò veloce sul mio vassoio, lesse la scritta glassata sopra i muffin e i suoi occhi sembrarono addolcirsi. Ne prese uno e iniziò a mangiarlo, io posai gli altri sul comodino sedendomi sul letto vicino a lei.
“Senti Juliette…” Iniziai il mio monologo sperando di renderlo figo come quello dei film.
“Sono stata una stronza lo so..”
“È vero.”
“E mi merito un calcio in culo…” Continuai.
“Decisamente…”
“Ma ti giuro che non pensavo davvero quelle cose, le ho dette così tanto perché ero incazzata. Oggi ho avuto una giornata di merda e mi sono sfogata su di te ma non volevo.” Cercai di fargli notare quanto mi fossi pentita.
Lei abbassò lo sguardo torturando l’ultimo pezzo di muffin che aveva in mano.
“C’ho pensato Alex, ed hai ragione. Insomma chi sono io? Me lo chiedo spesso, sono solo una ragazzina che i genitori hanno lasciato all’orfanotrofio da piccola. Pensavo che dopo 13 anni passati lì dentro nessuno mi avrebbe adottata, poi siete arrivati voi ed io ero così felice che quel giorno mi ripromisi di comportarmi bene, di essere la ‘figlia modello’ per guadagnarmi l’amore di Katherine e Peter.”
Potrei giurar di aver sentito una lacrima bagnarmi la guancia, ma per fortuna feci in tempo ad asciugarmela e lei non la notò.
“No ok? Tu sei mia sorella, non importa se non di sangue, sei mia sorella comunque.”
Mi sentii tipo nel bel mezzo di una soap opera, se non sbaglio di solito a questo punto c’è l’abbraccio e gli spettatori da casa faranno un sonoro “aaaw” inteneriti.
Ed ecco l’abbraccio, che finì prima del previsto.
“Ma li hai fatti davvero tu?” Mi chiese indicando i muffin caldi.
“Si.” Risposi soddisfatta.
“Senza incendiare casa? O far saltare il quartiere?” Mi guardò sorpresa.
Presi il cuscino e glie lo tirai in faccia.
“Non sei simpatica.” Cercai di non ridere ma non resistetti.
“Invece lo sono.”
“Ok, lo sei.”
“Visto?”
Gli feci la linguaccia e addentai un muffin.
***
Hi babes.
Allora, ho scritto questo capitolo due settimane fa lol ma solo ora ho avuto il coraggio di metterlo.
So che mi odiate perchè anche se ho menzionato Harry in questo capitolo, non l'ho inserito e quindi voi non sapete perchè Alex ha avuto quella reazione lalala.
Nel prossimo però ci sarà un sorpresina(?) quindi continuate a seguire questa storia.
Torneremo fra poco, subito dopo la publicità *voce da giornalista*
Ok,sono tornata dal bagno lol
Mh bho, spero questo capitolo vi piaccia e non siate timidi nelle recensioni, potete anche scrivermi che questa storia fa cagare basta che mi scrivere il perchè e cercherò di migliorare c:
Un saluto a tutti i miei faaansii.
*i lettori applaudiscono perchè se ne va*
Ps. se siete curiosi, queste sono Alex (la prima) e Juliette (la seconda).