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Autore: ChaosReign_    06/05/2013    8 recensioni
Una bambina.
Un criminale.
Uniti dallo stesso destino, complici della stessa realtà.
Dal prologo: “-Oh santo Dio, un bambino... Solo un piccolo, dolce, innocuo... BAMBINO!-
Mormora tra sé, calcando l'ultima parola, avvicinandosi all'incubatrice contenente una piccola figura vestita di rosa.
Una neonata.”
È un esperimento, la mia prima storia a capitoli in questa sezione.
Siate clementi e... Buona lettura!
Genere: Avventura, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne, Joker aka Jack Napier, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo due. -

Una zavorra insostenibile.

 

 

Papà sto male.” è stata la frase che tanto l'ha fatto infuriare, la frase che ha causato il segno di cinque grandi dita sulla pallida e morbida guancia della bambina.

Per lui è stato strano, non come giocare con delle persone impaurite, già pronte a morire, non è stato come quell'emozione che prova durante un combattimento contro il topo volante, è stato più un gesto incontrollato. Un vero e proprio scatto d'ira e di frustrazione.

Ora Joker guarda Norrie dormire, se così si può chiamare quell'insieme di gemiti e tremiti, nel suo letto. Lei è piccola e si chiude ancora di più in una posizione fetale, con un dito in bocca e l'altra mano appoggiata sotto l'orecchio. I lunghi capelli neri fanno contrasto con la pelle bianca e gli occhi chiari, ora chiusi. Anche le lenzuola nere di cotone pesante sembrano risaltare sopra quella figura tanto minuta quanto fragile.

Il pazzo si avvicina e copre fino al collo Norrie, a cui scappa un tremito più forte degli altri quando la sua pelle entra in contatto con il tessuto, ma che, però sembra rilassarsi quando è totalmente coperta.

Papà” mi ha chiamato, ancora.

È il pensiero di Joker mentre lancia un'ultima occhiata alla stanza buia.

Papà. Papà. Papà.” quella parola continua a ronzargli nella testa. Lui non è suo padre e questo deve farglielo capire, men che meno suo amico.

Lui è... Cos'è? Quella bambina cosa può vedere in lui se non un genitore, un genitore che la mette a letto, le da da mangiare e le insegna delle cose?

-Papà...-

Sussurra tra sé e sé. Lui odiava suo padre, o almeno così crede, in verità, anche se non vuole ammetterlo, quella parola gli suscita un sentimento di paura, ha paura del legame che quella parola possa instaurare tra di loro.

E poi, è troppo giovane per fare il padre.

Si chiude alle spalle la porta di legno e si incammina verso quello che potrebbe essere una sorta di soggiorno, lì un uomo lo aspetta seduto in una posizione tipica degli assidui frequentatori di bar.

-Allora, che succede, clown? Ti sono cadute le palle? Quella bambina ti ha fatto fare un'indigestione di zucchero?-

L'uomo sulla quarantina, basso e tozzo, con dei corti capelli brizzolati, scoppia in una fragorosa risata, seguito a ruota dal pagliaccio.

-Ah ah ah. Eh eh eh. Ih ih...-

Subito l'uomo si blocca, Joker no, lui continua a ridere imperterrito, incurante dello sguardo attonito del suo ospite.

Non si sta divertendo, per niente, ma come diceva un detto...

Com'è che diceva?

Ah, si: “Un giorno senza sorriso è un giorno perso.”

Allora lui ride e ride, senza rendersene conto si è seduto al tavolo e ci ha appoggiato sopra un coltello da cucina, in ceramica, bianchissimo.

L'uomo, o cliente, o datore di lavoro, si allarga il colletto della camicia e tossisce due volte, per poi tornare serio.

-Ora, parlando seriamente, quella bambina diventerà una zavorra insostenibile. Dovrai mandarla a scuola, curarla, mantenerla, aiutarla a fare i compiti... Dovrai fare il genitore. Joker, parliamoci chiaro, tu non sei un genitore, non lo potrai essere e non lo sarai mai. Con te proverà solo dolore, falla finita, anche ora, nel sonno. Non farla soffrire.-

Joker ora lo guarda interessato, con le mani unite come a pregare e gli indici appoggiati alle labbra.

Poi, dopo aver trascorso qualche minuto in silenzio, a pensare, solleva una delle due dita appoggiate alle labbra, sciogliendola dall'altra, e muovendola avanti e indietro.

-Sai, non hai tutti i torti, ma... Sai, io ho sempre odiato le persone che mi dicono cosa fare. Vedi, credo di riuscire a valutare le situazioni. Io non sono un pazzo. Non lo sono. E non me ne fotte un cazzo di quello che tu potresti pensare di quella bambina. Mi diverte, okay? E finché io lo voglio, quella bambina resta con me. E, francamente, i tuoi consigli... -

Il clown prende il coltello per il manico, la punta è rivolta verso il basso, incide il tavolo e con un dito sul manico lo fa girare come se fosse una trottola.

Poi lo appoggia e con un alzata di spalle e un'apertura di mani, con i palmi rivolti verso l'alto come nel Padre Nostro fa intendere al suo compare cosa pensa davvero dei suoi consigli.

E poi, come per contraddire il suo tono serio, posato, scoppia in una risata.

-Pensi di farmi paura? Con questi tuoi trucchetti da fenomeno da baraccone, questa tua aria spavalda? Sei fuori strada, amico.-

L'uomo si sporge verso il tavolo e si sfrega le mani, temporaneamente soddisfatto del suo affronto al clown.

Quest'ultimo non perde il suo ghigno malefico e continua a fissare l'ospite divertito.

-Ohh, ma io non voglio assolutamente farti paura. Io non voglio farti paura, no... Voglio solo fare un... Giochetto.-

Allora sorride dolcemente, come un ragazzo sorriderebbe alla battuta più squallida di del suo migliore amico, solo per non farlo sfigurare.

-Solo un gioco, Ronald.-

Ora Ronald non sorride più, si siede composto sulla sedia, improvvisamente a disagio. Si porta una mano alla tasca della giacca bruna, dove porta una piccola pistola “per le occasioni speciali”, come la chiama lui.

-Oh no, Ronald, non farlo. Moriresti.-

-Perché? Non morirei comunque?-

Il clown ride. Ride e ride.

Si porta una mano, quella armata, alla pancia e a momenti, per le crisi di risa, si taglia il panciotto verde.

-Bella battuta. Peccato sia l'ultima.-

Detto ciò si avventa sulla sua vittima senza nemmeno dargli il tempo di estrarre la propria arma, lo butta a terra, facendo ribaltare la sedia sotto di esso e immobilizzando l'uomo, mettendosi a cavalcioni su di lui.

Con le mani gli blocca le braccia, il coltello in bocca.

Nonostante tutta la forza che Ronald metta per dimenarsi e liberarsi, non ce la fa, il corpo del suo carnefice è il corpo di un assassino, tonico, muscoloso, agile. In pratica non è più un uomo è lui stesso la propria prima arma.

Joker gli lega le mani in poco più di trenta secondi e ansante, ma non per la stanchezza, per l'eccitazione di un nuovo assassino, riprende in mano il coltello.

La figura sotto di lui si agita terrorizzata, cerca di urlare senza farcela, le parole gli muoiono in gola o forse sono bloccate dal suo cuore che batte così forte da frastornarlo.

-No, ti prego, no...-

Joker alza la mano armata alla luce fioca della lampada e subito dopo la appoggia dolcemente sul petto del povero malcapitato.

Gli taglia un bottone, poi un altro fino a riuscire a vedere il petto nudo dell'altro.

-No, no, no. Sempre a dire di no quando non vi conviene. Ahahahah, ma che cos'è quell'espressione seria? Sorridi un po'.-

E detto questo fa una leggera pressione sul petto dell'uomo, la lama penetra superficialmente nella pelle lasciando dei tagli dritti incidenti in un vertice, il clown continua con questo supplizio per un po' e alla fine del suo lavoro ghigna soddisfatto, quello che c'è sul petto dell'uomo è una scritta.

AHAH PERCHÉ COSÌ SERIO? AHAH

I tagli che formano la scritta iniziano a sanguinare violentemente e Joker, per una volta senza guanti, si imbratta le mani di sangue e ride.

Si passa la lingua sulle labbra scarlatte. Una volta, due volte, tre... Lo fa quasi ossessivamente prima di proferire la formula che preferisce usare prima di ammazzare le sue vittime.

-Sai, tu sai come mi sono fatto queste cicatrici?-

Chiede al suo amico mentre gli infila il coltello in bocca.

Ma non spreca nemmeno tempo a raccontargli una delle sue storielle su quelle cicatrici che gli trancia una guancia sperando in qualche urlo di dolore per poi fare lo stesso con l'altra.

Ma l'uomo non urla, non ne ha la forza, vuole solo che tutto questo finisca e Joker non tarda ad accontentarlo.

Gli spezza l'osso del collo, che ruota in una posa disumana e quando fa per alzarsi, appoggiandosi al petto sanguinolento del pover uomo, sente un rumore come un guaito, un lamento, che nel corso degli anni ha imparato a riconoscere.

Una volta in piedi si volta di scatto, ritrovandosi davanti una bambina vestita di azzurro, con una mano appoggiata alla maniglia della porta, tutta la parte destra appoggiata allo stipite della porta, l'altra mano al naso e agli occhi, con la manica cerca di asciugarsi le lacrime.

La frangetta scura, troppo lunga e poco curata, le copre quei pozzi azzurri che ora stanno disperdendo lacrime gelide. È tutta un tremito e quando il pazzo la guarda lei fa un passo indietro.

Ma lui sorride sornione, ha sul volto uno sguardo animale, aggressivo... Indomabile. Da assassino.

Questo lo capisce anche la bambina di cinque anni.

-Cosa ci fai qui?! Nessuno ti ha insegnato che origliare è maleducazione?!-

E si avvicina, un passo dopo l'altro, aggirando il tavolo, annulla la distanza che li divide e prende tra le mani il viso della bambina, avvicinandolo al suo.

-S-scu-scusa...-

-Non avresti dovuto vedere. Non lo avresti dovuto vedere, non è vero? Non ti è piaciuto, non ti può essere piaciuto e non sarebbe dovuta andare così. Perché sei uscita?-

In un sussurro, con le mani sporche di sangue strette sulle guace della bambina, gli pone queste domande, ma non è un sussurro dolce, anzi, tutt'altro: esprime minacce in ogni singola lettera.

-Io... Io ho sentito le voci e mi sono svegliata... Ero, ero lì da sola... Al buio... Ho avuto paura.-

Allora l'uomo, con una strana scintilla negli occhi, la afferra per un braccio e la porta nella stanza buia, chiudendosi la porta alle spalle.

La bambina sobbalza e si lascia andare a un gemito di terrore quando la porta sbatte rinchiudendola in quel piccolo angolo di inferno.

-Devi imparare a sopravvivere!-

(diventerà una zavorra)

-Se il buio è una condizione, tu devi adattarti, devi imparare a lottare contro le tue paure, a sconfiggerle, a usarle. Il buio può essere il tuo migliore amico... Se solo tu lo volessi.-

(… Un peso insostenibile. Soffrirà.)

-Dovrai imparare a procurarti le cose, in un modo o nell'altro. Il bene e il male ora sono relativi, il caos è padrone. Se vuoi restare in vita ti serve allenamento. Se vuoi restare con me dovrai diventare abile, resistente... Addestrata. Dovrai imparare a rubare, se è necessario. A uccidere.-

(Falla finita.)

No.

Non l'avrebbe fatta finita, non avrebbe tolto la vita di quella piccola bestiola per il semplice fatto di non cadere succube di parole pronunciate da un altro uomo.

Lui che vede molto distintamente la faccia irrisoluta della piccola nonostante il buio, sorride amorevolmente.

-Ora dormi, domani inizia l'allenamento.-

E fa per andarsene, ma una frase pronunciata con tutta la sicurezza possibile in quel momento da una bambina di sei anni, lo blocca a metà strada con un sorriso, questa volta vero, sul volto.

-E se io non voglio?-

Una domanda, fatta con la semplicità di un bambino.

Senza voler stuzzicare o altro, si crede.

Ma che mette addosso al clown un'allegria delle migliori. Anche migliore di quella provata mentre affondava la lama nel corpo della vittima di quella sera.

-Se non vuoi puoi sempre prendere un coltello e infilartelo in tutti e due gli occhi, sperando che colpisca subito il cervello e che la morte sia indolore. Questa è l'unica alternativa, se non hai il coraggio sai benissimo che posso farlo io. E sai che lo farei. Devi crescere: o con me o... Morta.-

Joker sa che una mocciosa non dovrebbe ascoltare discorsi come quelli, non capirebbe la gran parte del discorso. Ma non riesce a trattenersi, si diverte troppo.

Ha sempre voluto fare un discorso del genere e ora ne ha avuto l'occasione.

Non le lascia nemmeno il tempo di metabolizzare che è già fuori, uscito dalla sua visuale, lei da canto suo prende un fazzoletto trovato sul comodino e cerca di ripulirsi dal sangue ancora fresco, non senza provare disgusto nel farlo, nel vedere il pezzo di carta tingersi di rosso.

E solo dopo diverse ore, passate stesa sul letto con lo sguardo rivolto alla finestra semi aperta, da dove filtra un po' di luce, riesce a cadere addormentata.

I giorni successivi sarebbero stati duri, anche una bambina di cinque anni l'avrebbe capito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Okay, questo capitolo non sarebbe dovuto esistere, ma mi sono sognata ad occhi aperti la scena dove lui, con le mani insanguinate, “carezza” la faccia di Norrie.
Okay, la smetto, spero, però, che non vi faccia proprio così schifo.
Spero che non ci siano errori, se no ditemelo pure, anzi fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe tanto piacere.
Ora voglio ringraziare tutte quelle anime pie che passano a leggere i miei scritti:
Chi ha messo la storia nelle seguite:

1 - ary_cocca88
2 - charlotte lewis
3 - daisy _
4 - lalla_JH
5 - Margherita Dolcevita

Chi nelle preferite:

1 - daisy _
2 - Mokita

E Chihiro che la ricorda.

Grazie mille a tutti, spero non vi deluda.
Al prossimo capitolo.
Alis.

  
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