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Autore: dilpa93    07/05/2013    13 recensioni
Altro incrocio, il traffico si accumula, davanti a te i catarifrangenti rossi si biforcano come la lingua di un serpente.
Dai un’occhiata al display del cellulare. Non arriverai mai in tempo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Esci dal palazzo correndo con le chiavi dell’auto già in mano.
Sali, chiudi la portiera.
Afferri la cintura e tenti di allacciarla; una, due, alla terza lasci e decidi di partire senza.
Prima, frizione e acceleratore.
Gli pneumatici stridono sull’asfalto scintillante, bagnato dalla pioggia battente.
Il semaforo è giallo, acceleri. Ormai è rosso.
Sguardo a destra e sinistra, passi lo stesso.
Altro incrocio, il traffico si accumula, davanti a te i catarifrangenti rossi si biforcano come la lingua di un serpente.
Dai un’occhiata al display del cellulare. Non arriverai mai in tempo.
Mancano cinque minuti di strada, abbandoni l’auto e cominci a correre, accompagnato dalle parole che qualche ora prima vi siete detti. Da quelle frasi prive di valore che avete detto solo perché stanchi e arrabbiati, anche se non sai per cosa.
Ti fai largo tra i passanti sul marciapiede. Urti una signora, le cade il grande ombrello rosso che ora gira su se stesso avvolto dal vento e dalle imprecazioni della donna.
Le gridi le tue scuse, anche se probabilmente non le ha sentite, non le hai sentite uscire neanche tu dalla tua bocca. L’unica cosa che senti è il polso battere, pulsare come se lo avessi in testa.
Salti un tombino; la camicia azzurra è zuppa, i capelli fradici. I piedi sembrano navigare dentro alle scarpe impregnate di acqua piovana.
Finalmente scorgi l’imponente struttura. Non sai dove, ma trovi altro fiato per correre ancora più veloce. Attraversi la strada, un taxi si ferma a pochi centimetri da te.
Parolacce escono veloci dalle labbra del conducente, i gesti della mano destra le accompagnano. Le senti sconnesse in mezzo allo strombazzare del clacson. Non ci fai caso e prosegui.
Le porte scorrevoli si aprono, goccioli sul pavimento in linoleum grigio che riflette le luci al neon.
Ti fermi solo un istante, con le mani sulle ginocchia tenti di aumentare la tua riserva d’aria. Alzi lo sguardo e fissi l’orologio digitale.
“Cazzo!”
Riprendi a correre. Le scale mobili sono occupate da ragazzi con grandi zaini sulle spalle pronti per affrontare l’avventura della loro vita, di giovani coppie appena sposate che amorevoli si stringono nel calore di un abbraccio. Di famiglie decise a passare insieme le vacanze in qualche posto esotico, o magari in una città europea.
Le scavalchi, strisci accanto a loro come fossi un’ombra. Urli “permesso”, ma è come dirlo al vento, nessuno ti sente.
C’è chi parla al telefono; l’ultimo saluto prima della partenza, o un’ultima litigata.
Chi ascolta musica a tutto volume.
Arrivi davanti ai metal detector. Muovi gli occhi frenetici e la cerchi fra la gente.
Cerchi il suo viso, per chiunque così simile agli altri, per te così diverso.
Cerchi i suoi occhi, cerchi le sue spalle, cerchi la sua figura.
Cerchi lei e intanto prendi fiato.
 
 
Tira fuori il biglietto dalla borsa, il fruscio è dolce, e riesce a sentirlo nonostante il baccano.
Ripensa a quelle parole, dette tra voi con disprezzo, amarezza. Vi ripensa con rimpianto, e quel ‘se solo’ torna a farle compagnia, come la voce della sua coscienza.
Rivede il tuo viso contrariato, risente le tue parole ‘allora è finita?’.
Una domanda, un’affermazione, non sa più che significato abbiano tanto le ha ripetute a se stessa, ma forse non sapeva che significato avessero neanche qualche ora fa.
Lascia cadere la borsa sul rullo, consegna il biglietto alla guardia e sente il leggero scrocchiare della carta. Lo stesso suono del suo cuore, che si è rotto quando è andata via da quell’appartamento.
Un passo. Supera la macchina.
Le braccia incrociate sotto il seno. Le unghie picchiettano sulla pelle attendendo i suoi effetti personali.
Alza il viso giusto una frazione di secondo.. Non puoi essere tu.
“Kate! Kate!” Urli disperato.
Lascia tutto. Borsa, carta d’imbarco.
L’addetto prova a fermarla, ma è già da te.
“Che ci fai qui?”
Con le mani le carezzi le spalle, le sfiori il viso.
“Shh, shh, non dire nulla. Sono stato un coglione, e sono qui solo per dirti… ti amo, ti amo. Ho bisogno di te, voglio te. E non te l’ho detto prima e… non sono qui per chiederti di non partire, per chiederti di rinunciare. Ma sono qui per dirti che ti aspetterò, o che verrò con te se mi vorrai. E se non mi vuoi più, sono qui per augurarti buona fortuna, per dirti che ho sbagliato. Dio se ho sbagliato. Sono qui per dirti che sono un pazzo, e tu lo sai più di chiunque altro. Sono stato un pazzo a non dirti prima che sarei venuto in capo al mondo con te, che verrei in capo al mondo con te. Sono qui per dirti che non ero in me, che quelle parole, quelle cose che ci siamo detti, che ti ho detto, non hanno senso. Nessuna parola ha senso, ma io e te… io e te si! Io e te abbiamo un senso Kate, tu sei ciò che mi dà un senso. Non voglio buttare via tutto quello che siamo, quello che mi hai dato. Non voglio-”
 
Le parole muoiono sotto il tocco delle sue labbra sulle tue.
Non ha importanza dove vi trovate, non ha importanza se chiunque può vedervi in quel momento in un certo senso così privato. Non ti importa perché è come se intorno a voi non ci fosse nessuno, come se il mondo si fosse spento nel momento in cui le vostre lingue si sono incontrate.
Ti senti come in un vortice. È come essere sulle montagne russe, quella sensazione allo stomaco, quella presa che spaventa, ma allo stesso tempo elettrifica. Quella sensazione che sai che quando finirà non vedrai l’ora di riprovarla. E lontano dal luna park la ricercherai ovunque, ma non sarà lo stesso.
Lei è le tue montagne russe, e non vuoi che finisca.
Che ti importa se sarete a New York, oppure a Washington. Ovunque sarete, sarete insieme.
Vi allontanate cauti, quasi spaventati che non sia reale.
Ti carezza la guancia ancora bagnata dalla pioggia, e fronte contro fronte sorridete.
 
Ora dovete solo prendere fiato… insieme.
 
 
 
Diletta's coroner:
Ispirata dalla canzone Just Breathe dei pearl Jem, che oggi andava avanti a ripetizione sull'Ipod.
Vi lascio il link
http://www.youtube.com/watch?v=YzkZPI-HKsk

B
uona serata!
  
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