Piove.
Di
una pioggia battente che lava via il dolore che mi scorre dentro.
Una
pioggia innaturale, frutto di una magia contorta, spezzata, un contraccolpo
violento all’ultimo tentativo abbattere il nemico di Spettro. Ho ancora un riflesso
del fulmine impresso nella retina, bianco vivido. Ma non ho bisogno di questa
vaga traccia di ricordo per vedere di nuovo il vampiro sorridere snudando zanne
aguzze, correre verso Spettro ad una velocità che solo rare volte ho visto in
una creatura sovrannaturale e afferrargli il collo.
Non
bastano i tuoni sopra di me a cancellare l’orrendo schiocco delle vertebre
infrante dalle dita del vampiro.
E’
pallido, devastato dalla sete. Posso vederlo chiaramente. Ha dato molto per
questo scontro. I tre umani che hanno combattuto per lui fino alla morte,
asserviti probabilmente, giacciono a terra scompostamente. L’ultimo è caduto
riverso sul corpo di Uragano, che l’ha trascinato con sé nella morte. E’ già
inespressivo, rigido, il volto barbuto del mio amico, distorto da una smorfia
del dolore che non può più provare. La pioggia non riesce a lavare via la
traccia di sangue che si allarga sotto di lui, trafitto da un pugnale da
caccia. Dalla schiena del suo
avversario spunta la punta acuminata del suo pugnale d’osso.
Sisma…
bella anche nella morte. La pioggia scorre su di lei, abbattuta da una raffica
di uzi che non ha intaccato il suo bellissimo volto, ora color del marmo,
lucente, le labbra ancora dischiuse come se aspettasse un bacio.
Chi
spiegherà a Marco che non potrà rivederla mai più? Che il suo corpo giace nel
fango, crivellato di piombo rovente, quando avrebbe dovuto tornare fra lenzuola
fresche di bucato agli abbracci di un
amante ignaro di tutto ciò che si porta dentro?
E’
la guerra. Siamo soldati, disse una volta Spettro.
Nessuno
dovrebbe piangerci. Nessuno dovrebbe conoscere ciò che siamo nel profondo,
prendere da noi amicizia, amore, devozione. Finiremmo per togliere ciò che
abbiamo dato, per lasciarvi soltanto la sofferenza dell’abbandono, nel momento
in cui il fango reclamerà i nostri corpi straziati dalla lotta.
Accanto
a me agonizza Balck Ayate e io non ho più forza per guarire le sue ferite. La
mia magia è stata prosciugata molto tempo fa, mentre tentavo di tenere in vita…
lui. Almeno lui.
E
così ora non ho nulla da dare al mio coraggioso compagno di battaglia,
costretto a morire in un corpo riforgiato dalla magia, nelle sembianze di un
lupo da incubo, che celano la dolcezza del suo animo. Ha combattuto soltanto
per difendermi, sacrificando la sua vita per me.
Esala
il suo ultimo respiro, cercando di leccarmi il viso rigato di pioggia e di
lacrime, sporgendo la lingua insanguinata tra le fauci innaturalmente
sproporzionate, mostruose, lasciandomi la sensazione di un umido bacio
dall’odore metallico e salato.
Il
dolore è sordo, dentro di me, come se ancora non mi fossi resa conto
perfettamente dell’accaduto. Alzo lo sguardo sul vampiro, a torso nudo,
grondante del suo stesso sangue, metà del volto devastato dalle fiamme e
artigli acuminati, taglienti, alle mani, gocciolanti di scarlatta linfa vitale.
E
non posso far a meno di abbassare il capo accanto a me.
Sei
stato l’ultimo a cadere. E quasi c’eri riuscito a ridurlo in cenere..
…
…Amore
mio.
Sei
riuscito a sollevare la destra, per toglierti la maschera e guardarmi negli
occhi, mio Fuoco.
Erano
azzurri, i tuoi, straziati dalla sofferenza, dalla certezza della morte. Non è
bastato il mio potere, la mia intera forza magica a risanare quelle ferite
devastanti. Il tuo sangue scorreva macchiandomi le mani, le braccia,
impregnandomi gli abiti senza che la pioggia possa portarlo via. Ti ho
sentito tremare, di freddo, o forse
per gli ultimi spasmi del dolore più
atroce. Ti ho stretto contro il calore del mio corpo, quasi cercassi in ogni
modo di trattenerti qui, con me. La tua maschera è scivolata via, abbandonata
dalle dita snervate, prive di forza… o forse no. Hai cercato il mio viso,
nell’ultima carezza. Sono fredde, le tue dita, amore mio. E’ la morte che
scorreva dentro, il gelo dell’aldilà che ti ha strappato via da me, da quel
poco di calore che potevo ancora darti. Hai cercato le mie labbra nell’ultimo
bacio, un bacio rovente, dove il sapore del sangue non sarebbe riuscito a
soffocare quello dolce, caldo, della tua bocca. Non il bacio di un morente, ma
un bacio feroce, esigente, che non può che riportarmi alla mente questa notte,
la nostra ultima notte.
Le tue mani scorrono sulla mia pelle nuda, calde, forti,
eppure delicate. Rabbrividisci sotto la carezza delle mie unghie che ti sfiorano
i fianchi, mentre il tuo viso cerca il mio seno, morbido cuscino. Affondo le
dita tra i tuoi capelli, attorcigliando le ciocche ramate sull’indice,
scompigliate dall’amore, seta contro la mia pelle candida. Sembri cercare
conforto, come non avevi mai fatto prima d’ora. La tua freddezza e la tua
sicurezza sono dunque soltanto una seconda maschera, Fuoco? O forse questa
volta temi per il vuoto che lascerai dietro di te,se mai dovessi cadere? O
forse sai che non fuggirò, come vorresti, e se sarà necessario cadrò in
battaglia, perché senza di te questa vita di mistero e solitudine non ha più
alcun senso? E’ silenzio, mentre la luce della luna inonda la stanza, scolpisce
i muscoli marcati della tua schiena cesellandoli d’argento, su cui ho lasciato
i segni della mia passione. Il tuo respiro si fa lento, abbandonandoti stretto
tra le mie braccia ad un sonno senza sogni. Io non dormirò. Non perderò
l’ultima notte in cui posso accarezzarti con lo sguardo e illudermi di poter
essere felice accanto a te. Appesa alle maniglie dell’armadio, la maschera
bianca con lo stemma degli Abhorsen mi fissa come uno spettrale volto vuoto. Ha
lo sguardo di un boia, di un giudice, di un comandante. Non saprò mai fino a
che punto tu sia vincolato al tuo dovere. So soltanto che presto o tardi ti
strapperà dalle mie braccia e dal mio cuore.
Fuoco…
amore mio…il tuo ultimo respiro non è più forte di quello precedente, e si
smorza nell’incavo della mia spalla. Il tuo corpo è già freddo, lacerato dagli
artigli del vampiro, dissanguato, il tuo volto pallido che mi osserva ormai già
privo d’espressione, le labbra morbide d’angelo bluastre nella rigidità della
morte.
Il
vampiro avanza con un passo strascicato. Potrebbe balzarmi addosso, così come
ha spezzato Spettro… ma non lo farà. Vuole il mio terrore, desidera la mia
paura come desidera il sangue.
Capisco
meglio Fuoco… non c’è paura se non si ha nulla da perdere. Fisso freddamente
quel volto spettrale, sogghignante… e di colpo sbarro gli occhi, nella vista
che vede oltre la vista.
I
miei occhi si fanno bianchi, perforando il velo che separa il mondo dei vivi da
quello dei morti.
E
Fuoco è lì.. con occhi tristi come non li avevo mai visti, vincolato alla
maschera a cui s’è aggrappato, come un’ancora al mondo dei viventi. Per non lasciarmi,
per non lasciare il suo dovere…o forse semplicemente è la maschera a non
lasciarlo andare.
Pioggia…
Fuoco…
Devi vivere. Scappa. Vattene.
Non ti lascerò.
Ormai la mia vita è finita, Pioggia.
Ma nemmeno ora ti è
concesso riposare, cuore mio.
Non c’è riposo per me, almeno finchè l’ultimo male sarà
cancellato.
Non ho nient’altro oltre a
te, Fuoco. Se morissi qui, accanto a te, nessuno verserebbe una sola lacrima.
Nessuno vive ancora per farlo.
Io ne soffrirei.
Resteremo insieme, amore
mio… resteremo insieme. Anche ora, anche adesso. Fino alla fine di tutto
questo.
Raccolgo la maschera dal
fango, rigata di sangue. Celo dietro di essa il mio viso. Posso quasi sentire
ancora il calore di Fuoco avvolgermi da dietro, protettivo, il tocco rovente e
spettrale della sua mano destra che si chiude sulla mia. Mi guida, guida le mie
dita sbiancate, pallide a chiudersi sul mio ultimo pugnale, ancora pulsante
della magia di Uragano. Infinitamente più preciso degli altri, infinitamente
più letale, ma rimasto alla mia cintura, risparmiato per un momento simile,
nell’illusione che forse non sarebbe servito. Lo stringo con forza. Puoi
sentire il dolore che mi devasta, amore mio,mentre mi alzo dal fango per
lanciare uno sguardo di sfida al tuo assassino? I suoi artigli non mi hanno
risparmiata. Il braccio sinistro pende inerte, la schiena è un’unica piaga
d’agonia. Ma quasi non sento la sofferenza ora, coperta, distratta dal tuo
tocco immateriale.
Il vampiro spicca la
corsa. Tiro indietro il braccio, portandolo in avanti di scatto e il pugnale
lascia le mie dita, fendendo la pioggia, il vento, sull’onda del riflesso di un
lampo. Il tuono rimbomba violento, nello stesso istante in cui il vampiro
s’accascia a terra, privato dell’ultima stilla di sangue.
Fallo ora, Pioggia.
Doveva essere Spettro, non
io, a spappolare la testa del vampiro con tre colpi di fucile. La cenere si
leva in uno sbuffo, tutto ciò che resta della creatura che è stata la distruzione
della mia cabala e dei miei compagni, lavata via dalla pioggia impietosa che
continua a cadere in questa notte d’incubo.
E ora, Fuoco?
Bentornato, Abhorsen.
Cos’hai detto?
Hai raccolto la mia maschera, Pioggia. Ti sei proclamata
mio successore. Ciò che io ho iniziato, sarai tu a terminarlo.
La maschera è fredda sul
mio viso, eppure sembra quasi adattarsi alle mie forme, come se fosse stata
forgiata per me. Il calore di Fuoco non è svanito, mi è accanto, per quanto non
possa toccarlo. Mi abbraccia, mi stringe, posso vedere il suo viso appoggiarsi
sulla mia spalla.
Perdonami. Avrei dovuto dirtelo.
Non importa, Fuoco. Mi
resterai accanto?
Per sempre, amore mio.
E così, nuova Abhorsen,
spezzata, lacera nel cuore e nell’anima, mi allontano nel buio di questa notte
d’incubo. Io, e il fantasma del mio amore e soltanto la sua spada stretta nella
destra.
Io che avevo portato Vita,
ora sono Messaggera di morte.
Trema, male oscuro che ti
annidi nella notte dell’eternità.
E’ il dolore, la mia lama.