Salve!
Questa
fanfiction è una prova per me, un allenamento per
imparare a scrivere ShikakuxYoshino, in vista di una
futura longfic, visto che
ormai mi sono appassionata a queste coppie e al loro mondo, grazie anche alla fiction
di Hinata-chan. Ormai il mio universo personale che
li comprendere è già creato, questo è solo uno scorcio su quei due.
I
nomi delle madri di Ino e Choji, ovvero Miyoko e Akiko,
me li sono inventata, pur pensando bene a quali sarebbero stati adatti ai miei
futuri personaggi, mentre per chi non lo sapesse Shikaku e Yoshino sono i
genitori di Shikamaru, e Fugaku e Mikoto di Sasuke.
Buona
lettura!
Una ragazza alta e mora dallo
sguardo severo camminava velocemente per le strade di Konoha, con le mani
infilate in due delle innumerevoli tasche dei suoi pantaloni e una coda alta e
lunghissima che dondolava da un lato all’altro della schiena ad
ogni suo scatto in avanti.
I suoi occhi scuri guizzavano da
un lato all’altro della strada alla ricerca della figura familiare che cercava,
mentre ogni tanto era costretta a tirare indietro nervosamente i ciuffi che le ricadevano
sul viso o si scioglievano dal laccio della coda, troppo lisci per essere trattenuti.
Sempre più nervosa accelerò il
passo, sentendo una goccia gelida scivolarle su una spalla. Aveva indossato
soltanto una semplice canottiera nera, che invece delle maniche aveva dei lacci
che le avvolgevano le braccia, e si maledisse per aver
abbandonato il locale in fretta e furia lasciando indietro il giubbotto. Alzò
lo sguardo verso il cielo plumbeo che prometteva pioggia, ed
un'altra goccia la colpì sulla schiena, scorrendo sotto il tessuto e facendola
rabbrividire; quasi per una reazione a catena il freddo si insinuò sin nelle
ossa, facendo sì che cominciasse a tremare. Non che non avesse
freddo sin dall’inizio, ma nella foga si era scordata anche di questo, così
decise di cominciare a correre, impedendosi di pensare ad altre cause per farlo
se non la voglia di scaldarsi. L’elastico cominciò a sfilarsi e lei se lo
stracciò definitivamente lasciandolo cadere a terra, così che i suoi capelli
sempre tirati su in una crocchia o in una coda ricadessero fino alla vita e la
scaldassero come una giacca. O almeno questa era l’intenzione, se non fosse che
le ciocche davanti alle spalle
s’incastravano tra le braccia ed il corpo mentre correva; la tentazione di
estrarre un kunai da una tasca dei pantaloni e tagliarli via almeno all’altezza
delle spalle fu forte, ma resistette pensando che la sua amica Miyoko non
glielo avrebbe mai perdonato, visto che ci teneva più di lei.
Inghiottendo l’orgoglio dovette
ammettere che non era la possibilità che piovesse da un momento all’altro a
farla preoccupare, ma che non trovando quella persona distesa come al solito sull’erba cominciava ad angosciarsi. Nel locale
aveva sentito dire che il gruppo InoShikaCho era
tornato dalla missione contro Suna quella mattina stessa e si era subito resa conto che qualcosa non andava. Vuoi perché Chouza
avesse fame, vuoi perché Inoichi volesse farsi bello con le ragazze e in special modo Miyoko stessa, entrambi avrebbero trascinato
Shikaku lì entro l’ora di pranzo, eppure nessuno li aveva visti. Nessuno aveva
saputo dirle altro, e Yoshino che era la più veloce era scattata a cercare
Shikaku per saperne di più, essendo lui quello con cui era più in confidenza
dei tre. In quel momento però le sarebbe andato bene chiunque, purché le avesse
detto che stavano tutti bene.
Si addentrò in mezzo a dei
cespugli, l’ultima sua speranza, graffiandosi le
braccia e maledicendo ancora una volta la sua avventatezza nel correre via a
quel modo senza prendere nulla per ripararsi. Sobbalzò, vedendo infine il
ragazzo che cercava: questa volta non era disteso per terra, era invece seduto
con la schiena poggiata contro il tronco di un albero.
Una garza che gli copriva la
tempia le impediva di vedergli il viso, ma anche a quella distanza avrebbe
giurato che era macchiata di sangue; cominciò a tremare ancora di più senza
rendersene conto. Doveva essere accaduto davvero qualcosa se si trovava da solo
in quel luogo e se non si era ancora fatto curare.
Riprese a muoversi, stavolta lentamente,
cercando di evitare di mostrarsi preoccupata, accortezza inutile poiché lui
perso nei propri pensieri non la sentì arrivare, o
almeno non ne diede segno.
Da quando lo aveva conosciuto non avevano fatto altro che litigare, o meglio:
Yoshino gli urlava contro, lo colpiva occasionalmente, gli dava ordini e gli
lanciava frecciatine; Shikaku in genere si limitava a subire indifferente e
alle volte a provocarla sebbene involontariamente, accorgendosi di essere stato
insensibilmente schietto solo quando vedeva gli occhi della ragazza
lampeggiare, oppure la stuzzicava quando la trovava poco reattiva o triste e
fuggiva via quando una volta esagerato rischiava di farsi picchiare da lei. Il
loro rapporto non era comprensibile agli occhi degli estranei, ma i loro amici
sapevano bene che quel continuo litigare era il loro modo di dimostrarsi
affetto.
E infatti
ora la ragazza si angosciava, temendo di guardare il viso del ragazzo e
trovarlo devastato, non perché le ferite la impressionassero ma perché non
avrebbe saputo come consolarlo, lei che era così impedita in quelle situazioni.
«Shikaku?» azzardò, chinandosi
sull’erba bagnata. Toccandola si rese conto che aveva cominciato a piovere e
proprio come lui trovò rifugio sotto la chioma dell’albero poggiando la schiena
contro il tronco e piegando le gambe contro il petto. Capì solo allora di
essere rimasta a guardarlo più a lungo di quanto pensasse, senza accorgersi di
essersi inzuppata di pioggia.
«Yoshino, vattene.» sillabò il
ragazzo, più cupo del solito. Era furibondo e non aveva intenzione di sfogarsi
su di lei, ma si rese conto subito che con una frase del genere rischiava non
solo di aizzarla allo scontro fisico ma anche di cominciare una litigata che in
quelle condizioni avrebbe distrutto il loro rapporto. «Non voglio parlare ora.»
aggiunse per rabbonirla.
Con sua grande sorpresa la
ragazza rimase in silenzio accanto a lui.
«Non ce l’ho
con te.» specificò perplesso.
«Non me ne vado perché piove e
sono già fradicia, mi manca solo un'altra corsa e prenderò una polmonite.» spiegò lei irritata. Shikaku non si voltò a
guardarla come aveva sperato mostrandole il lato del viso coperto dalla benda,
ma piegando il busto in avanti si sfilò il giubbotto da jonin che teneva sulle
spalle e glielo porse allungando un braccio.
«Visto che
resti qui, copriti almeno con questo.» le disse soltanto. Quel gesto non era da
lui, e Yoshino si preoccupò ulteriormente.
«Mi dici cos’è successo? O almeno
dove sono… dove sono gli altri due?» chiese incerta.
Notò i pugni del ragazzo stringersi e temette il peggio.
«Inoichi è ricoverato
all’ospedale, è ferito al petto ma non grave. Chouza gli fa compagnia.» rispose a denti stretti Shikaku.
Yoshino sospirò di sollievo, poi
tornò seria. «Va bene. E tu come stai?» chiese, reprimendo la domanda che voleva fargli su cosa le
stesse nascondendo.
«Tutto bene.»
«Vedo.»
«È solo un graffio.»
«Shika…» stavolta il tono di lei si addolcì, mentre con una mano gli voltava
delicatamente il viso e si spostava di fronte a lui.
Contemporaneamente notò sia l’espressione
distrutta del ragazzo, sia dell’entità della ferita che
si intravedeva sotto la garza e che fortunatamente sembrava non toccare
l’occhio. «Allora? Cosa mi nascondi?»
domandò con la stessa dolcezza.
Shikaku la guardò sorpreso,
cercando in quella ragazza dall’aria delicata qualche traccia della strega che
conosceva. Spinto dal calore di quella mano sul suo viso decisa di tentare di
aprirsi con lei, ancora meravigliato da quella dolcezza e dal fatto che non si
fosse ancora spostata; si accorse anche che la vedeva per la prima volta coi capelli sciolti che, a dispetto di come gli sembravano
sempre legati in una crocchia, erano davvero lunghissimi, e per di più di
quanto gli apparisse seducente in quel momento,
e con sgomento analizzò il pensiero “È
proprio il mio tipo, così.”, che gli era balzato alla testa.
«Questa ferita poi, l’hai fatta
controllare?» chiese ancora la ragazza,
interrompendo gli improperi mentali che si stava lanciando Shikaku.
«Non ancora, mi hanno sfregiato, dannazione! Scommetto che la cicatrice non andrà
più via, che palle…» sbottò il ragazzo, prima con
tutta l’energia che stava usando per scacciare quei pensieri sbagliati e poi
con il solito tono annoiato.
Yoshino incrociò le braccia e
afferrò i lembi del giubbotto per coprirsi ulteriormente, rabbrividendo per il
freddo e lasciando andare così il viso di Shikaku. Neppure lei sapeva da dove
venisse quell’atteggiamento comprensivo, in genere lo usava soltanto coi bambini o con gli animali, quando era certa di non
essere osservata. Ma alla vista dello sguardo di
Shikaku così ridotto non era riuscita a trattenersi.
«Almeno avrai un’aria vissuta.»
Shikaku la guardò sarcastico, e
lei sospirò ancora.
«Dimmi cos’è successo. Stavolta è
un ordine, o approfitterò delle tue ferite per ammazzarti di botte.» dichiarò.
«E se ti dicessi che quel
coglione si è ferito solo per salvare me che ero distratto?» l’aggredì
improvvisamente, «E se ti dicessi che ero distratto perché come al solito stavamo
litigando e stavolta ho esagerato e l’ho ferito sul serio? Me ne sono accorto
ma sono stato zitto, e poi è successo il casino, e rischiavo di vederlo morire
senza avergli neanche chiesto scusa, addirittura per salvare me… bella merda…»
come si aspettava Yoshino lo guardò ad occhi
spalancati. Ciò che non si aspettava era che gli ponesse una mano sulla spalla,
con aria scettica.
«Come hai fatto a ferire uno come
Inoichi a parole, scusa?»
«Gli ho detto che se non è ancora
diventato jonin è solo perché pensa troppo alle ragazze e troppo poco ad
allenarsi, e che il capovolgimento
spirituale funziona solo se ci sono io, da solo è inutile e quindi avrebbe
dovuto allenarsi di più anche in altre tecniche.»
Yoshino parve perplessa. «Ma non glielo dici sempre?»
«Il tono di voce è cambiato.
Stavolta ero incazzato sul serio.»
«E perché eri incazzato?» domandò
lei.
“Ovvio
che me lo avrebbe chiesto.” pensò lui dandosi ancora una volta
dell’idiota.
«Non sarà…» cominciò Yoshino, con
un lampo di comprensione.
«Non dirlo.» la bloccò
imbarazzato.
«… la nostra discussione.» concluse lei.
Prima che Shikaku partisse avevano litigato come sempre, però per la prima
volta non si erano neppure salutati. Quindi anche se
nessuno li aveva presi particolarmente sul serio, non era sfuggito che Yoshino
non si fosse presentata la mattina alle porte di Konoha con le altre e il
ragazzo sin dall’inizio sarebbe voluto tornare indietro per chiarire.
La ragazza s’incupì, intuendo
parte dei suoi pensieri.
«Yoshino?»
«L’unico motivo
per cui non sono venuta a salutarti è che mi sentivo male. Non sono
riuscita ad alzarmi dal letto per la febbre. E anche quando abbiamo litigato ero così nervosa per colpa del mal di testa, perché
ero malata.» spiegò tetra.
«Va bene.» accettò inquietato. .
«No, non va bene.» lo contraddisse lei,
incrociando le braccia e guardando da un'altra parte.
«Yoshino?» si trovò a ripetere
per la seconda volta nel giro di un minuto.
“Lo
sfregio è stato colpa mia... se era distratto è stata
colpa mia, quindi anche per Inoichi è stata colpa mia…” rifletté la ragazza, guardando
la pioggia continuare a cadere. Sarebbe bastato che il vento cambiasse appena
per venire inzuppata di nuovo.
«Stai tremando per il freddo,
avvicinati a me.» la chiamò ancora il ragazzo tirandola per un braccio. Non era
particolarmente vigliacco, ma dovette dar fondo a tutto il suo coraggio per
compiere un’azione simile. Nessuno si prendeva tanta confidenza con quella
ragazza, se non le sue amiche.
I loro sguardi s’incontrarono, ma
Yoshino gli sfuggì subito, abbassando il capo e tornando a sedersi di fianco a
lui.
«Dimmi a cosa stai pensando, ragazza strana. Ti conosco, e se non mi picchi
dopo una cosa del genere devi stare davvero male per
qualcosa.»
«…Io… Ragazza strana?!»
«Beh… lo sei. »
rispose semplicemente lui.
«Ha parlato…» ironizzò lei. «E
comunque penso solo che ho freddo.» mentì.
Entrambi rivolsero la loro
attenzione alla pioggia, che sembrava cominciasse a diminuire.
«Non ho avuto il coraggio di
andare con loro in ospedale. Ci metterei una mano sul fuoco, Inoichi non ha
neanche capito cosa non andava, stava già facendo l’idiota come sempre, eppure…» confessò infine il ragazzo, stringendo un ciuffo d’erba
con forza.
«Se è successo
tutto questo era perché eri distratto per colpa di un’altra persona, vorrei
ricordarti.» ribatté Yoshino.
Shikaku si voltò di scatto a
guardarla, comprendendo solo allora che si stava addossando tutte le colpe per
ciò che le aveva detto. “E meno male che
è Inoichi l’idiota…”
«Vorrei ricordarti che in missione
non sono ammessi pensieri che vanno oltre la missione stessa. È stata colpa
mia. E se non fossi così vigliacco almeno gli avrei
chiesto scusa.»
«Non sei un vigliacco.» borbottò
Yoshino.
«Come dici scusa?» si meravigliò
Shikaku.
«Ho detto…» ricominciò lei, stavolta
voltando il viso per guardarlo negli occhi, «…che non sei un vigliacco.»
«Allora troppo orgoglioso. Quello che ti pare.
Francamente a volte mi chiedo chi ve lo faccia fare di starmi attorno, è chiaro
che io non sono fatto per stare in mezzo alla gente. Anche tu, cosa ci fai qui?
Sai benissimo che finirò per innervosirti, anzi peggio, oggi ti ho addirittura depressa… è meglio se mi lasciate solo tutti quanti.» si
sfogò il jonin, pensieri maturati riflettendo in quel luogo da quando era
tornato a Konoha, ancora scosso per via dell’agguato. Sapeva già da se che
stare da soli per delle ore in quelle situazioni poteva generare cattivi
pensieri, ma si era reso conto che tolti i suoi due compagni di squadra non
sapeva dove andare, e maggiormente amareggiato si era diretto nel suo
nascondiglio preferito, dove i superiori non lo potevano trovare facilmente.
La risposta che gli diede Yoshino però, bastò per cancellare ore di recriminazioni e
ragionamenti come un colpo di spugna.
«A me va bene così. A me piaci così
come sei.»
Per qualche minuto si udì
soltanto il rumore leggero della pioggia, mentre entrambi pensavano a quella
frase con fare quasi ossessivo.
Yoshino si fece coraggio,
incrociando le braccia sulle ginocchia e poggiandoci il viso. «Penso che… anche
ad Inoichi e Chouza tu piaccia così come sei, no? Sei duro con te stesso solo perché sei rimasto qui’ da solo
troppo tempo, ne sono sicura. Saresti dovuto venire da noi, io ero… noi eravamo
preoccupate per voi. Non sapevamo cosa fosse successo, abbiamo saputo soltanto
poco fa che siete tornati stamattina e nessuno ci ha saputo dire nulla. Io mi
ero anche scordata di aver litigato con te, stupido. Saresti dovuto venire da
noi e dirci tutto. Ti avrei fatto compagnia almeno. Non che io sai meglio di te
nei rapporti umani, figuriamoci. Anzi, sono molto peggio,
e infatti ci sono persone che hanno addirittura paura di me. Però ho sempre
pensato che tra noi non ci sarebbe stato bisogno di specificare sempre le cose,
che fosse ovvio che le nostre discussioni non fossero
serie. Se non è così, specificherò ora.»
Shikaku la guardava come se fosse
la prima volta in cui lo faceva davvero, ascoltandola con attenzione, e quando
lei ricambiò lo sguardo, sussultò.
«Secondo me tu sei un bravo
ragazzo. Ti prendo sempre in giro perché sei pigro, è vero, ma lo faccio solo
perché ci tengo a te e non voglio che ti accada nulla. Non è per questo che tu hai sgridato Inoichi? Si, vero? Quindi hai fatto la cosa giusta, e Inoichi lo sa, sa anche
che eri arrabbiato a causa mia, ecco perché di sicuro ha già scordato tutto.
Perciò non devi prenderti colpe, devi solo non distrarti più in missione. E io magari eviterò di darti da pensare prima di partire,
come avrei dovuto fare prima.» gli disse, arrossendo tantissimo poiché non era
affatto abituata a certi discorsi. Appena terminato di parlare nascose il viso
in fiamme contro le braccia, lasciando che i capelli la coprissero e mormorando
un’offesa incomprensibile contro di lui e la sua ottusità.
«Non posso credere che sia stata
tu a dirmi una cosa del genere.»
«Siamo in due.»
«Ammetterai che non è normale.»
«Certo che no. Ho parlato come una
ragazza.» gli fece notare lei, tornando finalmente a
sollevare la testa.
Shikaku sghignazzò chinando il
capo a sua volta. Yoshino lo guardò stupita, poi si
fece maliziosa.
Se vogliamo,
tutto il suo autocontrollo già precario andò a farsi benedire.
«Hai riso. Shikaku Nara ha riso…» cominciò estatica.
«Ridacchiato se proprio
dobbiamo…» precisò lui.
«Fammi vedere come sorridi allora!
Voglio un sorriso, per dirmi che sei tornato tranquillo!»
«Le parole non bastano?» chiese,
sapendo già che era una domanda superflua.
«Non da sole!» rispose infatti subito lei, strattonandolo per un braccio.
«Dammi tregua…»
«Nooo! Fa un sorriso alla zietta, Shicchan!» lo scosse lei.
«Ma che zietta se sono più grande di t… Shi-cosa?!»
«Shicchan!»
ripeté lei con convinzione, simile ad una bambina.
E fu così che anche
l’autocontrollo di Shikaku andò in pezzi, mentre il ragazzo scoppiava a ridere
finalmente rilassato.
Non sapeva come, ma mentre si
trovava a ridere lì con lei, la persona che in genere lo debilitava
psicologicamente più di chiunque altro, lo faceva sentire sereno come non mai.
Si chiese da quando gli
importasse tanto di lei.
Ed ebbe paura di rispondersi.
«Ora però andiamo, tu devi farti
visitare e le altre mi staranno cercando come pazze.» disse infine Yoshino,
quando entrambi si furono sfogati abbastanza.
«Non mi ero accorto che avesse
smesso di piovere.» notò il ragazzo, tirandosi in piedi.
Yoshino fece per restituirgli la
giacca, ma lui la bloccò.
«C’è ancora freddo, e tu sei
vestita leggera.» disse con un’occhiata critica.
«Grazie tante, sono scappata a
cercarti subito.» rispose piccata, tradendosi e mordendosi subito la lingua.
«Oh.» fece soltanto lui,
imprimendo il quel monosillabo un’eccessiva dose di
compiacimento.
«Ricominciamo a litigare?» lo
sfidò.
«Prima accompagnami all’ospedale.
Così incontrerò subito anche quello…»
«Sissignore…» si rassegnò la
ragazza, tirandolo nuovamente con uno strattone potentissimo.
“È
davvero una ragazza?”
pensò allibito, notando solo allora che si tenevano per mano. Arrossì
istantaneamente, pur non sottraendosi a quel contatto.
«… comunque non ti preoccupare
per la cicatrice, ti darà l’aria da uomo vissuto.» stava dicendo lei.
«Ah si?» fece poco convinto. Non
gli dispiaceva neppure più tanto averla, visto che
grazie a quel guaio aveva scoperto quel lato nascosto di Yoshino.
Forse era giunto il momento di
ringraziarla, del resto era un uomo.
Più o meno.
«Yocchan…»
la chiamò ironicamente, prendendo spunto dallo sfottersi di poco
prima.
Lei gli rivolse un’occhiata pur
continuando a camminare davanti a lui tirandolo per una mano.
«Scherzi a parte… » fu subito interrotto da lei che scosse la testa.
«Non dire niente, è stata colpa
mia.»
Lui si fermò di scatto,
impuntandosi coi piedi e facendo sì che si bloccasse
anche lei. Yoshino si voltò sorpresa.
«Non voglio più sentirti dire che
è colpa tua.»
«Non fare finta di essere un
uomo.» ribatté contro il suo tono perentorio la
ragazza. Shikaku fu tentato di drammatizzare come Inoichi e spostarsi nel primo
angolo buio della strada a fare cerchi per terra. «Comunque sia diciamo che è
colpa di entrambi e basta.» gli concesse.
«Va bene allora. E comunque sia,
grazie.» confermò lui, con un sorriso. Yoshino sentì
il proprio cuore accelerare e tornò a voltarsi per riprendere il cammino.
«E questa tregua è solo
momentanea, da domani non sarò così gentile. Sia chiaro.»
specificò imbarazzata.
Shikaku intuì quanto poco fosse
abituata alla riconoscenza, e percepì parte della solitudine della ragazza, che
si nascondeva dietro il muro che lei stessa si era creata, nato dal suo
carattere forte e dalle incomprensioni con gli altri.
Anni che la conosceva,
e in un giorno solo aveva buttato all’aria tutte le sue certezze.
Era certo che a Yoshino non
sarebbe mai importato nulla di nessuno, tantomeno della sua opinione, invece si
rese conto finalmente che era anche lei un essere umano, e come tale poteva
essere ferita dalle sue parole o al contrario resa felice. Di certo Yoshino
sapeva che era considerata senza cuore e fingeva non le importasse, ma tutte le
volte in cui qualcuno aveva bisogno di lei, era sempre stata lì.
«Sei una bella persona anche tu…
e approfittando di questa tregua che come sottolinei
tu è momentanea, ti faccio sapere che qualunque cosa ti serva, anche tu puoi
venire da me.»
Intravide il profilo della
ragazza seminascosto dai capelli mentre questa voltava appena la testa per dare
segno di averlo sentito, troppo colpita per poter
rispondere qualsiasi cosa.
“Probabilmente
avrà bisogno di un po’ di tempo per assimilare quello che ho detto, e
conoscendola mi risponderà all’improvviso senza spiegarmi nulla prima o poi…”
Qualche minuto dopo incrociarono le amiche di Yoshino che la cercavano freneticamente,
e che salutarono Shikaku festose e sollevate.
«Inoichi è in ospedale? Quel
cretino deficiente idiota stupido maniaco mi sentirà!» sbottò Miyoko furibonda,
sorpassando tutti non appena le diedero notizie.
«Miyo-chan…» mormorò Akiko
allungando una mano verso di lei, come a sfiorare quella che ormai era soltanto
una chioma bionda lontana. Era felice che Chouza, per cui ormai aveva una cotta
leggendaria, stesse bene, ma dubitava che sarebbe rimasto in
piedi qualcosa in quell’ospedale se Miyoko ci si fosse scagliata contro.
«Immagino che… non riuscirai più
a vedere i tuoi compagni di squadra…» sospirò Yoshino.
«Che palle… dovrò studiare un
nuovo schema d’attacco per me da solo…»
Yoshino captò lo sguardo di Akiko
parecchio gongolante indirizzato alle loro mani che ancora si stringevano, e
lasciò andare di scatto Shikaku per cominciare a correre.
«Io tento di calmarla!» li
avvertì già lontana.
I due rimasti si fissarono.
«Quella donna non la capisco…»
commentò asciutto Shikaku.
«Però è
fantastica, non trovi?» sorrise l’altra.
Shikaku non se la sentì di
rispondere.
«Mammalucco.»
«Miyo-chan…» si lamentò il
ferito.
«Ringrazia che l’ho calmata,
oppure ora saresti di nuovo in terapia intensiva…» lo informò Yoshino
incrociando le braccia.
«Ti sembra il caso di distrarti
in missione?!» lo rimproverò aspramente l’altra,
mentre gli amici stavano a debita distanza.
«È colpa di Shikaku!» si lagnò
Inoichi, indicando il moro accanto alla porta, «Era
lui distratto! Io l’ho salvato! Io sono l’eroe!»
Shikaku sentì una vena pulsare
sulla propria tempia più del dovuto. Non solo Inoichi l’aveva accolto come un
cagnolino che ritrova il proprio padrone perduto, segno che aveva scordato
veramente il litigio, ma ora gli addossava con tutta tranquillità ogni colpa
per farsi bello agli occhi di Miyoko, che non era neppure una delle sue
innumerevoli fidanzate.
«Che t’avevo
detto?» disse ovviamente Yoshino tornando accanto a lui.
Il jonin non rispose, prendendo la
sedia per portarla accanto al letto dell’amico e sedendocisi a cavalcioni con
le braccia poggiate sullo schienale.
«E l’occhio?» si premurò di
chiedere Chouza.
«Tutto bene. Lo sfregio mi piace
meno, ma si sa: gli uomini sfregiati sono sicuramente i più affascinanti.»
Inoichi lo guardò sbalordito
mentre Chouza approvava con convinzione, sebbene quello non fosse il solito
modo di ragionare di Shikaku.
«Sono d’accordo!» proclamò
Miyoko.
«Allora guarda me!» la chiamò
Inoichi indicandosi il petto.
«Sei
impossibile…» si lamentò Chouza.
«Vado a prendere qualcosa da
mettere sotto i denti… ma… Yoshino-chan, il giubbotto?» chiese Akiko.
«Scordato al locale. Torno là.
Inoichi, ti passo a trovare domani, dopo aver spiegato agli altri come hai
fatto l’eroe…» ghignò Yoshino.
«Non dirlo anche a quella
persona… non farlo perché mi sfotterebbe a vita…»
Entrambi pensarono a Fugaku
Uchiha, che non aveva mai preso bene le premure di Inoichi verso la ora fidanzata Mikoto.
«Basterà avvertire Minato e sarà
presto sulla bocca di tutti…» sospirò Shikaku tornando ad alzarsi.
«E tu dove vai?» chiese subito
Miyoko.
Shikaku volse lo sguardo verso
Yoshino, che alzò le spalle.
«Non ce n’è bisogno, posso andare
da sola! E anche voi, andate a farvi un giro, tanto questi due devono parlare…»
«Strega.» asserì soltanto
Shikaku, che aveva già in mente di lasciar perdere le
proprie scuse.
«Di che?» si stupì Inoichi.
Yoshino fece qualche passo
avanti, tornando verso Shikaku.
«Ehm… strega nel senso che…» cominciò spaventato.
«Comunque grazie anche a te, per quello» disse lei, chinandosi verso di
lui e scoccandogli un bacio sulla guancia. Shikaku sgranò gli occhi,
ringraziando di essere ancora poggiato alla sedia. Anche gli altri restarono
basiti, mentre lei con un sorriso si allontanava salutando.
Con una scusa tutti sparirono
dietro di lei, per tentare di capirci qualcosa, mentre Shikaku fissava
apparentemente un angolo della stanza con interesse.
«Magari… quello che mi dovevi
dire, me lo dici dopo, che ne pensi?» suggerì l’amico già in difficoltà.
Shikaku non smise di fissare il
muro.
«Le parole non bastano?»
«Non da sole!»
«Sono felice che la pensi così…»
«Eh?»
«Eh?»
«Eh cosa?»
«Eh cosa cosa?»
«…Ecco perché siamo diventati
amici. Una bella ragazza e siamo dementi uguali.»
«È sempre un piacere parlare con
te, Inoichi.»
«Anche per me. Intanto quelle due
noi ce le sposeremo, vedrai.»
«Il giorno in cui sposerò
Yoshino, Minato sarà Hokage.»
«Scommettiamo?»
Ovviamente Inoichi ha vinto di brutto XDDD
La
storia ruotava più che altro sulla cicatrice di Shikaku, che mi stuzzica molto
la fantasia…
Questo
è un periodo di stress pauroso, ormai mi sfogo solo così, ma mi riprometto di
migliorare, visto che ho la spaventosa sensazione di essere regredita nel mio
modo di scrivere…
Nonostante
non sia una meraviglia, la dedico a Recchan, ad Akami e ad Hinata-chan!
Vi voglio bene sorelle!!!
(ci
starebbe un bel “BELLAAAAA!!!” stile Scary Movie qui XD)
Spero
vi sia piaciuta, alla prossima!