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Autore: Fanelia    10/05/2013    2 recensioni
E' una one shot - what if, una piccola rivisitazione di una scena della storia, con un esito differente da quello originale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: questa storia è un what if che riprende una scena tratta dall'opera originale di Kyoko Mizuki, i cui  diritti d'autore sono denuti da autrice e casa editrice. Non ho diritti sui personaggi nè tanto meno sulla storia originale che vado a modificare. Non c'è scopo di lucro in questa mia storia, per tanto non lede ai diritti d'autore.

Non ci vedevamo o meglio, non ci parlavamo da quel pomeriggio passato sulle rive del fiume in Scozia. Era una bellissima giornata estiva, faceva caldo e il sole brillava alto nel cielo.
 Avevamo passato una bellissima giornata,le vacanze volgevano al termine e volevo regalarle qualcosa da ricordare. Erroneamente avevo pensato che sarebbe stata contenta di quel bacio, invece aveva reagito in un modo in cui non mi ero aspettato.
Mi aveva schiaffeggiato, e io da stupido le avevo dato uno schiaffo a mia volta, e poi mi aveva rivolto parole cariche di dispiacere. Quelle parole mi avevano ferito come un fendente.
Pensava che cercassi di prenderla in giro,in realtà era solo paura, avevo sbagliato a giudicare, lei non era pronta, non era ancora riuscita ad accettare i sentimenti che provava per me.
Poi quando tornati a scuola ricevetti  questo suo biglietto che mi chiedeva di vederci alle scuderie, il mio cuore impazzì di gioia e di paura.
Speravo volesse permettermi di starle ancora accanto e allo stesso tempo temevo che mi avrebbe respinto definitivamente. In cuor mio sapevo che provava qualcosa per me ma non ne avevo la certezza.
Corsi alle scuderie e  sussurrai il suo nome. Era buio e faceva molto freddo. Avevo paura che qualcuno ci scoprisse, saremmo stati seriamente nei guai.
“Candy ci sei?” chiesi a bassa voce.
“Sono qui” disse lei accendendo una lampada ad olio.
Era cosi bella alla fioca luce di quella lampada. I suoi occhi mi guardavano curiosi.
“Perché mi hai chiesto di venire qui, è successo qualcosa?” mi chiese lei.
La guardai sbalordito, non le avevo mandato nessun messaggio.
Ebbi a mala pena il tempo di dirglielo che sentimmo dei passi e delle voci nei pressi delle scuderie.
Non ci fu il tempo di nascondersi e spegnere la lampada che alcune suore capeggiate dalla direttrice, entrarono nelle scuderie e ci colsero in flagrante.
Iriza sbucò alle loro spalle. Avrei dovuto capirlo quando Candy mi aveva chiesto perché le avessi mandato quel messaggio.
Tutto si svolse cosi in fretta.
Vidi suo Chris che prendeva Candy per un braccio e la strascinava via. La sentivo piangere e strillare, si difendeva da quella stupida accusa che Iriza le muoveva, di essersi data un appuntamento con me in un posto appartato.
Provai a difenderla, a dire che non era vero, feci vedere il biglietto a Suor Gray ma la donna fu irremovibile.
“Terence! Terence non mi abbandonare!Per favore aiutami!” strillava Candy mentre la portavano via.
Sentii la mia stessa voce gridare “Candy non ti succederà nulla te lo giuro!Stai tranquilla ci penso io!Candy Candy!!!” mi spaventai quasi del dolore che si poteva percepire nella mia voce.
 Vederla piangere mi uccideva.
Seppi da Suor Gray che avevano intenzione di espellere Candy e che momentaneamente l’avrebbero rinchiusa in prigione.
Non potei fare niente se non aspettare l’indomani mattina e cercare di fare ragionare Suor Gray ma l’arcigna donna non mi dava retta. Non mi credette! E quando le proposi di espellere me si rifiutò, colpa del mio dannato cognome e delle sovvenzioni che mio padre passava al collegio. Credevo d’impazzire mi sentivo come una mina vaganete. Volevo fare qualcosa, ma cosa? Poi mi venne in mente un’altra sciocca idea.
Tentai un’altra strada…. Mio padre. Fu come andare a sbattere contro un muro a 100 all’ora.
Non mi avrebbe aiutato. Prima di andarmene furente gli gridai in faccia tutto l’odio che provavo per lui!Si odiavo lui, il casato, il mio cognome e tutte quelle stupide futili e inutili regole che portavano a seguire la ragione della mente e non quella del cuore.
Non mi rimaneva che una cosa da fare: lasciare la scuola. Gli animi si sarebbero calmati e Candy avrebbe potuto continuare a studiare. Io avevo il mio sogno da perseguire,e mai come allora capì che era tempo!Sarei finalmente andato a Broadway!
Quella notte mi recai alla prigione. Non c’era via d’accesso e l’unica cosa che potevo fare per Candy era suonare l’armonica, sperando che le avrebbe fatto compagnia e dato sollievo
Mi sentivo come un animale in gabbia, non avevo scelta e non potevo fare nulla.
Quanto è brutto sentirsi impotenti quando si ama qualcuno e lo si vorrebbe proteggere dalle sofferenze della vita?
“Candy sei qui dentro?” strillai contro quelle solide e tetre mura.
“Terence!Sei tu?” chiese una voce rotta dai singhiozzi.
“Candy non piangere. Ho trovato una soluzione. Sta notte ti terrò compagnia. Perdonami per favore!” gli disse lui.
“Oh Terence!” rispose lei.
Quel maledetto muro ci separava e tutto ciò che volevo era stringerla a me, rassicurarla e dirle che nessuno le avrebbe mai fatto del male. Ma come potevo prometterle ciò?Non ero riuscito a fare nulla per evitarle la punizione.
Suonai l’armonica per ore, la notte era gelida ma non volevo lasciarla sola. Poi alle prime luci del mattino presi il mio zaino in spalla e partì. I miei passi erano pensati come il mio cuore, la mia mente dolorante e svuotata. La stavo lasciando per il suo bene. Avrebbe potuto capirlo?
Ero troppo giovane, non avevo niente da offrirle, non avrei potuto chiederle di venire con me.
L’amavo troppo per costringerla ad una vita di stenti.
Le lascai una breve lettera dove le dicevo che partivo. Non le parlai dei miei sentimenti, come avrei potuto metterli su un pezzo di carta?e se qualcuno li avesse intercettati?
Presi una carrozza e mi avviai al porto.
“Mia cara Inghilterra, tu che mi hai regalato il mio primo ed unico grande amore, a te l’affido. Prenditi cura di lei” pensai mentre dal piroscafo guardavo verso il porto.
Era quasi ora di partire.
Che tristezza vedere le persone salutare i propri cari rimasti a terra, io non avevo avuto quella possibilità!E del resto come avrei potuto salutarla, non avrei mai avuto il coraggio di lasciarla se avessi guardato in quei suoi due occhi verdi.
All’improvviso vidi una carrozza fermarsi e un mare di riccioli biondi scendervi.
Non potevo credere ai miei occhi.
“Sogno e sono desto?’” mi chiesi.
Ma quando sentii la sua voce disperata chiamare il mio nome mi resi conto che era reale.
Per un attimo pensai di fingere di non averla sentita. Non potevo incontrarla, non avrei mai avuto la forza di lasciarla!
Ma il dolore della sua voce mi diceva che avevamo lasciato qualcosa in sospeso.
Mi sporsi e lei mi vide.
“Terence non partire ti prego!”urlava lei.
Corsi giù dal piroscafo, del resto  c’era ancora tempo prima che partisse. Corsi cosi velocemente che arrivai sulla banchina completamente senza fiato.
Mi fermai di fronte a lei , il suo viso rigato dalle lacrime mentre mi sorrideva.
“Ce l’ho fatta! Avevo paura di non arrivare in tempo!”disse lei gettandosi fra le mie braccia.
La strinsi forte. La strinsi cosi forte che nessuno avrebbe potuto portarmela via.
Sentivo il profumo dei suoi capelli, il suo corpo che tremava, le lacrime che le bagnavano il volto.
La scostai leggermente per guardarla in quei due bellissimi smeraldi.
“Non mi lasciare per favore!” disse lei implorante. Potevo vedere il dolore nei suoi occhi e sentire la sofferenza nella sua voce.
A quella vista il mio cuore si frantumò, non potevo crederci ma ero io che le stavo dando tale dolore. Io che mi ero ripromesso di partire per farla stare bene!Quale enorme errore di valutazione!
“Candy! Non potrei mai lasciarti!”dissi guardandola intensamente. Raccolsi il coraggio e proseguii: “Ti amo troppo per lasciarti andare via!” sentivo le lacrime che premevano per farsi strada lungo le mie guance, cercai di ricacciarle indietro. Finalmente glielo avevo detto.Mi sentii quasi svuotato, svuotato dalle incertezze e dal dolore che mi aveva causato reprimere quel forte sentimento.
“Lascia che parta con te!”disse lei e poi timidamente aggiunse “Ti amo anche io!Scusami sono stata una sciocca in Scozia… ho avuto paura di quello che provavo!”e cosi dicendo mi confermò quello che avevo sperato.
Le sue parole mi riempirono il cuore di gioia, mi dettero una nuova speranza. Ero cosi traboccante di felicità che incurante degli sguardi curiosi e della piccola folla che ci attorniava, la attirai verso di me e la baciai.
Questa volta non ci furono schiaffi o dolorose parole.
Le sue labbra all’inizio timide e inesperte, si fecero guidare dalle mie in una danza di amore passione e sentimento.
Quando sciolsi quel bacio, e non sapete quanto mi costò staccare le mie labbra dalle sue, feci l’unica cosa possibile, la guardai e le dissi: “Andiamo a prendere il tuo biglietto?”.
Lei con un immenso sorriso annuì.
Ora potevamo essere felici. Felici insieme.

 
 
 
 Avevo rovinato tutto.
Avevamo passato una stupenda estate insieme, avevo avuto modo di scoprire tante nuove cose che lo riguardavano e avevo persino conosciuto sua madre, la bellissima e famosissima attrice di Broadway Eleonor Baker.
Non so cosa mi prese quel giorno ma quando si avvicinò per baciarmi rimasi cosi sorpresa e provai una tale paura che lo schiaffeggiai. Quando mi schiaffeggiò a sua volta invece di capire le sue ragioni mi lasciai sopraffare dalle mie emozioni e gli disse delle cose stupide e orribili.
Si commettono dei gravi errori quando si ha paura di ammettere i propri sentimenti e li stavo pagando sulla mia stessa pelle. Come avevo potuto accusarlo di essere un bruto e di prendersi gioco di me?
Per colpa della mia sciocca reazione  non ci eravamo parlati per un po’ ma poi  ricevetti quel biglietto dove mi chiedeva di incontrarlo nelle scuderie.
Approfittai della copertura naturale offertami dal buio, quella sera faceva molto freddo e io mi sentivo nervosa, non solo non sapevo cosa aspettarmi ma temevo che ciò che avesse avuto da dirmi avrebbe potuto non piacermi.
Arrivai alle scuderie col cuore in gola.
Aprii la porta con cautela e provai a chiamarlo sottovoce
“Terence?” l’eco del mio lieve sussurro, ma non rispose nessuno, dovevo essere arrivata prima di lui.
Mi chiusi la porta alle spalle e attesi al buio per qualche minuto che parve durare un’eternità.
All’improvviso sentii entrare qualcuno furtivamente, cercai di non fare alcun rumore, sapevo che se mi avessero scoperto sarebbero stati guai seri.
“Candy?” sentii la suo voce che mi chiamava. Accesi una lampada ad olio che avevo trovato li.
Il mio cuore batteva all’impazzata, quanto mi era mancato sentirgli pronunciare il mio nome, con quel sussurro poi mi aveva fatto venire i brividi lungo la schiena.
Alla fioca luce offerta da quella lampada, era ancora più bello, i suoi occhi blu mi fissavano curiosi.
Passarono pochi istanti dal momento in cui realizzammo di essere stati attirati in una trappola
al momento in cui fummo colti in flagrante da alcune suore capeggiate dalla direttrice, Suor Gray.
Non era stato lui a mandarmi quel messaggio.
Vidi Iriza spuntare da dietro le suore e  capii che aveva messo in atto la sua vendetta: aveva giurato che ce l’avrebbe fatta pagare per la festa in bianco.
Mentre Suor Chris mi trascinava fuori per confinarmi in prigione, Suor Gray mi informava che sarei stata espulsa.
Non riuscivo a trattenere le lacrime e le mie parole echeggiavano nelle fredde scuderie, cariche di paura : “Terence! Terence non mi abbandonare!Per favore aiutami!”
Le sue parole “Candy non ti succederà nulla te lo giuro!Stai tranquilla ci penso io!Candy Candy!!!”
Potevo vedere la preoccupazione nei suoi occhi e sentire la disperazione nella sua voce.
Fui confinata in una fredda e buia prigione dalle spesse mura di pietra,dalla quale non sembrava esserci via d’uscita.
Mi sentivo morire e non riuscivo a smettere di piangere a disperarmi. Avevo paura di ciò che mi sarebbe capitato, non mi importava tanto di dovere lasciare la scuola in quanto tale, ma non volevo dare una delusione  alla Zio William e se guardavo bene nel mio cuore potevo leggerci la paura che non avrei più rivisto Terence, non avrei  più potuto passare del tempo con lui e soprattutto non avrei potuto porre rimedio a ciò che avevo scioccamente combinato in Scozia.
Non potevo lasciare la scuola cosi, non potevo e principalmente non volevo lasciare Terence cosi.
Nonostante mi fossi ripromessa di non piangere mi addormentai spossata dalle mie stesse lacrime.
L’indomani mattina fu svegliata da Suor Margareth che mi portava la colazione. Cercai di sapere cosa fosse successo a Terence ma lei mi rispose gentilmente che sarebbe stato meglio se mi fossi preoccupata della mia sorte.
Eppure non mi importava di me l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che lo avrei perso per sempre.
A quel pensiero sentii un fortissimo dolore al cuore che mi tolse il respiro. Cercai di non pensarci ma era troppo difficile.
La giornata confinata fra quelle quattro mura fu interminabile e mi sentivo come un animale in gabbia.
Cercai di mantenere la calma e di trovare una soluzione ma più ci ragionavo più la situazione mi pareva disperata.
Mi proibii di piangere ma col calare della sera, l’arrivo del buio, e dopo una giornata cosi stressante e carica di tensione,lo sconforto riuscì ad avere a meglio su di me.
Mi chiedevo cosa stesse facendo Terence e cosa gli sarebbe capitato quando all’improvviso udii la sua voce provenire dall’altro lato delle spesse mura.
“Candy sei qui dentro?”la sua voce un sussurro carico di preoccupazione. Mi si strinse il cuore e le lacrime uscirono senza che le potessi fermare.
“Terence!Sei tu?” chiesi io con la voce interrotta dai singhiozzi. Non riuscivo proprio a smettere. Mi sentivo triste, sola e avevo paura di perdere tutto ciò  a cui tenevo.
Poi Terence parlò nuovamente : “Candy non piangere. Ho trovato una soluzione. Sta notte ti terrò compagnia. Perdonami per favore!”
Le sue parole mi furono di conforto e dall’abisso della mia disperazione riuscii solo a pronunciare un sospirato “Oh Terence!”
Quelle maledette mura ci separavano ma non gli avevano impedito di farmi compagnia. Il suono dell’armonica che Terence stava suonando per me, mi scaldava il cuore e mi faceva sentire meno sola.
Era stata sciocca a non capire che a me ci tenesse, era li fuori al gelo a suonare per me,il suono dell’armonica catartico e rilassante.
L’indomani mattina mi svegliai con gli occhi gonfi e il cuore pesante.
Grazie al suono dolce di quell’armonica e alla consapevolezza di non essere sola dovevo essermi addormentata.
Di mattina presto Suor Margareth venne  a prendermi e mi disse che non dovevo più lasciare la scuola, e che sarei solo stata confinata per un interno mese in camera mia dopo le lezioni.
Stavo per impazzire di gioia, ciò voleva dire che avrei rivisto Terence e avrei avuto modo di spiegargli.
Ma poi quando arrivai in camera mia trovai una brevissima lettera sotto la mia porta. Era firmata TG.
Il mio cuore prese a battere velocemente, temevo che qualcosa di irrimediabile fosse accaduto, quando lessi che stava partendo per raggiungere New York caddi in ginocchio stravolta da quella notizia. Non ero pronta per una cosa del genere, il mio cuore non poteva reggere ad una separazione.
Non l’avrei lasciato andare via.
Mi rimisi in piedi, asciugai le lacrime e lasciai la scuola sulla prima carrozza che trovai.
Maledissi l’orario e la lentezza di quel mezzo, avevo il terrore di non arrivare per tempo e vedere la nave sparire all’orizzonte.
Un viaggio in piroscafo mi aveva fatto uno stupendo regalo e mi aveva fatto conoscere quel prezioso e raro gioiello e un piroscafo stava per portarmelo via per sempre.
Quando arrivai al porto tirai un sospiro di sollievo nel vedere che la nave era ancora attraccata al porto.
Mi lasciai quasi prendere dalla disperazione quando realizzai che sarebbe stato difficile trovarlo in mezzo a tutta quella gente, specie se fosse già salito e magari in cabina.
Iniziai a chiamarlo con tutta la forza di cui ero capace. Notai la vena di disperazione della mia voce e mi resi conto di quanto ero stata sciocca.
Se lo avessi perso non me lo sarei mai perdonata.
Poi ad un certo punto lo vidi sporgersi .
“Terence non partire ti prego!” sentii la mia voce che urlava a squarciagola.
Poi lui sparì e io fui nuovamente assalita dalla disperazione,temetti che non volesse più saperne di me e che si fosse ritirato in cabina per non sentire questa sciocca che lo chiamava.
Poi all’improvviso lo vidi che mi correva incontro. Era trafelato, doveva avere corso a più non posso.
Era talmente bello da mozzare il fiato e più lo guardavo e più mi rendevo conto di quanto lo amassi. Ebbene si lo amavo, lo avevo amato dallo stesso istante in cui lo avevo visto.
Il mio viso era rigato dalle lacrime, erano lacrime di felicità,almeno lo avevo raggiunto e avevo la possibilità di spiegarmi.
“Ce l’ho fatta! Avevo paura di non arrivare in tempo!” gli dissi gettandomi fra le sue braccia. Fu la cosa più naturale che riuscii a fare.
Lui mi strinse forte a sé, cosi forte come se non volesse lasciarmi andare via. Quel suo gesto mi diede una nuova speranza.
“Non mi lasciare” gli dissi implorante, la mia voce era carica di dolore e di amore.
Lui si scostò leggermente così da potermi guardare negli occhi.
Quando finalmente parlò il mio cuore esplose di gioia a sentire quelle parole e sentire nuovamente la sua voce.
“Candy! Non potrei mai lasciarti!” mi disse e poi si interruppe prima di riprendere come se cercasse di contenere l’emozione che stava provando o come se cercasse le giuste parole “Ti amo troppo per lasciarti andare via!” disse tutto d’un fiato.
“Ti amo anche io!Scusami sono stata una sciocca in Scozia… ho avuto paura di quello che provavo!” fu l’unica cosa che riuscii a dirgli, fu l’unica cosa che avrei voluto e dovuto dirgli.
Era vero lo amavo,lo amavo cosi profondamente da non riuscire a pensare di vivere senza di lui. Lo amavo cosi profondamente che quando mi aveva confessato di amarmi avevo temuto di sentirmi male per la troppa felicità. Il mio cuore non aveva mai provato una tale emozione, forse solo il giorno in cui lui mi aveva baciata.
Come per magia mi attirò a sé e mi baciò.
Gli occhi della folla erano tutti per noi, ma questa volta non m’importava, l’unica cosa importante eravamo io  e lui.
Le sue labbra sfiorarono le mie in un dolcissimo bacio e mi lasciai guidare da lui in quella nuova scoperta.
Sciolse quel bacio e  il mio cuore era talmente carico di emozione e traboccante di amore che quando si rivolse a me dicendomi “Andiamo a prendere il tuo biglietto?” l’unica cosa che riuscii a fare fu annuire.
Era l’inizio di una nuova storia, la nostra storia, insieme e finalmente felici, felici per sempre.
 
   
 
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