Buonasera.
Innanzitutto,
scusatemi per la pessima frequenza. Davvero, la scuola è una
brutta bestia... pensate che io dovrei stare a studiare Diritto ed
Economia per l'interrogazione di domani, mica a pubblicare. Ma ho un
voto quantomeno decente, credo, quindi una brutta interrogazione non mi
rovinerà la media. Spero. Altrimenti la colpa non
è vostra, tranquilli.
Comunque in questo capitolo abbiamo ancora fluff e fluff, tanto fluff.
E mi sa che andrà avanti così per tutto
l'appuntamento, poi... preparatevi, perché non dico che ci
sarà angst ma qualche piccola complicazione
entrerà in scena di sicuro.
Il flashback a differenza delle altre volte ha un legame molto poco
importante con il capitolo, ma è ormai una tradizione quindi
lo mantengo.
E l'ultima scena del capitolo è fanservice personale,
perdonatemi XD Ma ce ne sarà altro nel prossimo capitolo.
Detto questo, ringrazio come sempre i lettori/recensori/follower e
auguro a tutti una buona lettura!
►Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.
Di
Taiga Kagami tutti sapevano poche essenziali cose:
diciassette anni, alto, bello -anche se il suo viso non esattamente
tranquillo
e affabile faceva spesso passare ciò in secondo piano
davanti alle ragazze-,
bravo a basket ma non a scuola, determinato e sicuro di sé.
Per
questo, gran parte delle persone sbagliava a
giudicarlo, perché sin da quand’era piccolo e
viveva nella bella Los Angeles i
pregiudizi altrui l’avevano sempre preceduto ed erano in
pochi che cercavano di
essere suoi amici, praticamente nessuno al di fuori
dell’asfalto tinto di
azzurro e verde di Venice Beach*.
Poi
si era trasferito in Giappone, dove nonostante la
situazione fosse addirittura peggiore essendo più grande non
lo considerava più
un problema.
E iniziate le scuole superiori, aveva incontrato Tetsuya.
Lentamente,
aveva iniziato ad amare il fatto che l’altro
lo considerasse proprio per il basket che sapeva giocare, era come se
il suo
dedicarsi costantemente a quello sport e in qualche modo ritrovarsi a
rinunciare
al resto lo avesse ripagato ampiamente.
E
si sentiva il diciassettenne più felice della Terra. O
almeno di tutta Tokyo.
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Kuroko
era avvampato alla proposta di Taiga,
per poi sorridere dolcemente.
Non immaginava che l’altro gli avrebbe davvero chiesto un
appuntamento, a dire
il vero non immaginava neanche che potesse farlo in maniera tanto
impacciata da
sembrare quasi… Tetsuya non voleva neanche pensarlo
perché credeva di illudersi
inutilmente, ma Taiga gli sembrava quasi innamorato.
Vedeva ardere nei suoi occhi un desiderio e una passione che non gli
erano
affatto sconosciuti, ma che non aveva mai visto brillare in quelle
iridi rosse
fuori da un campo da basket.
Il
ragazzo si limitò infine ad annuire, non
solo perché desiderava sul serio
quell’appuntamento, ma anche perché davanti a
quella determinazione tanto intensa da sembrare quasi tangibile non
sarebbe mai
riuscito a negarglielo.
«Quando
ci vediamo?»
«Sabato hai impegni?»
Quando
Tetsuya scosse la testa Kagami sentì
quasi l’impulso di saltare di gioia. Ma avrebbe sbattuto
sicuramente la testa
contro il soffitto, quindi si trattenne.
«Quindi
ci vediamo sabato… verso le 16?»
«Kagami-kun… solo gli adolescenti si danno
appuntamento di pomeriggio per
uscire insieme.»
Taiga
arrossì, improvvisamente imbarazzato,
mentre Tetsuya iniziò a ridacchiare
all’espressione alquanto comica che aveva
assunto il più alto.
«V-vuoi
cambiare orario, quindi?»
Chiese
timidamente il rosso, passandosi una mano tra i
capelli. L’altro scosse la testa.
«Va
benissimo vederci di pomeriggio,
tranquillo…»
E
si sorrisero dolcemente. Poi Kuroko iniziò
a guardare verso il basso in maniera insistente, come se stesse
osservando
qualcosa.
E Kagami stava davvero per abbassare lo sguardo per vedere di cosa si
trattava,
se solo la voce pacata dell’altro non avesse richiamato la
sua attenzione.
«Kagami-kun…»
«Sì?»
«Anche se lo trovo piacevole… perché mi
hai preso per mano?»
Solo
allora Taiga si accorse che la sua mano
destra aveva preso la sinistra di Tetsuya e la stava stringendo
delicatamente.
Al proprio tocco poteva sentire i polpastrelli ruvidi e la parte del
palmo più
vicina al polso leggermente rovinata dalle tante volte che la gomma del
pallone
da basket aveva strofinato contro la pelle chiara e liscia,
apparentemente più
delicata di ciò che era.
Aveva una mano morbida quel ragazzo, ma sorprendentemente forte. Una di
quelle
la cui presa ferrea non avrebbe mai fatto scappare nulla, una volta
preso.
E
Kagami non voleva assolutamente lasciarla,
ma dovette farlo.
«Scusa,
non me n’ero accorto…»
Ridusse
tutto a un’ammissione e incompleta ma
sincera, intrisa di una timidezza che solitamente non faceva parte di
lui.
Kuroko
non poté fare a meno di sorridere
ancora, perché con quel ragazzo era terribilmente semplice e
naturale
ritrovarsi a farlo, e questo non gli era successo con nessuno,
soprattutto nei
cinque anni in cui erano stati separati. Quasi non ricordava cosa si
provasse
nel dedicare un sorriso sincero a qualcuno, ma Taiga glielo aveva fatto
riscoprire con la semplicità che lo caratterizzava sin dagli
anni delle
superiori, con la sincerità che Tetsuya aveva visto nel suo
cuore sin da quando
si erano incontrati per la prima volta.
«Ora…
credo che sia meglio che vada in
caserma, non vorrei arrivare in ritardo…»
Kagami
si dileguò, anche se non avrebbe
voluto farlo, dopo aver sciolto la stretta delle loro mani.
Aveva
ottenuto un appuntamento, aveva la
possibilità di farlo innamorare.
Sentiva di potercela fare.
Ciò
che non sapeva, era che non avrebbe avuto
alcun bisogno di nulla, perché il cuore di Kuroko non aveva
mai smesso di
battere per lui, perché il ragazzo dai capelli azzurri si
era reso conto da
molto tempo dell’intensità dei sentimenti che
provava.
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E,
dopo che la sera stessa si era messo d’accordo
con Kuroko riguardo il luogo e l’orario preciso in cui
incontrarsi, il Sabato
era arrivato davvero velocemente.
Dopo che Atsushi si era generosamente offerto di fare da babysitter ai
suoi
figli -e lui si fidava di quel ragazzo, perché per quanto
non gli fosse
simpatico sapeva che era una brava persona e che era affezionato ai
due,
soprattutto a quella piccola peste di Hikari- e Tatsuya gli aveva detto
in
almeno tre lingue di stare tranquillo e non preoccuparsi per loro
nemmeno per
un istante ma di pensare solo al suo appuntamento, Taiga aveva deciso
di
affrontare la sfida maggiore, quella dell’abbigliamento.
Perché,
va detto, Taiga Kagami era
assolutamente incapace di abbinare due capi insieme. Soprattutto se si
sentiva
sotto pressione come in quel momento.
Himuro gli aveva offerto di prendere tutto quel che voleva dal suo
armadio,
visto che portavano più o meno la stessa taglia ed avevano
un rapporto molto
simile a quello tra consanguinei, quindi aveva decisamente troppa
scelta.
Dopo aver scartato un po’ di capi e abbinamenti
improponibili, che gli fecero
chiedere cosa ci facessero dei pantaloni
azzurri a pois o un’orrenda maglietta blu elettrico
con una stampa color giallo evidenziatore
-che avrebbe
puzzato d’esagerazione persino sulla Yamaha M1 più
nota nel mondo delle corse-
nell’armadio di un essere umano, scelse finalmente qualcosa
da mettere.
Ovviamente, il trauma dei precedenti ritrovamenti gli fece compiere la
saggia
scelta di affidarsi solo alle proprie cose.
Infine
prese le cose essenziali -portafogli,
chiavi, cellulare- e osservò il casco nero e argento in un
angolo: era da un po’
che non prendeva la moto, forse sarebbe stata ora di farlo per
un’occasione del
genere.
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*Venice Beach: playground
più famoso della
West Coast, è situato proprio a Los Angeles ed è
a pochi passi dalla spiaggia
omonima.