«Hiddleston!» Urlo il suo cognome e lo vedo quasi
strozzarsi col caffè che sta bevendo.
Peccato che non si sia strozzato davvero, penso mentre mi avvicino a grandi
falcate verso di lui. Il ragazzo che gli fa compagnia si allontana di soppiatto,
vedo Thomas cercare di fermarlo invano.
Non appena lo raggiungo, inizia a camminare per il corridoio urtando ancora di
più i miei nervi.
«Cosa diavolo ti è saltato in mente?!» Domando, ma senza dargli il tempo di
rispondere. «Mi hai fatto fare una figura atroce con il prof. Richardson»
Non mi considera minimamente. Continua a bere quel dannato caffè e a
camminare.
«Mi stai ascoltando, almeno?» Chiedo esasperata dal suo silenzio e dal fatto
che io continui a camminargli accanto.
Solo in quel momento sposta gli occhi verso di me.
E non dice assolutamente niente.
Incrocio le braccia al petto e punto i piedi, finalmente si ferma anche lui.
«Che c'è?»
Chiede con tono scocciato.
«Hai anche il coraggio di chiedermi cosa c'è?! Sei proprio sicuro di quello che
hai appena detto? Vuoi proprio che ti strangoli con le mie stesse mani?»
«Dai Vicky...» Si lamenta.
«No. Nessun dai Vicky, bello mio.»
«Non avevo voglia di venire a lezione...»
«Eh no.» Sbuffo al suo sguardo da cane bastonato. «Non fare assolutamente
quella faccia e soprattutto non usare scuse patetiche con me, come se non ti
conoscessi.»
«Vicky...»
Gli rivolgo un'occhiataccia.
«Victoria...Per favore...»
«Cosa?» Sbuffo esasperata mentre lascio cadere le braccia lungo i fianchi.
«Non mi ero preparato bene, la prossima volta faremo più bella figura…»
Afferma accennando un sorriso.
«Mi prendi in giro per caso?» Gli chiedo mentre riprende a camminare. Lui
mi guarda senza capire.
«La tua battuta erano tre fottutissime parole! TRE!!» Urlo facendo voltare
un gruppetto di ragazze che abbiamo appena incrociato. Gli occhi di Thomas mi
scongiurano di abbassare la voce.
«”April, dai aspetta.” Ecco la tua battuta.» Affermo con voce piatta e
leggermente più bassa. Ma non per lui, per me. Non amo attirare l’attenzione.
Lui sospira e guarda verso il cielo.
«Era una battuta talmente idiota che anche Mike è riuscito a dire…»
Aggiungo portando la mano destra a massaggiare la nuca. Si volta sorpreso.
«Hai recitato con Anderson?» Mi chiede allarmato. Bocca spalancata e sguardo
quasi ferito.
No ferito, no.
«Anche se fosse?» Domando.
Non dargliela vinta come al tuo solito, Vic.
«Niente.» Chiude la bocca e sta un attimo in silenzio. Nervoso.
Uso tutte le mie capacità recitative per trattenermi dallo scoppiare in un “Ah-Ah”
trionfante.
«Spero che sia stato all’altezza del ruolo…» Aggiunge dopo un bel po’ di
silenzio.
«Almeno lui era presente.»
Tiè.
«Ma non deve essere stato soddisfacente.
Dato che sei qui a lamentarti della mia assenza.»
Dannazione.
Perdo il passo quando mi rendo conto che mi ha fregata e vedo il leggero
sorriso malcelato che si forma sulle sue labbra sottili.
«Non ho idea di come sarebbe stata la sua performance.» Ammetto a
malincuore. «Non abbiamo recitato insieme.» Aggiungo a voce bassa.
«Come?» Tom si abbassa con l’orecchio a livello della mia bocca. I suoi
riccioli biondi mi fanno il solletico al naso.
«Hai capito benissimo quello che ho detto, maledetto.» L’ultima parola la pronuncio a voce più alta
costringendolo ad allontanarsi massaggiandosi l’orecchio.
«Mi hai aspettato.» Sottolinea gongolando sul posto ed appoggiandosi alla
fila di armadietti accanto al mio.
«Non ti ho aspettato.» Controbatto aprendo l’armadietto con più enfasi del
dovuto e facendoglielo quasi sbattere in faccia.
«Ok. Non mi hai aspettato, non importa cercare di deturparmi il viso.» Mi
prende in giro e ammetto che la faccia che fa, quasi mi fa sfuggire un sorriso.
QUASI.
Sei arrabbiata con lui Vic, ricordatelo.
Afferro la mia tracolla, chiudo lo sportello dell’armadietto e faccio
girare il lucchetto.
«Dai.» Supplica cercando di guardarmi negli occhi. «Sorridi. So che vuoi
farlo.»
«No. Non voglio.» Affermo girando sui tacchi e mordendomi le labbra quando
le sento pericolosamente sporgersi verso l’alto.
Tom accelera il passo e mi raggiunge in due secondi.
Dannato, gambe lunghe.
«Sì che vuoi.» Dice camminando all’indietro davanti a me, per guardarmi in
faccia. «Come vuoi baciarmi.»
Eh no.
Questo no.
Non arrossite stupide guance.
«Ahahahaha. Io?? Baciare, te???» Chiedo retoricamente
mentre gli giro intorno e riprendo a camminare con lui al mio fianco. «Tu sei
l’unica persona sulla terra che riesce a farmi infuriare con un semplice
sguardo.» Affermo inviperita accelerando il passo.
«Ti conosco da quando abbiamo dieci anni e so tutto di te. Ti ho visto
piangere, ingurgitare hamburger in un solo boccone, mangiare pudding con le
patatine, ti ho sentito fare monologhi infiniti su Shakespeare, ruttare,
vantarti delle tue conquiste, qui…»
«Ok, ho afferrato il concetto.» Mi interrompe, ma ormai devo finire.
«Quindi dimmi come ti salta in mente che io possa volerti baciare? Ok,
nella scena c’era un bacio ed io non l’ho voluta girare con Mike per quel
motivo, ma questo non vuol dire che io voglia baciarti. Altrimenti il fatto che
tu non sia venuto vorrebbe dire che tu non vuoi.»
L’ho detto ad alta voce? Con quella voce
acuta?
Ci fermiamo in silenzio.
Sono sconvolta del fatto che ho detto ad alta voce quello che ho pensato da
quando non l’ho visto arrivare a lezione. Ferita e delusa.
I suoi occhi incrociano i miei e non riesco ad interpretarli. Mentre riesco
a capire benissimo le sue labbra strette e le mani improvvisamente abbandonate
lungo i fianchi.
«Oh.» Aggrotto la fronte prima di far schioccare la lingua contro il palato
e riprendere a camminare. «Capisco.»
«No. no. no .Vicky.»
La sua voce sembra quasi apprensiva come vorrei alle mie spalle, mentre cammino
con grandi falcate.
Corro.
Risparmio ad entrambi la patetica scena in cui lui accampa scuse ed io faccio
finta di crederci.
Mi risparmio l'umiliazione del suo sorriso che ha la capacità di farmi stare in
Paradiso o scaraventarmi con violenza all' Inferno quando non è rivolto a me.
Perché io sono l'amica.
La migliore amica.
L'unica a cui è permesso di vedere ogni sfaccettatura della magnifica
persona che è, ma anche l'unica che non l’ avrà mai per sé, perché lui non mi
vedrà mai.
Mi guarderà tutte le volte, come sta
facendo ora che è riuscito a fermarsi e a farmi voltare verso di lui. Capirà ogni mio singolo pensiero perché
come io conosco lui, altrettanto lui fa con me. Ma non affronteremo mai questo
argomento apertamente perché nessuno di noi vuole rovinare quello che
abbiamo.
Chi si accontenta gode.
Me lo ripeto ogni singola volta che le sue mani di posano sulle mie spalle
mentre parliamo o camminiamo per i corridoi del college.
Ammettere i miei sentimenti già a me stessa è stato tremendamente difficile.
Farlo trasparire adesso, nello sguardo che gli rivolgo mentre trattengo le
lacrime è straziante.
I suoi occhi si muovono rapidamente osservando ogni singolo centimetro del mio
viso.
Le mani posate sulle mie spalle che mi impediscono di scappare adesso sono
seccanti, abbasso lo sguardo.
Quanto vorrei non avere i capelli legati per potermi nascondere dietro le
ciocche che mi ricadrebbero sicuramente sul viso.
«Non è come pensi.» La sua voce non mi costringe a guardarlo in faccia.
Proprio non ci riesco.
Faccio una smorfia che lui spero non possa vedere. Sposto le mie mani sulle
sue per fargli mollare la presa e poi prendo un grosso respiro e parlo.
«Non penso proprio niente. Va bene così.»
La sua mano sinistra molla la presa mentre lui si sposta per farmi
riprendere a camminare. La mano destra è ancora posata sulla mia spalla, ma
scivola lentamente lungo il braccio quando mi sposto per proseguire il mio
cammino verso il cortile fuori dall’edificio.
«Vic, dai aspetta…»
Mi fermo.
Non tanto per la sua scelta di parole, né per il tono di supplica con cui
le ha pronunciate.
La sua mano destra stringe la mia sinistra.
Non mi sta trattenendo con forza, ma sento di non potermi muovere.
Thomas si avvicina, lo fa lentamente e senza mollare la mia mano,
fermandosi davanti a me.
«Mi dispiace.»
«Già. Anche a me.»
Rispondo con un tono piatto, anche se sono dispiaciuta sul serio.
«Ti chiedo perdono se non sono venuto a lezione. Non ho scusanti, lo so.»
Afferma guardando in basso verso le sue dita che giocano nervose con le mie.
Nonostante la ferita che mi ha appena procurato non riesco a non bearmi di
quel contatto.
«Non fa niente…Capisco che non è il massimo recitare con me.»
«Non è questo.» Ferma i miei vittimismi e solleva leggermente lo sguardo
verso di me. «Ho riflettuto a lungo sulla scena di oggi. Non potevo farcela.»
«A fare cosa?» Chiedo scettica. «A fare finta di essere attratto da me? A
fare finta di volermi almeno per una volta? Che io fossi alla tua altezza?»
«Cosa? No.» Interrompe il mio fiume di parole e mi guarda allarmato. «Tu
sei sempre alla mia altezza e non si trattava avere difficoltà a fingere.»
«E allora cosa c’era? Cosa ti impediva di venire a lezione oggi e fingere
e…»
«Non volevo fosse così.» Parla di nuovo sopra la mia voce costringendomi a
fermarmi confusa. Finalmente i suoi occhi incontrano i miei e le sue dita stringono
le mie.
«Io, cioè…Ci avrebbero visto tutti e…Non sarebbe…» Scuote la testa e torna
a guardarmi negli occhi. «Un bacio cambierebbe tutto fra di noi.»
«Era finto.» Sbuffo di nuovo facendo roteare gli occhi.
«Non lo sarebbe stato per me.»
Sento lo stomaco stringersi e il cuore iniziare a battere all’impazzata.
Oso tornare a guardarlo negli occhi?
«Non sarebbe stata finzione per me.» Ripete spostando subito lo sguardo di
nuovo sulle nostre mani. Si lascia sfuggire un sorriso mentre il suo pollice si
muove lentamente sul dorso della mia mano.
«Voglio fare l’attore, ma non posso recitare una parte con te.»
«Faccio così schifo?» Domando cercando di trattenere il sorriso che sento
nascere dal cuore.
Lui solleva la testa con la fronte aggrottata pronto a controbattere, ma
non appena mi guarda sorride.
Mi domando se sia sempre così semplice.
Ho sempre pensato che l’amore fosse una cosa complicata, ma in un attimo
sembra essere cambiato tutto fra noi.
E sembra la cosa più semplice del mondo.
«Ah, sì?» Chiede sfoderando una delle sue migliori espressioni sbarazzine.
«Ti stai divertendo alle mie spalle?»
«Non alle tue spalle. Apertamente in faccia.» Puntualizzo mentre sento la
sua mano libera appoggiarsi sulla schiena.
«È un battito accelerato quello che sento, signorina Victoria Davies?»
Chiede facendomi arrossire mentre le punte dei nostri nasi si sfiorano.
«Ehm. Ci vedranno tutti…» Dichiaro sottovoce quando sento il suo respiro
contro le mie labbra.
Sul dizionario sotto la parola stupidità ci sarà una mia foto un giorno.
Mi mordo il labbro inferiore quando Thomas si allontana leggermente per
guardarmi negli occhi. Abbozzo un sorriso che spero non rovini ancora di più la
situazione. Lui mi imita e si avvicina di nuovo.
«E tu lasciali guardare.»
Buona sera
Sinceramente non so come sia nata questa storia, ma dovevo buttarla giù.
Spero solo che vi piaccia un pochino.
Ciao
Cos