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Autore: CharlieIlvendicatore    12/05/2013    6 recensioni
"The Gate Control" o la "La teoria del cancello" è una teoria neurologica secondo la quale quando si prova dolore gli stimoli tattili, scatenati nello stesso luogo in cui esso ha sede, lo inibiscono. E' il motivo per cui sfreghiamo o comprimiamo la ferita quando ci facciamo male. E se fosse così anche per un dolore diverso? quello che viene dalla nostra testa, quello che non riusciamo a capire. Forse è per questo che ci ritroviamo mille volte a pensare e a pensare a chi ci ha ferito e che ci arrovelliamo e immaginiamo cosa sarebbe cambiato se avessimo agito in modo diverso. Forse è il motivo per cui sentiamo il disperato bisogno di parlarne. Sono i nostri modi per toccare, comprimere quel tasto dolente al fine di provare un po' meno dolore? Questo è ciò che crede Cloe, la protagonista, ma il suo imbarazzo a parlare di qualsiasi cosa di romantico, di confidarsi con qualcuno la blocca terribilmente e la porterà ad aprirsi veramente solo con un ragazzo conosciuto su internet. E se lui fosse una persona che in realtà conosce anche fin troppo bene?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO
 
 
 
Sono passati quasi vent'anni da quando l'ho visto l'ultima volta e in tutto questo tempo ho avuto altro a cui pensare nella mia frenetica vita tra un lavoro impegnativo, nuove conoscenze e nuovi amori.
Ogni tanto, però, mi ritrovavo a chiedermi cosa stesse facendo o se pensasse a me allo stesso modo in cui io pensavo a lui.
Lui è un ricordo prezioso della mia adolescenza. Lui è forse l'unica persona che ha saputo capirmi veramente in tutta la mia vita .
Ci guardavamo e leggevamo i pensieri l’uno sul volto dell’altra.
Ho cercato mille volte il suo nome su google da quando è diventato famoso. Gli ho inviato un’email dopo ogni suo successo e dalle sue risposte sembrava che non fosse cambiato affatto anche dopo tutto quel tempo.
Mi si è riempito il cuore di gioia quando mi ha chiamato dicendo che sarebbe passato in città.
Lo sto aspettando al bar e sono felice allo stesso modo in cui lo ero a sedici anni.
Come al mio solito sono arrivata molto, troppo, in anticipo e questo mi da il tempo di pensare a tutto quello che è successo, in quegli anni, al liceo Dolce Amoris.
 
 
1: LA DISINCARNATA
 
Il giorno in cui tutto cominciò avevo sedici anni.
Mi ero appena iscritta al liceo Dolce Amoris dopo aver dato gli esami estivi integrativi per il cambio di indirizzo.
Avevo fatto il più grande errore della mia vita, un paio di anni prima, scegliendo di iscrivermi al Liceo Linguistico. Non c'era stata scelta più sbagliata per una ragazza appassionata di materie scientifiche: di colpo mi ero ritrovata a fare tre letterature, quasi un incubo per me.
Mi trovavo ora a dover affrontare un nuovo ambiente, nuovi compagni, nuovi professori e non potevo nascondere quanto la cosa mi entusiasmasse.
Nonostante tutto il mio entusiasmo una vocina nella mia mente continuava a ripetermi: “sei una sfigata e non ti integrerai nella nuova scuola come non eri integrata nella vecchia”.
Davo molto ascolto a quella voce, ma era sempre vero che tentar non nuoceva e almeno avrei studiato quello che mi piaceva.
Per fortuna ero capitata in classe con il mio amico Ken, era mio vicino di casa e mio amico dall'età di sei anni e una persona su cui avevo sempre potuto fare affidamento nella mia vita.
Ken era un ragazzo magro, bassino e portava un gigantesco paio di occhiali, piuttosto strano - come me dopotutto - per qualche motivo mi riusciva difficile credergli quando diceva di essere molto popolare nel suo liceo.
Mi ritrovai davanti alla scuola ancora chiusa. Un grosso sospiro uscì dalla mia bocca: “Chi vivrà vedrà!”
Quel giorno mi ero recata al nuovo liceo per visitarne la biblioteca.
Era una fortuna che la biblioteca del Dolce Amoris fosse già aperta prima dell'inizio dell'anno scolastico, almeno potevo farmi un'idea di quello che avrei studiato nel corso dell'anno.
Era enorme e sembrava molto fornita, ma in giro non si vedeva nessuno a parte il bibliotecario, seduto dietro al bancone.
-Buongiorno signorina, Desidera?-
-Salve, è la prima volta che vengo qui, c'è bisogno di fare una tessera?-
-Ovviamente, signorina, mi dia il suo tesserino dello studente-
-Mi dispiace ma... ancora non ce l'ho, mi sono appena iscritta al liceo Dolce Amoris. Non è che potrei farla lo stesso, o almeno dare un'occhiata in giro...- diventai rossa, per qualche motivo il bibliotecario, dall'aria così solenne e annoiata allo stesso tempo, mi metteva terribilmente in soggezione.
- La tessera non gliela posso fare, mi dispiace. Può dare un'occhiata in giro... se vuole, ma non può portare libri a casa per ora-
-G-grazie. Sto cercando “Fondamenti di Biochimica”-
- In fondo alla sala, terzo scaffale sulla sinistra- il bibliotecario sfoggiò un largo sorriso che mostrava denti ingialliti e in parte neri, sentii un brivido corrermi lungo la schiena e lo ringrazia rabbrividendo.
Mi diressi svelta verso il luogo indicatomi, in fondo alla sala, terzo scaffale sulla sinistra.
Vicino allo scaffale c'era un ragazzo alto e biondo che stava afferrando un libro... o meglio stava afferrando il mio libro!
-No!- un lamento deluso uscì dalla mia bocca senza che lo potessi trattenere.
Il ragazzo mi guardò con un'espressione attonita, io invece avrei voluto sprofondare nel pavimento.
- Va tutto bene?- mi interrogò a metà tra lo stupito e il preoccupato.
Mi avvicinai a lui titubante.
Cavoli! Aveva degli occhi dorati stupendi! Era alto e prestante, non avevo mai visto un ragazzo così in biblioteca, escluso forse quando mi intrufolavo nella biblioteca universitaria con la tessera di mio fratello.
Volevo rispondergli, ma qualcosa mi bloccava le parole in gola e arrossii di nuovo.
“Ci risiamo”.
Dovevo prendere coraggio! Una ragazza forte e decisa non doveva aver paura di parlare con quella specie di figo da biblioteca (specie molto rara, tra l’altro).
- Era mio... cioè.... non è che ce n'è un altro? Era un po' che lo cercavo...- le parole mi rimasero per metà in gola e uscirono come un lamento gracchiante di un rospo, cominciai persino a sudare, ma in qualche strano modo il ragazzo aveva capito il mio confuso discorso.
- Temo che sia l'unico, lo puoi prendere se vuoi - mi avvicinò il libro dolcemente e mi sorrise, sciogliendomi completamente.
- No, no, no... Guardi, fa lo stesso... Poi lei sarà in quarta, è programma di quest'anno... Io sono in terza... Poi non lo posso neanche portare a casa, non ho la tessera... Fa lo stesso! Lo prenda lei!- e mi ritrovai a spingere aggressivamente il libro con entrambe le mani contro al suo petto. Era il mio difetto: quando avevo a che fare con dei bei ragazzi, sembravo decerebrata!
- Se ci tieni tanto ok, ma dammi pure del tu o mi offendo, siamo quasi coetanei!- prese il libro e si andò a sedere. Io tirai fuori un libro che mi ero portata dalla borsa, mi sedetti a distanza di due sedie da lui e cominciai a leggere in silenzio.
Per qualche strana ragione non riuscivo a concentrarmi e ogni due secondi staccavo lo sguardo per guardare di soppiatto il ragazzo. Non capivo una parola di quello che stavo leggendo, più che leggere fissavo le pagine del libro.
Alzai lo sguardo ancora una volta, lui mi stava guardando con aria interrogativa, incontrarmi doveva averlo parecchio scosso.
"Mi crederà certamente una pazza" pensai.
I nostri occhi si incrociano per un millisecondo e poi, timidamente, riportai i miei sul libro.
- Non ti ho mai vista al liceo! Sei nuova?- mi chiese all’improvviso.
- Sì, sono nuova-
- Infatti, penso che se ti avessi vista, lo ricorderei-
- Si, vengo da un altro liceo, sono in terza quest'anno- si avvicinò a me e mi tese la mano.
- Scusa se sono stato maleducato a non presentarmi prima. Piacere, il mio nome è Nathaniel-
Wow, che nome dolce e melodico. Bello, studioso e gentile... e aveva anche un bel nome! Mi rifiutai di credere di avere conosciuto un ragazzo perfetto, da qualche parte doveva pur avere una fregatura, dopotutto, tutti ne hanno.
Forse era questo il suo difetto: il difetto di non avere difetti, almeno non per me.
Mi alzai in piedi e gli strinsi la mano.
- Cloe. Piacere mio.
- Come mai interessata alla biochimica?
- Devo chiarire meglio qualche argomento di patologia generale, a livello microscopico si intende.
Lo so, avrei dovuto mentire, ma non sapevo proprio cosa inventarmi, davvero. La sua faccia si fece confusa. Per qualche strana ragione sembrava in imbarazzo, cambiò argomento:
- Che cosa stai leggendo Cloe?- mi chiese prendendo in mano il mio libro.
- Oliver Sacks: “l'uomo che scambiò sua moglie per un cappello”.É una raccolta di casi clinici neurologici. È molto interessante, perché affronta il tema della malattia cercando di spiegare le sensazioni del paziente e con molte riflessioni profonde!-
- Sembra interessante!- non sembrava mentire... strano.
Be’ dopotutto era anche lui in biblioteca, una ragione ci doveva pur essere!
- Sì, Sì! Devi leggere questo racconto: la disincarnata. Descrive una ragazza che tutto ad un tratto perde la propriocezione e non comanda più il suo corpo. Sai cos'è la propriocezione?-
“La disincarnata” mi si addiceva particolarmente in quel momento: non avevo nessuno controllo di quello che dicevo o facevo.
- Effettivamente no! Mi hai beccato!- si mise a ridere e ah... che risata dolce.
- É proprio questo che intendevo! É sottovalutata! É' uno dei sensi come la vista, l'udito, il tatto, la sensibilità dolorifica ecc.. É il senso che ci dice in che posizione è il nostro corpo nello spazio. Te ne servi molto quando cammini al buio, per esempio. Molti di noi non sanno neppure di averla, eppure quando viene a mancare ce ne accorgiamo eccome!-
Ecco, l'avevo fatto di nuovo! Avevo straparlato riguardo a qualcosa di cui non interessava a nessuno.
- Se è così interessante me lo devi proprio prestare quel libro.- Sorrise, non capivo se stesse cercando di assecondarmi o mi stesse prendendo in giro (probabile la seconda). Avevo la sensazione che più sarebbe durata la conversazione più avrei fatto brutte figure. Meglio svignarsela.
- Ora è meglio se torno a casa! Arrivederci Nathaniel è stato un piacere!- scappai prima che lui potesse replicare, ma lo sentii urlare:
- E' stato un piacere anche per me. Ci rivediamo a scuola, allora!- Il bibliotecario gli lanciò un'occhiataccia seguita da un gracchiare annoiato:
-Silenzio!- ( Perché silenzio poi? È ovvio che non disturbava, c'eravamo solo noi!)
Poi si rivolse a me:- Arrivederci Signorina!- e mi fece un altro di quei sorrisi a 32 denti... gialli!
- Arrivederci!- gli rimandai in dietro un sorriso molto forzato in una faccia quasi disgustata.
Non penso di aver mai avuto così tanta voglia di tornare a casa. Mi misi l'ipod per ascoltare un po' di musica durante il ritorno in autobus, ma il vortice dei miei pensieri mi impedì di gustarmi persino le mie canzoni preferite.
L'avrei rivisto? Speravo di no visto che con lui non avevo fatto che comportarmi con una bambinetta cretina. Se avessi dovuto passare ancor del tempo con lui, gli avrei dato un motivo in più per prendermi in giro. Ero talmente impacciata che avrei provato vergogna per me anche vedendo la scena da fuori.
Bel modo per conoscere i compagni! La mia reputazione al liceo Dolce Amoris cominciava già col piede sbagliato. Sapevo che per la mia sanità mentale sarebbe stato meglio non rivederlo più, ma una parte di me non vedeva l'ora che fosse lunedì per avere la speranza di rincontrarlo e io odiavo con tutta me stessa quella mia parte di me.
Ero innamorata forse? Non lo potevo dire con certezza: non avevo più avuto tanti rapporti con i ragazzi dai tredici anni in avanti, avendo frequentato una scuola prettamente femminile. In questo caso avrei dovuto seriamente imparare a controllare i miei ormoni.
L'autobus si fermò alla mia fermata e io scesi. Non era ancora tornato nessuno a casa.
Mi lasciai cadere sul mio letto e presi il libro per continuare la mia lettura, ma quella calca di pensieri che si spintonavano nella mia testa non voleva lasciarmi in pace. Così presi il Nintendo ds e mi buttai sul professor Layton: solo un po' di sano svago senza impegno poteva distrarmi in quel momento. Mi sentii subito meglio: il cuore, che non aveva fatto altro che battere all'impazzata, rallentò, ma come lasciavo quella mia piccola distrazione, la testa si affollava di nuovo, diventavo agitata come un bambino a cui viene tolto il ciuccio.
Così, dopo una cena veloce, passata a cercare di nascondere i miei sentimenti a quell'impiccione di mio fratello, mi fiondai a letto e ricominciai a giocare. Finii tutto il Gioco al 100% quella notte e non chiusi occhio.
  
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