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Autore: Yvaine0    14/05/2013    3 recensioni
Louise Tomlinson odia i gatti. Davvero, li odia. Li trova egoisti, opportunisti e irritanti.
Harry Styles, al contrario, li ama. Ha giusto appena trovato una gattina randagia in un vicolo poco distante dall'appartamento che condivide con Louise e ha tutta l'intenzione di portarla a casa con sé.
Come la prenderà Louise?
FEM!LOUIS
(Non ho la più pallida idea del perché io abbia scritto questa cosa).
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
- Questa storia fa parte della serie 'Via la maschera'
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Disclaimer! Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle entità realmente esistenti citate, nè offenderle in alcun modo. Tutti i fatti narrati sono puramente inventati o sola fonte di ispirazione.

Dedico questa fanfiction a F,
la prima Directioner con cui ho avuto il piacere
di discutere, mentre parlavo con un'amica
proprio di questa one shot.
Ti ringrazio, perché probabilmente sei stata
la parte migliore della mia domenica! ♥

Un grazie speciale ad altre due F,
che hanno preso le mie parti. :)
 
 
 
Non dire gatto
finché non l'hai già portato a casa
 
Harry era stato corretto al principio, come lo era sempre. Quando le aveva fatto la grande proposta, aveva fatto in modo che tutto fosse perfetto, che lei fosse rilassata e perfettamente a suo agio. Sì, forse aveva giocato sporco per avere la certezza che dicesse di sì, ma era anche vero che con Louise Tomlinson non si avevano mai certezze.
Le aveva preparato il pranzo, le aveva tenuto compagnia tutto il pomeriggio, accettando di guardare insieme il DVD di Forrest Gump che lui stesso le aveva regalato per il compleanno con la premessa che non lo avrebbero mai guardato assieme, perché ogni volta Harry piangeva come una fontana e Louise lo prendeva in giro. E naturalmente, ogni volta che le veniva voglia di guardarlo, Harry era comunque al suo fianco.

Attese che Louise distogliesse lo sguardo dai titoli di coda; aveva gli occhi lucidi ma era troppo orgogliosa per versare una singola lacrima. Allora glielo chiese, cogliendola di sorpresa.
«No» rispose lei, sgranando gli occhi, quasi spaventata da quella proposta.
Lui allora mise il broncio, ma Louise non cambiò idea. «Harreh, no».
Il fatto era che Louise odiava i gatti. Non che non fossero carini, questo non avrebbe mai potuto dirlo, ma erano opportunisti.
Indipendenti, la corresse Harry.
No, replicò lei con convinzione: i gatti erano animali opportunisti ed egoisti. L'indipendenza è tutta un'altra cosa. Sarebbero stati indipendenti, se avessero avuto i pollici opponibili e la capacità di aprirsi da soli le scatolette di cibo.
Harry rise, ma Louise non cambiò idea: «Niente gatti, Harry».
«Oh, ma dai! Ti prego, ti prego, ti prego, ti preg-»
«Hey, moccioso. Chi è la donna di casa, qui? Chi è che fa le pulizie e a chi toccherebbe pulire la lettiera di un animale?»
«Io – rispose Harry con un sorriso smagliante. - Sono io che pulisco e sono io che cucino. Sarei io a pulire la lettiera».
Louise fece una smorfia, presa in contropiede da quella risposta. Veritiera, tra l'altro. Che gusto c'era ad essere l'unica ragazza in casa, se poi non si aveva nemmeno la possibilità di lamentarsi perché si veniva sfruttate? «Be', la risposta è comunque no» mise in chiaro, poi si alzò dal divano e lasciò che fosse Harry a spegnere la TV e a riporre il dvd nella custodia.
 
Naturalmente dal momento in cui avevano affrontato quel discorso, Louise si era convinta che la discussione si fosse conclusa con il suo definitivo “no”. Ecco perché il giorno dopo, tornata da casa di Eleanor si era gettata sul divano a peso morto, si era girata per prendere il telecomando che aveva avvistato sul bracciolo e aveva gridato.
Harry accorse nella stanza, trafelato. Cos'era successo?
Cos'era successo chiedeva? Avrebbe dovuto spiegarlo lui a lei, piuttosto. «Che cos'è quello?» sbottò la ragazza, alzandosi per allontanarsi dalla palla di pelo a strisce.
Harry ricordò solo in quel momento quello che aveva effettivamente fatto quella mattina e sorrise colpevole. «È una lei».
«D'accordo – gli concesse allora Louise, mettendo le mani sui fianchi. - Si può sapere perché c'è una lei sul mio divano?» si corresse.
«Probabilmente voleva salutarti. Non è carina?»
La ragazza arricciò il naso e fulminò Harry con lo sguardo. «No, non è carina» sputò con astio. «Perché è qui?»
«Non ha una casa e ho pensato di...»
«Ignorare il fatto che ti avessi detto di no!»
Harry le rivolse un sorriso di quelli che avrebbero sciolto chiunque. Chiunque ma non una Louise irritata. «Esatto!» confermò tranquillamente.
Louise Tomlinson non era una ragazza molto paziente, non lo era mai stata. Nella sua lunghissima lista di pregi – autoproclamati – la pazienza era del tutto assente. Ecco perché mise su un sorriso che voleva essere amabile e rispose un secco: «Ora quella cosa se ne torna a fare la senza tetto».
Harry scosse il capo. «Non credo proprio».
Lei inarcò un sopracciglio, sentendosi sfidata. «Io credo di sì, invece» replicò, perentoria.
Il suo coinquilino in tutta risposta le mostrò la lingua, si sedette al suo posto sul divano e prese a coccolare la gattina che aveva portato a casa quella mattina. «Se lo dici tu...».
Louise emise un gemito di frustrazione e Harry rise. Poi prese l'animale in una mano e lo porse alla ragazza, perché potesse vederlo meglio.
Louise, spinta da chissà quale istinto masochista, avvicinò il volto e, senza toccarla, osservò quella piccola palla di pelo. Aveva due grandi – si fa per dire – occhi verdi, il corpo ricoperto di striature marroni e nere; le zampette, la pancia e il musetto erano bianchi. Il suo pelo era piuttosto lungo e all'apparenza molto morbido, osservò la ragazza con fare critico. Ed era una gatta maledettamente carina.
Distolse lo sguardo dall'animale solo per fulminare Harry con lo sguardo. «Ti odio» gli disse solo e lui seppe di aver vinto.
 
«Dovremmo darle un nome» propose Harry la sera stessa, a tavola.
Louise alzò lo sguardo dal piatto per dare una rapida occhiata alla gattina: se ne stava seduta accanto alla porta e semplicemente li guardava, senza emettere alcun suono né muoversi. Non faceva proprio nulla. «Dobbiamo proprio?» brontolò, per poi ficcarsi in bocca un pezzo di carne. Era ancora contrariata dal fatto che Harry avesse portato a casa quella gatta senza prima parlarne davvero con lei; dopo tutto erano in due ad abitare quell'appartamento e avrebbero dovuto prenderle insieme certe decisioni. E le era proprio sembrato di aver detto di no, quando lui le aveva chiesto di prendere un gatto. Oltre tutto odiava i gatti e Harry lo sapeva benissimo.
Harry – quel traditore di Harry – rise. «Sì, credo che un nome lo meriti».
Louise annuì allora e gli sorrise. «Gatto va più che bene».
«Oh, avanti Lou! Non possiamo chiamarla Gatto!»
«Vuoi scommettere?»
«Ma povera micia...»
Louise arricciò il naso. «No, Micia no. Sa di escort di quarta categoria».
Harry ridacchiò, mise in bocca un pezzo di patata al forno e la incoraggiò a continuare: «Proposte?»
«Sì. Chiamiamola Scema».
«Lou!»
«Oh, avanti, Harry! Guardala! Sta lì e ci fissa come se fosse troppo stupida per fare quello che fanno normalmente i gatti!»
«Ovvero?»
«Fregarsene. Io odio i gatti, perché se ne infischiano delle persone. E lei è così inutile, che è anche troppo stupida per infischiarsene di noi» snocciolò, come se non ci fosse nulla di più logico al mondo. Quel gatto era palesemente scemo e perciò doveva chiamarsi in quel modo.
Harry però non stava prendendo il suo discorso con abbastanza serietà, era evidente. Infatti rideva. «Ti diverti?»
«Un sacco. Già la adori, vero?»
La ragazza strinse le labbra e lo guardò con freddezza. «No».
«Sì, invece, e tu lo sai».
«Io so solo che sei così cretino che d'ora in poi ti chiamerò così».
«Darcy!»
«No, non Darcy: Cretino!»
Harry fece una smorfia divertita. «Possiamo chiamarla Darcy!» ripeté.
Louise alzò gli occhi al soffitto, ma suo malgrado dovette ammettere che come nome non era affatto male. Poco da gatto, forse, ma niente affatto male. «Continuo a pensare che Fool sia meglio».
Lui rise e scosse il capo. «Sii seria per un attimo, è una questione importante».
Oh, sì, certo. Discutere il nome da dare al gatto era di estrema importanza, ma dirle che ne avrebbe preso uno no. «Dovresti riordinare le tue priorità, sai?»
Harry si abbandonò ad una risata allegra; era felice quella sera: aveva Lou al proprio fianco e ora aveva anche un gatto. Cosa poteva desiderare di più? «Adoro quando fai queste battute potteriane, sai? Dovresti farne più spesso». E Louise, suo malgrado, non riuscì a trattenere un sorriso. «Possiamo chiamarla Norberto, allora».
«No».
«Ma come no? - obiettò la ragazza, lasciando finalmente perdere orgoglio e indisposizione. - È un nome potteriano, no? E la sua presenza qui è lecita quanto quella di Norberto nella capanna di Hagrid!»
Harry si accigliò. «Non chiamerò la mia gatta Norberto, Louise!» proclamò, mentre posava le mani sul tavolo e si sporgeva verso la ragazza. La discussione sembrava davvero seria e questo la rendeva ancora più ridicola agli occhi di lei.
«D'accordo, allora Fiorenzo» rilanciò lei.
«Fiorenzo?»
«Il centauro».
«Sì, so chi è. Perché dovrei chiamarla così?»
«Okay, lascia perdere». Louise sbuffò, divertita. «Che ne dici di Albus Percival Wulfric Brian Silente?»
«Silente non è male, non ha emesso un suono da quando l'ho portata a casa».
La ragazza scosse il capo, con finta risolutezza. «No, no e no. Albus Percival Wulfric Brian Silente e non solamente Silente. Tutto o niente, prendere o lasciare».
Harry scoppiò a ridere. «Lascio!»
«Grave perdita!»
«Darcy, la chiameremo Darcy».
Louise si chiese perché Harry si ostinava a farle domande, se poi non prendeva minimamente in considerazione le sue risposte. «Darcy Fool».
«Non la chiamerò Fool
«Senti, Harold – prese allora posizione la ragazza, battendo un pugno sul tavolo. - Sono più grande, sono una donna e sono più sveglia di te! Quella bestia si chiama Darcy Fool
«No».
«Sì».
«Darcy e basta!»
«Fool e basta!»
«Darcy!»
«Fool!»
 
«Quindi ora avete un gatto» sintetizzò Eleanor, posando la sua tazza di tè sul tavolo.
Louise sospirò e annuì. «Ce l'abbiamo, sì, ma mi rifiuto di avvicinarmi alla sua lettiera».
Erano sedute sul divano nel salotto di casa di Eleanor e Louise si sentiva finalmente un po' a suo agio. Durante il tour le era mancata la tranquillità, le era mancato passare del tempo con la sua migliore amica, essere semplicemente se stessa. A volte pensava che, se non fosse stato per la presenza di Liam, i manager avrebbero cercato di mettere in scena una storia proprio tra loro due. Se lei fosse stata un maschio, avrebbero sicuramente architettato qualcosa di simile. Sorrise con amara ironia a quel pensiero e tornò a concentrarsi sulla propria migliore amica.
«Come l'avete chiamato?» le stava giusto chiedendo.
A quel punto Louise rise davvero, di cuore: «Dooly» rispose.
 
«Guarda la mamma, Dooly, guarda la mamma!»
Louise sbuffò e rivolse ad Harry un'occhiata di sufficienza. Il lato divertente di tutto ciò era sicuramente che “la mamma” di cui si parlava non era affatto lei, ma Harry stesso. Aveva piazzato Dooly sul tavolo della cucina – su cui Louise stava bevendo il tè e mangiando biscotti – e cercava di convincerla a guardare nella sua direzione in modo da poter scattare una foto decente. «Avanti, Dooly, guarda la mamma!»
Solo che la gatta era del tutto disinteressata a qualunque cosa Harry Styles avesse da offrirle. Anzi, quel minuscolo insetto che ronzava fuori dalla finestra chiusa sembrava aver attirato tutta la sua attenzione; seguiva i suoi movimento con lo sguardo, replicando con la testa ogni suo spostamento.
Louise sogghignò, mordendo un biscotto. «Prova a chiederglielo per favore» suggerì ironica.
Harry le rivolse una breve occhiata, poi obbedì, perché dopo tutto tentar non nuoce. «Dooly, per favore, guarda la mamma...» la supplicò.
La ragazza rise. Era davvero buffo vedere Harry in quelle condizioni. Era così tenero che riusciva a farsi mettere i piedi in testa persino da una gattina muta e palesemente ritardata. Lo vide appoggiare gli avambracci e il mento sul tavolo, per trovarsi all'altezza del gatto. «Avanti, piccolina, guarda la mamma...».
«Forse, al contrario tuo, lei non ha dubbi sul tuo sesso. Così la confondi. Prova a definirti papà, magari» continuò Louise spassionatamente. Le piaceva osservare gli altri lavorare, suggerire, dire come avrebbero dovuto comportarsi, senza in effetti fa nulla di concreto; la divertiva.
Harry le mostrò la lingua, divertito, e provò a richiamare il gatto facendo schioccare le labbra. «Dooly, guarda papà avanti!».
Louise prese, ridacchiando, la tazza tra le mani e la accostò alle labbra. Mentre soffiava sul liquido bollente, continuava ad osservare il ragazzo ricciolino che supplicava il gatto e, davvero, non riusciva a credere che la gente potesse pensare a lui come ad un donnaiolo, un uomo meschino, che seduceva e abbandonava ragazze. Harry? Sul serio? Proprio quell'Harry?
Senza pensarci due volte né dire una parola, Louise posò la tazza sul tavolo e si sporse all'indietro per recuperare l'iPhone5 abbandonato sul mobile e...
Click. Un flash.
Harry rimase a bocca aperta, frastornato dal bagliore che lo aveva investito; batté le palpebre diverse volte, prima di riprendersi. «Cosa fai?» domandò, confuso.
Louise controllò la foto appena scattata e ridacchiò: «Sembri più scemo del solito, però sei carino».
Harry non riuscì ad impedirsi di arrossire per quel piccolo complimento. E, sì, insomma, gli aveva anche dato dello scemo, ma la sua mente era riuscita a cogliere solamente quel “carino”. Non disse niente in proposito, sapendo che Louise non amava si parlasse di ciò che lui provava per lei, preferiva che entrambi facessero finta di niente – come se fosse facile fingere di non essere innamorato di lei. Allungò una mano nella sua direzione, «Fammi vedere!».
Lei scosse il capo, risoluta. Fece scorrere le dita sullo schermo, rapida, gli occhi incollati sul telefono. Harry non poté fare a meno di pensare che fosse bella mentre si concentrava su qualunque cosa stesse facendo.
E fu così, mentre la fissava, che lo sorprese Louise, quando alzò la testa per incrociare il suo sguardo: «Ecco fatto! Controlla Twitter!» trillò, ignorando gli occhi del ragazzo fissi su di lei.
E Harry, dopo averli sgranati leggermente, obbedì. Lasciò perdere Dooly, sfiorò l'icona del social network sullo schermo dell'iPhone e digitò direttamente il nickname di Louise. Poi aprì l'ultimo post: la foto, appena scattata, di lui, steso sul tavolo, che cercava di convincere il gatto a guardare nella fotocamera del telefono.
Guardate che coppia! @Harry_Styles e la sua nuova ragazza Dooly!”.
Non riuscì a trattenersi dal ridere. Rispose: “@Louise_Tomlinson Mi hai battuto sul tempo, volevo annunciarlo io al mondo :(”.
@Harry_Styles Scusa, amico! :)”
@Louise_Tomlinson Dovrai farti perdonare! sentiti libera di cogliere la malizia ;)”
La ragazza alzò di scatto gli occhi dal Tweet appena letto, incontrando immediatamente lo sguardo divertito di Harry. «Questa potevi risparmiartela!» osservò indispettita.
Lui alzò le spalle e le sorrise con falsa innocenza. «Cosa vuoi che sia! Pensa piuttosto a come farti perdonare, Louise Tomlinson» insistette ammiccante.
Lei lo fulminò con lo sguardo e abbandonò la stanza senza una parola di più, la tazza ancora colma di tè e il sacchetto dei biscotti sul tavolo. Harry dal canto suo sorrise trionfante: avrebbe giurato di aver visto le sue guance arrossarsi mentre fuggiva via.
 
Un paio di mattine dopo, Harry giaceva steso sul proprio letto, godendosi il meritato riposo. Adorava non far nulla, rilassarsi a casa propria, durante le pause tra un impegno e l'altro. Stava ancora decidendo se fosse il caso di alzarsi o meno, quando Louise bussò alla sua porta, allarmata e lo tirò giù dal letto.
Harry l'aveva seguita passivamente, senza davvero ascoltare nemmeno una parola di quella sfilza che stava sibilando sottovoce. Solo quando raggiunsero il salotto, fu costretto a mettere in moto il cervello.
Louise gli indicò il gatto, a metà tra il contrariato e il meravigliato: «Guardala! Come fa a contorcersi così?».
Dooly era seduta sul divano, tutta intenta nella sua toeletta, in particolare nella pulitura del suo sottocoda. Ecco che, dunque, se ne stava raggomitolata sul cuscino, appoggiata sulla schiena, con una zampetta puntata verso il soffitto, l'altra dalla parte opposta e la testa tra di esse.
Harry si scompigliò i capelli. Qual era il nocciolo della questione? «Si sta lavando» disse solo, spostando lo sguardo dal gatto alla ragazza.
Louise rabbrividì al suono della sua voce così roca, ma cercò di far finta di niente. «Sì, ma guardala! Si spacca la spina dorsale, se continua così!» insistette, certa che la posizione assunta dalla gatta fosse tutt'altro che normale. Nemmeno un contorsionista riusciva a rigirarsi in quel modo.
Harry osservò la ragazza ancora qualche istante, senza capire se facesse sul serio o meno. Quando si rese conto che Louise era davvero turbata dalla posizione del gatto, ricordò che probabilmente lei non ne aveva mai avuto uno. Gli venne da ridere, perché non era da lei stupirsi per qualcosa di così ovvio. Con un sorriso divertito in volto, le si avvicinò, la abbracciò da dietro e le posò un delicato bacio sulla guancia. «Sei adorabile».
A quel punto lei borbottò qualcosa di incomprensibile e mise il broncio. Si sentiva presa in giro.
 
«Harry! Oddio, Harry!» Louise entrò trafelata nel bagno, senza curarsi del fatto che il ragazzo avrebbe potuto essere seduto sulla tazza. Per sua fortuna, era totalmente vestito e si stava sistemando i capelli, pronto ad uscire. Avevano un'intervista quel giorno e lei era già pronta.
«Cosa succede?» chiese, spaventato da tutto l'impeto con cui aveva fatto irruzione nella stanza.
Lei spalancò le braccia e «Ho perso il gatto!» annunciò con aria colpevole.
«Cosa?»
«L'ho perso, non la trovo più, giuro che era qui un paio di minuti fa e...»
Harry aggrottò le sopracciglia e posò una mano sulla spalla dell'amica. «Lou, calmati – la invitò, guardandola dritto negli occhi. - Dove l'hai vista l'ultima volta?»
«Ero in camera e mi vestivo e lei si strusciava sulle mie caviglie» rispose prontamente.
Il ragazzo annuì. Conoscendo i gatti, aveva una mezza idea di dove fosse finita Dooly. Ecco che, dunque, mentre Louise continuava a sibilare stizzita quanto quel gatto fosse stupido, in preda ai sensi di colpa, Harry la scovò dentro l'armadio di Louise, a dormire sul suo maglione di lana preferito.
«Che stronza!» sbottò la ragazza. Reggeva con due dita il suo amato capo d'abbigliamento ricoperto di peli bianchi e marroni proprio davanti alla faccia e lo guardava disgustata. «Quelli come li levo?!»
Harry rise, mentre teneva il gatto tra le mani e strusciava il naso contro il suo – gesto che Dooly sembrava non apprezzare, visto che agitava la coda e aveva tirato indietro le orecchie. «Prova con una spugna bagnata» suggerì.
«Non c'è nulla da ridere».
Il ragazzo si chinò e lasciò la gatta libera di correre via, poi si scompigliò ulteriormente i capelli e si rialzò. «No, certo che no – la assecondò, sorridendo sotto i baffi che non aveva. - Sei pronta? I ragazzi ci aspettano».
Lei sbuffò e annuì, avviandosi per prima verso la porta. Proprio mentre chiudevano a chiave la porta dell'appartamento, Louise farfugliò qualcosa tra sé e a Harry parve proprio che quel qualcosa somigliasse ad un “E cosa farà da sola tutto il giorno?”.
 
La mattina seguente fu Harry a svegliarsi per primo. Si alzò presto, quella volta, mise il bollitore sul fuoco, posò i biscotti sulla tavola e tirò fuori dalla confezione due bustine di tè Twinings, il preferito di Louise. Poi riempì di croccantini la ciotola di Dooly e perlustrò tutta la casa alla ricerca della gatta, che proprio non si trovava da nessuna parte.
Al contrario della sua coinquilina, Harry conosceva i gatti, sapeva della loro abitudine di rintanarsi in luoghi assurdi per dormire, ecco perché non si allarmò più di tanto. Tornò anzi in cucina a preparare la colazione.
Solo un'ora più tardi, sull'account Twitter di Harry fece la sua comparsa una nuova foto appena scattata: Louise che dormiva con le coperte tirate fin sopra il naso e Dooly acciambellata sul cuscino proprio accanto alla sua testa; “Le mie ragazze! :)” recitava la didascalia.
 
Non ci era voluto molto perché, però, sorgesse un problema. Era ovvio che sarebbe successo, Harry si era persino meravigliato di non averci pensato prima. Era stato impulsivo e ora si ritrovava a cercar di far ragionare la sua coinquilina.
«No!» sbottò Louise, incrociando le braccia sotto il seno. Harry dovette sforzarsi di non lasciar indugiare il proprio sguardo lì troppo a lungo, si impegnò per tornare a guardarla negli occhi. Era seduta sul divano e Dooly le dormiva in grembo.
Harry si sedette sul tavolino al centro del salotto e spalancò le braccia, come a dimostrare che quella situazione non era colpa sua, che se avesse potuto l'avrebbe evitata. «Avanti, Lou, non essere sciocca. Hai un'altra soluzione?»
Lei storse il naso. «Possiamo portarla a Holmes Chapel».
Il problema era uno ed era semplice: la band stava per partire per il tour e Dooly non poteva rimanere a casa da sola. Chi si sarebbe occupato di lei? Harry aveva pensato di affidarla alla dirimpettaia, la signora Hawks, una vecchietta non molto socievole ma terribilmente affezionata ai gatti. Ne aveva tre e si occupava di tutti i gatti randagi del quartiere; Louise l'aveva sempre definita “la gattara pazza dei Simpson”, con la solita delicatezza che la contraddistingueva in ogni circostanza.
Harry la guardò e Louise sbuffò, intuendo l'antifona. «Okay, come non detto». Non era logico fare un viaggio del genere il giorno precedente la prima tappa del tour, solo per lasciare una gattina a casa di Harry, e poi tornare a Londra.
«Potremmo... potremmo portarla con noi, altrimenti» azzardò il ragazzo, incerto. Era un'idea sciocca e così folle che quasi sperava Louise accettasse.
Questa volta fu lei a rivolgere un'occhiata eloquente. Cosa avrebbe fatto quella povera bestia chiusa tutto il giorno sul tour-bus? Chi si sarebbe presa cura di lei? E se fosse scappata? Inoltre sarebbe stata sballottata in aereo chiusa in gabbietta e lasciata chiusa in quel minuscolo spazio tutto il giorno. No, non era decisamente il caso di sottoporla ad una tortura simile.
La ragazza carezzò dolcemente la testa del gatto e sospirò, rassegnata. «Suppongo che non ci sia un'altra soluzione, allora».
 
Tutto sommato, Harry era contento di come erano andate le cose con la questione del gatto.
Nonostante Louise non volesse ammetterlo per nessuna ragione al mondo, era chiaro come il sole che si fosse affezionata in fretta e non poco alla gattina. All'inizio Harry aveva temuto che si arrabbiasse e facesse di tutto per convincerlo a riportarla dove l'aveva presa – cosa impossibile, per altro, visto che l'aveva trovata in mezzo alla strada – e invece Louise l'aveva stupito ancora una volta.
Lei lo sorprendeva sempre.
Lo aveva stupito quando non l'aveva costretto a sbattere la gatta fuori di casa, quando aveva pulito la lettiera senza lamentarsi; l'aveva stupito quando era corso a chiamarlo per fargli vedere quanto Dooly fosse carina e insieme scema mentre saltava per il salotto nel tentativo di acciuffare il pulviscolo atmosferico.
Lo aveva stupito quando l'aveva beccata a giocare a nascondino col gatto, scappando nel corridoio per poi nascondersi dietro l'angolo in attesa che lei andasse a cercarla – e Dooly lo faceva, così Louise strillava, le faceva qualche dispetto e correva via di nuovo, con la gatta alle calcagna.
Louise Tomlinson era una continua sorpresa e questo non faceva che alimentare i sentimenti che Harry provava per lei. Come si poteva non amare una ragazza del genere?
Si era meravigliato anche quando aveva trovato una foto di Dooly come sfondo del suo iPhone e quando, prima di partire per il tour, Louise aveva coccolato la gatta per venti minuti prima di convincersi bussare alla porta dell'anziana dirimpettaia e affidarle la sua nuova piccola amica. «Mi raccomando, badi a lei. È un po' stupida, per cui ha bisogno del doppio delle attenzioni» le aveva detto. E Harry avrebbe potuto scommettere di aver sentito la sua voce incrinata, ma non era in vena di scommettere in quel momento. Era turbato quanto lei all'idea di affidare Dooly alla vicina per mesi e mesi, si sentiva terribilmente in colpa per quella sorta di abbandono e lo sguardo ferito della gatta non migliorava la situazione.
«Smettila di guardarlo così!» l'aveva rimproverata Louise, mentre la grattava un'ultima volta tra le orecchie, come saluto – a Dooly piaceva così tanto, quando la grattavano tra le orecchie! «Harry ha già proposto diverse volte di nasconderti in valigia. - A quel punto lanciò un'occhiata indecifrabile al ragazzo. - E non so perché non l'abbiamo fatto, in effetti».
Il ragazzo sorrise, intenerito dall'evidente malinconia che aveva invaso anche il cuore di Louise. «Perché tu, da brava adulta, mi hai ricordato che non sarebbe stata bene sul tour-bus e che con la signora Hawks si sarebbe trovata molto meglio».
«Già» confermò la ragazza con poca convinzione. Poi si strofinò le mani sui jeans, gesto che aveva assunto per osmosi dai ragazzi, ringraziò di cuore l'anziana vicina e tornò in casa a recuperare le valigie, pronta a partire, senza una parola di più.
Mentre si assicuravano di aver presto su tutto, Harry non poté fare a meno di notare quanto l'appartamento sembrasse improvvisamente vuoto, senza la gattina tra i piedi, ed era certo che anche Louise stesse pensando la stessa cosa.
Salendo sulla macchina che li avrebbe portati al punto di ritrovo per poi partire, Louise si voltò verso Harry e «La prossima volta la portiamo con noi» asserì.
Harry le sorrise dolcemente e l'abbracciò, perché in quel momento non aveva saputo pensare a niente di più opportuno da fare. «Sai che quando torneremo forse lei si sarà affezionata del tutto alla signora Hawks e ai suoi gatti, vero?» le confidò, sperando in cuor suo che Dooly non li avrebbe dimenticati.
Era sciocco, forse, affezionarsi tanto ad un animale e soffrire per il distacco da esso, ma Harry di sciocchezze in vita sua ne aveva fatte tantissime ed era sicuro che quella non fosse tra le cose di cui avrebbe dovuto vergognarsi. Non se ne vergognava affatto, anzi.
Louise prese un respiro profondo e appoggiò la testa sulla sua spalla. «Non mi è mai piaciuta la signora Hawks» brontolò. La notizia appena ricevuta non le piaceva per niente.
«Lo so» la assecondò Harry.
«E ho sempre odiato anche i gatti».
«So che anche questo» confermò lui.
«Perché sono egoisti, si fanno le unghie sul divano, sulle tende e dentro le scarpe – hai visto come mi ha ridotto i tacchi nuovi, quell'infame? Ficcano la testa dentro i bicchieri appoggiati sul tavolo, ti fanno vedere tutti orgogliosi quegli schifosi insetti tramortiti che catturano. E poi fanno pipì in giro per fare i dispetti, giocano con la lima per le unghie e la perdono, riempiono di peli ogni capo di abbigliamento fuori e dentro gli armadi. Tutte le mattine Dooly mi svegliava leccandomi la faccia, quella gatta è terribilmente irritante».
Harry sorrise, nostalgico nonostante avessero salutato il loro animaletto domestico da solo poco più di un quarto d'ora. «Pensa che a me attaccava i piedi, quando li vedeva muoversi sotto le coperte» raccontò e al solo pensiero sentì i piccoli graffi che gli aveva lasciato sulla pelle prudere un po'.
Poi posò un bacio leggero sulla tempia di Louise. Magari la ragazza odiava i gatti, ma di certo Dooly le sarebbe mancata molto. Sarebbe mancata a tutti e due. 


Mi rendo conto che tutto questo non ha alcun senso, ma quando ho pensato al rapporto tra Louise ed un ipotetico gatto, non ho potuto non scriverci su. Tanto più che Harry+gatto dev'essere una combinazione di pura dolcezza e pucciosità (un po' Harry+bambino qualunque). Come si fa a non scriverci su? 
Spero che a qualcuno sia piaicuta, anche se, come ho già detto, tutto ciò è totalmente privo di senso. Mmm, che dire?
Viva i gatti, viva Harry e viva Harry con i gatti! :3 Okay, la smetto. XD
  
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