Crossover
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Autore: Furiarossa    17/05/2013    0 recensioni
The bird of Hermes is my name
Io sono un diavolo di maggiordomo, un perfetto maggiordomo ....
La sfida del secolo fra i demoni più potenti del mondo degli anime, Sebastian Michaelis e Alucard, ma soprattutto una sfida fra la famiglia Hellsing e la famiglia Phantomhive.
Hellsing e Kuroshitsuji, mistero, violenza, humor. 365 prove, una per ogni giorno dell'anno in cui i nostri personaggi dovranno affrontarsi.
Fra il comico demenziale e il terribilmente serio, esattamente come nella realtà, benvenuti al reality del secolo: benvenuti a Kuroshihellsing.
[Opere principali: Kuroshitsuji; Hellsing][Altre opere: Doctor Who, Dracula, Castlevania, Le Cronache di Narnia, Lost]
Genere: Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Anime/Manga, Cartoni, Libri, Telefilm
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 107

L'uomo con gli occhi a palla

 


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«Mi fai schifo» Disse Alucard a Sebastian

«Lo so» rispose Sebastian, tranquillissimo, pulendo le unghie di Ciel, che lo guardava schifatissimo

«Fai schifo pure a me» aggiunse il giovane conte, dando un calcio sul naso del suo maggiordomo

«Non me lo aspettavo, signorino»

«Anche a me fai schifo!» strillò Seras «Perchè fai tanto schifo al mio Mastah!»

«Ho capito, non piaccio a nessuno!»

«Non è vero» si affrettò a dire Mey Rin, premendosi le mani sul cuore «Tutti noi apprezziamo le tue fantastiche buone qualità, signor Sebastian!»

«E adesso vattene» aggiunse solamente Ciel, tirando via le mani dalla presa di quelle del suo maggiordomo «E nasconditi in un angolino dove io non possa in alcun modo vedere la tua brutta faccia piatta da demone».

Sebastian lasciò in silenzio il salotto, con una rabbia strana che gli covava nel petto. Non si era mai sentito, in tutta la sua lunga vita, così disprezzato come in quel momento. Se solo le regole gli avessero in qualche modo permesso di fare del male a quella gentaglia! Certo, il maledetto vampiro era forte, ma Sebastian Michaelis era convinto di essere molto più intelligente di lui, di poterlo battere con l'astuzia...

Ma le regole, in quella casa, erano fatte in modo da stare scomode a tutti, in qualunque modo esse erano prese ed in qualunque situazione, per chiunque esse fossero fatte. Era una situazione insopportabile. Aveva avuto una vita davvero lunga e per lui un anno era solito passare in un battito di ciglia... ma ora... c'era qualcosa di strano. Era come se fosse bloccato nel tempo senza poterne uscire, a vivere e soffrire ogni secondo di quella maledetta tortura. Per la prima volta da quando aveva stretto il patto con Ciel, pensò di cambiare padrone. Non poteva interessargli di meno di far vincere quel piccolo moccioso allergico ai gatti, ciò che voleva era solo la sua anima; ma cominciava a chiedersi se valesse così tanto...

Ciel stava cambiando. Non c'era bisogno di essere un demone per accorgersene. Da quando era arrivato in questa casa gli stava succedendo qualcosa. Già da quando aveva fatto il primo passo in quella maledetta casa cadente, dopo che Sebastian si era impegnato così tanto e lo aveva reso così deliziosamente viziato e snob da avere aggiunto sapore alla sua anima più di mille spezie... stava diventanto meno moccioso. Meno viziato. E, subito dopo la Redenzione – sciagura delle sciagure! – arrivava Undertaker che era una specie di “figura paterna”.

Forse Ciel non era più così appetitoso, magari aveva bisogno di un nuovo padrone... qualcuno che covava odio o rabbia, qualcuno con un obiettivo così intenso e fisso in mente che avrebbe accettato anche di fare un patto con il diavolo, di vendere la propria anima per riuscire a farcela. Come il conte Phantomhive, quando lo aveva trovato tanto tempo fa, confinato in gabbia... ma non così piccolo. L'ultima cosa he gli serviva era un altro bambino da crescere e viziare.

Sentì dei passi dietro di sé e si voltò, bruciando internamente.

«Signor Sebastian» Mey Rin lo fissò, titubante, guardandosi i piedi «Volevo solo dirle che non tutti la odiano. Il signorino sta passando dei momenti difficili, e-ed è un bambino... e Alucard è di una squadra nemica... volevo solo dirle che qui le vogliamo bene, davvero».

Sebastian inclinò appena la testa da un lato, scrutando Mey Rin. Già, lei era uno di quei motivi per cui voleva lasciare Ciel e cercarsi un nuovo padrone. Sempre a combinare guai, a cadere e rompere tutto. Una domestica terribile.

«Mey Rin non dovevi venire» Sebastian cercò di far si che il suo sorriso fosse molto dolce «Sei molto gentile, comunque»

«No, davvero, signor Sebastian» insistette Mey Rin, diventando rossa «Noi apprezziamo davvero tutto quello che fa. Senza di lei, non penso che riusciremmo a vivere. Lei è indispensabile, lo è per Bard, per Finnian, come per il signorino e anche per me...».

Sebastian sospirò «Grazie, Mey Rin. Ora puoi andare a riposare con gli altri, non c'è bisogno che tu rimanga qui» aggiunse maggiore enfasi con un altro sorriso dolce «Ho davvero capito il concetto».

Mey Rin annuì e praticamente scappò, rossa in faccia.

Sebastian fece mentalmente la lista delle cose da fare. Oggi doveva assolutamente pulire le finestre: il genio di Finnian le aveva macchiate tutte di acrilico marrone. Si aggiustò i guanti sui polsi e commentò «Non è bene spiare, Bard e neppure origliare. Se volevi ascoltare la conversazione tra me e Mey Rin poteva risparmiarti di giocare alla piccola spia».

Bard storse il naso e si avvicinò a Sebastian.

«Come lo sapevi» Domandò

«Non sei abbastanza bravo a nasconderti ancora, cuoco. Ora, per favore, non intralciarmi il passaggio e vedi di non origliare più le mie conversazioni» il sorriso di Sebastian aveva ora tutt'altro significato «Non è affatto educato»

«Yes, sir».

Bard si dileguò, demoralizzato.

Sebastian si avviò per il corridoio, ripassando la sua lista mentale. Cosa doveva fare dopo aver pulito le finestre? Beh, il pavimento, certo... Tra poco sarebbe stata l'ora del thè, perciò era meglio mettersi subito dopo al lavoro: per quanto fosse veloce lui, il thè che lui preparava non era demoniaco e l'acqua non prendeva a bollire da sola in meno tempo del normale...

Guardò con disapprovazione le chiazze di acrilico sparse su tutto il vetro. Ma certo, Finnian non poteva fare a meno di distruggere la Casa del Reality, come se non fosse già cadente per conto suo.

Prese il panno e, storcendo appena il naso, lavò via la macchia da sopra il vetro.

Si ritrovò a fissare per qualche millesimo di secondo due occhi tondi e sgranati, azzurro chiaro, prima che il suo proprietario si voltasse velocemente e si allontanasse.

Sebastian fece per aprire la finestra, quando la voce di Ciel alle sue spalle lo fermò

«Che diamine stai facendo?!» esclamò «si gela e tu apri le finestre? Sei matto?».

Sebastian strinse i denti e si voltò verso il suo signorino «C'era qualcuno alla finestra».

Ciel cambiò subito espressione «Guardava dentro casa dalla finestra?»

«Guardava verso di noi» corresse Sebastian «ma c'erano ancora le macchie di acrilico di Finny, perciò non poteva osservare l'interno della casa».

Il conte parve pensarci su, poi decretò al suo maggiordomo «Fino ad adesso poteva essere anche solo una persona di passaggio che guardava la finestra, ma tieniti comunque pronto ad eventuali emergenze. Non si sa mai, abbiamo molti nemici, come pure gli Hellsing. Potrebbe essere della stupida gente rancorosa e senza scrupoli pronta a farci fuori, stà attento».

Sebastian sorrise e si inchinò «Yes, my lord».

Ciel si allontanò.

Il maggiordomo si affrettò a ripulire del tutto la finestra, sbirciando di tanto in tanto per vedere se quell'individuo si ripresentava.

Una persona stupida, rancorosa e senza scrupoli pronta a far fuori un nobile per i propri scopi... era proprio quello di cui aveva bisogno.

 

«Oh, avanti, non è vero!» disse, con convinzione

«E invece no, Walter...»

«Andersen, sei un ottimo ballerino!»

«Ti dico che invece non lo sono affatto...»

«Ascoltami una buona volta!» Walter gli mise una mano sulla spalla, anche se ci volle un pò per arrivarci «Tu sei bravissimo a ballare! Io ti ho già visto ballare!»

«Ah, si? E quando?» l'Iscariota tirò su col naso

«Quando eravamo al campeggio, ricordi? Per tenerci caldi ci hai fatto ballare, e tu eri bravissimo! Ti ho visto, perciò non dirmi che non posso saperlo!».

Forse perchè Walter somigliava così tanto ad un bambino Andersen si fidò (anche se i bambini, specie quelli piccoli, sono meschini, bugiardi e mentitori sebbene molto puccini) e dette il beneficio del dubbio al piccolo maggiordomo

«Dici davvero?»

«Assolutamente» Walter annuì, sollevato

«Assolutamente si o assolutamente no?»

«Assolutamente bravo» rispose Walter

«Beh... grazie. Mi sento meglio».

Il maggiordomo non commentò sul fatto che ci era voluto quasi un pomeriggio per convincerlo del fatto che non fosse un orrido zombie artritico quando volteggiava sulla pista, ma preferì piuttosto chiedergli come mai si fosse svegliato, così, una mattina, e si fosse convinto di essere uno sgorbio orrorifico quando ballava.

«Ma, sinceramente non lo so» confessò Andersen «Ma di sicuro ci deve essere stato un motivo per cui io ci abbia pensato... sei sicuro che io non faccia schifo a...»

«Non ci pensare nemmeno!» lo interruppe Walter, alzando le mani e facendo ampi gesti come per scacciare quel pensiero, ansioso «Però...»

«Però?» chiese Andersen, aggrottando le sopracciglia

«Potremmo uscire dalla tua stanza?» Walter starnutì «Non ho mai visto qualcosa di così sporco e polveroso in vita mia».

Andersen parve a disagio, e faceva una certa impressione vedere un omone grande e grosso come lui a disagio «Si, certo, usciamo».

E uscirono nel corridoio. I passi di Andersen risuonarono duri e pesanti, come quelli di un gigante con scarpe di legno, poi si stabilizzarono in un suono più sottile e armonico, un ticchettare leggero. Walter si chiese come potesse, una persona così grossa con un passo simile, pensare di essere sgraziato e scoordinato.

Alucard era sgraziato e scoordinato, non Andersen. Questo pensiero diede i brividi a Walter, ma ben presto il giovane-vecchio maggiordomo si chiese che aspetto avrebbe avuto Andersen se si fosse curato la barba, fatto crescere e curato i capelli e rasato un po' di quella pelliccia bionda che si ritrovava su tutto il corpo. Forse sarebbe stato bello: era alto, muscoloso, con le spalle larghe e gli occhi verdi. Gli serviva solo un pò di cura, meno facce da esaltato religioso e un paio di occhiali nuovi, che non fossero spezzati e riparati con l'attack, che fossero alla moda, che gli incorniciassero meglio lo sguardo.

In quel momento, Walter decise di rendere più bello il mostruoso prete. Ovviamente non tutto in una volta, non l'avrebbe trascinato in uno stanzino e truccato: un pò per volta, piano piano, l'avrebbe reso più fine e affascinante di quanto Alucard fosse mai stato. Il motivo per cui aveva deciso questa cosa è che non ne poteva più delle angherie del vampiro in rosso, del suo chiamarlo “Chiccolino di Ribes”, e voleva in un qualche modo, qualunque modo, fargli uno sgarbo.

«Cos'è questo?» Chiese all'improvviso Andersen, chinandosi a prendere un foglio stropicciato

«Solo una cartaccia» lo rassicurò semplicemente Walter «C'è un sacco di questa roba disseminata in giro per questo postaccio schifoso. Nessuno mai si cura di pulire o anche solo di smetterla di buttare le cartacce. Puliamo solo io e Sebastian».

Andersen gettò la carta alle sue spalle

«Beh, forse hai ragione, Walter» disse Alexander Andersen, facendo il gesto di gettare il foglio alle sue spalle

«Aspetta!» lo fermò il maggiordomo «Quella carta! Non l'ho mai vista, qui, nella casa... sembra essere preziosa, guarda com'è decorata finemente...»

«Tutta a fiori miniati in ocra» commentò Andersen, distendendo il foglio precedentemente appallottolato «Pesante... è vero, che diavolo ci fa qui?»

«Fammici dare un'occhiata»

«Certo, Walter...»

«Hmmm... c'è scritto qualcosa, ma non sembra molto leggibile, non sembra neanche nella nostra lingua... tu sai cos'è, per caso?»

«Hmm... è... chiaramente... iracheno»

«Iracheno?» Walter aggrottò le sopracciglia «E tu sai tradurlo?»

«No, ho riconosciuto solo una parola... io non ho idea di come tradurre l'iracheno. Sono italiano e parlo anche l'inglese, ma tre lingue è decisamente troppo»

«Io so lo spagnolo» confessò Walter

«Io lo capisco» disse Andersen «Non è molto differente dall'italiano, solo che nella mia lingua non ci sono tutte quelle esse alla fine»

«Si, me la cavo anch'io con l'italiano, ma iracheno niente» rise Walter, mettendosi una mano dietro la testa «Vabbè, conserviamo lo stesso questa roba, può venirci utile... ci sarà qualcuno in questa casa capace di capire l'iracheno, no?»

«No»

«D'accordo»

«Andiamo».

Walter si infilò in tasca il foglietto e si voltò, riprendendo a camminare insieme ad Alexander Andersen. Un coniglietto bianco saltellò di fronte a loro, poi si infilò in un corridoio laterale.

«Di chi era quel coniglio incustodito?» Domandò Andersen

«Non lo so» ammise Walter «Non l'ho proprio riconosciuto. Dev'essere dell'altra fazione»

«In tal caso... dovremmo catturarlo e mangiarlo?»

«Non credo... insomma, se non prendessimo e cucinassimo quel coniglio, per quanto andremmo ad ingrossare le nostre provviste, finirebbe che ci attireremmo le ire dell'altra fazione, che inizierebbe a cercare a tutti i costi di prendere i nostri conigli per mangiarli. Insomma, si scatenerebbe una guerra»

«Siamo già in una specie di guerra, Walter...»

«Beh» il maggiordomo si strinse nelle spalle «Non voglio aggravare le cose, è tanto terribile?»

«No. Fai bene, mantenere la pace è una cosa importantissima»

«Tu che sei religioso, poi... il tuo Dio non dice di non fare la guerra?>

«No. Dice di farla contro gli infedeli»

«Ma non era... chi ti da uno schiaffo porgi l'altra guancia?»

«Quello l'ha detto Gesù, che era il figlio. E poi io sono un'Iscariota, sono dispensato dal porgere l'altra guancia, io andrò sicuramente all'inferno»

«Ah» Walter sorrise.

Che ragionamento ipocrita... gli altri devono porgere l'altra guancia, ma non io, perchè io andrò all'inferno. Così è facile, molto più facile di quanto Walter si sarebbe aspettato.

«E così sei consapevole... che andrai a fare compagnia al signor diavolaccio, eh, prete?»

«Si, ne sono consapevole» Andersen annuì, poi si fermò, l'espressione sorpresa «I conigli! Quello è di Integra, vero?»

«Si, è Piscio, il conigliaccio mordace di Integra»

«Come mai se ne sta andando in giro indisturbato? E se i Phantomhive lo catturassero?»

«Beh, sarebbe tanto peggio per loro» Walter ridacchiò «Quel coso morde e sporca in modo pazzesco»

«Beh, ma se Sebastian lo trovasse... potrebbe anche non farsi scrupoli nel prenderlo e ucciderlo per poi cucinarlo per il suo signorino»

«Hai ragione, ma cosa ci vuoi fare? Io non recupererò quel dannato coniglio. Se Integra ha deciso di lasciarlo andare in giro, io non sono nessuno per riprenderlo. Capisci, lei non vuole che io tocchi le sue cose per alcun motivo al mondo»

«Gelosa delle sue cose?»

«Ah si, molto»

«Beh, vorrà dire che non toccheremo il suo coniglio... grazie dell'avvertimento...».

Piscio, l'enorme coniglio arruffato di Integra, rispuntò proprio di fronte ai piedi di Andersen. Sembrava spaventato, aveva gli occhi di fuori e tremava tutto, sollevando il pelo ad ondate sulla schiena.

«Che gli è successo? Posso prenderlo in braccio?» Chiese Andersen, mosso a compassione

«Non te lo consiglio. Ti farà la pipì addosso, spaventato com'è»

«Che schifo. Ma non posso lasciarlo lì per terra, a tremare così...»

«Lascialo tremare...»

«Ma che... poverino, è così...»

«Così brutto e mostruoso quand'è spaventato»

«Ma no. Mi sembra che sia solo un povero coniglietto»

«E poi se lo prendi Integra si arrabbia...»

«Ma ora lei non è qui» sussurrò il prete, con aria da cospiratore

«Ci tieni proprio tanto a prendere in braccio quello stupido coniglio?».

Nel frattempo, lo “stupido coniglio”, si era messo a strofinarsi ossessivamente sulle scarpone nere e spesse di Andersen, emettendo un rumore che somigliava a quello di una padella che soffrigge.

«O si sta accoppiando con le tue scarpe, oppure ha davvero tanta paura» Commentò Walter

«Paura» sbuffò Andersen, chinandosi e prendendo fra le sue enormi mani il coniglio «E non credo che Integra mi ucciderà solo perchè ho preso in braccio il suo povero coniglio spaventato».

Walter annuì, poi si irrigidì. Era un guerriero, lui, e stava percependo qualcosa. C'era qualcuno, oltre a lui, il prete e il coniglio, in quella stanza.

«Andersen?».

Il prete si immobilizzò, poi, tenendo con una mano sola l'enorme coniglio di Integra, estrasse dalla manica una baionetta e la strinse tra le dita spesse e inguantate. Annuì piano: aveva sentito anche lui.

Qualcosa sorvolò le loro teste, troppo silenzioso per essere un piccione e troppo bianco e grosso per essere un pipistrello, e si posò alle loro spalle.

«U-un fantasma ...?» Chiese Walter con voce strozzata, voltandosi con i fili trinciatutto sguainati

«No» disse calmo Andersen, scuotendo il testone «Un barbagianni».

Il piccolo rapace si era posato dall'altro lato della stanza e li osservava attento, osservandoli con i suoi enormi occhioni dorati.

Il maggiordomo sospirò di sollievo

«Ma guarda» disse, sorridendo «Guarda, guarda! È solo un gufetto! È anche carino...» fece per avvicinarsi e l'uccello arruffò tutte le sue morbide piume e il maggiordomo rise più forte «Ma quanto è dolce!».

Il barbagianni lo guardò fisso e si bloccò in quel modo che solo i rapaci notturni riescono a fare, come in una foto, poi assottigliò gli occhi.

E non soli quelli.

Sotto gli occhi sgomenti del povero piccolo Walter, il barbagianni si allungò e assottigliò come una sorta di demone sogliola, terrorizzando il maggiordomo.

Era come se si fosse essiccato sul posto e tutte le curve tondeggianti che aveva avuto prima erano diventate delle sorta di aguzze... insomma, era tutto triangoli.

Walter urlò e fece un salto indietro, incespicando e cadendo sul pavimento «Aaah! Che diamine gli sta succedendo? È un mostro!».

Il barbagianni lo fissò con i suoi occhi arcigni, stretti a due fessure, poi si riallargò e volò via silenzioso.

I due rimasero in silenzio, il maggiordomo ancora seduto per terra.

«Odio la Casa del Reality» sussurrò Walter.

 

«Ehi! Era un bel po' che non ci si vedeva, eh, Quattr'occhi?» Mey Rin sorrise e prese in braccio il suo coniglietto.

Con tutto quello che stava succedendo, in effetti, non aveva avuto molto tempo per stare con il suo animaletto. Non aveva mai avuto un animale domestico, in effetti, quindi, fra le tante cose brutte, il reality ne aveva fatta anche una buona. Si chiese se alla fine dell'anno avrebbe potuto tenere comunque quel coniglio. Passò le dita tra la pelliccia morbida dell'animale, incontrando con le dita qualcosa.

«Oh! Che cos'è?» Mey Rin alzò appena appena gli occhiali grigi e impedimentari per guardare meglio.

Un nastro giallo era legato al collo del lagomorfo che si era accoccolato fra le sue braccia. Qualcosa, poco sotto l'orecchio, faceva la sua dorata apparizione.

Mey Rin aggrottò le sopracciglia e cercò di far venire via la cosa sconosciuta. Era una specie di bigliettino, troppo bello, troppo elaborato per venire da dentro la Casa del Reality. Lì dentro tutto faceva schifo, era brutto, vecchio e puzzava, figuratevi se potevano avere dei biglietti dorati e decorati a fiori! Aveva visto qualcosa del genere solo nella caccia al tesoro, ma i biglietti erano notevolmente più scialbi e rovinati.

C'erano dei simboli sopra... erano delle parole... ma che lingua era?

La cameriera storse il naso e rigirò il quadratino luccicante, ma da nessuna angolazione le parole apparivano familiari. Mey Rin si strinse nelle spalle e pensò, fra sé e sé, che di certo il signor Sebastian avrebbe saputo spiegarle che cos'era... forse era qualcosa collegato alla prova del giorno dopo, non era la prima volta che c'erano degli “spoiler” il giorno prima della prova.

Sperava solo che sarebbe stata una prova rilassante e semplice come quella di oggi, ma di solito gli spoiler venivano fatti solo in odissee tremende e terribilmente faticose con alto rischio di morte. A questo punto, non le rimaneva che sperare che il bigliettino non ci avesse nulla a che fare... beh, forse era il caso di andare subito da Sebastian... se fosse successo qualcosa domani che lei avrebbe potuto evitare grazie a quel bigliettino e per cui invece non aveva fatto nulla, si sarebbe sentita tremendamente in colpa (e le strigliate che avrebbe certamente ricevuto non le avrebbero giovato).

Fece per incamminarsi, quando Quattr'occhi cominciò inspiegabilmente a dimenarsi con foga fra le sue braccia, saltando via e fuggendo.

Mey Rin si guardò intorno, poi corse dietro al suo coniglio

«Quattl'occhi! Quattl'occhi, tolna subito qui!» esclamò indispettita, svoltando l'angolo del corridoio «Se vai dal lato dei nemici le plendi, coniglio cattivo! Tolna qui immediatamente!».

Tap.

Tap.

Era incredibile quanto potessero risuonare forte dei passi in un corridoio vuoto.

Tap.

Tap.

 

«Uhm... non penso che questa cosa si possa fare» constatò lei, accarezzandosi il mento

«Ma si! Stiamo facendo tutto come vogliono gli altri, nessuno ci ha sgridato e nessuno ci sgriderà!» insistette il ragazzo, con aria di leggerezza

«No no no, non è giusto ti dico...! Almeno credo» la ragazza sembrava confusa e storceva la bocca, guardando come se ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato che però lei non riusciva ancora a vedere in quello che stavano facendo

«Ecco, tu lo credi, ma sbagli!»

«Uhm...»

«Cosa?>

«Beh, io...» la ragazza si scompigliò i capelli biondi, anche se erano già scompigliati in proprio

«Anche io all'inizio avevo questa sensazione, ma poi...»

«Aspetta! Ora ho capito cosa c'è di sbagliato!» realizzò la ragazza, interrompendolo raggiante «Noi non possiamo fare ciò che stiamo facendo perchè io e te non siamo più amici!»

«Oh, è vero!» Finnian si battè una mano sulla fronte «Noi ora ci odiamo!»

«Già!» Seras indicò con un ampio gesto la scacchiera e la correlata castagna «Non si può giocare insieme a Scaccastagna se si è nemici!»

«Bene, allora me ne vado!» Finnian si alzò, si scotolò la polvere dai pantaloni, si mise la castagna nella tasca e fece per prendere sottobraccio la scacchiera, ma la vampiretta afferrò l'altro lato della scacchiera ed esclamò «Ehi! Questa è mia!»

«Neanche per sogno!» ribatté il giardiniere, strattonando l'oggetto verso di sé nella speranza di sottrarlo alle grinfie della sua nemesi

«Molla!»

«Mai! È mia!»

«Lasciala, ho detto!»

«Sognatelo, Police-girl!»

Seras inspirò rumorosamente fra i denti, offesa e scioccata «Mastah!»

«Sai dire solo quello? Lascia la presa!»

«No!»

«Si!»

«No!»

«Si!»

«Cosa dovevo dire io?» chiese Seras, distraendosi

«Finnian, tieni la scacchiera» rispose il giardiniere che, non più influenzato dalla stupidaggine di Seras, era decisamente più furbo di lei

«Finnian, tieni la scacchiera?».

A Seras non sembrava che fosse quello che aveva detto prima... le sembrava una frase più lunga.

«Grazie, Seras!». Mentre la vampira era assorta nei suoi pensieri confusi, il biondino ne aveva approfittato per strapparle via di mano la scacchiera e darsela a gambe levate, rivelando una sorta di cinsimo che non gli si addiceva.

«Ehi! Mastah!» esclamò Seras non appena si accorse di quello che era appena successo sotto il suo naso e, usando i suoi super-poteri di vampiro, raggiunse Finnian e gli si buttò addosso in picchiata.

Finì in rissa.

Seras era un vampiro novellino, anche se non più una draculina, e Finnian un ragazzino super-forte geneticamente modificato, quindi erano praticamente alla pari. Era un volare di calci e pugni dovunque, mentre rompevano contemporaneamente tutto ciò che incontravano.

Seras buttò a terra il giardiniere e evitò per un soffio un pugno in faccia

«Tu non ci fai niente con quella scacchiera!»

«E invece si!» rispose Finnian ritraendo le testa appena in tempo per schivare un colpo della vampiretta

«No, perchè nessuno vuole giocare a scacchi con te!»

«Ma sei scema?» Finnian rimase sorpreso «Io non so giocare a scacchi!»

«Allora vuoi quella scacchiera per farmi il dispetto!»

«No, voglio giocare a scaccastagna!»

«Ma a te non piace scaccastagna! E non ti piaccio io! Volevi solo fare perdere la mia Mastah, me l'ha detto uoper!»

«Chi te l'ha detto?» il giardiniere smise di lottare, perplesso e spinse via Seras

«Me l'ha detto uoper» ripetè la vampira con il broncio, mentre Finnian si metteva a sedere e si aggiustava la camicia bianca e rossa.

Da un corridoio laterale uscirono Andersen e Walter che parlottavano fitto fitto fra loro, poi videro Seras e Finnian tutti pestati per terra che si guardavano male e smisero di chiacchierare.

«Uhm... Finny? Chi vi ha picchiato?» Walter era spaventato. Quei due stupidini erano terribilmente forti, non era molto semplice riuscire a fargli del male...

«Quella pazza di Seras!»

«Non è vero, sei stato tu che hai cominciato!»

«No! Sei stata tu! Io me ne stavo andando e tu mi ha menato!»

«Te lo meritavi!».

Walter si stupì molto del battibecco, tantopiù che entrambi non erano granché come attori a quanto aveva capito e quindi era tutto reale. Credeva che fossero dei Best Friend Forever o qualcosa di simile e non avrebbe mai pensato di vederli litigare.

«Fermi! Buoni, state calmi!» si intromise Padre Andersen, cercando, obbligato dal suo mestiere, di fare da paciere «Tutto si può risolvere! Voi siete due buoni amici, e sono sicuro che c'è un modo per appianare tutte le vostre divergenze!»

«Che vuol dire?» pigolò la police-girl

«Vuol dire farci fare pace» sbuffò Finnian.

Walter era sempre più confuso. Va bene, va bene, Seras e Finnian avevano litigato, poteva succedere... ma Finnian che dava lezioni a Seras non se lo sarebbe mai immaginato. Cos'era, il mondo stava girando al contrario oggi?

«Seras, dimmi» disse l'Iscariota, con dolcezza «Perchè ce l'hai con Finnian?»

«Perchè è uno stupido bugiatore!» strillò Seras, perdendo immediatamente la calma

«Non è vero! E si dice bugiardo!» protestò il giardiniere, pestando un piede

«Si che è vero! A te non piace scaccastagna e mi volevi diventare un amico solo per farmi perdere la squadra!»

«In base a che cosa dici questo, Seras?»

«Perchè...»
«Tolna subito qui!» imprecò una voce familiare, sovrastando il commento sussurrato della vampira.

Quattr'occhi passò velocissimamente tra i piedi di Walter che guardò stupito la scena, poco prima che Mey Rin gli sbattesse addosso e lo buttasse giù

«Wa-Wa-Walt...»

«Tutto a posto, Mey Rin?» si preoccupò il maggiordomo «Ti sei fatta male?»

La cameriera arrossì vistosamente «Sto-sto-ste bene, glazie... cioè, grazie... e tu?»

«Non ti preoccupare» sorrise Chiccolino di Ribes, alzandosi e porgendole galantemente una mano «Ne ho viste di peggio di una damigella che mi finisce addosso... anzi, devo dire, è stato un piacevole incontro».

Mey Rin si issò e fu in piedi in pochi secondi, imbarazzatissima.

«Ehi!» esclamò Seras, additando Mey Rin «Ma quella cosa la conosco?».

Tutti la guardarono senza dire niente.

Alla fine fu Andersen che ruppe il silenzio, parlando alla vampira con la voce dolce di chi si rivolge a un bambino un pò stupido «Seras, certo che la conosci. È la cameriera della squadra avversaria, Mey Rin, non ricordi?»

«Si, certo che me lo ricordo! Non dicevo lei!» la vampira scosse la testa con foga, continuando senza nessuna vergogna ad additare la cinese

«E chi dicevi? Walter? Guarda che conosci anche lui...»

«No, no, no! Ce l'hai anche tu quella cosa! Nella tasca!».

Walter e Andersen si guardarono, stupiti. La manona guantata di Andersen corse immediatamente all'apertura del suo giubbotto ed estrasse qualcosa di brillante.

«Questo dici?» Chiese, sventolando il bigliettino in iracheno

«Oh, certo, proprio quello!» Seras annuì «L'ho già visto usare al mio amico!»

«Ehi!».

Tutti si voltarono verso Mey Rin. La cameriera aveva in mano un biglietto identico a quello che il prete stringeva tra le dita e li fissava corrucciata (anche se non si notava da dietro le lenti).

Andersen si chinò un poco verso Seras e le domandò, dolcemente «Seras, dimmi: chi è il tuo amico?».

 

Integra fissò Alucard con sguardo di disapprovazione.

«Il tuo servo sta troppo attaccato allo schermo» constatò il Maestro, inclinando un pò la testa da un lato.

“Attaccato” era un termine riduttivo: aveva praticamente gli occhioni rossi incollati allo schermo. Integra sbuffò indispettita

«Alucard, allontanati dallo schermo! Vogliamo vedere anche noi la tv!»

«Si, my master» borbottò il vampirone in rosso, allontanandosi e sedendosi a gambe incrociate sul pavimento, di lato ai piedi della sua Master «Mi stavo solo chiedendo perchè stanno rimandando la puntata di Intervista col Vampiro con Hello Kitty... mi ricordo di aver girato altre puntate... che fine hanno fatto le altre puntate?!»

«Non farti prendere dal panico, vampiro» lo rimbrottò Integra, probabilmente è un errore della produzione o l'hanno fatto rimandare da capo perchè sta avendo successo e, forse, vogliono fare vedere anche le vecchie puntate a chi non ha potuto vederle prima, no?»

«Speriamo, Master...».

D'improvviso il Maestro sembrò colpito da un'idea e, girandosi verso Integra, le sussurrò «Il progetto sta andando a rilento... credo che dovremmo continuare l' “MC”, non pensi anche tu?»

«In effetti è molto tempo che lo abbiamo lasciato in sospeso» considerò Integra, appoggiandosi il mento alla mano, pensierosa

«Andiamo?»

«Andiamo» concordò.

I due si alzarono dal divano e si allontanarono dalla stanza, mano nella mano, confabulando con tono cospiratore fra di loro. Integra fece un cenno di saluto verso il servo poco prima di lasciare Alucard a ridere come un assatanato di fronte a un sé stesso più giovane che freddava una gatta senza bocca e uscire dalla stanza.

Il Nosferatu fissò con disappunto lo schermo con i titoli di coda del programma che comprendevano solo quattro nomi: la Regista Sconosciuta, Alucard, Hello Kitty, Cameraman.

Si issò sul divano e si sdraiò come un tamarro, prendendo in mano il telecomando e cominciando a fare zapping fra i canali.

La porta si spalancò all'improvviso, facendo sobbalzare il vampiro

«Alucard, ci servi!» ansimò Walter, con il fiatone di chi si era fatto tutta la strada correndo «C-ci serve il tuo aiuto!»

«Oh, sta zitto, Chiccolino» Alucard fece un gesto vago con la mano, senza staccare gli occhi dal televisore «Stanno rimandando il documentario degli uccelli che si fracassano il collo contro le foche! Uhi, massacro del mondo animale!»

«Oh, andiamo!» il maggiordomo sembrava esasperato e continuava a gesticolare «Vieni, l'hai già visto almeno cinque volte quel documentario brutto e macabro!»

«Non mi muovo»

«Cosa vuoi per spostarti?»

«Non saprei... penso che dovrebbe dirmelo Integra per farmi smuovere».

Walter assunse un'aria risoluta e chiese «Dov'è la nostra signora?»

«Guarda, è uscita adesso adesso con il Maestro. Ha detto che devono completare l'MC»

«Che roba è?»

«E io che ne so?»

Walter socchiuse gli occhi «Non sei per niente d'aiuto».

Alucard scrollò le spalle disinteressatamente e non si mosse, sorridendo in modo satanico quando uno squalo lasciò di una foca quasi in primo piano solo i suoi sfilaccini. Il maggiordomo, rassegnato, trottò via verso la stanza di Integra.

 

Seras rise con la sua vocetta fastidiosa «Oh, non posso dirvelo! Lui mi ha detto che non dovevo dirlo a nessuno di quelli della Casa del Reality!»

«Neanche a noi?» chiese Mey Rin «Guarda che noi possiamo mantenere un segreto, anche quello del tuo amico!»

Seras scosse la testa «No no, altrimenti non mi farà più venire da lui di sera!»

«Quando, di sera?» chiese Walter «Tu non stai sempre con Alucard di sera?»

«Oh, avete presente, uhm... il mio amico dice che è quando vado dove nessuno mi vede, senza le telecamere... lui dice che è stato lui a diblasilitarle»

«E perchè mai avrebbe dovuto fare una cosa del genere?» chiese Andersen, ignorando i palesi errori della grammatica della Police-girl

La ragazza fece spallucce «Non lo so, non gliel'ho mai chiesto».

Tutti si guardarono, preoccupati. Seras era completamente scema e poteva anche avere aiutato chissà quale bestia nociva che voleva sabotarli per tutto quel tempo. Sia dal Nosferatu che da Finnian avevano sempre sentito dire che, certe sere, per tutto il tempo trascorso nel reality, diceva che “aveva da fare” e scappava. Eppure era impossibile che andasse dal giardiniere o dal suo Mastah visto che entrambi, nella stessa sera, dicevano la stessa cosa. Nessuno ci aveva prestato attenzione più di tanto perchè per quanto ne sapevano la cosa che Seras doveva fare era andare a sbattere la testa tredici volte su tutte le porte che incontrava sulla sua via, ma, ora come ora, le cose si erano fatte decisamente più serie.

«Ti fa fare qualcosa in particolare?» chiese Andersen, ansioso

Seras annuì, con un sorrisino «Ma non posso dirvelo. Mi ha detto che è un segreto e che voi non dovete saperlo»

«Al diavolo, Seras! Ti fa fare delle cose strane che non puoi dirci e tu neanche ti accorgi di cosa si occupa il tuo “amico”?!» esclamò Walter, incredulo e preoccupatissimo.

Seras annuì di nuovo.

Il piccolo maggiordomo sentiva una voglia irrefrenabile di tagliare in tanti piccoli pezzettini la vampirella con i suoi fili trinciatutto, ma si trattenne perchè era spaventato all'idea che Seras avesse aiutato un demone mostruoso pronto a farli fuori tutti. Oppure poteva essere perfino coinvolta con la mala!

Oh, ma perchè Seras era così stupida?

«Non lo diresti a nessuno?» chiese il maggiordomo. Il braccialetto al suo polso si illuminò e la vampira annuì vigorosamente

«Oh, ma certo! Al mio Mastah direi tutto subito!».

Walter prese a correre immediatamente verso dove sapeva che avrebbe trovato di certo Alucard: davanti alla TV. Quel vampiro era un drogato del proprio programma e, a quest'ora precisa, non poteva non essere lì!

Arrivò subito e continuò lo slancio anche mentre si avvicinava alla maniglia, cercando di non cadere mentre spalancò la porta all'improvviso, facendo sobbalzare la persona, anzi il vampiro, all'interno della stanza.

«Alucard, ci servi!» Ansimò Walter, con il fiatone di chi si era fatto tutta la strada correndo «C-ci serve il tuo aiuto!»

«Oh, sta zitto, Chiccolino» Alucard fece un gesto vago con la mano, senza staccare gli occhi dal televisore «Stanno rimandando il documentario degli uccelli che si fracassano il collo contro le foche! Uhi, massacro del mondo animale!»

«Oh, andiamo!» il maggiordomo sembrava esasperato e continuava a gesticolare «Vieni, l'hai già visto almeno cinque volte quel documentario brutto e macabro!»

«Non mi muovo»

«Cosa vuoi per spostarti?»

«Non saprei... penso che dovrebbe dirmelo Integra per farmi smuovere».

Walter assunse un'aria risoluta e chiese «Dov'è la nostra signora?»

«Guarda, è uscita adesso adesso con il Maestro. Ha detto che devono completare l'MC»

«Che roba è?»

«E io che ne so?»

Walter socchiuse gli occhi «Non sei per niente d'aiuto».

Alucard scrollò le spalle disinteressatamente e non si mosse, sorridendo in modo satanico quando uno squalo lasciò di una foca quasi in primo piano solo i suoi sfilaccini. Il maggiordomo, rassegnato, trottò via verso la stanza di Integra.

E all'improvviso spuntò da dietro un angolo Grelle Sutcliffe con i capelli fiammeggianti che fluttuavano, e disse civettuolamente «Dov'è Sebas-chan?»

«E io che ne so?» rispose Walter usando la stessa frase detta poco fa da Alucard, un pò spaventato da quella strana apparizione di rosso fantasma mortale coi denti di squalo

«Come puoi non sapere dov'è il mio Sebas-chan? Voi due vivete insieme, e questo mi fa una rabbia...!»

«Senza offesa, amico, ma che problema hai?»

«Mi sono lavato di fresco i capelli e volevo farli vedere a Sebas-chan»

«Ma tu» disse Walter, con gli occhi strizzati in un atteggiamento indagatore, puntandolo con l'indice «Tu sei pagato per romperci le scatole? No, perchè, come hai fatto ad entrare nella casa?»

«Beh» disse Grelle, stringendosi nelle spalle e rivolgendo i palmi della mani verso l'alto «Ho trovato una finestra aperta»

«E ti sei infilato dalla finestra?» chiese Walter, incredulo «Ti sei infilato dalla finestra per fargli vedere i capelli?»

«Ci passo, sono snello io»

«Ma sei maschio o femmina?»

«Non si chiedono queste cose a una signora!» urlò stizzito Grelle

«Allora sei una signora!» esclamò trionfante il maggiordomo

«Fatti gli affari tuoi, bambinetto!» e detto questo Grelle se ne andò così com'era venuto: dalla finestra.

Walter rimase per qualche secondo lì, a fissare il punto in cui lo shinigami era sparito, poi contiuò per la sua strada.

Quello strano\a gli aveva fatto perdere del tempo prezioso, e nel frattempo chissà quanti atti criminali si stavano compiendo nel frattempo per colpa di Seras! (?)

Nel frattempo, nel mondo reale e non nella fantasia apprensiva di Walter, non si stavano compiendo affatto atti criminali nella sala dove i nostri eroi, intrepidamente, non erano riusciti a cavare granchè dalla bocca di Seras.

Solo un dente, perchè lei e Finnian si erano di nuovo messi a litigare.

Ok, forse le risse in luogo pubblico che coinvolgono vampiri ed esseri OGM non sono proprio una cosa legalissima, ma in linea di massima una police-girl e un giardiniere possono menarsi liberamente, no? E poi quante volte abbiamo già detto che questo è uno show ai limiti (e a volte un pò oltre...) della legalità?

«Io ho un'idea finchè non torna Walter» disse Mey Rin, passando il biglietto nella mano sinistra perchè le cominciava a sudare la destra «Sebastian sa tutte qajnte le lingue, quindi saprà anche questa, no? Andiamo a chiedergli cosa c'è scritto!».

Tutti si guardarono, dandosi degli stupidi per non averci pensato prima. Per fortuna che c'era lei!

«Ma siamo sicuri che sappia anche l'iracheno?» domandò Andersen, dubbioso

«È iracheno?» Mey Rin si aggiustò gli occhiali, osservando il biglietto

«Il signor Sebastian sa tutte le lingue!» declamò Finnian, gonfiando il petto orgoglioso

«Che ti gunchi, mica le sai tu!» esclamò stizzita Seras, in mancanza di qualcosa di meglio da dire

«Gunchi?» Andersen non sembrava aver capito bene. Come tutti gli altri del resto.

«Gonfi» spiegò Finnian, che la conosceva meglio di tutti gli altri « “Che ti gonfi” ha detto»

«Ah»

«Questa cosa non ci aiuta» osservò Mey Rin, a ragione «Come facciamo? Dobbiamo rimanere ad aspettare Walter!»

«Noi andiamo a chiamare il signor Sebastian e loro aspettano Walter qui» suggerì Finnian allegramente.

Mey Rin sperò che quei due non facessero più pace: il giardiniere era diventato nettamente più sveglio da quando non subiva più l'influenza di quella vampira tutta scema.

Seguendo l'idea del biondino (che era riuscito mentre tutti parlavano con Seras del suo amico misterioso a sottrarle la scacchiera dello scaccastagna), i due servitori si diressero verso il loro lato di casa.

Trovarono a metà strada il coniglio di Mey Rin, Quattr'occhi, che sembrava tranquillissimo. La cameriera lo riprese in braccio e gli parve di scorgere con la coda dell'occhio un coniglio bianco che saltava via, ma era impossibile: l'unico coniglio veramente bianco della casa era stato Annette, la coniglietta di Sebastian, ma era stata uccisa il giorno prima da un pokèmon, perciò...

La bestiola rimase tranquillamente accoccolata fra le sue braccia, senza cercare minimamente di fuggire o saltare via.

«Eccolo!» esclamò Finnian trionfante, additando la sagoma magra e slanciata del maggiordomo «Ecco il signor Sebastian!»

«Signor Sebastian!» chiamò la cinese «Abbiamo bisogno del suo aiuto, signor Sebastian!».

E quando mai” pensò fra sé e sé il demone “E quando mai questi non hanno bisogno del mio aiuto?”. Ma si avvicinò comunque ai due perchè li stava cercando già da prima di incontrarli e di scoprire (che novità!) che gli serviva una mano da parte sua

«Prima che mi diciate qualunque cosa, avrei bisogno di informarvi che: a) non mi interessa se è un'informazione riguardante il rimodernamente del gioco della scaccastagna e b) è necessario un aumento della cautela e dell'attenzione secondo le disposizioni del signorino»

«Perchè? Che è successo?» chiese la cameriera, preoccupata

«Oh, nulla di grave per ora» il demone sorrise «Abbiamo solo visto qualcuno che nessuno di noi ha mai visto che cercava di spiare dentro casa. Ma non vi preoccupate, potrebbe non essere un pericolo...»

«Signor Sebastian, ci è appena arrivato questo» Mey Rin tese la mano con il biglietto decorato a Sebastian. Il maggiordomo demoniaco prese il foglietto e lo osservò con curiosità.

«Signor Sebastian, lei sa l'iracheno?».

 

Walter si chiese perchè mai, se possedeva un braccialetto della fortuna, si stava comportando in quel modo. Ormai, si disse, la fortuna era della sua parte.

Walter Lucky Cum Dorneaz, ecco chi era ora!

Il maggiordomo pensò che non si sarebbe in nessun caso cambiato il nome in quel modo, perchè si comincia con un piccolo cambio di nome e si finisce a fare i megalomani super-cattivi in qualche allegra città di super-eroi. Il passo era breve.

Così tornò calmo calmo da Andersen, Seras, Mey Rin e Finnian, ma con sua sorpresa i due Kuroshitusjiani erano spariti. In compenso, Seras si era seduta per terra e si divertiva a stendersi, alzarsi, toccare con il naso per terra, alzarsi, stendersi e ripetere l'operazione all'infinito.

Sembrava finta.

Andersen sembrava esaurito e, dopo averle spiegato una quindicina di volte che se si faceva male era perchè stava sbattendo il naso per terra, ci aveva rinunciato.

«Ehi, prete!» salutò allegramente Walter, fischiettando.

Si si, era bello essere fortunati, e questa era la prova del nove per vedere se poteva sfruttare questa sua fortuna per assecondare una volta per tutte la sua pigrizia.

«Walter!» ricambiò l'Iscariota.
«Waltah-san!»

«Non eri andato a prendere Alucard?» chiese il prete

«Oh, si, infatti. Lasciagli del tempo e arriverà» assicurò Walter serafico, con le mani dietro la schiena. Il braccialetto al suo polso mandò un bagliore tenue.

«Mastah!».

Proprio in quel momento, arrivò Alucard caracollando e sbuffando, apparentemente molto infastidito.

«Ehi, Alucard!» commentò Walter, gioviale «Come mai qui?»

«Mi si è rotta la TV... ci abbiamo messo una prova intera per prendere quel maledetto schermo, abbiamo affrontato delle schifie teste di Medusa volanti e un elementale del fuoco imprigionato dalla negromanzia in un'armatura... e ora si è rotta... allora ho deciso di venire a vedere che cosa volevi...»

«Oh, perfetto!» Walter si sfregò le mani «Seras è probabilmente convolta in affari della malavita, e ha detto che dirà il nome dell'onorevole Don Amico solo a te e ti svelerà tutti i dettagli... perciò, che ne diresti di fare le giuste domande a questa signorina e aiutarci nelle indagini!»

«Evviva!» esclamò Seras «Evviva!»

«Sei contenta perchè ora puoi confidarti?» chiese Andersen, affettuosamente

«No no! E perchè finalmente è venuto a prendermi! Ci vediamo dopo, Mastah!».

Seras si alzò e corse alla finestra, ridendo e urlando «Uiiiiii!».

E allora Walter fu colto da un dubbio, un dubbio terribile.

Non è che il suo amico...

era Grelle Sutcliffe?

(ta ta ta taaan! Ta ta ta taaaan!)

La vampira si affacciò alla finestra.

Da fuori venne una voce acuta che gli chiedeva qualcosa concitatamente, al che lei scosse la testa in cenno di diniego, poi richiuse la finestra e tornò tra di loro, delusa.

«No, non era lui...» Annunciò

«E chi era?» chiese il prete

«Buh, una che m'ha detto se sapevo dov'era Sepas-cià... e io che ne so dov'era Sepas-cià?».

Walter fu immensamente sollevato: Grelle non era l'amico della vampira, evidentemente, perchè era lui che girava intorno alla casa come un avvoltoio chiedendo ai co-inquilini di quel demone da strapazzo dov'era Sebas-chan (o meglio, Sepas-cià....).

Ma allora...

chi era?

E non fa...

... suspence scrivere così?

In quel momento arrivarono Sebastian, Mey Rin e Finnian, con notizie nuove, calde e fumanti.

«Ragazzi» annunciò Mey Rin, con uno sguardo tanto deciso e compiaciuto da sembrare quasi di sfida «Questo mistero si è infittito, ma noi ci siamo addentrati nella boscaglia. Abbiamo delle nuove tracce da seguire!»

«E che c'entrano gli alberi ora?».

Potevi toglierlo dall'influenza di Seras tutte le volte che volevi e mandarlo a Timbuttù (come direbbe SerasFinnian. SerasUpaFinnian direbbe “Timbuttupà!”) con un volo di sola andata, ma Finnian rimane sempre Finnian

«No, è solo un modo di dire, la boscaglia, Finny. È... figurato, sai. In qualunque caso, abbiamo scoperto cosa c'è scritto sul biglietto!»

«Esatto» confermò Sebastian «Sul biglietto c'è scritto...»

«C'è una signora che ti chiama! È quella di prima che mi chiedeva di Sepas-cià!».

Sebastian raggelò, schifato.

Sulla finestra c'era spiaccicato Grelle con un sorrisone da squalo, che continuava a tratteggiare cuoricini nell'aria e indicarsi la testa. In verità si stava indicando la sua lunga e folta chioma di capelli rossi, ma Sebastian non poteva saperlo, e non riusciva a capire i segnali che quello gli indicava.

Gli stava forse chiedendo di fare sposare le loro teste?

Gli stava dicendo che adorava avere i pidocchi i capelli rossi?

Voleva che gli spaccasse la testa?

Gli stava dicendo che amava i capelli neri di Sebastian?

O gli stava dicendo che amava solo i propri?

Qualunque fosse il messaggio che Grelle cercava di comunicargli, non lo capiva, anche se quello continuava a passarsi ossessivamente le dita fra le lunghe ciocche rosse. Sebastian lo ignorò.

«Dicevo, sul biglietto c'è scritto...»

«Si...?» chiesero tutti, sulle spine.

E all'improvviso (in questa casa si abusa degli improvvisi, ma d'altronde è così anche nella realtà, se ci fate caso) comparve, o meglio ricomparve Grelle Sutcliffe coi suoi capelli lavati di fresco.

Era entrato dalla finestra.

Guardò verso Walter e gli disse «Ah, piccolo maleducato, almeno mi hai ritrovato il mio Sebas-chan!».

Sebas-chan, sullo sfondo, aveva la faccia di qualcuno a cui avevano appena annunciato di aver preso la lebbra.

«Sono felice che tu sia qui, Sebas-chan!» Disse Grelle, spalancando le braccia in un impeto di gioia

«Io no» disse Sebastian, lapidario come una lapide

«Oh, Sebastian, non sono forse lucenti i miei capelli? Non sembrano una nube di fuoco?»

«Si, certo» rispose, scoraggiato Sebastian che non ce la faceva proprio più «Dimmi cosa vuoi, Grelle, e sbrigati, che non ho tempo da perdere».

Grelle fece una smorfia di dispiacere «Non dirmi così, caro mio, credi che io abbia dei secondi fini? Sono venuto qui solo a mostrarti i miei capelli!»

«Sono molto belli» disse Alucard «Lascialo stare a questo filiforme di un maggiordomo»

«Sarà anche filiforme» gli rispose Grelle, con accento struggente «Ma io lo amo per quello che è, così pericoloso, gelido, distaccato e filiforme»

«Un ghiacciolo consumato» commentò Walter.

Mey Rin era offesa da questa descrizione di Sebastian: lei lo trovava atletico, slanciato, cordiale e tutt'altro che gelido. Grelle guardò verso Mey Rin e le disse «Leggo disappunto sul tuo faccino, ragazza occhialuta»

«Il signor Sebastian» replicò Mey Rin «Non è gelido né filiforme, e se lui è filiforme lo sei anche tu!»

«Lo so» rispose Grelle «Ti sei accorta della mia forma perfetta?» e si mise una mano dietro la testa accennando una posa da modella.

Sebastian disse allora ad alta voce «Lasciate stare quest'essere pervertito, non rivolgetegli la parola per nessun motivo al mondo o corromperà i vostri cuori con la sua perversione»

«O Sebas-chan, come parli colto e gelido!» disse Grelle, quando d'improvviso (un altra volta) si udì la sigla di Kuroshitsuji. Tutti si guardarono intorno, stupefatti.

E Grelle disse, frugandosi sotto il giacchino «Non preoccupatevi, è solo il mio telefonino» e dunque estrasse un Blackberry rosso fiammante decorate a faccine di Sebastian e rispose alla chiamata

«Pronto?».

Ovviamente, da fuori, tutti sentirono il classico hsisuoaskdsviojwsbyuiosqhevgssohsgsyui che si sente quando qualcun altro fa una conversazione telefonica.

«Ah, si certo! Ma come ha il mio numero, scusi?»

«Csccsydsvdiokswqscssss»

«Questa non è una risposta! Voglio sapere come ha il mio numero!»

«Fsgscsigyusbssscgshjsvss»

«Ah, d'accordo» Grelle si allontanò il cellulare dall'orecchio «È per te Walter. Ma se mi rompi il telefono, io ti rompo il collo che sono uno shinigami e posso».

Walter si preparò a ricevere un interlocutore che gli diceva solo cssspssscssssfsss, e quindi si stupì molto (in realtà no, ma facciamo finta di niente) quando udì al telefono una voce chiarissima e capì che si sentiva cssspssscssssfsss solo da fuori in quanto l'audio era pessimo.

Ovviamente noi non sentimmo la conversazione per come andò davvero, ma vi riportiamo quel che abbiamo udito.

«Pronto?»

«Csssguftysvssftgpssss»

«Si, sono proprio io. Perchè mi cercavate?»

«Cssasppsgfssyijssiios»

«Certo, capisco»

«Cssshisvysvsiispppsss»

«Oh Walter, metti l'altoparlante» gli disse Alucard, scocciato

«Posso mettere l'altoparlante?» chiese Walter all'uomo al telefono

«Cssssffsgsfusnsispssss».

Walter si allontanò un po' il telefono dall'orecchio e disse ad Alucard «Niente altoparlante»

«Digli che io sono un vampiro che vuole ucciderlo» replicò Alucard «Perchè sono seccato da questo chssspssss»

«Non essere infantile, Alucard» gli disse Walter poi riprese a parlare col signore al telefono «Si, certo. Certo, certo, volentieri. Mi sembra un buon compenso. Senza dubbio... allora siamo d'accordo? Grazie mille! Una curiosità: come avete avuto il numero di Grelle...?>

«Ccsssgtsyvspshbujsibsssspsss».

Walter mise fine alla chiamata e ridiede il telefono a Grelle, il quale gli domandò stupito «Come hanno avuto il mio numero?»

«Non lo sanno neanche loro. Volevano chiamare me, ma io nella Casa non ho il telefono e per fortuna hanno chiamato te»

«Mmah» disse Grelle «Io non ci credo neanche un po', ma Sebastian, ti piacciono i miei capelli?»

«Si si» gli disse Sebastian, pur di cacciarlo via «Sono bellissimi»

«E descrivili con le tue raffinate e gelide parole!».

Depresso, Sebastian iniziò «Sembrano come... ehm... il sangue ehm... degli angeli. Neanche il mio Bocchan, il mio signorino, ha mai avuto capelli così belli. Sono come i petali delle, ehm... camelie rosse da cui si ricava il thè profumato»

«Hai notato che ho usato lo shampoo al thè? E bravo, Sebastian!».

Sebastian voleva scomparire in una botola sotterranea. Non in una botola che portava sottoterra, proprio la botola era già sottoterra.

«Vabbè, ti do il mio numero» cinguettò Grelle, allegrissimo «Così poi mi chiami e andiamo a fare shopping che hanno aperto un nuovo centro commerciale. Si chiama “Le cochon gris”. E pare che vendando di tutto! Così andiamo a comprare la lingerie, Sebas-chan!»

«Va bene» disse Sebastian, senza dire a Grelle che non aveva un telefono «Sicuramente andremo “al porco grigio”»

«Ma non dire queste cose brutte! Dobbiamo andare a “Le cochon gris”!»

«Significa “il porco grigio” in francese»

«Non mi piace più, cambiamo posto. Andiamo a “Le poisson fossoyeur”!»

«Ma dove li trovi questi bellissimi negozi!»

«Eh, mi piacciono i negozio raffinati, queli francesi...»

«Grelle» gli fece notare Sebastian « “Le poisson fossoyeur” significa “il pesce becchino”»

«Allora non mi piace più. Basta coi negozi francesi, d'ora in poi solo spagnoli! Andiamo al “puerco in mi tasca”!»

«Ma tutti porci?» domandò Walter, sgranando gli occhi «Che negozi frequenti?»

«È un porcellino» disse Sebastian, con accento raffinato «Ma vedi, Grelle, un “puerco in mi tasca” significa “un maiale nella mia tasca”»

«Allora non mi piace più. Andiamo in un negozio italiano...»

«Dammi il numero e me lo dici via telefono» disse Sebastian, stufo

«Va bene, che ho tanto da lavorare» replicò civettuolo Grelle, in una posa da Pretty Cure, poi gli diede il numero e balzò via dalla finestra.

«Si sarà buttato i denti» Commentò Mey Rin.

«Conoscendolo, purtroppo no» le spiegò Sebastian, poi stracciò e ingoiò il numero datogli da Grelle, maledicendo la sua incredibile memoria che glielo faceva ricordare lo stesso.

«Bene, e adesso, dopo tutta questa manfrina» si intromise Andersen, che era stufo di dilici dai superpoteri che parlavano di negozi porci e voleva sapere cosa diamine c'era scritto su quel biglietto «Che ne dite di tradurre?»

«Certamente» annuì Sebastian, guardando prima a destra e poi a sinistra per vedere se c'erano degli altri improvvisi.

Per la terza e speriamo ultima volta, disse «Quello che c'è scritto sul biglietto è...»

«Seras è scomparsa!» urlò Finnian, additando il punto in cui era stata qualche minuto fa «Non c'è più!»
«Maledizione, non ti permetto di fermarci ora!» esclamò Andersen «Maggiordomo Michaelis, leggi subito quello che c'è scritto su quel biglietto dorato! Seras la cerchiamo dopo, il tempo di dire
una frase!».

Sebastian annuì e per la quarta ed ultima volta (forse) disse «Sul biglietto c'è scritto...» e, finalmente completò la frase «... Che al piano di sopra di questa casa, ci sono ottanta chili di esplosivo C4».

Tutti si raggelarono. Perchè mai un iracheno avrebbe dovuto comprare una raffinata carta a fiori per scriverci sopra nella sua lingua che al piano superiore della casa c'erano ottanta chili di esplosivo? Forse... forse perchè la prova di oggi sarebbe stata quella di scoprire dov'era messo l'esplosivo e dissinnescare una bomba di dimensioni immani per evitare di morire tutti.

Sebastian si irrigidì appena: sebbene lui fosse un perfetto maggiordomo, non aveva le competenze necessarie per disinnescare una bomba. Non era il suo campo, lui non era un granchè con questo genere di tecnologie... ma sentiva che se la sarebbe cavata lo stesso.

«Potrebbe essere un indizio per la prova» Disse ad alta voce Sebastian «Magari non ci hanno avvertito, ma...»

«Rilassati, amico, rilassati» fece Walter, sventolando le mani verso il maggiordomo demoniaco «Cosa vuoi che accada?»

«Moriremo tutti» disse solamente Mey Rin

«Si, in effetti potrebbe saltare in aria tutto» spiegò Sebastian «Una simile quantità di esplosivo potrebbe farci fuori in un men che non si dica»

«Non salterà in aria» li tranquillizzò Walter «Questo è un diamine di reality show! Va bene che a volte vanno un po' oltre le regole del buonsenso, ma figurati se possono ucciderci tutti ad appena ventotto giorni dall'inizio»

«Ventinove» lo corresse Alucard, con il broncio «Sono solo ventinove e sembrano centocinquanta»

«A chi lo dici» ribattè il giovane maggiordomo di casa Hellsing «Ti sembra che a me piaccia tanto stare qui? Ho subito molti più danni di te. Ma in ogni caso non mi preoccupo tanto per una bomba. Non salteremo in aria davvero, ragazzi, è impossibile!»

«E allora perchè ci sono ottanta chili di C4 al piano di sopra?» domandò Sebastian, indicando con il suo sottile indice il soffitto

«Beh, è perchè... perchè...»

«Perchè potrebbe essere un attentato terroristico» disse il Maggiore, arrivando a passo dondolante, le mani sui fianchi come se cercasse di sembrare ancora più largo di quello che era «Questa trasmissione è sicuramente molto seguita. Qualcuno sta cercando di colpirci per abbattere il morale dei nostri affezzionati fans o per lanciare un messaggio molto chiaro: noi possiamo distruggere anche i vostri idoli, noi possiamo uccidere le vostre superstar».

Tutti guardarono il Maggiore a bocca aperta: il grassone aveva chiaramente ragione. Qualcuno stava puntando alla distruzione non solo delle loro vite, ma dell'intera location dello show, al puro scopo terroristico. Non per niente il messaggio era in iracheno. Ma se il messaggio era lasciato da dei terroristi, allora perchè...

«Perché abbiamo trovato due biglietti?» domandò Alexander Andersen «Perchè un terrorista dovrebbe lasciare in giro informazioni decifrabili? Non è intelligente!»

«No» confermò il Maggiore «Non è affatto intelligente. Affatto. Ma, anche dietro questo gesto, potrebbe nascondersi un motivo... loro volevano che noi trovassimo quel biglietto. Volevano scatenare il panico fra di noi, buttarci nell'angoscia prima di ucciderci»

«Ma adesso noi possiamo disinnescare la bomba» commentò Sebastian

«Questo è forse quello che vogliono lasciarti credere... e se la bomba non potesse essere disinnescata? Se un minimo movimento, una minima pressione, la facessero esplodere? Oh, questa casa salterebbe in mille piccoli pezzi polverosi, oh, come vorticherebbero in aria, sporchi del nostro sangue e delle nostre viscere... sarebbe un grande e glorioso spettacolo per i nostri nemici e demoralizzerebbe orribilmente i nostri alleati. La nostra morte verrebbe ricordata per molto tempo e scioccherebbe uomini, donne e bambini che hanno la sfortuna di dovervi assistere. Di noi resterebbe poco, saremmo irriconoscibili. Ecco che cosa vogliono fare di noi i terroristi»

«Secondo me tu sei troppo fissato con queste cavolo di azioni di guerra» commentò Walter, strizzando gli occhi «Andiamo, rilassati, non crederai davvero che ci sono degli strani terroristi iracheni che sono venuti a mettere nella nostra casa, al piano di sopra, ottanta chili di esplosivo? E nessuno se n'è accorto? Come è entrato questo esplosivo, volando?»

«Questa casa ha un sacco di passaggi segreti» gli fece notare Alucard «Nemmeno io li conosco tutti... è facilissimo per qualcuno introdursi di nascosto»

«Introdursi di nascosto con ottanta chili di esplosivo? Ottanta chili di esplosivo?»

«Si, perchè no...»

«Perchè sono ottanta chili di esplosivo! Va maneggiato con cautela, non è che può arrivare correndo il primo niubbo di turno che capita e scaricare al piano di sopra così tanta roba pronta a spiaccicarti contro le pareti»

«Hmm... su questo hai ragione, Walter...»

«E poi riflettete, tutti quanti» il piccolo maggiordomo allargò le braccia «Nemmeno abbiamo visto se esiste davvero, tutto questo esplosivo! L'avete visto con i vostri occhi? No, certo che no! Non avete visto nessun esplosivo! Oh, e a proposito, Alucard, sto pensando che non siamo al ventinovesimo giorno, siamo al ventottesimo»

«Ventinovesimo» borbottò il vampiro «La prova ventotto l'abbiamo fatta stamattina»

«Appunto. Ventottesimo giorno»

«Oh. Hai ragione, Chiccolino di Ribes»

«Chiamami di nuovo così e vado a farti disinnescare personalmente la bomba mentre siamo al sicuro, noialtri»

«Ma se hai detto che la bomba non c'è!»

«Ho detto che non l'abbiamo ancora nemmeno vista, non che non c'è per forza»

«Giusto» Alucard annuì, poi guardò verso Sebastian «Beh, cosa ha intenzione di fare la tua squadra, per salvarci?»

«La mia squadra?» Sebastian parve offeso dalla considerazione di Alucard «Come sarebbe a dire, la mia squadra? Non siamo noi a dovervi salvare!»

«Bene. Come intendete salvare voi stessi?»

«Come ha detto Walter» Sebastian deglutì, disgustato dall'idea di dover dare ragione al suo eterno rivale micro-maggiordomico «Non abbiamo neanche trovato ancora la bomba. Perchè dovremmo preoccuparci tanto?»

«Ah, non lo so, sinceramente... ehi, quello è un coniglio bianco?».

Tutti si voltarono. Effettivamente, c'era un coniglio tutto bianco, fermo immobile, ritto sulle zampe posteriori come una lepre che controlla il suo territorio. Gli fremevano le orecchie, ma per il resto sembrava quasi una statua.

«Un coniglio bianco?» Si domandò Mey Rin, eccitata da quell'indizio da libro giallo «Com'è possibile? L'ultimo coniglio completamente bianco di questa casa è morto...»

«Si» confermò Sebastian «Ci ha rimesso la vita in un brutto incidente, ohi ohi»

«Vieni qui, coniglietto» incitò Walter, inginocchiandosi «Vieni qui, piccolo carino morbidoso! Non ti faremo del male, non ti faremo alcun male, te lo prometto, vieni qui, piccolo e bello...».

Come per magia, il coniglietto prese a saltellare verso Walter. Nel momento in cui mise tutte e quattro le zampe per terra, ci si accorse che non era completamente bianco: aveva un numero dipinto in nero, sulla schiena, un grosso numero, il 15.

«Sembra una cavia o qualcosa del genere» Constatò Andersen, aggrottando le sopracciglia

«Potrebbe essere imbottito di tritolo ed essere una bomba vivente. Magari ad orologeria, non si può mai sapere... non sarebbe divertente?» osservò il Maggiore

«Oddio, una bomba?» domandò Walter, accarezzando l'animale fra le orecchie «Non credo proprio»

«Mah, io sarei diffidente»

«No, Maggiore, credo che tu mangeresti questo coniglio, non che saresti diffidente»

«Non so solo mangiare, nella vita»

«Sai anche ordinare a della povera gente di morire per te...»

«So corrompere i maggiordomi»

«Frecciatina velenosa, eh?» Walter fece un sorriso sghembo «Comunque non credo affatto che questo coniglio sia una bomba. Questo è solo... un povero coniglietto bianco»

«Perchè ha un numero sulla schiena?» chiese Mey Rin, indicando il lagomorfo

«Sinceramente? Non ne ho idea, Mey Rin» Walter si strinse nelle spalle «Forse perchè è il quindicesimo della cucciolata, o forse appartiene a un signore che ha quindici o che ne so, cinquanta, conigli bianchi tutti identici. Ci sono molti motivi per cui un coniglio potrebbe avere un numero sulla schiena».

Alucard sorrise

«Date a me quel coniglio» disse «Credo di avere un'ottima idea su cosa farne...»

«Certo» rispose ironico Walter «Mangiarlo, mi sembra ovvio, che cos'altro potresti farci con un coniglio? Bergli il sangue, maledetto vampiro...»

«Non te la prendere, Chiccolino di Ribes, ma ho un'altra idea su cosa farne...»

«E che cosa?»

«Sono affari miei, Chiccolino»

«Smettila di chiamarmi in quel modo!» il giovane maggiordomo strinse i denti «Non ho intenzione di lasciarti fare quello che vuoi! Mi devi rispetto»

«Io non devo rispetto assolutamente a nessuno. Io sono Alucard, io sono il signore della notte, il Night Walker...»

«Mi devi rispetto. Adesso. O ti capiteranno cose terribili» gli occhi di Walter risplendettero

«Si, come no...» il vampiro prese a ridere forte, a bocca aperta

«Lascialo stare» sussurrò Mey Rin, afferrando il bicipite di Walter «Lui fa così con tutti, mi è parso di vedere... »

«Si, è insopportabile» Walter si calmò un pò, anche grazie al tenero coniglietto bianco che stringeva fra le braccia «Lasciamo stare, và... Alucard! C'è una cosa solo che puoi fare, adesso, se vuoi aiutarci»

«Che cosa, Chiccolino di Ribes?»

«Devi aiutarci a cercare quell'esplosivo. Ascoltatemi bene tutti, ora! Faremo una perlustrazione di tutta la casa, alla ricerca di quel diavolo di esplosivo! Se entro un paio di ore nessuno di noi avrà trovato nulla di sospetto, beh, vorrà dire che non c'è assolutamente niente di cui preoccuparsi, no? Avete mai pensato, tutti quanti voi, che magari è solo uno stupido scherzo crudele della regia? Magari lo stanno facendo solo per spaventarci!»

«Beh, è effettivamente possibile» commentò Andersen «Siamo qui, intrappolati in questo posto crudele, dove posso seguire solo una messa alla settimana, la domenica mattina, e solo in televisione...»

«Non più» gli fece notare Alucard «Adesso il televisore è rotto»

«E adesso il televisore è rotto!» ripetè Andersen, arrabbiato «Non le sopporto»

«Calma, calma tutti, cerchiamo quello stupido esplosivo!» esclamò Walter, allargando le braccia «Poi si vedrà cosa fare con le televisioni rotte e con cose del genere, ok?»

«Ok, Chiccolino di Ribes» Alucard annuì «Noi ci separiamo...»

«Non avete nulla da temere» disse improvvisamente una voce sconosciuta.

Walter si irrigidì: come aveva potuto non notare prima che stava arrivando qualcun'altro?

Un uomo si avvicinò a loro. Era alto poco più di Walter, camminava lentamente, e aveva con se un coniglio bianco identico a quello che teneva fra le braccia il maggiordomo di casa Hellsing, con l'unica differenza che il numero che aveva sulla schiena non era un quindici, ma un otto.

L'uomo aveva occhi chiari, di un colore a metà fra il verde mare e l'azzurro, grandi e quasi spaventosi, sgranati. I capelli, scuri, sparati in alto come gli aculei di un porcospino, ma chiaramente senza gel, contribuivano a dargli un aspetto da pazzo furioso.

Vestiva con un gilet bruno su una maglia arancio chiara e dal taschino del gilet faceva capolino un bigliettino di carta decorata a fiori come quello che aveva trovato Andersen.

«E tu chi saresti?» Domandò Alucard «Ci conosciamo, per caso?»

«Tu non sai chi sono io» disse cordialmente l'uomo, sempre con quell'espressione fissa «Ma io so esattamente chi sei tu, Vlad»

«Oh. Beh, in realtà io non sono proprio...»

«Vlad Dracula, detto l'Impalatore, nato nel 1431, figlio di Vlad II Dracul. Hai trucidato migliaia di persone, molte delle quali con la crudele tecnica dell'impalamento. Morto per decapitazione, per mano degli uomini del regnante turco, sei rimasto poi molto sorpreso dall'esserti risvegliato come vampiro. Hai dominato la notte per circa quattrocento anni, spostandoti in tutto il mondo alla ricerca di un posto stabile dove vivere, un posto pieno di prede, come fanno tutti i giovani vampiri, finchè non sei tornato a casa, persuaso che quello fosse il tuo posto. In seguito, hai pensato di spostarti a Londra, un luogo su cui si favoleggiava parecchio a quel tempo, ma lì sei stato sconfitto da Abraham Van Helsing e da un manipolo di umani che si erano preposti come scopo quello di proteggere Wilhelmina Murray. Van Helsing ti ha imposto il Patto di Cromwell, ti ha tagliato le ali e te le ha fatte divorare, costringendoti così con un'antico rito ad essergli fedele. Il patto è stato rinnovato, circa trent'anni fa, da Integra Farburke Wingates Hellsing, la tua padrona. Perciò, come puoi vedere, so esattamente chi sei tu, Alucard»

«Oh, sei un fanboy!» il sorriso da paralisi facciale di Alucard si allargò un pò, chiarendo dunque che si trattava di un sorriso vero «Vuoi un autografo o preferisci che io ti succhi il sangue?»

«Nessuna delle due, Alucard. Non sono qui per questo»

«Oh, d'accordo Occhi a Palla, non ti arrabbiare! A proposito, Occhi a Palla, tu chi sei?»

«Non è importante, chi sono io, vi sto solo chiedendo di fidarvi di me...»

«Di fidarci di qualcuno che neppure conosciamo?» domandò Sebastian «Non è questo il mio modus operandi...»

«Eppure dovresti sapere che in questo momento sono sincero. Sei molto bravo, in genere, a leggere le espressioni umane, Michaelis».

Le pupille di Sebastian si restrinsero fino a sembrare quelle di un gatto abbagliato da una lampadina da mille watt

«Come sai il mio nome?»

«Io so tutto di te, Sebastian. So chi sei, da dove vieni, perchè sei diventato quel che sei. So tutti i tuoi sporchi segreti, quelli che non vorresti mai raccontare in pubblico, e sarà per questo motivo che ti fiderai di me. Che ti fiderai al cento percento di me e farai esattamente quello che ti dico di fare»

«Stai bluffando, uomo. Stai bluffando assolutamente, tu non sai nulla di me...»

«Dovresti leggermelo in faccia, che sto dicendo la verità»

«La tua faccia non dice niente. Hai un'espressione troppo fissa»

«E gli occhi troppo a palla» completò Alucard, strappando un sorriso a tutti presenti, ma non allo strano ometto con i capelli sparati

«Sebastian, non costringermi a parlare dei tuoi segreti»

«Beh, sono convinto che tu non sappia nulla» ammise il maggiordomo demoniaco «Quindi non si tratta di costringerti o meno, tu non parlerai dei miei segreti»

«Solo... alcune parole, posso?»

«Ma certo»

«Ci fu un giorno in cui sia Eva, Carita, Micia Gattai e...»

«Va bene» disse improvvisamente Sebastian, un pò più pallido di com'era di solito «Si, va bene, farò ciò che vuoi»

«Benissimo. Qualcun'altro desidera disobbedire ai miei ordini?»
«Io» disse Alexander Andersen, gonfiando il petto con fierezza «Io non ho alcuna intenzione di obbedire a nulla, non finchè non avrò saputo esattamente chi sei»

«Perché, i tuoi colleghi sanno chi sei tu, Alexander? Sanno dove sei nato, sanno perchè sei un Iscariota? Cosa gli hai detto di te, tranne il tuo nome?»

«Non sono affari tuoi. Ma io non ti ho chiesto di obbedirmi, se ti avessi chiesto di farlo, allora, prima mi sarei presentato»

«Non è affatto così. Dovrei ricordati del gruppo sette dell'Iscariota, quello che hai guidato incontro alla morte senza neppure dirgli il tuo nome? Sono sicuro che ricordi ancora le loro grida di terrore. Non puoi averlo dimenticato, erano tutti molto, molto giovani, e non avevano la più pallida idea di chi fossi tu... ma ti obbedivano, ti obbedivano perchè gli avevano detto di farlo e loro si fidavano di te. Ecco che cosa sei».

Andersen abbassò lo sguardo.

«Sia chiaro che tu non puoi tenermi sotto scacco» dichiarò Alucard «Io non ho sporchi segreti, come tutti questi qui. Io ho solo cose sporche che sanno tutti»

«Non sono venuto qui per ricattarvi, Alucard»

«E allora che vuoi?» chiese Finnian, battendo le palpebre

«Il mio scopo è un altro: volevo solo avvertirvi che non state per esplodere» rispose l'uomo, senza battere le palpebre

«Grandioso! Cioè non ci sono ottanta chili di C4 sulle nostre teste?» Walter sembrava estatico

«No no, ci sono»

«E allora non capisco...» il maggiordomo era sempre più confuso

«Leggete l'altro biglietto» ordinò “Occhi a Palla”.

Sebastian obbedì immediatamente, scandendo ad alta voce «C'è scritto che al piano di sopra ci sono... quaranta paia di calzini rossi».

Il silenzio scese sul gruppetto.

«Quaranta...?»

«Mi fa paura!» esclamò Finnian, nascondendosi dietro Sebastian «Quello lì, signor Sebastian, mi fa paura! Perchè ci fissa?! Perchè è così spaventoso quando io lo guardo e sento in sottofondo “calzini rossi”? I calzini rossi non fanno paura! Perchè ci fissa?!»

«Non lo fa apposta, Finny» chiarì il demone, cercando di capire il senso di quel biglietto a fiori «Quella è la sua faccia naturale»

«Oh. Mi scusi, signore» il giardiniere si affacciò da dietro Sebastian, mortificato.

Occhi a Palla non disse niente, e Finnian si nascose nuovamente dietro la schiena del maggiordomo. Secco com'era, normalmente non sarebbe stato un granchè come riparo, ma visto che era magrissimo anche Finnian, andava bene.

Alla fine il demone fissò l'uomo con il coniglio in braccio e dichiarò «Chiedo venia, ma non capisco il significato di questi biglietti. Se voi lo sapete, potreste illuminarci? Come possono dei calzini rossi e dell'esplosivo avere qualcosa in comune? È un linguaggio in codice?»

«Entrambi hanno bisogno di un posto dove essere stipati. Sia il C4 che i calzini hanno bisogno di un posto dove stare» l'uomo battè le palpebre molto lentamente, terrorizzando Finnian, e alzò gli occhi al soffitto «E la Casa del Reality è un buon posto»

«Ma perchè proprio qui? E perchè ci hanno avvertiti con dei biglietti decorati?» chiese Mey Rin, intrigata dal mistero che le si presentava davanti, cercando disperatamente di scoprire gli ultimi pezzi del puzzle e farli incastrare

«Li hanno portati qui perchè la Casa del Reality è grande e le autrici vengono pagate per questo...»

«Tipico...» borbottò Walter

«... e quelli non sono esattamente “avvertimenti”. Sono delle ricevute. Un iracheno ha pagato le autrici per depositare qui i beni che vedete scritti nei biglietti».

A Mey Rin brillavano gli occhi. Oh, si, il mistero era quasi risolto! Mancava solo un ultimo dettaglio...

«Allora perchè hai un biglietto decorato anche tu, nel taschino?»

«Sei curiosa, Mey Rin» Occhi a Palla inclinò la testa un poco da un lato, stringendo appena un pò le palpebre «Vuoi risolvere il mistero, giusto? Tu vuoi delle risposte. Tu vuoi che io risponda alle tue domande, così potrai capire tutto quanto, tutti i pezzi mancanti potranno incastrarsi al puzzle di questo mistero» l'uomo aveva usato esattamente la metafora che la cameriera aveva avuto in mente poche frasi fa «Tu vuoi che non ti sfugga niente, non è così?»

Mey Rin annuì, ipnotizzata «S-si, è così...»

«Beh, ho affrontato molti misteri da risolvere e tutti hanno... un nonsochè di diverso. Una delle parti più interessanti è svelare i misteri a chi ancora non li sa, non è così, Mey Rin?» faceva delle pause tra una frase e l'altra, o addirittura tra una parola e l'altra, che facevano concentrare l'interlocutore su ogni parola che diceva

«Oh, si! Beh, intanto si devono esaminare molte cose, gli indizi e i pezzi mancanti... a volte sono così elettrizzanti! E poi è sempre bello vedere che a volte le cose vanno come non penseresti mai che debbano andare e soprattutto, come hai già detto tu, la cosa bella è riuscire a risolvere il mistero e svelarlo agli altri! Hai mai letto “il mastino dei Baskerville”? Dovrebbe essere un classico, ma poca gente l'ha letto...»

«Si, l'ho già letto. All'inizio si brancola un pò nel buio, ma il finale è fatto bene».

Disse quella semplice frase in un tono più vivace, ma quando l'ultima parola finì c'era un punto ben udibile, e Mey Rin sentì che l'argomento era chiuso.

La cameriera si perse nei suoi pensieri di gialli, thriller e polizieschi, storie avventurose su Poirot, Sherlock Holmes ed ebbene si, anche il commissario Rex.

La stanza si fece silenziosa. Occhi a Palla li continuava a fissare.

In quel momento nella stanza entrò Bard, grattandosi un braccio come un cane rognoso, poi vide l'uomo e fece dietrofront. Finnian ebbe tanta voglia di imitarlo, ma sentiva che doveva rimanere lì. Non era un obbligo morale: aveva solo paura che se si fosse mosso l'uomo lo avrebbe fissato più intensamente, perchè già aveva paura ora che non guardava lui... e se lo avesse guardato? Uh, terribile sciagura!

«Alucard» chiamò Occhi a Palla, rompendo il silenzio «O meglio, Vlad»

«Dimmi»

«Ho portato con me una persona che ti conosce, ma non ti conosce come Alucard. Saresti disposto a vederla?»

«Vederla? Non è che è Seras?»

«No, non è lei. Ho detto che non ti conosce come Alucard»
«Infatti, quella mi conosce come “Mastah”. Se non è Seras, allora d'accordo».

L'uomo accarezzò il coniglio tra le orecchie e chiamò «Furiadoro, vieni qui!».

Alucard sembrò illuminarsi al suono di quel nome, mentre tutti gli altri si chiesero che razza di nome feroce fosse “Furiadoro”. Furia. E anche d'oro, perdinci! C'era da preoccuparsi!

Erano tutti lì a preoccuparsi di quale fato gramo e crudele stava per abbattersi su di loro, quando una finestra si aprì e una chioma rossa ne spuntò come un fungo dopo la pioggia.

«Sebas-chan! Perchè non mi hai chiamato?!»

«Grelle!» disse Sebastian, atterrito come se gli avessero fatto scoppiare ottanta chili di C4 in faccia «Non è passata neanche un'ora! Come pretendi che io ti chiami? E poi abbiamo dei problemi da risolvere qui! Ho cose ben più importanti di venire con te dal pesce becchino».

Grelle saltò attraverso la finestra ed entrò, poi guardò tutti, uno alla volta, soffermandosi infine sul misterioso uomo dai capelli scompigliati

«E tu chi saresti? Non ti ho mai visto prima»

«Non ti importa chi sono io, Grelle Sutcliffe»

«Ah, ma sei un fanboy!» esclamò lo shinigami rosso, molto allegro «Vuoi il mio autografo o preferisci che ti incida addosso il mio nome con la motosega?»

«Nessuna delle due cose. E in effetti non sono qui per te»

«Mi stai rifiutando, forse?!»

«No, semplicemente non sono qui per te!»

«Allora vuoi ammettere che ti piaccio...»

«Non ho mai detto una cosa del genere, Mr. Sutcliffe!»

«Per te sono Miss Sutcliffe, e mostra un pò di rispetto!» disse Grelle, indispettito\a come una prima donna a cui avessero pestato gli alluci

«D'accordo, Miss Sutcliffe, ma sono qui per gli affari miei e nemmeno ci conosciamo»

«Eh no, io non conosco te, ma tu conosci me!».

L'ometto dai capelli sparati capì che la conoscenza poteva essere un'arma a doppio taglio, ma non si arrese

«Miss Sutcliffe, non mi scocci per favore, o sarò costretto a fare rapporto al suo capo, William T. Spears»

«Lo conosci?!» domandò Grelle, sgranando gli occhi ma senza riuscire a farli sembrare come quelli dell'ometto

«Se lo conosco o no è affar mio, sappi solo che potrei fargli rapporto»

«Beato te. Se gli faccio rapporto io mi lancia dalla finestra»

«Beh, allora faresti bene a non infastidirmi»

«Un'ultima cosa, Occhioni: che te ne pare dei miei capelli?»

«Sinceramente?»

«Si, sii sincero e poi raccontami qualcosa su William, te ne prego!»

«La cosa dev'essere correlata ai capelli di William?»

«No, non mi piacciono i capelli di William. Sono noiosi, tutti pettinati, tutti imbrillantati, brutti, corti, dei poveri»

«Ah. D'accordo, i tuoi capelli sono... lunghi»

«E poi?»

«Ehm, rossi»

«E poi?»

«Sono belli, va bene?»

«Hai mai avuto una delusione d'amore?» chiese Grelle, a bruciapelo

«Perchè mi fai questa domanda, Sutcliffe?»

«Perchè anch'io ho subito molte delusioni d'amore» Grelle guardò verso il soffitto, come se vi vedesse una romantica luna piena «Troppe delusioni d'amore, nessuno mi vuole»

«Mi ricordi Jack».

Grelle aggrottò le sopracciglia «Spero almeno che questo Jack sia un gran figo, perchè se non era un gran figo, allora sei un mare di guai, guai con la G maiuscola!» Grelle fece le corna e disse «Desss!» (che non è l'abbreviativo di Desmond, ma “death” scritto come lo pronuncia lui\lei)

«Si è morso la lingua, poverino!» esclamò Finnian, rattristato «Quando io mi mordo la lingua, il signor Sebastian mi dice di prender il balsamo, quello buono alla menta, così la lingua non mi fa male più»

«Non mi sono morso la lingua, moccioso!»

«E allora perchè fai quel verso?»

«Perchè significa morte».

Risposta logica e plausibile.

«Vattene, Grelle!» disse Sebastian «Adesso è una cosa seria»

«Una cosa seria?» chiese lo shinigami, che aveva capito male e pensava ad una relazione seria, perchè lui non è normale ed è malato di testa «Davvero?Oh, Sebas-chan, e dimmi, con chi...?»

«Non si capisce, Grelle? Adesso vattene, che io e il signore dobbiamo parlare!»

«Ah, ma allora è per lui che mi vuoi cacciare» esclamò Grelle risentito\a

«Si, proprio così. È per lui che ti voglio cacciare! Adesso è più importante».

Grelle, che nella sua testa malata aveva recepito che per Sebastian adesso la compagnia dello strano ometto con gli occhi di fuori era più importante della sua, si arrabbiò moltissimo e si voltò verso l'innocente digrignando gli squalidi denti (squalidi non squallidi. Come si fa ad avere dei denti squallidi?)

«Tu! Vile panzerotto ripieno di menzogne! Tu! Lucertola crestata e rospo infame! Come osi piombare fra me e il mio Sebas-chan?! Non hai neppure la bellezza dei miei capelli! Ma io ti renderò più bello coprendoti con il rosso del tuo sangue! Ti aprirò con la mia motosega e ti mangerò il cuore un pezzettino alla volta, piano piano!»

«Buono buono!» rispose Finnian, ma Grelle non se curò e continuò la sua sfuriata

«Tu! Ti sfido in singolar tenzone per il dominio di Sebastian a una gara di beltà ed eleganza, secondo le antiche tradizioni del club dei bellissimi!».

L'ometto guardava il tutto con occhi spalancati. Cioè come aveva guardato tutto finora, senza muovere un solo muscolo facciale e facendo infuriare ancor di più lo Shinigami rosso.

«Poichè sono la parte lesa» esclamò Grelle «Sarò io a decidere il primo round e a cominciare! Mi metterò in mostra con la leggendaria danza dei capelli! Guardami, Sebastian!».

E detto questo prese a ondeggiare freneticamente la lunga chioma per tutta la stanza, colpendo ripetutamente negli occhi i poveri presenti.

«Pure io!» disse Finnian, balzando al centro della stanza, muovendo quei quattro ciuffi fermati dalle mollette almeno fino a che una molletta rossa non prese il volo e finì in un occhio ad Alucard, il quale esclamò «Ahia!».

Grelle, nella sua mente (malata), pensava di essere avvantaggiato rispetto al suo avversario in quest'ardua danza, poiché egli ne aveva molti di più di capelli e lavati di fresco anche, mentre quel piccolo ometto ne aveva si e no quattro (calcolo matematico della mente malata di Grelle, ovviamente fatto da matematica soggettiva, la così detta matematica che è un opinione) ed erano corti e dritti come quelli che si fanno agli stickman. Inoltre erano di un colore troppo comune, insomma, erano brutti.

Ma a Grelle improvvisamente venne un dubbio.

E se a Sebastian in realtà piacevano i capelli corti, brutti e sporchi? (Non erano sporchi, ma la mente di Grelle – malata – li recepiva come tali).

In quel momento, un'ombra nera sovrastò il danzerino Grelle il quale, allertato, si fermò per guardarsi alle spalle. E quel che vide fu una creatura mastodontica che sembrava un essere umano, ma di certo non lo era. Aveva capelli biondi, lisci, ispidi, e chiaramente mal pettinati, cosa che scatenò in Grelle un'ondata di nausea e il timore che Sebastian si innamorasse di lei... si, perchè era una lei. Era alta almeno un metro e novanta e aveva le spalle così larghe che ci volevano almeno due Grelle per riempirle in ampiezza, le braccia che spuntavano dalla t-shirt in pieno inverno erano muscolose, quasi come quelle di padre Andersen, ma al contrario di quelle del prete non erano ricoperte di pelacci taglienti, ma di grosse e brutte cicatrici (nella mente di Grelle – malata – quelle cicatrici erano vomitevoli, anche se lui di solito amava le cicatrici). La donna aveva gli occhi castani, con un cerchio più chiaro, quasi dorato, intorno alla pupilla e tre tagli paralleli le passavano sopra l'occhio sinistro senza però toccarlo.

«Ehi, pinguino» disse la tizia strana (che non è Grelle)

«Dici a me?» domandò Grelle

«No, non a te, bastone. Dicevo al pinguino».

Tutti si guardarono intorno alla ricerca di un pinguino che non trovarono mai.

«Sono io, il pinguino» disse l'ometto dai capelli sparati

«Perchè pinguino?» domandò Alucard «Sei quello di Batman?»

«No» disse Furiadoro «È perchè è piccolo, ha il naso a punta ed è a forma di pinguino»

«Ah» disse Alucard, convinto che quel ragionamento funzionasse, poi si illuminò in un sorriso (non si illuminò letteralmente, perchè non era Edward Cullen) «Ma tu sei Furia! Ehi, Furia, mi riconosci?»

«No, chi sei, brutto vampiro schifoso?»

«Ma sono io, sono il tuo amico Vlad, ti ricordi? Ci volevamo bene!»

«Non ti conosco. Pinguino, qualcuno di questi cosi ti molesta?»

«Si, quello con i capelli rossi lunghi» l'ometto indicò Grelle, che non ballava più.

«'Mbo» disse Furiadoro, con l'eleganza di una vera lady «Ora 'nci minu, così s'impara». Sembrava lingua burundese, ma non lo era. Anche perchè la lingua burundese, forse non esiste (il Burundi è un lago dove vivono tanti ciclidi colorati, i quali non parlano lingue africane in quanto non parlano. Fine della lezione di scienze).

E fu così che accadde il grande epico scontro fra uno shinigami e Furiadoro il mostro.

Furiadoro si avvicinò a Grelle sbrigativamente e le\gli prese i capelli rossi in una mano molto vicino alla radice e la\o alzò da terra, cominciando a shakerarlo\a.

Grelle non poteva sopportare di subire questo terribile affronto e decise di contrattaccare. Il problema è che non aveva con sé la sua death scythe (William l'avrebbe ucciso\a per questo), ma aveva solo un telefonino. Non era malaccio contro un essere umano in un corpo a corpo (nonostante sembrasse un mocho Vileda dipinto di rosso o, come aveva detto la simpatica nuova arrivata, un bastone), ma ora come ora non poteva fare un granchè. Era bravo\a a saltare, ma che si saltava se Furiadoro l'aveva acciuffato\a per i capelli? Si sguazzava su e giù, che faceva?

Provò comunque a sferrare un calcio, perchè nessuno doveva toccare i suoi capelli lavati di fresco con quelle brutte mani di cicatrici. Anzi, nessuno in generale, tranne la propria persona e Sebas-chan.

Ahimè, il calcio non lo sentì neanche. Quella specie di mostro forse avrebbe sentito i proiettili, ma l'unica arma di cui Grelle disponeva in quel momento, era il suo Blackberry, che non voleva certo usare per colpire Andersen femmina. Si sarebbe rotto!

Ma in quell'istante, quando tutto sembrava perduto e Grelle si preparava ad essere mangiato\a come una pannocchia, Furiadoro sembrò interessata a qualcos'altro. Lasciò andare Grelle, ma non in un metodo convenzionale: lo prese infatti e lo scaglio dalla finestra senza neanche guardarlo, come una cartaccia o un aeroplanino.

«Si è buttato i denti» Commentò Mey Rin

«Hai ragione» convenne Sebastian.

Ma che cosa aveva attirato l'attenzione di Furiadoro?

Che cosa? Andersen.

«Ciao, mi chiamo Furiadoro» si presentò cordialmente

«Ciao, io sono Andersen» disse il prete

«Bene. Tu sei mio» dichiarò la donna, allungando una mano e indicandolo.

Andersen si ritrasse. Che diavolo voleva quella tizia da lui... a parte lui, si intendeva.

«Cosa significa? Noi non ci conosciamo...»

«Ho viaggiato ovunque» disse Furiadoro «Ho cercato in ogni terra, in ogni luogo, qualcuno compatibile con ciò che sono io e che fosse anche bello come lo sei tu. Non mi sembra neanche vero di vedere uno come te».

Andersen arrossì violentemente, deglutendo, e distolse lo sguardo. Alucard prese a fischiare e risatine varie fioccarono da tutti i concorrenti presenti. Ma Furiadoro non ci fece caso e avanzò verso Andersen, afferrandolo per le spalle e costringendolo a guardarla.

Il prete si divincolò bruscamente e riuscì a sgusciare via, correndo poi dall'altro lato della stanza, dietro l'ometto con gli occhi a palla

«Ehi! Ehi! Io non ti conosco e non sono tuo!»

«Oh si che lo sei» il sogghigno di Furiadoro divenne una sorta di ringhio gutturale, uno sfoderare di zanne «Tu sei semplicemente perfetto. L'uomo che sto cercando da tutta la vita, e che tu lo voglia o meno, tu sarai mio. Ti dimosterò che cosa significa essere un goldenwolfen»

«Ehi, ehi... io... io non sono un goldenwolfen e non mi interessa qualunque cosa tu abbia da mostrarmi! Io sono solo un prete!»

«Un prete?» la donna aggrottò le sopracciglia e la sua espressione si rasserenò un istante, diventando quasi pensierosa «Cioè, tu dici le messe?»

«Si. Sono un uomo di fede, un uomo di chiesa...»

«E a me che cosa diavolo me ne può importare?» sbottò bruscamente lei «Fede o non fede, a me non importa che del tuo corpo, adesso, visto che non conosco il tuo carattere. Ma sono convinta che sei anche un'ottima persona, perciò sarà divertente stare insieme»

«Beh, noi preti non possiamo sposarci, quindi...»

«Non ho intenzione di sposarti, nessunissima intenzione. Voglio portarti a caccia»

«Tutto qui?» Andersen quasi prese a ridere, ma si trattenne perchè ride bene chi ride ultimo.

E aveva ragione a trattenersi...

«Voglio averti con me» disse Furiadoro, allargando le braccia «Combattere al tuo fianco le battaglie del Cammino, istruirti sulle leggi del mio branco. Avremo dei cuccioli, ovviamente, gli ultimi goldenwolfen della terra...»

«Eh no!» tuonò Andersen, mettendo le mani avanti «Non avremo affatto dei cuccioli»

«Oh si che li avremo»

«No che non li avremo! Io sono un prete!»

«Beh, allora smetti di esserlo!» ordinò perentoriamente Furiadoro, poi fece uno scatto verso di lui.

Alexander Andersen, spaventato e confuso, fuggì e Furiadoro gli galoppò dietro, divertita da quella fuga.

Lui è già mio” Pensò lei, felice.

Lei è pazza” Pensò lui, atterrito.

I due fuggirono via per i corridoi della Casa.

L'ometto guardava interessato la scena, senza sembrare affatto interessato ad intervenire per aiutare il povero Iscariota.

«Non mi ha riconosciuto!» piagnucolò Alucard «Che schifo, non mi ha riconosciuto! Mi ha detto che sono un brutto vampiro schifoso! Io le voglio tanto bene e lei... mi ha insultato! Adesso le interessa solo di Pinguino!»

«Sono spiacente, Vlad, ma sei diverso da come ti ricorda» spiegò Occhi a Palla «L'ultima volta che lei ti ha visto eri più basso, con i baffi e molto meno magro. Sei un'altra persona»

«Oh».

Alucard sembrava sconsolato, e continuava a piagnucolare e bofonchiare a bassavoce cose incomprensibili.

«Quindi» concluse Sebastian «Sulle nostre teste ci sono davvero ottanta chili di C4, ma fidandoci della tua parola di sconosciuto dovremmo credere che non ci scoppieranno sulla testa?»

«È così» annuì l'ometto, con un'espressione quasi sorpresa «Questo è esattamente ciò che vi ho chiesto di fare: fidarvi di me»

«Ah, allora è tutto a posto!» esclamò Finnian, ma se ne pentì immediatamente quando si vide osservato dal suo interlocutore e piagnucolò «Non guardarmi...!»

«Credo sia tutto» annuì l'ometto, poi si avvicinò a Walter, gli prese il coniglio 15 dalle braccia e si allontanò come se non fosse successo niente.

Finnian nel frattempo era diventato blu perchè non riusciva più a respirare in presenza di Occhi a Palla, ma ora che se n'era andato poteva respirare di nuovo.

Ueee, aria pura di Casa del Reality!

Ecco, però ora tutti erano più confusi di prima.

E vi facciamo le domande che si ponevano loro, così siete confusi anche voi.

Cos'erano quei numeri, l'8 e il 15, sui due teneri conigli bianchi?

Chi diamine è l'amico di Seras?

Dove va e che cosa fa la vampira ogni sera?

Chi era quest'uomo misterioso dagli occhi a palla?

Jack era o no un figo? E Grell sarà felice di sapere che Jack è un figo o no?

E la spaventosa accompagnatrice dell'ometto misterioso?

Come si sono conosciuti con Alucard?

Che cos'è l'MC di cui parlavano Integra e il Maestro?

E, soprattutto, che fine ha fatto il povero Andersen?

Possiamo fidarci di ciò che ha detto quel misterioso sconosciuto che non si conosce, oppure salteranno tutti per aria mentre dormono?

Queste sono solo alcuni dei misteri che questo capitolo non solo non ha risolto, ma ha anche creato. Le restanti domande potete benissimo porvele da voi.

Mey Rin guardò l'ometto dai capelli dritti allontanarsi, pensierosa.

Poi spalancò gli occhioni castani da dietro le lenti

«Ehi!» esclamò «Io non so ancora perchè avevi quel foglio nel taschino! So solo che il signor Stapleton era un entomologo malandrino!».

Ecco, domande come questa. Prego, seguite l'esempio di Mey Rin, così finché non li sveleremo nel reality vi scoppierà la testa! (E per questo ne sapete, le risposte potremmo anche il 365esimo giorno! Muhahahhahaha!).

«Avrete mai le vostre risposte?» Commentò la familiare voce dagli altoparlanti «O brancolerete per sempre nell'oscurità?»

«Io propongo di andarcene tutti a dormire» disse Walter, che non sembrava granchè curioso di avere delle risposte.

«Beh, si...» «Buona idea!» «Va bene!».

Visto che tutti i presenti sembravano d'accordo sull'andarsene a nannare, ma era una cosa ad alto rischio considerando i fatti recenti, tutti se ne andarono a nannare.

A nessuno importò più di tanto il fatto che con tutta probabilità il C4 sulle loro teste non era affatto sicuro e Occhi a Palla era un terrorista che li stava convincendo, manipolando le loro menti con strani trucchetti da mentalist, a non andare a disinnescare la bomba che gli sarebbe scoppiata addosso da un momento all'altro..

Ma gli attuali capi in assenza di Ciel (che dormiva e sognava di fare grandi discorsi filosofici con il suo nuovo papà) e Integra, cioè i due maggiordomi, sembravano tranquilli e perciò era via libera: Walter si sentiva estremamente fortunato e Sebastian non se la sentiva di contraddire chi sapeva di Micia Gattai, Eva e Carita. E poi aveva la netta impressione che, per chiedere in quel modo così insistente la loro fiducia, sarebbe tornato a reclamare favori ricattandoli tutti. La cosa non gli piaceva per nienta, ma cosa poteva farci? Nessuno doveva sapere che...

No, neanche voi da casa lo potete sapere.

Solo noi, Sebastian, Micia Gattai, Eva, Carita e Occhi a Palla possiamo saperlo.

Voi no.

Ed ecco un'altra domanda per voi, a cui più probabilmente risponderemo avanti (ma solo e solamente perchè lede la privacy e la contentezza di Sebastian): cosa è successo di tanto terribile con Mica Gattai, Eva, Carita, e forse anche qualcun altro?

E chi indicano questi strani nomi?

Lo scoprirete se continuerete a seguire Kuroshihellsing!

 

Oh, dimenticavo! Nella restante parte della giornata non successe nulla degno di nota.

Giusto per informarvi che non tralasciamo niente.

Fine.

Ps.l'uomo con gli occhi a palla (anche) ben linus photo: ben linus Lost_Ben_linus_big_2.jpg
  
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