Little Wild Boar
Run. All. Ninja.
Si chiamava Miho.
Un bellissimo nome dal dolce
significato, speranza.
Meno bello il motivo
di questo nome.
[la
bambina,
appena nata, era talmente gracile, minuta e pallida
che i genitori la chiamarono così con la speranza che non
morisse.]
Gli occhi, di un azzurro così chiaro da sembrare grigio,
erano enormi in quel piccolo visetto, tanto da farla sembrare una
piccola mosca
dalla pelle bianca, nel vero senso della parola.
Le manine erano piccole
e paffute, e i piedini, anch’essi minuscoli, avevano un passo
delicato e
silenzioso.
Sua madre, una bella donna dal carattere forte, mal sopportava la
fiacca figlia.
che non faceva altro che far
sembrare la
bimba ancora più pallida.]
I capelli, di un biondo talmente pallido da assomigliare alla sabbia di quelle spiagge del sud, erano vaporosissimi, e le cascavano sul viso come un leggero velo dorato, a nascondere il meraviglioso tesoro del suo viso: spesso venivano legati frettolosamente in due codine storte. Ad amiche non era messa meglio: Miho, sempre in casa per la varie malattie che prendeva frequentemente, non era ben accettata nei vispi gruppetti infantili.
[e si limitava a osservarli mentre
correvano e giocavano:
lei, solo dopo pochi
passi, si stancava,
sudava e sveniva.]
Fino a quando non conobbe
Yoshino, sua coetanea.
Questa
ragazzina, alta e slanciata, era il suo idolo nonché
contrario, una specie di
piccolo maschiaccio con la gonna, sempre sporca di fango ed erba,
l’energia
fatta persona.
Aveva lisci capelli mori dall’aria soffice, e più
che una
frangia, alcuni fini ciuffi le ricadevano sulla fronte.
Yoshino e Miho divennero amiche molto tardi, quando la prima
si squarciò un ginocchio correndo e fu costretta a rimanere
seduta durante la
ricreazione a scuola ninja, come Miho.
Quando camminavano fianco a fianco, Miho sembrava ancora
più piccola.
Yoshino aveva una cura particolare per la piccola: la
trattava come un bambolina di vetro, e quando era con lei non correva,
ne agiva
d’impulso come era solito fare.
Provava un affetto profondo per Miho, e questa venerava
semplicemente la castana.
All’età di dodici anni, Miho capì che
non era per lei fare
la ninja.
[per quanto lo
desiderasse, il fallimento della sua prima facile missione
era la prova che non era
portata, e non lo
sarebbe mai stata.]
Lei
adorava stare
seduta nei prati, a intrecciare ghirlande, sorvegliata da Yoshino.
Voleva aprire un negozietto di fiori, piccolo ma curato, e
parlare con i clienti, soddisfare le loro esigenze. Le piaceva sentirsi
utile:
ma sia la madre che il padre erano abilissimi ninja, servitori da anni
di
Konoha. Lasciò quindi, a una quindicina d’anni,
casa sua, colma di litigate fra
lei e i suoi. Si manteneva con piccoli lavoretti, ed era ospite
clandestina in
camera di Yoshino: appena spuntava l’alba,
usciva fuori dalla finestra per andare a lavoro.
correndo.
Solamente quando ebbe diciotto
anni compiuti, rivide i
suoi vecchi compagni di classe alla festa
per il diciottesimo di Yoshino.
In quegli anni, lei
e Miho erano rimasta assieme per tutti i giorni, quando la mora non era
in
missione.
Più che sorelle, erano esseri di una stessa persona, un
corpo per due menti, due cuori, due anime.
Messi da parte un po’ di soldi, aveva preso in affitto un
modesto monolocale per i suoi fiori, e lesinava sempre sulle spese: ma
per un
giorno così speciale, non aveva badato a simili sciocchezze.
Indossava un vestitino delizioso, di un grigio tenue, con un
largo fiocco in vita e spalline sottili, abbinato a sue scarpette con
un
piccolo tacco bianche immacolate, come il fiocco.
Ma Yoshino era semplicemente splendida, nel suo abito rosso
fuoco, con i soliti ciuffi sbarazzini sulla fronte; le girava attorno
un bel ragazzo dai capelli scuri raccolti in una
coda alta, con un passo strascicato, le sottili pupille scure
opacizzate
dalla noia.
Doveva essere il famoso Shikaku, grazie al quale, negli
ultimi tempi, un sorriso perenne risplendeva sul viso della giovane.
Altre due figure guardavano Shikaku e Yoshino, due giovani
alti, uno in carne e dai capelli ramati, l’altro con una
lunga coda biondo
grano, e lineamenti duri, un fisico perfetto.
ninja.
“Miho, ti ricordi di Shikaku?” le disse Yoshino, prendendo l’amica per il polso e trascinandola davanti al ragazzo.
“Miho? Miho, la bambina della nostra vecchia classe?” rammentò quello.
Lei sorrise, annuendo.
Era cambiata, non si
aspettava che la riconoscesse: anche se relativamente bassa, si era
alzata da
quando lasciò l’accademia.
Aveva un prima piena, anche se a confronto con la terza
abbondante di Yoshino era comunque nulla. D’accordo, la pelle
era rimasta bianca,
ma crescendo anche quegli enormi occhi, sempre azzurro pallidissimo da
sembrare
grigi, avevano trovato il loro posto nel viso, diventando di una
grandezza
normale.
“Non sei cambiata tanto.” constatò il ragazzo, sbadigliando.
Miho si limitò a
corrucciare la fronte: era troppo stanca per
protestare.
Ma non si era certo aspettata questo genere di commenti!
Va bene, anche i capelli erano rimasti troppo chiari,
evanescenti come nuvole dorate, ma, kami, se li era
tagliati! Lunghi
fino alle spalle, le ricadevano come onde, e per la festa si era
tagliata la
frangetta di lato, che le copriva per metà la fronte.
Nessuno poteva dire che non era bella, ma dimostrava una
quindicina d’anni, anziché quattro di
più.
Però, miseria, era cambiata lo
stesso! In lei c’era qualcosa di diverso!
tutto.
“Miho?” quei due ragazzi che osservavano Yoshino e Shikaku si avvicinarono, e il rosso la fissò a lungo “sei proprio tu? Ti ricordi di me, sono Chouza Akimichi, ti ho fatto dare un morso dal mio panino, una volta!”
“Oh, sì, certo…” mormorò lei, sforzandosi di ricordare.
“Dai, Chouza, smettila di asfissiare questa bella ragazza!” disse strapotentemente il biondo dalla lunga coda.
Miho si voltò a
guardalo per la prima volta, e il sorriso
sfacciato morì sulle labbra del ragazzo: quegli occhi, quasi
grigi, erano
splendidi, i più belli che avesse mai visto.
I capelli gonfi, la pelle pura e levigata, la bocca sottile
rosea.
Parecchio bassa in verità, e poco formosa, ma per la prima
volta il suo sguardo, abituato a more seducenti e provocanti con
più seno che
cervello, non cadde sul corpo della ragazza.
Forse proprio per questo la trovava affascinante, perché era
il contrario del suo modello tipo.
Si fissarono così, parecchi istanti, ma lei distolse per
prima gli occhi, poco interessata.
Non le piaceva l'espressione affamata che aveva il
biondo caramellato.
E lui prese questa sua diffidenza come una sfida.
“Sono Inoichi, Inoichi Yamanaka. Miho, da quanto non ti si vede!”
Il biondo cercò di iniziare una qualunque conversazione, ma a lei cominciava a girare la testa: non era abituata alla confusione della festa.
“Uhm, ho aperto un negozietto di fiori…” sussurrò, mentre le si appannava la vista.
“Ti senti bene?”
“Poco… mi, mi accompagneresti fuori?”
“Certo, certo.”
Le disse, credendo fosse una
scusa per flirtare con lui.
Non si aspettava certo che svenisse una volta usciti dalla
stanza, capitolando a terra.
*
“Davvero, è, è bellissima” balbettò.
“Già…”
“Come la chiamiamo?”
“Ino” disse lei decisa.
“Cinghiale? Non è molto femminile, non credi?” rise l’uomo, accarezzando una guancia della moglie e constatandone la freddezza.
“Sì, ma è un nome forte, e voglio che lei sia più forte di me.”
“Amore, come parli? Hai un’aria stanca.”
“Oh, andiamo, partorire è stancante.”
“Miho, sei pallida…”
“Ho solo un po’ freddo…”
“Miho, perché stai chiudendo gli occhi? Miho? Miho?”
“Inoichi, ti amo, sai?”
Le ultime parole prima del coma.
“Per le Signora
Yamanaka il parto è stato troppo
stancante.
La sua costituzione debole non ha retto... mi dispiace.”
*
“Ino? Ino, muoviti, porta questi a Shikaku, sono i libri che mi ha prestato.”
“Subito,
papà!” urlò la
bionda, correndo fuori.
Correndo.
[…] si limitava a
osservarli mentre correvano e giocavano:
lei, solo dopo pochi passi, si
stancava,
sudava e sveniva.
La gonna viola si alzava e
abbassava a ritmo della corsa
della ragazza, scoprendo la fasciature da ninja. Il viola le donava sul
serio,
ma sulla sua pelle, di un rosato rigoglioso, sinonimo di salute, stava
bene
tutto.
Tutto.
[…] un largo
vestitino arancio acceso,
che non faceva
altro che far sembrare la bimba ancora più pallida.
La lunga coda di un bel biondo
ciondolava a destra e a sinistra, e i kunai tintinnavano contro la sua
coscia, soda e muscolosa
per i duri
allenamenti ninja.
Ninja.
[…] per quanto lo
desiderasse, ma il fallimento della sua prima
facile missione era la
prova che non era portata, e non lo sarebbe mai stata.
Corri, cinghialino, gioca, ridi, fai tutto quello che vuoi. Sii ninja, o aiutami nel negozio di Miho a sistemare fiori. Oppure viaggi, scopri, fai quello che vuoi. Sei viva, ultimi sacrifico di tua madre, il mio vero amore . E quindi vivi, per te, e per lei.
Vivi.
[…]la bambina, appena
nata, era talmente gracile, minuta e pallida
che i genitori la
chiamarono così con la
speranza che non morisse.
*
“Ciao, Shika! Dov’è tuo padre? Devo dargli questi libri!”
“Yo, Ino.”
“Ino! Oh, tesoro, vieni, vieni, siediti, ora ti chiamo quel gran pigro!”
“Yoshino, dai, mica sono stanca!”
Tu no, ma lei lo sarebbe stata dopo una corsa.
“SHIKAKO! Scendi immediatamente dal letto! Si lo so, Ino, in fondo sei una chunin adesso!”
Lei non sarebbe mai stata nemmeno ninja.
“Certo! Anche merito di tuo figlio! Shika, preparati che bisogna andare da Choji, passare da Sakura e andare ad allenarsi… poi stasera se mai andiamo a mangiare qualcosa assieme!”
Eppure lei non avrebbe avuto la forza di fare tutte queste cose.
Dovrei smettere di
paragonarti sempre a lei.
[Ma tu le assomiglia così tanto.]
La perfetta
combinazione fra lei e Inoichi.
[E io non posso non guardarti, senza pensare a lei.]
I nostri
giorni, le nostre risate.
[Come vorrei tornare indietro, Ino, e fartela vedere.]
In tutto il suo
splendore.
[Quello splendore di cui brilli tu.]
Sii ninja, o aiutami nel negozio di Miho a sistemare fiori.
Oppure viaggi, scopri, fai quello che vuoi.
Sei viva, ultimi sacrifico di tua madre, la mia migliore amica.
E quindi vivi, per te, e per lei.
*
Non smettere mai di essere cinghiale.
Uh, non so come mi è uscita, non chiedetemelo...
Giravo in centro con una mia amica e ho visto un bambina in braccio alla madre, entrambe bionde, così assomiglianti a Ino: sono tornata a casa e l'ispirazione si è fatta sentire.
Non mi aspetto che vi piaccia, i Nuovi Personaggi non sono mai ben accetti...
La traduzione di 'Little Wild Board' sarebbe 'piccolo cinghiale' quindi, cinghialino!
Ringrazio chi ha commentato 'Even if not six perfect one':
Queen_of_sharingan_91
Oddio, appena ho letto il tuo commento sono quasi svenuta dall'emozione °.° troppi complimenti xD
Inefetti, l'errore 'capello/cappello' è stata una svista, mea culpa...
Sono onorata di far parte dei tuoi preferiti! Un bacio, e grazie ancora!
Kaho_chan
Uh, non male l'idea di farle fare un tinta venuta male, magari di un bel rosa confetto! *.*
Shika in fondo è un romanticone ^.0
Grazie per le dritte... un bacio!
dionea
Uh, si, mi dispiace che la metti fra i preferiti...xD Scherzi?! Me onorata!
Yaya, ShikaIno sono assurdamente la coppia perfetta, nonchè una delle migliori!
Dal mio punto di vista la migliore:)
Troppi complimenti per un OneShot scritta di getto... speravo in un effetto a sorpresa travolgente, per il fatto del sopracciglio, ma rileggendola è stata l'idea più banale che abbia mai avuto -.-'
Sei stata anche fin troppo buona a commentare! Un bacio!