Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Mikayla    09/12/2007    2 recensioni
«Che tipo era, tua madre?»
Sei davvero capace di rispondere ad una domanda così semplice?
Io dico di no.
***
Dedicata con tanto affetto alla mia gemella, Clà. Ti voglio bene.
Genere: Triste, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Due parole dall’autrice:
Per prima cosa ringrazio la costante presenza di Jannini perché è una nonna adorabile che mi fa sempre sorridere. E la ringrazio pure per un paio di aiuti in grammatica ^___=
Ma la cosa più importate è che la seguente storia ha una dedica particolare, senza un vero motivo. La voglio regalare alla mia gemella, Clà, perché è unica e insostituibile. Gemé, ti sono sempre vicina, anche se fisicamente siamo distanti; non vedo l’ora di poter risentire la tua meravigliosa risata. Un bacio grandissimo e un abbraccio portentoso!




Una bella addormentata



Quando ti chiedono di tua madre, non sai rispondere.
Quando chiacchieri con una ragazza che hai appena conosciuto, se ti chiede di tua madre, taci.
Di tuo padre dici tutto: che litigate, che andate alle partite insieme, che ti dice di studiare, che si complimenta per i tuoi successi, che non sa cucinare -in famiglia cucina tua sorella maggiore, poco da fare.
Di tuo padre racconti ogni singola cosa.
E quando taci la gente ammutolisce; eppure non hai capito perché.
E quando taci, il mondo allegro e festoso attorno a te si zittisce, perfino il bicchiere che cade a terra non fa alcun rumore.

Quando ti chiedono di tua madre, taci.
Di tuo padre dici tutto.
E quando taci, sei solo.

Precipiti nel buio di una stanza illuminata dai tiepidi raggi del sole.
Scendono dolci e pigri dal grande astro fino ad un letto a baldacchino.
Un letto di quelli che si vedevano nelle fiabe, circondato da mille drappi colorati.
Ti avvicini, curioso, e sai già cosa vedrai.

Vedrai grandi cuscini e copriletti di velluto.
Vedrai una fluente cascata di capelli castani, sparpagliati ed adagiati sui cuscini.
Vedrai un volto pallido e bellissimo.
Vedrai due labbra dischiuse e rosse.

Osservi e riconosci tua madre.
Fuori da quella stanza è pieno giorno, ma lì è notte profonda.
Tua madre dorme, come sempre, come ogniqualvolta tu andavi a trovarla.
Andavi lì e la vedevi così.
Da quando hai memoria, non ricordi d’aver mai visto di che colore fossero i suoi occhi.

Deglutivi e ti sedevi al capezzale di tua madre.
Deglutivi e ti chiedevi se fosse morta.
Deglutivi e ti sporgevi sopra al letto.

Stringevi il pugno e accostavi la tua guancia alle sue labbra.
Stringevi il pugno e sentivi un alito tiepido su te.
Stringevi il pugno e rilasciando il respiro tornavi seduto.

Ogni volta temevi che non respirasse.
E solo quando ne avevi la prova notavi il leggero abbassarsi e alzarsi del petto di tua madre.
Temevi sempre che fosse un’illusione.
Sollevato la osservavi dalla tua sedia.
Vegliavi quel suo sonno perenne e la contemplavi.
Tua madre non era una madre normale, ti dicevi.
Lei era bellissima, e magra, e aveva certamente due smeraldi al posto degli occhi, e cantava divinamente, e il suo tocco era gentile, ed era saggia, e intelligente.
Eri sicuro che fosse speciale.
Dall’alto dei tuoi sette anni credevi che fosse stata una malvagia strega ad incantarla, invidiosa di lei.
Ne eri certo.
Per questo le stavi accanto.
Lasciavi quella stanza solo quando tua sorella maggiore ti cacciava via a forza.
Perché lei era più grande e più forte di te, solo per questo accettavi di andartene.

Eppure nel profondo del tuo cuore scappavi.
Scappavi prima che il sole cadesse.
Avevi sentito urla e qualcosa che si frantuma, le notti.
Tutte le notti quella casa si ravvivava.
E nel tuo letto tu tremavi, piangendo spaventato.
Ma non lo avresti rivelato mai, perché eri orgoglioso.

Andava avanti così sempre, ogni giorno.
E col giorno pure ogni notte.
Eppure…
Eppure ricordi un giorno diverso.
Ricordi?
Ricordi?

Eri entrato in quella stanza, come sempre.
Ti eri avvicinato, curioso, e sapevi già cosa avresti visto.

Avresti visto grandi cuscini e copriletti di velluto.
Avresti visto una fluente cascata di capelli castani, sparpagliati ed adagiati sui cuscini.
Avresti visto un volto pallido e bellissimo.
Avresti visto due labbra dischiuse e rosse.

Osservasti e riconoscesti.
Riconoscesti quel letto e basta.
Perché di tua madre non c’era traccia.
Perché di tua madre non c’era rimasto che un lungo e fragile capello sul cuscino.

E iniziasti a piangere.
          A dirotto, senza fermarti.
                    Per giorni interi, piangesti.
                                   Perché di tua madre.
                                                  Non c’era rimasto.
                                                            Che il ricordo sbiadito.
                                                                           Di un bimbo affranto.
                                                                                          Che piangeva a dirotto.
                                                                                                         Per giorni e notti.
                                                                                                                        Solo.

Quando ti chiedono di tua madre, sai cosa rispondere.
Quando chiacchieri con una ragazza che hai appena conosciuto, se ti chiede di tua madre, non taci più.
Di tuo padre dici ancora tutto: che litigate, che andate alle partite insieme, che ti dice di studiare, che si complimenta per i tuoi successi, che non sa cucinare -in famiglia cucina tua sorella maggiore, poco da fare.
Di tuo padre racconti ogni singola cosa.
E quando non taci la gente ammutolisce; ed ora hai capito perché.
E quando non taci, il mondo allegro e festoso attorno a te si zittisce, perfino il bicchiere che cade a terra non fa alcun rumore.

Ora sai che in quei momenti i tuoi occhi sono pieni di lacrime, che annebbiano il mondo reale.
Ora sai che in quei momenti sei in grado di rivedere tua madre ancora una volta.
Ora sai che in quei momenti un bimbo di sette anni torna a camminare indossando i tuoi vestiti.

«Che tipo era, tua madre?»

Un letto a baldacchino.
Un viso bellissimo e serio.

Una madre.
Un figlio.

«Una bella addormentata.»

Fine



Ancora due parole dall’autrice:
Allora, chiariamo perché questa fanfic non è tra le nonsense anche se si avvicina molto al genere: perché quello che ho scritto un senso lo ha (mamma quanto chiara che sono! XD).
La madre di questa storia ha una malattia chiamata “malattia del sonno”. Le persone afflitte hanno l’inversione delle fasi sonno-veglia (quindi dormono di giorno e stanno sveglie di notte) e soffrono di disturbi mentali. Il decorso della malattia è molto veloce, purtroppo.
Essendo il protagonista un bambino che all’epoca aveva sette anni non sapeva della malattia della madre. Lui la vedeva sempre dormiente perché non stava sveglio fino a tardi; e i rumori che sente le notti sono le crisi isteriche della malata.
Da qui il fatto che la fic sia tra le drammatiche e non le nonsense.
Per altro non ho nulla da aggiungere, se non un saluto a voi che siete passati di qui e leggete queste parole.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Mikayla