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Autore: sakura_hikaru    02/06/2013    1 recensioni
Fanfic scritta per il compleanno di Aldebaran^^
Post-Hades, in una giornata di tiepida primavera Aldebaran riflette sul peso della sua nuova vita...
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aries Mu, Taurus Aldebaran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'aria intrisa di calore, il vento tiepido che si alza e si abbassa con mitigata calma, un cielo terso, libero da nuvole dispettose e, in sottofondo, il richiamo delle prime cicale, risvegliate al caldo, dopo il lungo inverno.
Tutto questo sopra, attorno, dentro di lui.
Il corpo abbandonato all'abbraccio dell'erba ancora umida, gli occhi socchiusi verso l'intenso azzurro e le orecchie piene di suoni che una strana, breve, eppur eternità gli aveva tolto. L'ossigeno soffiava in lui, a volte con l'impegno di un incredibile sforzo fisico, a volte senza nemmeno che se ne rendesse conto.
Tutto appariva crudelmente nuovo, come se quell'eternità, seppur breve, avesse cancellato ogni cosa.
Ma erano solo le sensazioni, i sentimenti, i sensi che apparivano affilati, sezionando la cosa più semplice come se fosse il mistero più grande.
Forse era così che si sentivano i bambini, quando scoprivano il mondo: sorpresi, perduti, eppure curiosi. Affamati, perennemente in astinenza da colori, suoni, parole, significati.
Ci si poteva sentire, di nuovo, bambini quando si conosceva la vita, nella più intima forma... e poi accorgersi che una rinascita riscriveva ogni cosa?
L'uomo alzò la mano destra, aprì le dita lunghe e possenti, le distese sotto i propri occhi: le ossa, la pelle, i muscoli...  ogni minimo movimento veniva registrato perfettamente dalla sua mente fin troppo ricettiva. Era quasi fastidiosa quella consapevolezza, s'infiltrava nella mente, ronzava in essa e, di conseguenza, la confondeva.
Quanto tempo era passato da quando erano... tornati?
C'erano volte che gli sembravano mesi, altri... solo pochi giorni.
Vivere in un sogno... vivere in un incubo...
Non era nessuno dei due.
Piuttosto era uno strano limbo nel quale galleggiava, in attesa di qualcosa.
Forse, semplicemente un segno per ricominciare a vivere, davvero.
"Ahhh..." l'uomo sospirò, soffiando aria calda verso l'alto, riaprì completamente gli occhi e vide tracce di soffioni nell'aria pigra, sopra di lui. "E' primavera...".
"E' primavera e il sole è soffice e caldo" una voce familiare sopra di lui lo risvegliò completamente da quello stato di semi-sonno in cui era caduto. "
"Mu?!".
Il giovane uomo appena giunto non lo stava guardando, i suoi occhi vedevano lontano, come se potessero trapassare mari, paesi... mondi interi.
"E' ancora più misteriosa in questa rinnovata bellezza..." sussurrò lui. I suoi occhi violetti si socchiusero, l'attenzione tornò al presente, a quel luogo, al compagno. "Mi sembra di comprenderla più di prima...".
Gli occhi dell'altro uomo si chiusero, lui sospirò.
"Io credo di capire ogni cosa ancora meno di prima".
Mu, sguardo attento, morbido e serio, fece qualche passò, scivolò a terra silenzioso, accostandosi al compagno con non celata necessità.
"Non sarà così per sempre".
L'altro uomo riaprì gli occhi, confusi e all'erta: quel senso di fatalità non aveva senso nella bocca del compagno.
"Voglio pensare che il tempo, per una volta, sia dalla nostra parte".
C'era un tale senso di soffocamento al pensiero di finire qualcosa di così dannatamente breve... come la vita di una farfalla? No, suo era solo un giorno, un lungo ed infinito istante nel breve battito del cuore del mondo.
"Ora lo è, non vi è dubbio".
Il capo di Mu si chinò un poco verso l'amico, gli occhi dal taglio vagamente orientale allungarono lo sguardo verso la fronte corrugata del compagno: era preoccupato, non spaventato, sebbene in pensiero.
"Mu...".
"Dimmi Aldebaran".
Un sospiro, il secondo, dalla bocca malinconica del protettore della seconda casa.
"Mi ricordo il tuo parlare..." sussurrò lui per poi trattenersi, solo un attimo, indeciso sul termine. Poi... "sibillino".
Gli angoli delle labbra di Mu si mossero all'insù, malcelando un sorriso a dir poco pestifero.
"Certe cose non si dimenticano".
Quegli occhi scuri - terribili, per chi non li conosceva, distraenti per il giovane della prima casa - si fissarono su Mu con aria incerta, ancora confusa.
"E' difficile dimenticarti...".
Il sorriso malcelato si trasformò in una risata sommessa, poi pensierosa.
"Spero che tu ti ricorda il meglio di me...".
Gli occhi neri si distolsero da lui, il ricordo dell'imbarazzo aggredì le gote dell'uomo: stava reimparando o, semplicemente, ricordando chi era?
"Non mi ricordo nulla... di brutto".
Gli occhi di Mu, caparbi e volitivi, erano sempre fissi sull'uomo al loro fianco: in fondo, non avevano mai scostato lo sguardo da lui - e non avrebbero iniziato ora.
"Sono lusingato".
"Anche tu ti ricordi di me?".
Improvvisa, a bruciapelo quella domanda. Strana da parte di Aldebaran.
I loro occhi si guardarono, per la prima volta, gli uni negli altri, senza veli, privi di ombre. Era passato così tanto tempo... davvero?
Forse, pensò Aldebaran guardando Mu alzarsi ed allontanarsi senza una parola, il tempo agiva diversamente sulle persone. E i ricordi potevano essere fragili quando la vita effimera di una farfalla.
E così Aldebaran tornò ad essere solo Adebaran: lui, il mare con il suo respiro, il cielo terso che stirava i colori del tramonto e una cicala annoiata, all'ombra di un cespuglio in fiore.
Il sole era accecante, intenso. Troppo intenso.
Si schermò gli occhi con un braccio e sospirò, un'ultima volta: rinascere era reimparare, sbagliare forse, soffrire anche.
L'anima, quella, era pesante.

***
Fu il sonno di un attimo, o un sogno lunghissimo e dimenticato: quando Aldebaran riaprì lo sguardo al cielo, non vi era più l'azzurro, ma due mani pallide ornate di fiori.
E cadevano, danzando nell'aria, e si poggiavano su di lui, leggeri come baci, profumati come ricordi lontani.
"Io mi ricordo" la voce di Mu era chiara, precisa, perfetta. Non recava dubbi, ombre, tentennamenti con sè. "Il fiore che ami". Ed i fiori scendevano, fluttuando, prede di un potere troppo grande da contrastare. E quando essi smisero di cadere, gli occhi di Mu tornarono a guardare, seri e intensi, quelli di Aldebaran, sorpresi e perduti. "Ricordo il colore della tua pelle, quando arriva l'imbarazzo" e, com'era destino, il colore comparve sul volto dell'altro uomo. "Il suono della tua risata, anche quando sei triste".
Mu si zittì, socchiuse le labbra per prendere un lungo respiro e si inginocchiò a terra, il volto prossimo, troppo vicino per occhi neri e timidi.
"... la tua timidezza. E il tuo voler essere burbero quando non lo sei. Affatto".
Il Santo della seconda casa rimase a fissare il compagno nella medesima posizione prona, con espressione sorpresa e nervosa, un vibrante tremore fin nelle ossa.
Le parole di Mu scatenevano imprevedibili effetti. E lui era una vittima fin troppo facile.
"M-Mu...".
E non sapeva mai cosa dire.
"Io mi sono sempre ricordato di te. Di ciò che è più importante".
Erano parole spaventose, terribili. Non nutrivano mai paure, dubbi. Erano pure come la luce stessa.
Ma Aldebaran era sempre impreparato, oppure la sua lingua non voleva collaborare: ma non vi erano mai risposte, mai discorsi che potessero rivaleggiare o dilettare il compagno.
Era impotente.
Eppure Mu si aprì a un sorriso ed il suo volto fu inondato di pace.
"Anche se tutto sembra nuovo... e il peso della vita sembra farsi insostenibile, anche per noi... io mi ricordo" il volto pallido si inclinò d'un lato. "Questo non dimenticarlo".
"M-Mu...".
Ad Aldebaran pareva che le parole, proprio, non riuscissero ad uscire. Nemmeno coi gesti.
Mu, al contrario, con le parole aveva un'affinità davvero unica.
"So che non lo dimenticherai".
Sorriso dolce, parole sibilline. Ma sincere.
Il custode della seconda casa chiuse gli occhi, ma decise di rialzarsi, di mettere fine a tutti quei pensieri fastidiosi: lo perseguitavano da troppo - per quanto quel troppo fosse - e non andavano da nessuna parte.
"Allora vieni con me?".
Occhi neri e occhi violetti si incontrarono, ancora: nei primi sorpresa, confusione, nei secondi una nota decisamente divertita, soddisfatta.
"Certo che... sì...".
Un sorriso morbido, una mano tra i capelli, alla luce calda del tramonto la figura di Mu appariva sensuale e invitante: sì, certi ricordi non si dimenticavano.
Gli angoli delle labbra di Aldebaran si curvarono verso l'alto, un sospiro lo percorse lentamente e tutto questo non mancò di catturare l'attenzione dell'altro uomo.
"E' il primo sorriso che mi fai...".
Le spalle del compagno si contrassero, lo sguardo si incollò a terra. Tanto per cambiare, la bocca non riuscì a rispondere, nemmeno a tono.
A un occhio esterno, poteva sembrare che Mu fosse caratterizzato da una strisciante, ma nemmeno troppo velata vena ironica.
In realtà, parole e gesti in lui erano mossi da un sentimento semplice quanto infantile: Aldebaran scatenava questo ed altro in lui.
Gli pose una mano sul braccio, congelandolo definitivamente sul posto, e Mu ne approfittò per alzarsi, un pò fluttuando, verso l'uomo. Solo per rubargli un bacio.
Veloce, improvviso, sorprendente.
Era così tipico.
Ma tanto bastò perchè quello sguardo corvino si rialzasse su quello violetto, una girandola di emozioni che passavano violente sul viso.
"...".
E tanto bastò anche per rubargli la parola.
Con lui, Aldebaran si sentiva senza speranza.
"Buon compleanno...".
E Mu scappò in avanti - in realtà non era scappato, ma i suoi passi erano stati troppo veloci e lui, lui... non si era mosso.
Il Saint del Toro scrollò le spalle, si passò una mano tra i capelli e sospirò sconsolato: era l'ennesima conferma che la sua mente era confusa.
Beh, fino a un certo punto.
Davanti a lui, quella schiena familiare, morbida non si era allontanata da lui: era rimasta là, ferma ad attendere il suo risveglio con la pazienza che l'aveva sempre caratterizzata.
Ciò che era più importante... era quello.
Davanti ai suoi occhi, non se n'era mai andato da lui.
Non gli aveva permesso di dimenticarsi di lui. Mai.
Le gambe veloci abbandonarono l'indecisione e marciarono, ingoiando quei pochi metri che lo dividevano da Mu: le braccia scattarono in avanti, avvolgendo le spalle troppo strette e facendo perdere l'equilibrio al compagno... che non aspettava altro. Ovviamente.
"M-Mu...".
Ma la voce, quella, non riusciva a sfoggiare tutta quella sicurezza di cui necessitava.
"Aldebaran...".
Un sospiro, trattenuto a lungo, uscì, dissolvendosi nell'aria tiepida della sera.
"Grazie". E, tutto d'un tratto, così com'era comparso, quell'insostenibile peso se ne andò. Rimase così solo lui, assieme al suo presente. "Grazie per ricordare...".
E mentre chinava il proprio capo su quello di Mu, un piccolo fiore, rimasto intrecciato tra i capelli, ricadde su quelli del compagno, per poi scivolare casualmente su una sua mano: e li fu catturato, con grazia, tra due dita.
"A te... per ricordarmi...".
  
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