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Autore: NightWatcher96    02/06/2013    4 recensioni
Solo due Hamato, adesso...
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Solitudine. Mi è sempre piaciuta questa parola per il significato stesso... ho sempre desiderato assaporarla, anche quando ero Nightwatcher...
Ma poi, ho scoperto che non era come credevo. La tana, adesso è troppo grande, vuota, silenziosa. Siamo rimasti sono io e Leo. 
Don e Mikey sono scomparsi... chissà dove... chissà perché.
Il sensei è morto...
Io ho solo ventidue anni, adesso. E mi sembra di essere un millenario...


************************************

Passeggiavo distrattamente nel corridoio, assaporando il silenzio puro. Le luci erano soffuse e qualsiasi orologio batteva le 04.30 del mattino. Francamente, non ero riuscito a chiudere occhio... i miei due fratelli minori erano scomparsi circa tre anni fa.
Il maestro Splinter, ormai troppo stanco di tutto, era morto con l'irrealizzabile desiderio di rivedere Don e Mikey ancora un'ultima volta. Destino di merda, come l'arresto cardiaco che lo aveva preso.
Lo avevamo visto morire tra le nostre braccia, incapaci di capire cosa non andasse in lui. Chiuse gli occhi, la candela si spense... i nostri cuori gelarono di colpo. Era finita. Il maestro era in posto migliore e ci avrebbe protetti e guidati da lassù.
Due anni da allora. Tre dalla scomparsa di Donnie e Mikey...
Per la cronaca, è stato Michelangelo a lasciarci, in un primo momento. Lo vedevamo abbacchiato, stanco, deluso... non sorrideva più, era freddo e arrabbiato. Un po' come me; poi, una sera, dopo che il Foot le prese da noi, ci abbandonò.
Donnie non poteva sopportare una vita senza il nostro piccolo fascio di luce, così si armò di coraggio e scomparve, preso dalle ricerche. Che cosa eravamo noi, gli unici fratelli maggiori rimasti?
Mi strofinai la nuca distrattamente e guardai i miei Sai: erano opachi come i miei occhi cupi. Da quanto tempo non combattevo? Da quando non lucidavo le mie armi? Quanti anni stavano trascorrendo senza che me ne rendessi conto?
Guardai il dojo... era così vuoto, immenso... un faro a mezza fase irradiava una piccola luce al centro del polveroso tatami. Il mio sacco da box era integro, strano per uno come me. Lo avrei ridotto in brandelli, avrei cercato perfino di uccidere Leonardo.
No, semplicemente non l'ho fatto; togliere la vita a qualcuno non avrebbe riportato in vita mio padre o i miei fratellini indietro. Questa vita era davvero... un incubo reale. Sospirai internamente... Casey e April venivano a farci delle visite molto di rado; loro avevano i loro gemelli di due anni da badare, Cody e Shadow.
Era stato Mikey a scegliere questi nomi. E senza un perché.
I ricordi cominciarono a crescere nella mia mente: erano piacevoli, fatti di luci e colori, di risa e di grida giocose. Potevo ancora vedere io che rincorrevo Michelangelo per uno scherzo di poco gusto... o il sensei che sospirava perché Leo non riusciva a concentrarsi e Donnie che ridacchiava, mentre si dedicava ai suoi aggeggi.
Tutto andato. 
Senza accorgemene, mi ritrovai in cucina; aprii il frigo e presi una bottiglia di birra. Quand'era che avevo preso il vizio del bere? Non avevo voglia di contare il tempo.
La stappai con i denti, incurante del dolore alle gengive. Ne presi un sorso e deglutendo amaramente, afferrai il mio pacchetto di sigarette. Anche il vizio del fumo. Se morivo prima o dopo a chi sarebbe importato? Tanto era tutto finito.
Se ci fosse stato ancora Donnie, probabilmente, mi avrebbe illustrato i pericoli legati alle sostanze nocive del fumo... con tutte le stecche che mi ero fumato (senza mai addentrarmi nel mondo della droga, però), i miei polmoni erano ridotti a sacche nere.
E che dire del mio fegato? Andato anche quello, dato che ogni tanto mi doleva.
La mia vita di ninja si era conclusa molto tempo fa.

Mi diressi ancora nella stanza di Michelangelo; la porta era socchiusa e spalancai gli occhi. M'illusi immediatamente di un suo ritorno; felicemente entrai, con un sorriso sulle labbra. Guardai l'oscurità, il silenzio, il letto vuoto e a poco a poco, la mia speranza svanì, come tutte le altre volte.
Tirai una boccata dalla sigaretta e il fumo fu espulso dalle mie labbra. Poggiai la bottiglia di birra sulla scrivania del mio fratellino e mi sedetti sulla sedia, accendendo la lampada arancione, accanto a me. 
Una fioca lampadina evidenziò le mie cicatrici passate sul corpo, avevo le occhiaie, la mia salute era ridotta a un cesso. Io ero un cesso e non m'importava; bevvi un altro sorso di birra e aprii il cassetto della scrivania; dentro c'era un album di schizzi dalla dura copertina nera.
Sorrisi pateticamente e iniziai a sfogliarlo lentamente. C'era tutta la passione per la dote artistica di Michelangelo... molti disegni mi colpirono, soprattutto uno in particolare, però. Era un'illustrazione di tutti noi, insieme... con il maestro, April e Casey. Lessi la data scritta con una matita nera, ai margini della pagina ingiallita.
Il 27 agosto del 2004... ridacchiai un po' per la buffa espressione che aveva il suo autoritratto. Il maestro era al centro, con la mano di Leo sulla sua spalla destra e la mia sull'altra. Don poggiava un braccio sulle spalle di Mikey e lui aveva la lingua fuori dalla bocca.
April e Casey erano abbracciati e sorridevano. E, guardandolo bene, una piccola pallina di pelo era ben visibile nella piegatura del braccio di Michelangelo... Klunk, quel micetto che era morto quando il mio fratellino era scomparso.
M'incupii ancora; voltai pagina, leggendo qualcosa inerente ai suoi sogni... la scrittura, il disegno, il ninjitsu... dov'era andato tutto questo? Che cazzo era cambiato? Strinsi la sigaretta nella mano, scagliai la bottiglia contro il muro, urlai disperatamente.
Uscii immediatamente dalla stanza, solo per rintanarmi nel laboratorio di Donnie. Polveroso, umido, freddo... spento... tutto era diverso. Io non volevo più vivere in quel modo; ma allungavo il mio tempo di vita con la speranza che, prima o poi, i miei fratellini sarebbero tornati.
Perché cazzo ero così stronzo? Perché m'illudevo?
Strofinai via energicamente le mie lacrime dal volto e uscii da lì, chiudendo la porta dietro il mio guscio; avevo un leggero mal di testa e mi massaggiai la fronte. Tossii dei residui di fumo dalla bocca e mi diressi in camera mia. Da solo, come sempre...

-A... anche voi, adesso...- mormorò una voce incrinata dal pianto.
Mi fermai solo per ritrovarmi dinanzi alla porta socchiusa della camera di Leonardo. Mi avvicinai silenziosamente, osservando mio fratello in piedi, girato di guscio. C'era una candela che illuminava appena il suo corpo pieno di vecchie ferite cicatrizzate.
La più grande era la placca ossea dello scuto del carapace. Quella era stata provocata da Karai, quando aveva 15 anni. Non era mai più guarito da allora... era permanente. Aveva le braccia piegate sul suo petto e tremava appena.
-Raph, so che sei lì- disse, voltando la testa al soffitto: -Entra, ti prego-.
Ebbi un sussulto leggero e non me lo feci ripetere due volte. La camera malamente ordinata di mio fratello mi fu subito il nuovo background.
-Che succede?- gli chiesi con fare indifferente.
Leo non rispose, senza neppure voltarsi, mi porse un foglio bianco. Una lettera, sicuramente. La presi e riconobbi la calligrafia di Donnie. Il mio cuore sussultò, i miei occhi s'illuminarono e tremai vistosamente di gioia... non era morto! Non era morto!
-Leggila ad alta voce, ti prego- m'implorò Leonardo, affondando il viso nella mano destra.
Annuii.

Cari Leo, Raph e sensei
sono passati tre anni da quando me ne sono andato, per cercare Michelangelo. Solo ora ho potuto scrivervi... solo per raccontarvi brevemente di una tragedia. Qualche settimana dopo della scomparsa di Michelangelo, scoprii qualcosa di terribile... c'era una strana epidemia che si stava diffondendo, nata da un virus portato da uno zoo sequestrato. Era altamente mortale non per gli umani stessi ma le specie animali, tra cui i rettili e i roditori. Mi auguro che il sensei non abbia contratto questo virus.
Cercai nostro fratello per settimane e settimane... mi ero contagiato e stando a una piccola elaborazione delle mie cellule malate, avrei avuto solo tre mesi di vita. Con grande costanza, creai un antidoto e mi salvai. Con la paura crescente, continuai le ricerche...
Michelangelo era a New York, dall'altra parte del ponte di Brooklyn... lo trovai avvolto in una coperta, tremando accanto a un fuoco, da solo. Quando mi vide sorrise... era davvero inguardabile... gli iniettai il siero...
Non ce la fece. Morì la stessa notte, implorandomi di ricordarvi il suo affetto per voi. Io... non posso tornare a casa, mi dispiace. Non potrei farlo dato che... ho contratto una distrofia muscolare...
Se vi è giunta questa lettera, allora significa che sono morto. Vi voglio bene...
Donnie


I miei occhi si gonfiarono di lacrime... le mie mani strinsero su quella lettera. Stentavo a crederci... come... come cazzo poteva essere accaduto? Forse, anche il sensei era morto con quel virus...
-Hai capito, adesso? Ho trovato questa lettera in una bottiglia vagante nelle fogne- mi spiegò Leonardo: -Siamo soli, Raph. Non abbiamo più nessuno, adesso-.
Aprii la bocca per ribadire qualcosa ma non trovai che un rantolo strozzato; la mia voce era morta in gola, la mia vista divenne acquosa. Il mio respiro accelerò... l'impatto caldo contro le mie guance... le lacrime erano cadute.
Caddi in ginocchio, con una fitta dolorosa al cuore... era troppo da sopportare. Impugnai il mio Sai, volendola farla finita. Che senso aveva vivere? Intravidi la mano di Leo bloccare la mia mano... mi avvolse in un abbraccio.
-LEO!- urlai tra i singhiozzi: -LASCIAMI MORIRE!-.
Mi strofinò amorevolmente il guscio, tenendo premuto il mento sulla mia testa. Mi cullava, rimanendo in silenzio. Solo noi due... eravamo gli unici Hamato rimasti, adesso.
-Non lasciarmi anche tu, Raphie- mi sussurrò in un orecchio: -Per favore. Sei il mio unico fratellino, adesso. Ho bisogno di te...-.
Rimasi senza fiato per un attimo... lasciai cadere il Sai sul pavimento, incapace di fermarmi nel piangere. Leo... mi stava implorando. Sentivo il suo respiro caldo contro il mio collo; strinsi il suo corpo a me, timoroso di perderlo.
-N... non ti lascerò...- mormorai, con voce incrinata.
Leo mi guardò con anelli di pianto sotto gli occhi arrossati: -Grazie, Raphael. Noi dobbiamo onorare i nostri cari...-.
Annuii e lo abbraii ancora una volta... il profumo di Leo era l'unica realtà che avevo, adesso...

The End

 
  
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