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Autore: saitou catcher    04/06/2013    12 recensioni
Il freddo di una buia notte invernale si accende del calore della tentazione, per due uomini costretti per la prima volta a fare i conti con un sentimento di cui non sanno nulla. Per Valjean e Javert l'incontro con Fantine segna una svolta di cui entrambi subiranno le conseguenze a lungo...
Scritto basandosi sul testo della canzone "Bella" di Riccardo Cocciante, la presentazione di un'inatteso triangolo che sperò vi piacerà.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Hope, Fight, Dream, Love'
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Jean Valjean aprì la porta quel tanto che bastava per poter passare e scivolò silenziosamente all'interno della stanza, avendo cura di chiudere. Appoggiò la schiena allo stipite e rimase immobile per qualche istante, prima di portarsi vicino al lettino accostato alla parete.

Le coperte tirate sul materasso erano appena gonfiate dalla scheletrica figura che si indovinava sotto le coltri-immobile, se non fosse stato per il sussulto, accompagnato da un rauco e

profondo colpo di tosse, che di tanto in tanto la scuoteva.

Guardando quella figura Jean Valjean si sentiva profondamente in colpa. Non aveva parlato a nessuno, nemmeno a Suor Simplice, di quella suo visita notturna, di cui adesso si pentiva. Alla vista di quella donna si sentiva agitare dallo stesso complicato marasma che lo aveva sconvolto poche ore prima.

Era pietà? Era empatia per una donna che aveva sofferto quanto lui? O era qualcos'altro, qualcosa che non poteva confessare nemmeno a se stesso?

Nel tentativo di capire, la sua mente riandò agli ecenti di qualche ora prima, quando si era imbattuto in qualcosa che mai si sarebbe aspettato.

 

Bella...

 

Trambusto. Folla. Due voci-una di uomo e una che a stento si poteva riconoscere per quella di una donna- che si urlavano sopra. Le urla di Javert, che sopraggiungeva in quel momento: -Cos'è successo? Possibile che senza di me non siate capaci neppure di domare le sgualdrine di strada?

Jean Valjean si era fermato, incuriosito, sul ciglio del marciapiede e aveva osservato Javert farsi largo tra la folla e afferare per il bustino una donna che si accaniva furiosamente su un borghese. Nel momento in cui si era sentita afferare, questa si era voltata, terrorizzata.

E nella fioca luce gettata dal lampione, ogni singolo dettaglio di quella visione era esploso per imprimersi a fuoco nella mente di Valjean.

 

La parola bella è nata insieme a lei...

 

Una donna in abito rosso, lungo e scollato. Poteva avere venticinque anni come cento. Il viso scavato, pallido, i lineamenti resi ancora più affilati dalla fame. I capelli corti e fitti, di un colore castano sfumato in grigio. E due occhi azzurri,che nel momento in si erano alzati su Javert erano penetrati nell'anima di Jean Valjean.

 

Col suo corpo e con i piedi nudi, lei...

 

Javert aveva preso la donna e l'aveva trascinata via, lontano dalla folla di curiosi che si assiepava attorno al borghese aggredito.

Il corpo di Jean Valjean aveva ricevuto uno strano impulso e le sue gambe si erano mosse da sole per seguire i passi dell' Ispettore, mentre le sue orecchie captavano quel tanto che bastava per ricostruire l'accaduto. E nel frattempo i suoi occhi non si erano staccati un attimo da quella donna che arrancava dietro la falcata vigorosa di Javert. Non era bella. Sotto il vestito, la pelle si afflosciava sulle osse spolpate, tutto in lei parlava di corruzione e miseria. Eppure Valjean non riusciva a staccarsi da lei, come se un filo invisibile ma tenace si fosse teso ad incatenarlo a quella donna.

 

È un volo che afferrerei e stringerei...

 

Mollala, Javert. Smetti di trascinarla, o ti spezzo la mano.

Un pensiero che era esploso nella mente di Valjean con la violenza di un uragano, accompagnato da una rabbia cieca e sorda, che lui non respinse. Non avrebbe mai messo in pratica quei pensieri, ma ne' Javert ne Valjean seppero mai quanto, quella notte, l'Ispettore fosse andato vicino ad essere aggredito dal sindaco di Montreuil-sur- mer.

 

Ma sale su l'inferno a stringere me...

 

Valjean si lasciò cadere in ginocchio e abbandonò la testa contro la testiera del letto, preso da un cupo sentimento di disperazione. Non sapeva e non capiva. Se quello che provava era giusto, perché lo faceva stare così male? E se era sbagliato, perché doveva essere aggredito da qualcosa che non poteva controllare e di cui non sapeva nulla?

Non sapeva, e nessuno gli poteva spiegare, che quello che provava era semplicemente il turbamento di un cuore che ha appena cominciato ad amare e che arretra di fronte a ciò che non conosce.

Ho visto sotto la sua gonna da gitana...

 

Nel momento in cui Javert l'aveva scagliata con violenza sul pavimento del commissariato la sua sottana si era sollevata fino al ginocchio, lasciando intravedere la gamba. Valjean aveva distolto subito gli occhi, odiandosi per ciò che sentiva, per quelle pulsioni di cui nessun uomo si sarebbe vergognato.

Poi, lei aveva cominciato a parlare con voce rotta dai singhiozzi, congiungendo le mani, abbandonata come un sacco di stracci ai piedi dell'Ispettore.

Si chiamava Fantine. Aveva una figlia, che si prostituiva per mantenere e si era scagliata contro quel borghese perché l'aveva insultata e le aveva messo un pugno di neve nella schiena.

A quelle parole Valjean si era sentito riempire gli occhi di lacrime. Che erano diventate lacrime di rabbia nel sentire le sprezzanti e irrisorie parole di Javert, che l'aveva condannata a sei mesi di prigione, incurante della sua storia.

 

Con quale cuore prego ancora Notre-Dame...

 

Valjean non aveva idea se quello che sentiva fosse qualcosa per cui chiedere perdono, se fosse giusto o sbagliato, permesso o proibito. Sapeva solo che doveva salvare quella donna, altrimenti non avrebbe mai più potuto sentirsi in pace.

Eppure, anche ora che l'aveva salvata, la pace sembrava essergli negata, e la sua anima aveva smarrito quella calma che le parole del vescovo Miryel avevano saputo dargli.

 

C'è qualcuno che le scaglierà la prima pietra...

 

E Javert, che l'aveva condannata senza nemmeno starla realmente a sentire! Javert, così cieco, ignorante, inflessibile, pronto a scagliarle la prima pietra dall'alto della sua presunta superiorità!

Javert, che avrebbe distrutto quella donna e la sua bambina, se lui non si fosse affrettato a fare qualcosa.

 

Sia cancellato dalla faccia della terra...

 

Ed era intervenuto. Forse esponendosi troppo, ma non aveva potuto tollerare quella scena un istante di più. Si era opposto a Javert e non aveva avuto un attimo di respiro. Ad un certo punto era sembrato che, in un rigurgito di orgoglio, l'Ispettore non avrebbe mai lasciato la preda.

Ma ce l'aveva fatta. E adesso Fantine era lì, dove si era addormentata con la voce di Valjean nell'orecchio che le sussurrava che tutto era finito, che presto la sua piccola Cosette sarebbe stata lì accanto a lei.

 

Volesse il diavolo, la vita passerei...

 

Valjean si prese la testa tra le mani, affondando le unghie nella pelle del cranio. Aveva salvato Fantine per compiacere la sua diabolica passione, o spinto dall'impulso di aiutare il prossimo che sempre l'animava?

Non lo sapeva.

Valjean alzò lo sguardo e vide il volto di Fantine, tranquillo, pacificato, e sentì lo stomaco serrarsi per la vergogna. Lei si fidava di lui, quando lui non si fidava di se stesso. Avrebbe tanto voluto essere sicuro almeno quanto lei che non avrebbe mai fatto nulla di cui pentirsi.

 

Con le mie dita tra i capelli di Esmeralda...

 

Valjean allungò una mano e accarezzò delicatamente la guancia di Fantine, sfiorandole i corti capelli. In quell'istante giurò a se stesso che, qualunque cosa fosse necessaria per impedirlo non avrebbe mai, mai, permesso a se stesso o ad altri di oltraggiare quella donna, e che, se pure avesse dovuto dare la sua stessa vita avrebbe fatto di tutto per ridare la felicità alla sfortunata, bellissima Fantine.

 

Bella...

 

L'Ispettore Javert si appoggiò pensieroso al parapetto del ponte e oosservò il vorticare oscuro dell'acqua sotto di lui.

Guardava, eppure non vedeva. Nella sua mente c'era posto soltanto per un'immagine.

Lei. Lei. A quel pensiero, lo stomaco di Javert si contorse e un fiotto di sangue bollente gli salì al cervello, spinto dai battiti accellerati del cuore.

Si ers spinto tra la folla, poche ore rima, per sedare una rissa scoppiata accanto alla taverna. Aveva afferrato quella donna urlante e l'aveva tirata su con forza.

E nel moment in cui lei si era voltata verso di lui era cominciato l'inferno.

 

È il demonio che si è incarnato in lei...

 

Javert non credeva nel demonio. Per lui, il male puro e assoluto era rappresentato da tutti coloro che, anche una sola volta nella vita, erano usciti dai confini predisposti dalla legge, cadendo com'era caduto Lucifero.

Ma quella notte aveva imparato che il demonio esisteva. E aveva un corpo scarno, ma ancora irresistibile e due occhi azzurri capaci di perderti.

E, fissando quegli occhi era stato Javert a cadere nelle

fiamme.

 

Per strapparmi gli occhi via da Dio, lei...

 

Javert alzò lo sguardo al cielo, ma la vista delle stelle gli era impedita da una fitta coltre di nubi. Non riusciva a trovare da nessuna parte, quella notte, l'ordine e il rigore che avevano sempre caratterizzato la sua vita. Tutto-religione e legge- si fondeva in un marasma confuso di tormento e passione.

Passione.

La parola che gli pulsava nel cervello e non voleva andarsene.

Javert alzò il pugno, gridando per la frustrazione, e colpì con violenza il parapetto del ponte. Accolse con piacere la scarica di dolore che gli attraversò il braccio, cancellando per un istante tutti i pensieri.

Abbassò lo sguardo sulla propria mano: la pelle sulle nocche si era lacerata e piccoli fiori di sangue rosso si allargavano sulla pelle bianca.

 

Che ha messo la passione e il desiderio in me...

 

Rosso.

Rosso come l'abito di Fantine. Rosso come la nube che gli si allargava davanti agli occhi.

Poteva ancora sentire, come se fosse appena successo, la scossa che gli aveva fatto tremare le ginocchia nel momento in cui l'aveva guardata. La sua mano si era stretta sul vestito con tanta forza da spezzare le stecche di calicò che servivano a tenerle fermo il corsetto.

 

La carne sa che il paradiso è lei...

 

Javert ricordò il momento in cui lei gli aveva preso la mano e se l'era posata sul petto, per fargli sentire quanto scottasse. L'impulso di uccidere e quello di divorare si erano fusi in uno solo e le sue labbra erano avvampate, accese da un fuoco che nulla poteva domare. Prima che potesse reagire, la sua mente si era riempita di immagini delle labbra di lui sul collo di Fantine, sulle sue spalle, sulla sua bocca, in un vortice di delirio dello stesso colore del sangue che in quel momento gli ribolliva nelle vene.

 

C'è in me il dolore di un amore che fa male...

 

Javert urlò e urlò e urlò, ma la passione non se ne andava con le grida,ma riamaneva a bruciare al centro del petto, lì dove l'Ispettore s'era scordato d'avere un cuore.

Che sia maledetta, pensò Javert, serrando con forza le mani sul parapetto del ponte, ignorando le fitte lancinanti alla mano destra. Ignoro se sia un angelo o un diavolo, una prostituta o una strega, non mi interessa. Che sia maledetta perchè esiste... e non è mia.

 

E non m'importa se divento un criminale...

 

Javert trasalì a quel pensiero che gli era passato per la mente, quasi troppo veloce per essere inteso. Il suo essere rifiutò con forza quelle parole estranee. Mai, neppure per lei,sarebbe andato contro le regole che si era imposto, che davano un senso alla sua vita. Non poteva.

Eppure avrebbe voluto poterlo fare. E questa consapevolezza lo riempiva di rabbia.

 

Lei, che passa come la bellezza più profana...

 

Lo riempiva di rabbia, perchè in fondo, Fantine non era che il relitto di una vita sprecata, l'ennesimaprova di come bastasse un passo falso per cadere nella via della perdizione. Uguale alle tante donne perdute che lui aveva guardato e ignorato con disprezzo. Non era che lo spettro di sè stessa,eppure già solo un'ombra della bellezza che un tempo doveva essere stata era una tentazione irresistibile per Javert.

In cosa era diversa dalle altre come lei? In nulla. Fantine rappresentava il peccato, la perdizione, la negazione di ogni regola. E l'anima di Javert ne era attratta, esattamente come lo sventurato che cammina sul ciglio del burrone viene attratto dal precipizio.

 

Lei porta il peso di una croce, croce umana...

 

Le orecchie di Javert avevano a malapena filtrato le parole supplichevoli che quella miserabile gli aveva rivolto, abbandonata ai suoi piedi come una bambola rotta. In quel momento non riusciva a pensare ad altro che a quel corpo, appena visibile sotto l'abito rosso, distrutto e sfinito da quella vita di miserie. Un'immagine che non lo aveva abbandonato nemmeno nel momento in cui lei era sparita dalla sua vista, ma che anzi era infuriata con violenza nella sua mente, portandolo ai limiti della pazzia.

 

Oh Notre Dame, per una volta io vorrei...

 

Javert salì e cominciò lentamente a camminare sul ciglio del ponte, lo sguardo perso, fisso su un punto che solo lui poteva vedere. Le sue labbra si mossero come per mormorare una preghiera, ma le parole sembravano strane e sbagliate nella sua mente incendiata, stonate sulla sua bocca fremente dell'impulso di uccidere e divorare.

 

Per la sua porta come in chiesa entrare in lei...

***

Ho visto sotto la sua gonna da gitana...

 

Valjean si prese la testa tra le mani e strinse,come se in quel modo avesse potuto espellere dalla sua mente le immagini che vi vorticavano, immagini che parlavano di qualcosa che lui non aveva mai conosciuto, dettate da quel sentimento ignoto che infuriava sottopelle. Immagini cominciate nel momento in cui l'aveva stretta tra le braccia per consolarla e la pelle di lei aveva incendiato la sua, come se l'avesse marchiato a fuoco.

Oh Signore, pensò Valjean tra le lacrime, vorrei solo sapere cosa mi sta accadendo.

 

Con quale cuore prego ancora a Notre Dame...

 

Cuore?, pensò Javert, quale cuore? Quel cuore che ho seppellito per tutti questi anni in fondo al petto, quel cuore che ignoravo perfino che esistesse, finché non è tornato a battere, facendomi male? Io non ho un cuore.

Ma invece ce l'aveva, e non era di pietra come aveva sempre pensato: era di carne e sangue, e bruciava, espandendo il suo fuoco in tutto il corpo.

 

C'é qualcuno che le scaglierà la prima pietra...

 

Mai più, pensò Valjean, mentre la rabbia tornava a fiammeggiare in lui. Mai più avrebbero osato giudicarla e condannarla, non finché lui avesse avuto vita.

Ripensò a quando l'aveva presa tra le braccia per portarla in ospedale. Le mani di lei si erano strette attorno al suo collo, e in quel contatto lui aveva sentito tutta la sua disperazione, tutto il suo dolore, la fiducia che riponeva in lui, e la tenerezza gli aveva stretto il cuore. Lei gli si era aggrappata con la determinazione del naufrago che cerca di tenersi a galla, e nel sentire le sue mani che a contatto con lui riprendevano calore, Valjean si era giurato che quella fiducia non sarebbe stata tradita.

 

Sia cancellato dalla faccia della terra...

 

Si sentiva pronto a combattere il mondo intero, quello stesso mondo che l'aveva schiacciata e vinta, senza concederle la possibilità di arrendersi. Non importava di chi si trattasse, lui era disposto a combattere tutto e tutti.

E il motivo per cui avrebbe fatto tutto questo improvvisamente gli fu chiaro.

La amo, pensò Valjean, e in quel momento ogni cosa riprese il suo significato.

 

Volesse il diavolo, la vita passerei...

 

La voglio, realizzò Javert, per quanto miserabile e profana sia, la voglio. Chissà che cos'ha, che malia possiede per essere così odiosa e tentatrice anche se stritolata dalla miseria e dalla fame.

La voglio.

Un unico, martellante pensiero che non lasciava tregua.

Se fosse stata sua si sarebbero avverati il suo più grande desiderio e il suo incubo peggiore. Perché possedere Fantine l'avrebbe trascinato all'inferno, ma l'inferno sicuramente bruciava molto meno del cuore di Javert in questo momento.

 

Con le mie dita tra i capelli di Esmeralda...

 

Jean Valjean allungò una mano e accarezzò i capelli di Fantine con un tocco leggero come una piuma, mentre un nodo gli serrava la gola e gli occhi si riempivano di lacrime.

Può l'amore arrivare in un secondo, sconvolgere l'anima e incatenare con un solo sguardo? Può accendersi improvvisamente come un lampo e bruciare in eterno come il Sole?

Sì, può.

E che fosse amore Valjean più non ne dubitava, non ora che la gioia lo riempiva al solo vedere il viso di lei e la tenerezza si faceva così forte da diventare struggente.

Dormi tranquilla, amore mio, pensò, dormi. Non ti accadrà nulla di male, mai più. Perché adesso ci sono io.

***

Javert allungò una mano e osservò il sangue gocciolare sulla pietra del ponte e si chiese come facesse a non bruciarla, ardente come lo sentiva. Per alcuni istanti rimase immobile, con la mano tesa davanti a sé, come se lei fosse ancora lì e lui potesse toccarla e farla sua.

E poi, lentamente, Javert strinse il pugno con tanta forza da far sanguinare di nuovo le nocche, ma questa volta non ci badò. Con un balzo scese dal ponte e prese a camminare furiosamente. Non c'era più nessun fuoco nei suoi occhi, solo una scintilla gelida e decisa che rendeva il suo sguardo quasi inumano.

E mentre si dirigeva verso l'oscurità, sapeva che da quella notte non sarebbe stato più lo stesso.

 

Buongiorno a tutti.

Questa fanfiction è stata un vero parto. L'ho iniziata a marzo e l'ho finita solo stasera, l'ho revisionata e corretta non so quante volte. E sono tuttora convinta che sia una schifezza totale.

Dedico questa one-shot a mia sorella Catcher, che mi ha perseguitato perché la continuassi, e ne ha trascritto una parte mentre io facevo la cucina. Senza di lei sarei ancora a carissimo amico. Oltre a lei, la dedico alla mia amica Margherita e a tutti coloro che avranno la pazienza di leggere. A coloro che recensiranno un sentito grazie e una raccomandazione: siate spietati!

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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