Fandom: star trek reboot
Pairing: Kirk/Spock
Personaggi: James T. Kirk, Spock, Leonard McCoy, Nyota Uhura, Hikaru Sulu, Pavel Chekov, Altri
Rating: Pg
Genere: angst, avventura, fantascientifico, sentimentale
Avvertimenti: (possibile) OOC, pre-slash, raccolta
Trama: Quando l'Enterprise viene inviata in missione per scoprire cosa abbia scatenato la pazzia degli abitanti sul pianeta Ka'Yo, durante la ricognizione Spock viene attaccato. E nonostante McCoy ci stia provando a tenerlo in vita, Jim vede il suo amico morire lentamente e inesorabilmente.
Note: ce l'ho fatta! La seconda one-shot della raccolta è completa (sto per piangere, scusatemi çwç). Beh, certo... dovrei essere a fare la gobba sui libri, lunedì ho il primo esame (di una lunga, infernale sessione) e invece sono qui ma... SONO DETTAGLI! E poi boh, passi tre settimane a scrivere una one-shot (che diventa, automaticamente, il lavoro preferito tra tutte le tue storie) e a pensare alle note e poi arrivi a scriverle e non sai che dire (ISPIRAZIONE: SEI LA SOLITA PUT... EHM, CAGNA!). Anyway, se vi chiederete perché Jim e Bones si danno del lei nonostante nel reboot siano più legati, l'ho fatto solo per rispettare la gerarchia capitano-ufficiale. Lo so che si darebbero del tu, nel film (ma voi l'avete visto Into Darkness? Io no, sono in ansia ç_ç). In alcune parti Kirk dà del 'tu' a Spock, non mi sono scimunita, è solo che in quelle parti ce lo vedevo meglio. Beh, vi lascio alla storia (lo so che state per tirarmi verdure e ortaggi vari, non li nascondete ùwù). Enjoy (spero di non aver fatto un macello.)
Disclaimer: Kirk, Spock e compagnia cantando non mi appartengono, sono di quel figaccione di Gene (sia lodato). Io mi diverto a manovrarli per le stronzate che scrivo, it's all.
Scritta per la community dieci&lode sul set #10 Futuristico e sul prompt 02. Viaggio nel tempo.
Per poter comprendere alcuni passaggi dovete aver letto L'altra faccia della luna. Fanno entrambe parte della serie di one-shot A friendship that will define you both.
Viaggio nel tempo di Spock.
Kirk
voleva solo
raggiungere la sua cabina
senza incontrare anima viva. Camminava
tra i corridoi dell'Enterprise tentando di evitare ogni contatto.
Esultò
quando vide la sua stanza e cominciò, trionfante, a correre
verso di
essa. Quando la porta si aprì con un fruscìo,
però, a palesarsi
dinanzi i suoi occhi fu l'immagine del suo primo ufficiale. Il
senso di trionfo
andò sgretolandosi, come un castello di carte soffiato via
dal
vento.
-Accidenti! Nessuno le ha detto che è maleducazione
introdursi nelle stanze degli altri?-
Il vulcaniano non rispose
subito, non verbalmente, almeno. Piuttosto l'occhiata che
indirizzò
al suo capitano fu sufficientemente esaustiva. E Jim sapeva, oh
se lo sapeva,
che quella guardata stava per essere accompagnata da una lunga
ramanzina che lui non aveva proprio voglia di stare ad
ascoltare.
-Jim... - cominciò Spock (e il solo fatto che oltre
allo sguardo truce, avesse iniziato la frase chiamandolo per nome,
non
era
un buon segno) -...come primo ufficiale di bordo ho il diritto di
invadere la sua privacy
se
è per una buona ragione.-
Kirk sospirò pesantemente e si
trascinò verso il letto, dove si lasciò cadere
-Sono stanco, Spock.
Non possiamo rimandare a domani?-
Il primo ufficiale inspirò
profondamente e chiuse gli occhi per alcuni secondi -Capitano...
è
già irrazionale il fatto che stiamo per affrontare questo
discorso e
che sia io
a
dover parlarle di questo. Avrei volentieri delegato il compito al
dottor McCoy, ma ha utilizzato ogni sporco sotterfugio per
sottrarsi.-
Kirk rise, ma quando colse l'occhiataccia del
vice
(ma
era perennemente incazzato, quel vulcaniano?),
le sue labbra si serrarono e tentò di ritornare serio.
-Io non
sapevo che quella ragazza fosse la figlia del commodoro Stone.-
ammise il capitano, allargando le braccia e confessando la sua
colpa.
Spock non fiatò, lasciandogli il tempo di continuare.
-Era
carina, beh... più che carina, aveva delle gambe che... -
-Non
c'è bisogno dei particolari!-
lo interruppe il secondo in comando.
-Sì, giusto. Insomma, non
potevo saperlo; lei mi piaceva, io le piacevo... lo sa come vanno
queste cose.-
Spock lasciò vagare lo sguardo per la camera,
cercando qualcosa da dire. Doveva rimproverare
il
capitano e già questo era assurdo; il
fatto che, tra l'altro, dovesse richiamarlo perché... beh,
troppo
esuberante
era
altamente illogico (oltre che fuori luogo).
Se
fosse stato interamente umano, molto probabilmente avrebbe riso per
l'ironia della situazione.
-Il problema non è solo la signorina
Stone. Lei ha... sedotto e abbandonato la gran parte delle sue
subordinate. Questo è infruttuoso, la maggior parte della
popolazione femminile dell’Enterprise ha del risentimento
verso di
lei.-
Kirk alzò gli occhi al cielo e inclinò il capo di
lato.
Odiava dover ammettere che il suo vice fosse dalla parte del giusto:
come sempre,
d'altronde.
-Ma un uomo ha bisogno di certe cose. Lei non può
capire, ha Nyota. Io faccio quel che posso per non sentirmi solo.-
Il
vulcaniano tentennò.
Lei
ha Nyota.
Riprese
a parlare -Come può sentirsi solo su una nave di
quattrocento
persone? E per di più lo è quando non ha
servizio. E i suoi turni
sono i più lunghi e frequenti.-
Kirk lo guardò intensamente,
aveva notato qualcosa. Spock aveva tentennato
prima
di parlare; non sapeva se fosse stata o meno una sua impressione.
Però da quando conosceva il suo primo ufficiale, sapeva che
la
ferrea autodisciplina vulcaniana aveva qualche falla, e di tanto in
tanto anche quell'ermetico contenitore lasciava fuoriuscire qualcosa
di umano.
-Sì,
ho lei a farmi compagnia. Me lo chiami divertimento.- si
lamentò,
sorridendo beffardo.
L’altro non si scompose, rimase fermo a
fissarlo con i suoi impenetrabili occhi scuri.
-Non si sarà
offeso?-
Il vice inarcò un sopracciglio assumendo un'aria
totalmente indifferente -L'offesa è un'emozione umana. Mi
è
sconosciuta.-
Kirk roteò gli occhi al cielo -Ma dico... come fa
quella povera donna a sopportarla?-
Spock registrò, perplesso, la
battuta del suo superiore. Una
semplice domanda provocatoria che andava
ad insinuarsi
tra i suoi più nascosti ed intimi timori.
Decise di non pensarci,
catalogò quelle parole come banali.
In
realtà sapeva che, nel buio della sua cabina, con il respiro
di
Nyota che s’infrangeva contro il suo petto, ci avrebbe
ripensato
nuovamente.
-Non ho nulla da dire, al riguardo.- rispose il primo
ufficiale, composto.
Il capitano sbuffò divertito e aprì le
labbra per replicare ma la loro conversazione fu interrotta dal
trillo dell'interfono.
-Qui
Kirk, cosa succede?-
-Ponte
a capitano, sono Uhura. Abbiamo ricevuto una chiamata d'urgenza dal
comando della flotta.-Spock osservò come le spalle del suo
superiore
si tesero alle parole del tenente, percepì tutta la
leggerezza
d'animo dell'umano venire soffiata via da una composta
serietà.
Il
vulcaniano non poté fare a meno di chiedersi, come spesso
accadeva
da quando lo conosceva, come potesse, quell'uomo, cambiare
così
repentinamente.
-Inoltri qui il messaggio, tenente.-
Uhura fece
come richiesto, l'interfono restò muto per alcuni secondi in
cui Jim
ebbe il tempo di guardare il suo vice.
Accadeva spesso,
ultimamente. Semplicemente s'incontravano; gli occhi chiari di Jim si
perdevano in quelle gemme d'oblio che erano le pupille di Spock. I
loro sguardi parlavano, si dicevano cose
che
le loro menti non riuscivano a comprendere.
Entrambi sapevano che
in quel semplice gesto vi era celato qualcosa di più di una
semplice
occhiata, qualcosa che doveva avere un significato. Ma né
l'impetuoso animo umano né il ferreo raziocinio vulcaniano
riuscivano ad afferrarne il senso.
-Capitano Kirk, parla
l'ammiraglio Kitamura.-
-Ammiraglio, mi dica tutto.- rispose il
capitano dell'Enterprise, distogliendo lo sguardo dal suo
ufficiale.
-Abbiamo ricevuto una segnalazione dalla base su Ka'yo.
Da quanto ci è stato riferito qualcosa ha scatenato il
putiferio sul
pianeta. Sembra che gli abitanti siano impazziti, alcuni nostri
soldati sono riusciti a mettersi in salvo.-
Kirk
aggrottò le sopracciglia, perplesso -Ka'yo
è nella zona che stiamo perlustrando. Come mai la
segnalazione non è
stata captata dalla nostra rete di comunicazioni?-
-Lasci perdere
le intercettazioni. Vogliamo che recuperi i nostri soldati.-
Quando
Jim si voltò verso il suo secondo in comando, il viso
del vulcaniano era un'impassibile maschera senza alcuna emozione. I
suoi occhi erano ben lontani dal calore che li aveva riempiti fino a
pochi istanti prima.
Jim salutò l'ammiraglio e chiuse la
conversazione, prima di vedere Spock sospirare.
-Questa storia non
la convince?- chiese, con una velata ironia nella voce.
Il
vulcaniano rimuginò in silenzio per qualche secondo -Non mi
affido
ai presentimenti. Però... -
-...le comunicazioni.- lo interruppe
il capitano.
L'ufficiale annuì -E' insolito che l'Enterprise non
abbia captato la trasmissione. Così
com’è bizzarro il fatto che
la popolazione di un pianeta sia impazzita, di
nuovo.-
-Già,
è il terzo pianeta nel giro di un mese. Tutto è
iniziato da quando
la Spartacus è stata annientata.-
Il vulcaniano lo fissò deciso
-Non possiamo dire con certezza che le cose siano collegate, ma non
credo sia un caso.-
Kirk
sorrise scuotendo il capo -Avevo dimenticato che lei non crede
neppure al caso.- gli diede una pacca sulla spalla prima di dirigersi
sul ponte di comando.
. . .
Non sappiamo cosa sia successo, di preciso. Le persone hanno cominciato ad attaccarci.- a parlare fu uno dei soldati che avevano recuperato dal pianeta.
McCoy
li stava visitando e, intanto, guardava truce Jim che continuava ad
interferire mentre lui tentava di medicare quei poveri
disgraziati.
-Avete registrato i sintomi?- chiese il capitano,
incrociando le braccia al petto.
Il dottore imprecò sottovoce, ma
l'amico lo ignorò.
-Sembravano... morti.-
-Morti?-
ripeté l'ufficiale medico.
Il soldato annuì guardandosi,
incredulo, le mani -Già. Sembravano morti viventi.-
Kirk rise, ma
non c’era traccia d’ilarità alcuna, sul
suo volto -Non siamo
ridicoli. Come sono impazzite queste persone? Ci sono state visite
sul pianeta, ultimamente?-
Il soldato esitò, ma subito dopo si
riprese negando con il capo.
-Jim, so che sta facendo il suo
lavoro, ma come vede anch'io sono un po' impegnato.- li interruppe il
dottore.
Il giovane capitano lo guardò sorridendo -Oh, che
permaloso.-
-Se non se ne va farò diventare lei, uno zombie.- lo
minacciò Leonard, brandendogli contro una siringa.
-Sì, sì.
Quante storie. Scenderò sul pianeta, quindi appena
avrà finito qui
mi raggiunga in sala teletrasporto.- ordinò al medico.
Tre
ore dopo la squadra di ricognizione sbarcò
dall’Enterprise.
Ka'yo
era un piccolo pianeta di classe m, l'atmosfera era simile a quella
della Terra e questo aveva permesso agli abitanti di sviluppare una
struttura biologica simile a quella dei terrestri. La popolazione era
concentrata maggiormente nel continente più grande, dove
erano
sorte, secoli addietro, le tre città più
importanti.
A scendere
dalla nave furono Jim, Spock e il dottor McCoy.
Non era la prima
volta che sbarcavano in quel posto, prima d'allora si erano fermati
alcune volte per i rifornimenti; si erano sempre trovati bene
lì.
Ka'yo era una piccola terra calda e accogliente, così come
le
persone che lo abitavano.
Ora camminavano di nuovo su quel
pianeta, ma le cose erano ben diverse: incontrare un abitante voleva
dire abbatterlo.
-Capitano, il tricorder segnala che a 3.5
chilometri a nord ovest c’è vita. Una massa
consistente, direi.-
annunciò Spock, guardando lo schermo del computer.
Kirk annuì
-Allora cammineremo verso Yuuta, ci recheremo all’ambasciata.-
McCoy
lo guardò stranito -A fare che? A salutarli? Se sono tutti
impazziti
non credo che gli ambasciatori saranno lì ad aspettarci.-
Il
capitano scosse il capo -Lo so benissimo, Bones. Ma sono loro a
registrare tutto quello che accade sul pianeta. Dobbiamo cercare
informazioni su quello che è successo.-
Spock avanzò di qualche
passo e osservò attentamente il cielo.
-Jim... le persone non
impazziscono improvvisamente. E' come con la Spartacus, come con gli
altri due pianeti prima di questo.-
Kirk fissò, distrattamente,
la schiena del suo primo ufficiale. Poi si voltò verso Bones
e
rispose -Non sappiamo ancora quello che è successo. Avanzare
ipotesi
senza prove è impossibile, quindi avviamoci, prima che
qualcuno ci
veda.-
Camminarono
per trenta minuti, s'inoltrarono nel bosco e proseguirono seguendo i
sentieri delle colline. Le strade, viste dall'alto, erano un'enorme
discarica di veicoli abbandonati; alcuni incastrati gli uni negli
altri come se si fossero scontrati. Non c'era anima viva, neppure in
quelle poche abitazioni in cui si erano fermati a dare
un'occhiata.
Più che impazziti, gli abitanti sembravano essere
scomparsi.
-Capitano, siamo quasi alla città.- lo avvertì
Spock,
fermandosi subito dopo.
Gli altri due si voltarono verso di lui,
confusi -Perché si è fermato?-
Il vulcaniano osservò il
tricorder e poi alzò il viso verso i compagni
-C'è qualcuno,
qui.-
Fu questione di nanosecondi, non aveva neppure terminato la
frase che qualcosa lo spinse all'indietro; finì con le
spalle al
suolo. Riuscì a registrare la voce di Kirk urlare il suo
nome.
Si
guardò intorno, un ruggito caldo e feroce gli
scivolò sull'orecchio
destro ma non vedeva nessuno accanto a sé.
Percepì il calore
d’un contatto sul proprio petto, come se delle mani
invisibili
stessero risalendo verso la sua gola.
Quando fece forza sui
gomiti, per alzarsi, fu spinto di nuovo a terra.
-Spock, che
succede?- urlò il capitano, correndo verso di lui.
Spock non
capiva, riusciva a sentire qualcosa sul suo corpo,
ma non
vedeva niente. I passi del suo superiore si facevano sempre
più
vicini, ma lui sapeva, sapeva, che se l'altro si
fosse
avvicinato abbastanza, sarebbe stato aggredito.
-No, Jim resti
lì!- urlò. Ma la sua voce ebbe l'effetto
d’innervosire qualunque
cosa avesse addosso e, prima di potersene accorgere, il ringhio
diventò un ruggito e la sua gola venne squarciata.
Percepì solo
lo stridìo del raggio laser, poi il mondo crollò
nel silenzio.
. . .
Kirk respirò profondamente mentre osservava lo schermo della plancia. Poteva vedere il pianeta Ka'yo, ma la sua mente era altrove.
Dentro
di sé si susseguivano onde su onde di sensazioni, un mare in
tempesta di sentimenti a cui non riusciva a mettere ordine.
Ripensando a tutto quello che era successo in poco tempo: la missione
affidatagli dal comando della flotta; la totale pazzia e poi
scomparsa degli abitanti di Ka'yo; l'aggressione di Spock e le sue
condizioni, si chiese come fosse possibile che una situazione potesse
capitolare così in fretta. Si domandò
perché il suo primo
ufficiale fosse abbandonato in un letto d'infermeria quando solo
poche ore prima erano nella sua cabina a battibeccare per delle
futilità.
Doveva capire cosa li avesse attaccati sul pianeta, ma
per quanto cercassero, non avevano trovato niente di utile.
Si
passò una mano sulle palpebre affaticate quando il
turboascensore si
aprì e uno dei soldati della federazione ne uscì,
guardandosi
intorno.
-Capitano Kirk, voleva vedermi?-
Jim si voltò verso
di lui -Signor Hollan cos'è che non mi state dicendo?-
Il giovane soldato lo guardò confuso -Credo di non capire.-
Il
capitano dell'Enterprise sorrise, stizzito -Non ci avevate parlato di
creature invisibili e potenzialmente letali, prima. Vorrei sapere il
perché.-
Il soldato sussultò e trascinò il suo peso da un
piede
all'altro, Jim registrò quel gesto come un tic nervoso.
Aveva
ragione, c'era qualcosa che quei soldati stavano nascondendo.
-Non...
non sappiamo niente di cose invisibili.- insistette il giovane.
-Non
mi prenda in giro!- urlò il capitano -Il mio primo ufficiale
è in
infermeria a lottare tra la vita e la morte, con la gola squarciata.
Voglio sapere cosa l'ha aggredito, ora!-
Tutti i presenti si
voltarono verso i due fermi al centro della plancia. La tensione era
tanto densa da risultare palpabile, ma il soldato non sembrava
intenzionato a confessare.
-Mi creda, se non parla, quello che
racconterò di lei nel mio rapporto le rovinerà la
carriera. Le
assicuro che le stelle potrà guardarle soltanto dal suolo
terrestre.- lo minacciò il maggiore.
Lo sguardo del giovane s'indurì ma, nonostante l'aria furente di Jim, si limitò ad annuire -Faccia pure, capitano. Non so di cosa lei stia parlando. Non abbiamo visto cose invisibili,sul pianeta. Eravamo troppo impegnati a fuggire dalla gente che cercava di sbranarci. Anche noi abbiamo perso molti uomini.-
Il
trillo dell'interfono li interruppe -McCoy a capitano Kirk.-
Il
capitano rimase fermo per qualche secondo senza lasciar andare lo
sguardo del soldato, poi si decise a rispondere al medico -Qui Kirk.
Come sta?-
-Sta come uno a cui hanno squarciato la gola, Jim. Il
suo fisico è resistente, forse non morirà.
Purtroppo per saperne di
più devo aspettare che si svegli.-
Il capitano dell'Enterprise
socchiuse le palpebre, il solo sapere che Spock era vivo lo faceva
sentire molto più tranquillo, leggero.
-Mi chiami quando si
sveglierà.-
-Se si sveglierà.-
. . .
-Diario
personale del capitano: data astrale 3001.5. Sono ormai tre giorni da
quando ci siamo parcheggiati presso l'orbita del pianeta Ka'yo, il
dottor McCoy si sta occupando del signor Spock che, per il momento,
non ha dato segni di ripresa. Il suo corpo sembra essere guarito del
tutto, ma la sua mente non reagisce a nessuno stimolo. Stiamo
continuando ad interrogare i soldati della Federazione, le loro
parole sono confuse e spesso contraddittorie: non è
più una
sensazione, ora sono certo che ci stiano nascondendo qualcosa.
Non
abbiamo ancora trovato la causa scatenante la pazzia degli abitanti,
ma una cosa è certa: qualsiasi cosa fosse, li ha fatti
scomparire
uno dopo l'altro. Quasi tre miliardi di persone; mi chiedo quando
finirà questo spregevole spreco di vite umane.-
Kirk premette il
pulsante per chiudere la registrazione, poi poggiò il capo
contro le
mani. Erano ormai tre giorni e non avevano scoperto nulla.
Spock
era ancora incosciente.
Si sentiva vuoto, Jim, solo come non si
era mai sentito da quando era entrato all'accademia spaziale. Ormai
non poteva non ammettere a se stesso di quanto quel vulcaniano, tutto
logica e zero divertimento, gli mancasse. Si era adattato alla sua
pacatezza e schiettezza, alla sua costante presenza; non vederlo, non
sentirlo, non poterlo prendere in giro. L'assenza del suo vice era un
dolore, e non lo nascondeva.
Qualcuno bussò alla porta della sua
cabina e, alzando il capo dalle mani, aprì. Si
voltò per vedere chi
fosse e trovò Chekov sulla soglia indeciso tra l'entrare o
aspettare
un consenso.
-Chekov, se ho aperto la porta le ho già dato il
permesso di entrare.- sorrise Jim.
Il giovane annuì ed avanzò
all'interno della cabina -Capitano, ho... ho registrato qualcosa che
deve assolutamente vedere.-
Kirk aggrottò le sopracciglia e si
alzò in piedi -Spari.-
Il giovane russo si animò -Non potevo
spiegarglielo a parole, è eccezionale. Qualcosa che non ho
mai visto
in tutta la mia vita!-
-Vada al dunque.-
-Ah... giusto!
Veda!-
La guardiamarina si avvicinò al computer della cabina,
prima di inserirsi nell'archivio video -Computer, ultima
registrazione effettuata.- ordinò.
Ci furono una serie di
cartelle aperte, poi il proiettore si avviò e Kirk si
avvicinò allo
schermo per osservare: la registrazione si apriva con la solita
inquadratura del pianeta Ka'yo visto dall'Enterprise.
-Cosa dovrei
vedere?-
-Guardi.-
Dopo alcuni minuti, il pianeta visto
dall'esterno brillò per una frazione di secondo; sfere
luminose
risalirono verso lo spazio. Tentennarono nell'aere prima di
scomparire, lasciandosi dietro una fosforescente scia sfumata.
Kirk
sgranò le palpebre -Perché non mi avete chiamato?
Dobbiamo
inseguirle!-
-No... no, capitano.- lo richiamò il russo, ma Jim
aveva già cominciato a correre verso la plancia.
-Capitano,
aspetti!- urlò Chekov inseguendolo per i corridoi della nave
-Non
possiamo stargli dietro. Capitano!-
Jim arrivò al turboascensore
e aspettò che si aprissero le porte.
-Capitano... - ansimò la
guardiamarina -non possiamo inseguirle.- ripeté.
-Perché? Dovete
sempre chiamarmi quando vedete qualcosa d'insolito!- sbottò
il
capitano, innervosito.
-E' questo il problema, noi non abbiamo
visto niente. I sensori sono riusciti a... - Chekov
gesticolò,
cercando la parola adatta -...captare tutto questo
con due ore
di ritardo. Si muovono troppo veloci.-
-Cosa?- sussurrò Jim,
ancora più confuso.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli
-E' in servizio, ora?- chiese, mentre il giovane lo guardava
spaesato.
-No, ho finito.-
-Chi è al comando?-
-Sulu.-
Kirk
annuì, almeno per qualche ora avrebbe potuto riposare
tranquillamente. Lo sperava, pregava con tutto il cuore che fosse
così; aveva bisogno di tempo per rimettere in ordine se
stesso e
cercare una soluzione alla situazione che l'Enterprise stava
vivendo.
Senza Spock, doveva ammetterlo, era difficile riuscire a
restare calmo. Il suo vice (e solo ora se ne rendeva conto) aveva il
potere di domare la sua confusione umana ed
aiutarlo a mettere
chiarezza dentro di sé. Ora era solo, e Dio solo poteva
sapere
quanto avrebbe voluto tornare indietro a tre giorni prima ed
impedirgli di scendere dalla nave.
Due
ore dopo il suo sonno fu interrotto da una chiamata di McCoy -Jim,
venga in infermeria. Spock sta... -
Morendo. La mente di
Kirk completò la frase rimasta in sospeso.
Aveva messo da parte
lo shock, i tumultuosi sentimenti umani e si era vestito della sua
migliore maschera d'impassibilità e freddezza: avrebbe agito
da
capitano, come tutti si aspettavano che facesse.
Anche se Spock,
stava morendo.
. . .
-Che significa 'sta scomparendo'? Mi aveva detto che era fuori pericolo, che fisicamente si era ripreso.-
Leonard
guardò il capitano scagliarsi con rabbia verso di lui.
Sapeva che
Jim era preoccupato, come tutti loro, d'altronde, ma non poteva farci
nulla. Fisicamente il primo ufficiale era in perfetto stato, il suo
corpo non presentava nessuna anomalia. McCoy aveva controllato e
ricontrollato minuziosamente le analisi del vulcaniano e non aveva
riscontrato nessuna causa che potesse spiegare l'attuale
situazione.
Il corpo di Spock stava subendo una qualche mutazione
che lo stesso medico non riusciva a spiegarsi; aveva visto qualcosa
del genere solo studiando la scomposizione delle molecole durante le
fasi di teletrasporto. Ora stava accadendo qualcosa di simile,
gradualmente ed inevitabilmente: perché non poteva fare
assolutamente niente per impedire quella mutazione.
-Non ho la
benché minima idea di cosa stia succedendo. Vorrei saperlo
anch'io.
Si sta scomponendo, presto le sue molecole saranno disperse nell'aria
che respiriamo.- grugnì in risposta.
Jim aveva lo sguardo stanco,
gli occhi che tentavano di velare la preoccupazione e l'angoscia che
pulsavano all'interno del suo corpo; ma Leonard McCoy lo conosceva
fin troppo bene per sapere che dietro quell'aria autoritaria si
nascondeva qualcosa di molto più potente, irrefrenabile.
Qualcosa
che, se si fosse liberato, avrebbe devastato il suo capitano.
-Deve
fermare questo processo, fare qualcosa per rallentarlo. Almeno fino a
quando non avremo capito di cosa si tratta.- disse Kirk, allungando
le mani sulle spalle del medico e guardandolo con una
serietà che
Leonard non pensava potesse appartenergli.
-E cosa dovrei fare,
Jim? Ho provato di tutto, ho iniettato in lui tante di quelle
medicine che sembra un tacchino farcito per il ringraziamento. Non
c'è più niente da fare!- gesticolò il
dottore.
Kirk sospirò e
si allontanò dall'amico. Non sapeva come fare per impedire
che il
fisico di Spock degenerasse fino a scomparire; il fatto di non aver
mai sentito parlare in vita sua di una malattia del genere, lo
destabilizzava ancora di più. Non avevano casi precedenti su
cui
basarsi, soluzioni da studiare e che potessero provare ad adattare
alla loro attuale situazione.
Si voltò a guardare il suo primo
ufficiale disteso sul letto, gli occhi chiusi e il volto una maschera
impassibile, di cera.
Come posso salvarti?
-Ponte a
capitano Kirk.- trillò l'interfono.
Jim rispose alla chiamata
-Qui Kirk, Sulu mi dia buone notizie.-
-Capitano, sul ponte c'è
il soldato Merton. Chiede di parlare con lei, dice che è
urgente.-
Kirk annuì, pur consapevole di non poter essere visto
-Lo accompagni in sala conferenze.-
-McCoy, con me.-
Il
soldato Merton era il più giovane componente della squadra
inviata
sul pianeta Ka'yo. Sedeva con lo sguardo fisso di fronte a
sé,
aspettando l'arrivo del capitano Kirk.
Sulu lo guardò, curioso
-Di che squadra fai parte? Il tatuaggio sul tuo polso... i soldati
non portano simili segni di riconoscimento.-
Il giovane alzò lo
sguardo verso il tenente, poi ritornò a guardare con
serietà la
parete che si stendeva di fronte a sé.
-Sono un soldato della
federazione.-
Sulu aggrottò le sopracciglia -Sono più che
sicuro
che i soldati non abbiano tatuaggi di quel genere.-
-Evidentemente
le sue informazioni sono errate, dovrebbe correggerle.- rispose il
giovane.
La loro conversazione fu interrotta dall'arrivo del
capitano che, senza perdere tempo, si accomodò di fronte al
soldato.
McCoy restò in piedi, alle spalle di Jim.
-Voleva vedermi?-
Kirk
aveva un'espressione truce, aggressiva. Non aveva il tempo per
mantenere la cordialità del capitano con gli ospiti di
bordo.
Sentiva, dentro di sé, che se solo quei soldati avessero
parlato,
molto probabilmente avrebbero potuto evitare innumerevoli sprechi di
vite extraterrestri (e anche quella di Spock).
-Il suo vice è
stato ferito.- disse il soldato, con una leggerezza nella voce che
ebbe il potere di irritare Jim, ma questi non si mosse,
aspettò che
l'altro continuasse.
Il giovane si guardò le mani, dal suo volto
traspariva un'espressione che poteva essere classificata come
timorosa ma allo stesso tempo dispiaciuta.
-Quelle cose
controllano il tempo.- continuò, sorridendo malinconico.
-Quali
cose?- chiese il capitano.
-Il suo primo ufficiale...
capisco perché non è impazzito. E' un vulcaniano,
può bloccare il
contagio con la propria mente e il suo corpo non viene controllato
dalla totale follia. Ho già visto un vulcaniano fare questo,
quando
fu registrato il primo attacco.- sorrise Merton.
Kirk era ancora
più confuso, guardava il soldato con un'espressione
sbigottita -Lei
non era presente al primo attacco della Spartacus.-
-Non era
quello, il primo attacco.- il giovane alzò lo sguardo verso
di lui,
ora la decisione ruggiva nei suoi occhi azzurri -I vulcaniani si
rintanano nella loro mente e guariscono il loro corpo; il contagio
non ha avuto effetto e il suo primo ufficiale non è
impazzito.
Però... nonostante non ci sia la follia, le conseguenze si
verificano comunque e lui scomparirà. Si
dissolverà.-
Il
capitano dell'Enterprise tirò su con il naso scuotendo,
incredulo,
il capo -Che diavolo di senso dovrebbe avere quello che mi sta
dicendo?-
-Io penso che la mente del suo primo ufficiale Spock sia
riuscita a guarire il suo corpo, ma che non abbia agito in tempo e
che sia rimasta... intrappolata senza
possibilità di riuscire
a completare la guarigione. Non si è verificata la pazzia,
ma la
fase finale non è stata fermata. E'
tutto nella sua mente, se
si potesse liberarla allora credo che lui potrebbe essere salvato.-
confessò il soldato.
-Quello che sta dicendo è pura fantasia.
Liberare la mente di un vulcaniano? Come? Per osmosi?- intervenne
McCoy, stralunato.
-La mente del signor Spock non ce l'ha fatta
perché lui non è completamente vulcaniano. La sua
autodisciplina ha
delle falle.- disse il soldato -Questo può essere un punto
debole,
ma anche un vantaggio per voi. C'è un modo per connettere
due menti,
lei lo conosce, dottore.-
-Come fa a sapere tutte queste cose?
Come può un soldato avere una così ampia
conoscenza scientifica?-
domandò Kirk.
Il mistero andava infittendosi come una densa
nebbia che si propagava tra le pareti dell'Enterprise; c'era molto di
più in quegli uomini. Le parole del soldato erano una
conferma.
-Sono uno scienziato, capitano.-
McCoy sussultò
-Scienziato?-
-Volete continuare ad indagare su di me o
collegherete il rilevatore psichico?- si lamentò Merton.
Kirk si
alzò in piedi allontanandosi di qualche passo dal tavolo
delle
conferenze. Leonard gli andò dietro.
-Potremmo farlo?-
Il
medico tentennò -Quel rilevatore è un oggetto
ornamentale sulle
navi della flotta. Una piccola parte viene utilizzata solo nel
controllo della verità, e solo dal computer. Non saprei
neppure che
cosa farci, come potremmo sapere come collegare due menti?-
Kirk
rifletté per qualche secondo perdendosi con lo sguardo nel
vuoto -Se
non sbaglio il rilevatore è stato progettato per simulare la
tecnica
vulcaniana della fusione mentale, non è così?-
-Sì... ma se
nessuno l'ha mai usato, ci sarà un motivo. Viene installato
sulle
navi solo per la sua funzione sul controllo dei nervi e della
verità.- chiarì il medico.
-Bones... non abbiamo niente tra le
mani, la popolazione di questo pianeta è scomparsa nel
nulla, e
qualsiasi cosa sia stato ad attaccarlo è scappata via ad
un'ipervelocità che è stata registrata dai nostri
sensori con due
ore di ritardo.-
-Ma Jim... -
-E' l'unica cosa che posso
fare, adesso. Dobbiamo tentare.-
. . .
-Capitano, voglio provarci io.- Uhura era risoluta.
-Tenente...
non sappiamo neppure se funzionerà.-
Nyota scosse il capo,
impaziente -Devo provarci. La prego.-
Jim non sapeva che fare,
dentro di sé provava un fastidio che non riusciva a
catalogare,
riconoscere. Sapeva che tra il suo tenente delle comunicazioni e il
primo ufficiale esisteva un profondo legame; forse la loro
connessione sarebbe stata più semplice. Allo stesso tempo,
però,
non voleva affidare un compito così delicato alla ragazza, e
non
perché non la ritenesse capace. La realtà era che
nessuno di loro
sapeva che effetti avrebbe comportato collegarsi mentalmente con il
vulcaniano e con la potenza del suo sistema nervoso; aveva paura che
le cose andassero male. Non poteva permettersi di perdere anche
Nyota, oltre a Spock.
-Jim... se proprio dobbiamo tentare questa
pazzia, credo che dovremmo provare con lei. Hanno una relazione,
sarà
più facile per lei connettersi con Spock.- intervenne
Leonard. La
voce dell'ufficiale medico, così come l'espressione che
aveva ben
stampata in volto, trasudavano preoccupazione da ogni parte.
Kirk
annuì, non ancora convinto del tutto, ma indugiare non
sarebbe
servito a niente.
-Facciamolo.-
Trenta
minuti
dopo il tenente era ancora connesso al rilevatore psichico, McCoy
controllava l'attività mentale della ragazza. Lo sguardo del
dottore
era concentrato e Jim non riusciva a capire se le cose stessero
andando bene o no.
-Bones... - le sue parole furono interrotte da
un urlo di Uhura. La ragazza si agitò sulla sedia e il
medico le fu
subito accanto.
-Infermiera, anticonvulsivo!- ordinò McCoy.
Kirk
fissò la scena con sgomento. Dalle labbra di Uhura
rotolò una scia
di saliva. Il cuore del capitano sembrò balzargli in gola,
trattenne
il fiato per quegli interminabili secondi di panico.
Ritornò a
respirare solo quando Nyota fu sedata e il suo corpo, lentamente,
ebbe smesso di tremare.
-Cosa diavolo è successo?-
Leonard lo
guardò furente -Cosa vuole che ne sappia? Non so come
funzioni il
cervello di sangue
verde.-
Jim
grugnì, disperato. La sua attenzione fu catturata da Spock e
dal suo
viso che si contrasse in una smorfia di dolore: fu un attimo, poi
ritornò alla sua impassibilità.
-Si è mosso!- sussurrò
Kirk.
Il medico osservò attentamente l'attività fisica
del
vulcaniano, poi sospirò -Forse è stata una
reazione involontaria,
forse questa connessione ha mosso qualche nervo nel suo
cervello.-
-Dobbiamo riprovarci, connetta
me.-
Il medico lo fissò come fosse impazzito -Jim non sappiamo...
-
-E' un ordine!-
. . .
Kirk
si coprì gli occhi con una mano, il sole bruciava sul suo
viso
impedendogli di vedere.
Si portò seduto e, dopo aver sbattuto le
palpebre per riprendere il controllo della vista, si guardò
intorno.
Sembrava essere finito in un deserto: intorno a sé vedeva
rocce dal
colore rossastro brillare sotto il caldo bacio del sole, la sabbia
estendersi per chilometri.
Gli ricordò la superficie di Vulcano,
il pianeta di Spock.
Spock!
Tentò di fare mente locale,
doveva essere andato tutto per il meglio: quella era la mente del suo
primo ufficiale?
Si alzò in piedi ponderando sulla direzione da
seguire, se quella era la mente del suo amico, poteva essere
infinita. Non sapeva in cosa sarebbe potuto incappare, cosa il
vulcaniano tenesse dentro il centro pulsante del suo essere.
-Come
faccio a liberarla?- sussurrò, cominciando a camminare
affidandosi
all'istinto.
Tutto quello che poteva vedere erano rocce e sabbia;
il sole picchiava su di lui, il caldo lo asfissiava e il sudore
gl'incollava la divisa alla pelle.
Camminò per quelle che parvero
ore, o forse erano solo minuti e lui neppure riusciva a rendersene
conto. Il paesaggio non mutava, continuava a ripetersi all'infinito
e, pensò Kirk, molto probabilmente non si era neppure mosso
dal
luogo dal quale era partito.
Ansimò dalla fatica e dalla sete, in
quella bolgia infernale non arrivava neppure uno spiffero di vento a
rinfrescargli il volto.
-Bella la sua mente... ospitale.-
si lamentò, guardando il cielo sopra la sua testa. Lo
sorprese non
trovare l'infinita distesa azzurra dell'atmosfera terrestre, o il
buio universo cosparso di stelle: tutto quello che si estendeva era
una patina dal color prugna che gravava sulla sua testa. Quel cielo
lo asfissiava ancor più del sole e del caldo.
-Spock... -
sussurrò, non sapendo più dove andare.
Si fermò a riposare
sedendosi contro una roccia, prese fiato ma la gola richiedeva acqua
che lui non possedeva, gli faceva male.
-Mi lascerà morire qui
dentro? Eh, brutto bastardo dalle orecchie a punta?- rise,
disperato.
Sentiva la delusione crescere dentro di sé.
-Mi
lascerai morire qui?-
Jim si guardò le mani, tentò di
pensare ad un modo per uscire da quel deserto, ma l'orizzonte era
solo una retta scarlatta cosparsa di rocce e montagne. Quell'Inferno
era infinito.
-Mi sente, Spock? Sa che sono qui?- ormai non sapeva
neppure se le sue parole fossero reali. Se arrivassero al suo
amico.
Era sfinito, sfibrato in ogni parte di sé.
Si alzò in
piedi, con fatica, tenendosi alle rocce -Non fa niente, non importa.
Mi uccida pure, ma non morirò senza prima averla trovata...
-
Riprese a camminare, continuando a ridere senza motivo. Si
trascinava con fatica mentre i suoi piedi s'infossavano nella sabbia
scura, la polvere arrivava fino ai suoi occhi. Tirò su con
il naso e
prese un respiro profondo.
-Vede quello che mi sta facendo?- urlò,
fermandosi nel bel mezzo del nulla -Sono qui per riportarla indietro,
ha capito? Non me ne vado se non trovo quel suo brutto muso
verde.-
Rise ancora, le sue labbra piegate all'insù e il corpo
scosso dall’isteria, dalla preoccupazione.
-Non me ne vado, io.-
sussurrò, cadendo in ginocchio.
Abbassò il capo guardando il
suolo sotto di sé mentre una vertigine gli oscurava la
vista. Non
avrebbe retto ancora a lungo, sarebbe svenuto.
Ora si faceva
chiaro, nella sua mente, il pericolo di non poter più
tornare
indietro.
Stava rischiando tutto per salvare Spock.
-Perché?-
La
sua mente avanzava domande a cui non riusciva a trovare
risposte.
-Perché è un amico.- ma non bastava. Stava
morendo pur
di trovarlo, eppure quella non era una giustificazione
convincente.
-Lei è un amico.- disse, di nuovo.
Un tuono rombò
nell'aere, Kirk sentì la terra tremare. Le immagini
dell'Inferno
rosso divennero sempre più sfocate, meno nitide.
Chiuse gli occhi
per alcuni secondi (o forse minuti? No, ore.) quando
li riaprì
il cielo e le rocce erano scomparse, tutt’intorno si
estendeva un
lungo corridoio dalle pareti bianche. La sua gola non bruciava
più,
il sudore si era magicamente asciugato. Si rimise in piedi,
frastornato da quanto appena successo.
-C'è qualcuno,
lì?-
Sgranò le palpebre rendendosi conto di aver appena
udito una voce.
La sua voce.
-Spock? Mi può vedere?-
urlò, cominciando a correre lungo il tunnel.
Era di nuovo in un
limbo che continuava a ripetersi, ma ora stava bene e sentiva
che
la meta era vicina.
-Solo, solo... -
-No!- urlò Jim,
senza sapere se davvero valessero a qualcosa le sue parole -Non
è
solo. Sono io, sono qui.-
Le lunghe pareti chiare continuavano a
susseguirsi, ma sapeva che il suo amico era vicino.
-Sono
Spock. Io sono Spock.-
-Sì, sì! Lei è Spock.-
urlò, mentre
gioia e paura lottavano dentro di sé per prevalere.
Vide da
lontano una serie di porte ad entrambi i lati delle pareti.
Sussultò
e corse più veloce, lanciandosi verso la prima porta sulla
sinistra.
L'aprì con forza, ritrovandosi davanti il buio totale.
. . .
Percepì
il freddo avvolgerlo in una ferrea morsa, penetrare sotto la sua
pelle fin dentro le ossa. Il buio andò diradandosi e dinanzi
a sé
vide
un'enorme
aula. Il pavimento era invaso da conche ovali, si ritrovò a
guardare
centinaia di bambini vulcaniani; venivano interrogati dai computer,
rispondevano alle domande.
Sulle pareti si estendevano formule
matematiche, radici quadrate, date storiche e nozioni biologiche.
Jim
ne rimase stupito. Non era mai stato su Vulcano e Spock non gli aveva
mai parlato molto delle sue origini e della cultura dei
vulcaniani.
-Spock.- fu la voce di qualcuno, a richiamare
l'attenzione del giovane capitano.
Voltò lo sguardo in direzione
del suono e si ritrovò dinanzi l’immagine di
quattro bambini
vulcaniani: tre si avvicinavano a quello più basso,
dall'aria
impassibile.
-Siete venuti ad insultarmi nuovamente, vedo.- il
piccolo restò immobile mentre gli altri tre sorridevano
senza
emozioni.
Kirk si avvicinò al gruppetto e sentì i tre
sbeffeggiare il minore. Si accorse di stare vedendo uno Spock molto
giovane. Poteva leggere, nei suoi occhi, la confusione e la
delusione.
Quando la versione giovane del suo amico aggredì uno
dei tre, non si sorprese. Li vide azzuffarsi e cadere in una conca.
Sorrise, ripensando a quando l'aveva insultato lui stesso per
ottenere una reazione simile.
-Allora non sono l'unico ad essersi
beccato i suoi pugni, eh?- sussurrò Jim.
Dentro di sé una velata
malinconia scavò fino ad arrivare al cuore.
Il
sorriso gli morì sulle labbra e tutto quello che provava, ora,
era un'immensa pena per quel piccolo vulcaniano.
Il
suo amico Spock.
-Dove
sono finiti tutti?-
Kirk
si riscosse dai suoi pensieri, ricordandosi di avere una missione da
compiere. La voce del suo primo ufficiale risuonava nella sua testa,
sembrava chiamarlo a sé.
Il capitano ripercorse la strada fatta e
si ritrovò ancora una volta nel corridoio dalle pareti nivee.
Guardò
le porte che si susseguivano sulle mura.
-Lei non è solo... -
disse, con la tristezza a ruggirgli dentro.
. . .
-Non
è logico.- affermò Spock guardando Uhura. La
ragazza sorrideva
maliziosa.
-E cosa lo è?- sussurrò lei, facendo scorrere le
mani
sul suo petto. Il vulcaniano non si mosse e aspettò che lei
si
avvicinasse alla sua bocca per baciarlo.
Kirk guardò l'immagine
con le labbra spalancate a metà, indeciso tra l'andarsene e
il
rimanere.
Stava assistendo a qualcosa di privato, ricordi preziosi
di un tempo che non si sarebbe più ripetuto.
-Ho bisogno che
lei mi salvi.-
Era di nuovo la voce del suo primo ufficiale,
la sua voce che chiedeva aiuto.
Jim tentò di scostare lo sguardo
da quel contatto così intenso tra il vulcaniano e il suo
tenente
delle comunicazioni. Ma benché ci provasse non riusciva a
non
guardare.
Sentiva una nota di delusione risuonare all'interno del
suo corpo, era una melodia amara e malinconica; non riusciva a
scacciarla via.
-Uhura io non credo che... -
Nyota lo baciò di
nuovo e Jim ebbe il coraggio di voltare le spalle.
-Basta parlare,
Spock. Spenga il cervello, almeno per un po'.-
Kirk scosse il
capo, uscendo dalla stanza -Lui non può spegnere il
cervello.-
. . .
Il
capitano camminava con decisione, apriva porte e le immagini del
tempo di Spock lo aggredivano con un'intensità tale da
lasciarlo
senza fiato.
Jim voleva sottrarsi da tutto quello, impedirsi di
vedere quello che non avrebbe dovuto,
ma
non ci riusciva. Non poteva e non voleva.
Conoscere così a fondo
la vita del suo ufficiale vulcaniano: era una tentazione troppo
imponente per poterla semplicemente ignorare.
Kirk sapeva di non
avere alcun diritto d'intromettersi in quel modo nella vita privata
dell'altro, ma non riusciva ad agire diversamente.
Aveva,
finalmente, la possibilità di capirlo
un
po' di più,
salire un gradino verso la comprensione di quell'essere così
enigmatico e misterioso che era Spock.
Ma ora, il capitano
dell'Enterprise continuava a chiedersi perché
volesse
così tanto conoscere il passato e la natura del suo primo
ufficiale.
Ancora una volta domande a cui era impossibile dare una risposta gli
assalivano la mente.
Il corridoio era infinito, così come le
innumerevoli porte che si estendevano ad entrambi i lati delle
pareti; non poteva visitarle tutte (per quanto la tentazione fosse
grande), doveva portare a termine il suo compito.
Alzò lo sguardo
verso le mura e, da lontano, riuscì a scovare tra l'ingente
quantità
di porte scure, una dal colore diverso. Azzurra. Spiccava in quel
trionfo di nero e bianco, brillava nella monotonia cromatica.
Jim
si avvicinò a grandi passi e, quando le fu davanti, un
brivido gli
attraversò la schiena; tentennò prima di
allungare la mano verso di
essa. Aveva come la sensazione che non fosse giusto entrare in quel
ricordo,
ma allo stesso tempo percepiva l'importanza di farlo.
-No...
-
Sentì
di nuovo la voce di Spock e s'irrigidì. Ora non sapeva se
fosse
giusto introdursi prepotentemente in quella parte della sua
mente.
Forse, si disse, doveva semplicemente lasciar perdere e
proseguire oltre. Però quella porta, l'azzurro chiaro e
splendente
lo attiravano come ferro ad una calamita.
Aprì le labbra per
parlare, forse per chiedere il permesso al diretto interessato, ma
non lo fece. Non voleva sentire la risposta.
C'era il ricordo di
Nyota, dietro quella porta? O forse il ricordo della madre del suo
amico?
-Se solo la trovassi... - sussurrò -...potrei impedirmi di
perdere tempo qui.-
Poggiò entrambe le mani alla porta e
lentamente avvicinò il capo ad esse lasciandolo scivolare
sul legno
pieno. Il suo cuore accelerò i battiti, il solo stare dall’altra
parte del muro lo
faceva sentire bene, lo emozionava.
-Lei
non l'ha mai amata.- la
voce che raggiunse i suoi timpani non era più quella di
Spock, ma la
sua.
Sgranò le palpebre e si allontanò di qualche
passo. Quel
ricordo... sapeva di quale si trattasse.
Ne restò basito.
Non
riusciva a capire perché si sentisse così
attratto da esso. E
perché l'antro che conteneva quel tempo così
doloroso aveva un
aspetto diverso dagli altri?
Forse perché il vulcaniano non lo
riportasse mai alla luce? Si chiese se quello non fosse un modo per
far sì che la sua mente si tenesse lontana da quelle
immagini, dalla
durezza di quelle parole.
-Io non avrei voluto dirle, lei lo sa.
Era solo un modo... io dovevo.
Avrebbe
fatto lo stesso.- si giustificò. Ma le sue parole non
avevano alcun
effetto, non alleggerivano il suo senso di colpa e, molto
probabilmente, non andavano a sfumare il dolore del suo primo
ufficiale.
Dolore che Spock sapeva nascondere così bene.
-Le
manca mai sua madre?- sorrise tristemente, mentre si allontanava da
quel posto e ricominciava a percorrere il corridoio -Io non ho mai
conosciuto mio padre, ma spesso mi chiedo come sarebbe andata se lui
ci fosse stato. Mi manca, anche se non so che persona fosse.-
Si
lasciò andare ai ricordi, alla tristezza e al senso di
abbandono che
ora pesavano sulle sue spalle. La fragilità non era mai
stata una
sua prerogativa, né la commiserazione. Però in
quell'ambiente
bicromatico, all'apparenza freddo ma pieno di testimonianze di una
vita vissuta, si sentiva libero di poter esprimere le proprie
fragilità, sicuro.
-Cosa
mi rimane, adesso?- furono
le parole di Spock. Kirk non pensò che fosse una risposta
alla sua
domanda, molto probabilmente l'amico non poteva neppure sapere che
lui fosse lì.
-Mi chiedo se la sua mente avrà mai fine.-
Aprì
distrattamente un'altra porta.
. . .
Le
catene stringevano i polsi, in alcuni punti premevano così
tanto
sulla tenera pelle da lasciar colare del liquido verdastro.
Sangue.
Il suo sangue.
I capelli neri più lunghi del
solito, ma dallo stesso simmetrico taglio, ricadevano sul viso
piegato verso il basso.
La figura che Jim si ritrovò davanti lo
lasciò senza parole. Non sapeva cosa dire, non riusciva
neppure a
muoversi.
L'altro alzò lentamente il capo, gli occhi scuri e
sofferenti si posarono su di lui. Kirk guardò il suo primo
ufficiale
piegato sulle ginocchia, con le braccia allungate verso il muro alle
sue spalle, completamente schiavo dai legacci di ferro.
Al collo
una cinghia bloccata ai due lati, lo soffocava alla parete.
Sentì
il cuore perdere un battito, e poi due e anche tre. La vista di Spock
costretto in quel modo gli fece salire la nausea.
-Che diavolo le
è successo?- mormorò Jim, avvicinandosi
cautamente.
L'altro
continuava a fissarlo, il suo viso era una mappa di sofferenza e
tristezza.
-E' qui... - il vulcaniano chiuse gli occhi, poi
sorrise dolcemente -Sapevo che sarebbe venuto.- le sue parole si
trascinavano stancamente fuori dalle labbra pallide.
Kirk, ancora
incredulo, s'inginocchiò dinanzi a lui e allungò
una mano
fermandola a metà strada tra i loro due corpi. Era insicuro,
non
sapeva come muoversi.
Spock lo fissò con i suoi penetranti occhi
scuri –Non si fermi.- lo pregò.
Il capitano ripercorse la sua
avanzata verso il volto dell'altro, poggiando il palmo caldo sulla
pelle chiara, dal colore vagamente verdognolo.
-Dobbiamo andarcene
di qui.- disse Jim, mentre osservava incredulo il suo primo ufficiale
sospirare di piacere e godere di quel semplice tocco.
-Ho
aspettato a lungo che qualcuno lo facesse di nuovo. Che qualcuno che
amo mi accarezzasse ancora in questo modo.-
Il capitano lo
guardò incerto, non riusciva ad afferrare il senso di quelle
parole.
-Dopo che mia madre è morta... ho sofferto così
tanto.
Volevo solo che qualcuno riuscisse a raggiungermi qui, come faceva
lei.- continuò il vulcaniano.
-Spock, io... non sono sicuro di
capire.-
L'altro riaprì le palpebre e una lacrima gli cadde da un
occhio -Io non sono la persona che sta cercando.-
-Ora capisco
ancora di meno.- affermò il capitano.
-Tutti si soffermano al
freddo, cinico e razionale Spock. Il vulcaniano, la macchina. Ma io,
io sono Spock. Anch'io faccio parte di lui, ma
nessuno mi
vede.-
Kirk non rispose, riuscì solo ad aumentare la presa su
quel bel viso addolorato.
-Dimenticano che noi abbiamo dei
sentimenti, che in questo corpo ci sono due facce della stessa
medaglia. A volte riesco a liberarmi, lottiamo, ma lui ha sempre la
meglio e riesce sempre a tenermi qui. Ma non lo odio...
perché lui è
me, io sono lui. Non posso odiare me stesso.- pianse
l'altro.
-Quindi... lei è la parte umana di
Spock?-
Il
vulcaniano (no, umano) sorrise, annuì con il capo e
sospirò -Lei
riesce ad arrivare ogni volta, qui. A volte parlo con Spock e gli
suggerisco cosa provare verso di lei. Ma sa come sono fatto... la mia
parte razionale non accetta ben volentieri i sentimenti.-
Kirk si
staccò da lui e guardò le catene -Come posso
liberarla?-
Spock
rise e pianse -Non può liberarmi. Se lo facesse morirei,
è la mia
razionalità che mi ha impedito d'impazzire.-
-E allora dove la
trovo la sua razionalità?- urlò il giovane
capitano, confuso e
impaziente.
-Perché è scappato da quel posto? Le fa
così paura
quello che mi ha detto il giorno in cui morì mia
madre?-
-Cos...?-
-A volte ci ritiriamo lì. Per quanto faccia
male a me, e quindi anche a lui, è l'unico ricordo in cui ci
rifugiamo più spesso.- ammise l'altro.
Jim rimase con le labbra
aperte a metà -Perché?-
Spock sorrise -Credo che sia il momento
di andare a recuperare la parte razionale di me, capitano.-
Kirk
non si mosse, restò a fissarlo per imprimere dentro di
sé quella
figura così simile, ma allo stesso tempo così
diversa, dallo Spock
che conosceva. Il suo volto esprimeva così tante emozioni,
dava
enfasi alle sue parole e, per la prima volta, riusciva a sentirlo
vicino, umano. Ma per quanto gli piacesse quella
parte
vulnerabile e piena d'emozioni, allo stesso tempo non poteva non
pensare che voleva riportare indietro il bastardo cinico
e
razionale. Il suo amico.
-Credo che lei riesca ad arrivare a me
perché non si ferma in superficie. Quando parla si rivolge
ad
entrambi. A quello che sono, non a ciò
che mostro. Vada, ci
faccia uscire da questo posto.-
Jim annuì, poi voltò le spalle e
si avviò verso l'uscita.
-Capitano Kirk... -
-Sì,
Spock?-
-Grazie per essere venuto a prendermi.-
. . .
Camminò
verso la porta laccata d'azzurro, sentiva i passi risuonare nel
silenzio del corridoio. L'eco del suo corpo che fendeva l'aria, il
frastuono del respiro pesante e il fruscìo dei suoi
indumenti.
Kirk
arrivò alla stanza, intimorito da quello che avrebbe trovato
dietro
di essa.
Esitò per un istante, poi s'impose di smetterla e
aprì
la porta con forza.
Dinanzi a sé vide ripetersi la scena
dell'aggressione. Erano sul ponte di comando e lui stava provocando
Spock.
Si rifiutò di guardare oltre e i suoi occhi corsero alla
figura inginocchiata a pochi passi da lui.
Era il suo primo
ufficiale.
-Finalmente!- urlò Kirk, camminando verso l'amico.
Qualcosa, però, lo fermò prima che potesse
raggiungere il
vulcaniano.
-No, capitano. Non ancora.-
Si voltò. Lì davanti,
come se si trovasse dinanzi ad uno specchio, stava in piedi una
fedele riproduzione di se stesso.
I suoi stessi occhi che lo
fissavano e il sorriso sghembo che lo derideva.
-Che diavolo
saresti, tu?-
L'altro rise e si avvicinò lentamente, misurando
passo dopo passo la distanza tra loro -Eri l'unica figura che potesse
mandare in confusione il nostro potente amico.-
Kirk tremò, poi
guardò Spock e lo vide perso a contemplare il ricordo che
prendeva
vita al centro della stanza.
-Pagherai per quello che gli hai
fatto.-
L'altro Kirk fece spallucce -Come se potessi fare qualcosa
contro di noi. Sapevo, quando ho attaccato il tuo fedele amico, che
non avrei potuto ucciderlo. Ora che tu sei qui, sta diventando sempre
più difficile tenere a freno la sua mente. E' come se gli
dessi
forza. Incredibile.-
-E allora perché lo tieni ancora qui?- urlò
il reale capitano dell'Enterprise.
-Perché era l'unico modo per
inviare un messaggio alla vostra cara flotta stellare.-
chiarì
l'altro -Voglio che rinunciate ad inseguirci, smettetela di cercarci.
Siamo più potenti di voi, possiamo distruggervi in un batter
di
ciglia.-
Kirk aggrottò le sopracciglia -E perché non
l'avete già
fatto?-
-Capitano... non metterei alla prova la nostra forza. Se
ci tieni alla vita del tuo equipaggio, rinuncia a questa missione
suicida.-
Jim scosse il capo -No.- disse con decisione.
-Allora
morirete tutti. Stai scegliendo la tua esecuzione e quella di tutta
la flotta stellare. Hanno giocato con la vita, i vostri scienziati, e
hanno generato la morte.-
Kirk vide l'altro illuminarsi,
lentamente la sua figura scomparve sfumandosi nell'aria e lasciando
dietro di sé un'intensa sfera di luce. Il capitano dovette
abbassare
le palpebre quando la sfera esplose tra le pareti della sala e poi
tutto si rabbuiò nuovamente.
Quando Kirk riaprì gli occhi c'era
solo il ricordo che continuava a ripetersi e Spock inginocchiato che,
lentamente, cadeva in avanti.
-No, ehi! Spock, resti sveglio.- Jim
corse verso di lui e lo sostenne -Si svegli, si svegli! Dobbiamo
andarcene di qui.-
Il vulcaniano aprì le palpebre e lo fissò
confuso -Capitano... che ci fa qui?-
-Un viaggio di piacere, amico
mio. Deve portarci via dalla sua mente, Spock... mi dica che
può
farlo.-
. . .
Jim
ansimò alzandosi di scatto.
-No, Jim... calmo, calmo!- urlò
McCoy poggiando entrambe le mani sul suo petto per
calmarlo.
-Bones... - sussurrò il capitano, poi si voltò
verso
Spock che gradualmente stava prendendo coscienza -ce l'ho fatta.-
Il
medico lo guardò con un'espressione confusa ma sollevata.
-Cosa
diavolo è successo lì dentro? Ho dovuto
iniettarti tanto di quel
sedativo che avrei potuto abbattere un'intera flotta Klingon.-
Jim
chiuse gli occhi, si sentiva sfinito, ma riuscì a sorridere,
prima
di perdere i sensi.
Si
svegliò quattro ore, cinque minuti e trentasei secondi dopo.
Spock
aveva portato il conto delle ore e dei minuti che Jim aveva passato
nel suo stato d’incoscienza.
Il vulcaniano aveva trascorso quel
tempo, invece, ricordando quello che era successo nella sua mente;
Nyota gli aveva raccontato dell'impresa di collegare le menti e di
come lei non ce l'avesse fatta.
Il vulcaniano aveva guardato Jim e
si era chiesto come mai il sistema d'allarme della sua mente avesse
rifiutato la sua compagna e avesse, invece, accettato il
capitano.
Era una scelta irrazionale e lui non riusciva a
concepirlo. Doveva esserci stata una falla dovuta all'infezione, era
l'unica spiegazione accettabile. Di ragioni possibili ne aveva
vagliate molte, un'infinità, ma non aveva voluto prenderle
in
considerazione. Inappropriate.
-Si è svegliato.- disse, guardando
il capitano.
Kirk sbatté le palpebre, e lo guardò confuso -E'
sempre così perspicace... - scherzò, facendo
forza sulle braccia
per mettersi seduto.
Spock ignorò il pungente commento del suo
capitano.
-Non dovrebbe sforzarsi, ha perso molte energie.-
Jim
rise -Potrei dire lo stesso di lei, ma sento gli ingranaggi del suo
cervello cigolare; suppongo, quindi, che neppure lei si stia
riposando.-
-Capitano, non ci sono ingranaggi nel mio
cervello.-
Kirk roteò gli occhi al cielo -Era un modo di
dire.-
-E se pure ci fossero sarebbero perfetti, non cigolerebbero
di certo.- aggiunse il figlio di Vulcano.
-Oh mio Dio!- esclamò
Jim, sconvolto e divertito -Era una traccia di umorismo,
quello?-
Spock inarcò un sopracciglio ma non rispose.
Il
capitano rise, e scosse il capo -Sono felice di vedere che sta
bene.-
-Ha rischiato molto durante il collegamento. Non avrebbe
dovuto.- il primo ufficiale abbassò lo sguardo, sembrava
voler
aggiungere altro ma ci ripensò.
Kirk capì e sospirò
compiaciuto. Sapeva che Spock avrebbe voluto ringraziarlo, che forse
avrebbe voluto chiedergli che cosa aveva visto all'interno della sua
mente. Molto probabilmente ricordava tutto e provava vergogna per
essere stato visto nella sua intimità, nella
fragilità del suo
essere.
Jim non avrebbe interferito, non avrebbe fatto parola di
quel viaggio nel tempo di Spock.
-L'ha già fatto.- disse il
capitano.
Il primo ufficiale lo guardò senza
capire.
-Ringraziarmi. L'ha già fatto lui,
sapeva che lei
non ne sarebbe stato capace.-
Il vulcaniano s'irrigidì -Capitano,
io... -
-No, Spock.- Kirk sorrise -L'importante è che stia bene.
Quello che ho visto... quando sarà il momento, se
vorrà ne
riparleremo. Non ora.-
Il vulcaniano stirò le labbra in un mezzo
sorriso, i suoi occhi si allacciarono a quelli azzurri di Kirk. Si
guardarono intensamente, così com'era solito. Si parlarono
di nuovo
in quel bizzarro modo che neppure loro stessi riuscivano a
comprendere. Percepirono una corda di calore unire le loro essenze, e
fu tutto ciò che ebbero bisogno di sentire.
Non è solo,
gli disse Kirk.
Grazie, rispose Spock.