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Autore: ohfreakingbambi74    07/06/2013    2 recensioni
Kurt e Blaine sono in attesa della loro secondogenita, perchè non rincontrare i vecchi amici nel frattempo?
"Appena spalancata la porta vennero colpiti dagli occhi preoccupati del loro bambino, in piedi su una sedia con un biscotto tra le mani, e il vaso di coccio dei dolcetti infranto ai suoi piedi."
(prequel di "A Familiar Christmas")
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IN ARRIVO


 

 
Era sempre un’emozione che si rinnovava di mattina in mattina il risvegliarsi stretto tra le braccia di Blaine. Le sue labbra che gli baciavano languidamente il collo e i capelli che gli solleticavano il lato del volto.
Erano passati dieci anni dalla fine del liceo, undici da quando si erano conosciuti e sette anni dal loro matrimonio. C’erano notti in cui Kurt ancora si svegliava con la tachicardia in seguito ad un sogno in cui si trovava ancora nella pelle di un sedicenne spaventato, senza Blaine al suo fianco.
Fra alti e bassi la loro relazione aveva resistito per tutto quel tempo. C’era stato un periodo durante il quale si erano perfino divisi. Nessuno dei due, però, era riuscito a lasciarsi alle spalle l’altro.
 
Per Blaine, Kurt era come l’ossigeno. Come una ventata d’aria fresca in una giornata afosa, come un gelato alla fragola e cioccolato in spiaggia. In un momento di profonda solitudine, in cui si era sentito dimenticato e messo da parte, aveva commesso la più grande minchiata della sua vita. Tradire Kurt l’aveva fatto sentire il più spregevole tra gli esseri viventi e, allo stesso tempo, provava come fosse stato privato di un arto. Perché Kurt faceva parte di lui, quasi quanto il suo stesso cuore. Kurt era il suo cuore. E il periodo che avevano trascorso separati era stato per lui come vivere in un’altra dimensione, in un mondo completamente sbagliato.
Per Kurt, Blaine era come la luce. Come il calore di un camino in una notte d’inverno,  come uno di quei tortini dal cuore di cioccolato fuso. Quando Blaine gli aveva confessato di averlo tradito… tutto aveva perso significato. Lo stesso Blaine che aveva creduto in lui, donandogli fiducia in se stesso, dandogli la forza di affrontare quel bullo che gli aveva reso la vita impossibile, gli aveva voltato le spalle. Aveva ceduto alla lontananza, come se per lui non fosse stato difficile. Per mesi aveva continuato a negare che fra lui e Blaine non ci fosse più nulla. Come se tornare amici dicendosi ‘ti amo’ fosse normale. Come se fosse normale non riuscire a stare lontani l'uno dall'altro e, quindi, finire per fare l'amore al matrimonio fallito del proprio professore.
Kurt non aveva mai smesso di amare Blaine. Sperava di riuscire a superarlo e credeva pure di esserci riuscito in un qualche modo, finché non lo vide cantare alle regionali di quel lontano 2013. Ascoltando quella voce che riusciva sempre ad incantarlo, si era reso conto di non potercela fare. Era una battaglia persa in partenza. Era e sarebbe sempre appartenuto a Blaine.
Subito dopo quella competizione, Kurt era tornato nell'appartamento che divideva con Rachel e Santana a New York, pensando che, con un po' di fortuna, sarebbe riuscito ad andare avanti; a fingere che andasse tutto bene.
Non si aspettava che, appena una settimana dopo il suo ritorno, il moro gli si presentasse alla porta di casa, chiedendo solo di potergli parlare.
“Dedicando la canzone a tuo padre,” disse Blaine, “hai parlato dell'importanza delle seconde occasioni. Mi chiedevo se -no, per favore, ascoltami” aveva interrotto il suo imminente rimprovero, “So di non meritarlo. So... che non mi riderai in faccia solo perché non ne saresti capace. Perche, nonostante tutto, mi consideri ancora tuo amico ma... ti chiedo solo un appuntamento. Solo quest’ultima possibilità.”
Davanti a quegli occhi di miele resi lucidi da un leggero velo di lacrime, Kurt non riuscì a resistere.
“Solo un'altra, Blaine.” rispose con voce ferma, nonostante si sentisse in procinto di potersi spezzare da un momento all'altro, “Un'ultima possibilità. Ho solo questa da darti.”
“E' più di quanto sperassi.” rispose l'altro avvicinandosi cautamente lasciando a lui la decisione se abbracciarlo o meno. Quando le sue braccia cinsero il corpo del riccio, Kurt avverti Blaine stringerlo di rimando, iniziando a piangere sulla sua spalla come un bambino.
Quell'appuntamento non fu che l'inizio di una vita completamente nuova. Blaine si trasferì a New York con Artie e Sam, in un appartamento non molto grande poco distante dal quello di Kurt e le ragazze; prese a frequentare la NYADA con ottimi risultati capendo, tuttavia, che non era quella la strada giusta per lui. Adorava cantare e ballare, certo, ma voleva fare un qualcosa che lo facesse sentire utile e indispensabile, voleva essere d'aiuto alle persone. Si iscrisse, quindi, alla facoltà di psicologia.
Tra i corsi di Kurt alla NYADA e quelli di Blaine all'università, divenne per loro sempre più difficile vivere quella storia d'amore che entrambi avevano immaginato ormai tranquilla.
Ad un certo punto a Kurt sorse perfino il dubbio che Blaine potesse nuovamente tradirlo. Lo vedeva distante e disinteressato. Certo, già in passato aveva frainteso i suoi comportamenti ma, allora, il ragazzo non aveva dei precedenti.
I suoi timori vennero scacciati una sera a Central Park, accanto al lago, sulla panchina in cui si sedevano ogni volta che condividevano un caffè durante uno dei rari momenti che potevano passare insieme.
Era una sera fresca in cui l'aria profumava di primavera e zucchero filato.
Mettendo una mano in tasca, Kurt trovò una fede di oro bianco. Alzando lo sguardo, vide Blaine inginocchiato davanti a lui.
“E' ormai da più di un anno che quest'anello spera di essere indossato.”
Erano finiti per baciarsi come non ci fosse un domani sdraiati sull'erba morbida del parco, con l'anello che brillava attorno all'anulare di Kurt.
 
Al maggiore era stato espressamente vietato di mettere bocca nell’organizzazione del matrimonio; Rachel, all’epoca sulla via per diventare sua sorella acquisita, faceva di tutto per tenerlo lontano dalle decorazioni.
La cerimonia e il rinfresco furono indescrivibili, nemmeno Kurt trovò qualcosa da obbiettare o di cui lamentarsi!
Non passarono che un paio d’anni e, tra la commozione di amici e parenti, riuscirono a permettersi un utero in affitto, sotto consiglio dei genitori di Rachel.
Il bambino era una specie di clone di Blaine. Fin da molto piccolo i folti ricci neri gli incorniciavano il piccolo visino e i brillanti occhi da prima verdi poi, con lo svezzamento, castani.
Kurt amava il loro bambino, sperava, di nascosto da Blaine, che il piccolo ereditasse l’altezza dalla madre.
 
Riportandolo al presente, Blaine si mise a cavalcioni su di lui, rendendo le sue intenzioni inequivocabili.
“Blaine…” borbottò Kurt ancora assonnato abbracciando la schiena del marito, ancora intento a baciargli il collo, “tra poco dobbiamo alzarci…”
“Ancora cinque minuti.” gli soffiò sulla pelle facendolo rabbrividire come ogni volta.
“Blaine-” si interruppe bruscamente sentendo i baci del compagno sempre più passionali, alternati a piccoli morsi che lo facevano semplicemente andare giù di testa, “facciamo dieci.”
Ponendo brutalmente fine al sorriso del moro e i loro piani per la prima mattina, un rumore di ceramica infranta li fece impietrire.
Precipitandosi in cucina, Blaine inciampò nel loro gatto che fuggiva con la coda arruffata delle dimensioni di una mazza da baseball.
Appena spalancata la porta vennero colpiti dagli occhi preoccupati del loro bambino, in piedi su una sedia con un biscotto tra le mani, e il vaso di coccio dei dolcetti infranto ai suoi piedi.
“Calvin!” lo rimproverò Kurt, prendendolo in braccio e posandolo lontano dai frantumi, “Come hai fatto?”
“Avevo fame, ma non volevo svegliarvi… così ho fatto da solo. Ma ho perso l’equilibrio e mi sono aggrappato al vaso che è caduto… sei arrabbiato vero papà?” gli stessi occhioni da cucciolo bastonato di Blaine lo guardarono lucidi dal basso. Non riusciva mai ad arrabbiarsi seriamente col suo bambino, non quando lo guardava con quel faccino. 
“No, non sono arrabbiato. Ti sei fatto male?”
Il piccolo scosse il capo, nascondendo il biscotto dietro la schiena.
“Non preoccuparti Calvin.” lo tranquillizzò Blaine mentre buttava i resti del vaso nel cestino, “Era solo un orrido vecchio vaso della nonna, non mi è mai piaciuto.”
“Andiamo a sederci in sala, papà ci porterà la colazione da bravo uomo di casa.” sghignazzò Kurt prendendo per mano il bambino.
“Perché quando si tratta di lavorare, l’uomo di casa sono io, mentre siamo in tre?” chiese sarcastico il moro cominciando comunque ad armeggiare con la macchinetta del caffè.
 
“Come ti devi comportare a casa degli zii, Calvin?” chiese Kurt al bambino come ogni volta che lo lasciava da Finn e Rachel.
“Bene.” rispose annoiato il piccolo sotto lo sguardo comprensivo di Blaine che si infilava la giacca.
“Cosa devi fare appena vedi i nonni?”
“Dare un bacio alla nonna e uno al nonno.”
“Dove non devi mai entrare? Alza il mento.” continuò allacciando il collo del cappotto e sistemandogli la sciarpa.
“In officina.” fece Calvin con voce soffocata, mettendosi a posto la grande sciarpa di lana rossa.
“Bravo il mio amore.” terminò Kurt stampandogli un bacio in fronte, prendendolo in braccio.
Fuori dalla porta, come ogni mattina, lui e Blaine si ricordarono le rispettive giornate:
“Dunque, porto Calvin da Rachel poi vado in teatro  per la prova costumi, nelle quattro devo essere in ospedale con Julia per l’ecografia e, se dio vuole, dovrei essere a casa per le cinque e tre quarti, sei.”
“Io vado in studio, ascolto i deliri e problemi di un paio di bambini e piccoli adolescenti. Verso le cinque faccio un salto al supermercato, per comprare qualche cosa per stasera, e dovrei essere a casa per le sei e mezza.”
“Perfetto! Sono quasi spaventato da tale organizzazione.” scherzò Kurt posando un bacio increspato da un sorriso sulle labbra del marito che stava chiudendo la porta di casa.
“Da brivido!” lo assecondò Blaine posando un lieve bacio anche sulle labbra del figlio.
La loro vita aveva raggiunto un equilibrio a dir poco perfetto. Loro due e Calvin.
Presto si sarebbe aggiunta la bambina che stavano attendendo, nello stesso modo in cui avevano atteso Calvin. La madre era una giovane donna inglese appena trasferitasi in Ohio con la sorella; una ragazza simpatica dallo spiccato humor inglese che aveva immediatamente conquistato Kurt, diventando così sua amica in poco tempo, volendolo presente ad ogni ecografia o visita medica riguardante la gravidanza, ormai all’ottavo mese.
Calvin aveva preso abbastanza bene la notizia dell’arrivo di una sorellina: non c’erano state crisi di gelosia o menefreghismo, era eccitato all’idea di conoscerla quanto Kurt e Blaine. 
 
Quando Kurt bussò alla porta della villetta dove vivevano Rachel e Finn, aprì Michelle, come sempre perfetta in uno degli svolazzanti vestitini comprategli dalla madre.
“Arrivo Kurt!” lo disse l’amica dal salotto, probabilmente intenta ad infilarsi le scarpe.
“Tranquilla devo scappare. Fai il bravo Cal, ciao Michelle!”
I bambini lo salutarono agitando le mani, prima di rientrare in casa. Passando davanti all’officina dove il fratello e il padre erano già al lavoro, suonò il clacson agitando la mano fuori dal finestrino.
Sebbene adorasse il suo lavoro come costumista, la giornata passò lenta. Era tutto più emozionante quando lavorava a New York ma non poteva comunque lamentarsi. Fra il suo lavoro ben retribuito e quello di Blaine come psicologo infantile, potevano permettersi una vita senza preoccupazioni.
La parte divertente e interessante della giornata venne quando dovette raggiungere Julia, la madre surrogata della loro nuova bambina, all’ospedale per un controllo. Quella ragazza aveva la capacità di incantarlo col suo fantastico senso dell’umorismo “made in England”.
“Vuoi un cappuccino?” le chiese all’uscita della clinica, prendendola a braccetto.
“Mi tenti, ma no grazie. Devo tornare a casa presto. Mia sorella porta a casa il fidanzato, devo fare bella figura!”
“Mi raccomando niente verde! Sta malissimo con la tua carnagione.”
“Sì sì, tranquillo.” rise lei stringendosi al suo braccio. 
“Ti ha chiamata?” indagò Kurt notando poi l’ombra che passò negli occhi della ragazza.
“Chi?”
“Harvey.”
“No.” ammise lei dopo un lungo sospiro, “Credo non sia ancora disposto a perdonarmi il fatto di aver seguito mia sorella e… non capisce perché io sia disposta a prestarmi per questo.” terminò indicandosi la pancia. 
Intenerito, Kurt le schioccò un bacio sulla guancia, “Sappi che per adesso sei la donna più importante della mia vita. Bhe, tu e la signorina qui.” precisò carezzando la pancia dell’amica.
 
Appena mise piede in casa, venne assalito da un abbraccio stritolante di Blaine che gli si era lanciato addosso all’urlo di:
“Il piccolo Skelton ha disdetto l’appuntamento. Non mi sono dovuto subire le sue lagne! Ho guadagnato un’ora! Guadagnando un’ora sono riuscito ad uscire prima dallo studio e andare a fare la spesa prima!”
“Elettrizzante.” sbuffò sarcastico Kurt rispondendo all’abbraccio.
“Come sta Julia?”
“Bene, fila tutto liscio. Tempo poco più di un mese e saremo i papà di una splendida principessina.”
“Non vedo l’ora di prenderla in braccio! La mia Katy…”
“Non so se ti lascerò chiamare nostra figlia come la tua cantante preferita, sai?”
Blaine, però, era ormai troppo preso dal collo del compagno per rispondergli.
“Blaine, stavamo affrontando un discorso…”
“Disquisisco tutto il giorno con bambini più o meno problematici e, una volta tanto che riesco a tornare prima, così da restare un po’ da soli, tu vuoi discutere?” lo guardò con un sopracciglio sollevato il moro.
Sorridendo, Kurt afferrò il volto del marito tra le mani e prese a baciarlo, da prima dolcemente, poi con sempre più passione. Ridendo finirono per crollare sul divano, sfrattando il loro gatto con brutalità. Lì Blaine iniziò a sbottonare la camicia di Kurt, troppo impegnato a sfilargli il magione.
Erano appena riusciti a togliersi le rispettive maglie, quando qualcuno suonò insistentemente il campanello.
Kurt lasciò cadere il capo sui cuscini del sofà emettendo un verso seccato, mentre Blaine soffocò uno sbuffo esasperato contro il petto del compagno.
“Arrivo.”
Dopo essersi rimessi svogliatamente le maglie, Kurt andò alla porta. Aprendola, si trovò davanti lo spettacolo più orripilante che avesse mai immaginato:
“Santo cielo, Calvin! Come hai fatto a ridurti in questo stato?”
Il bambino stava in piedi davanti a lui completamente imbrattato di olio per motori e grasso, con un sorriso a trentadue denti stampato sul viso. Dietro di lui, Rachel teneva per mano la figlia, altrettanto sporca e nera.
“Rachel?” chiese nervoso Kurt, non avendo bisogno di aggiungere altro.
“Mi dispiace Kurt. Eravamo a casa a giocare in giardino quando mi ha chiamato il mio agente per parlarmi di un nuovo spettacolo, una compagnia è interessata a me per un ruolo. Dovendo affrontare il discorso seriamente e non potendo rimandare ho chiesto a Finn di badarli per qualche minuto e lui li ha portati in officina.”
“Abbiamo aiutato il nonno con una macchina!” riferì eccitato il bambino guardando la cuginetta come conferma.
“Dio mio!” esclamò Blaine avvicinandosi alla porta, “Sotto tutto questa sporcizia c’è anche il mio ometto?” scherzò prendendolo in braccio, “Kurt, vado a vedere se lavando questa massa nera spunta fuori nostro figlio.” detto ciò si recò in baglio col bambino in spalla.
“Hai già letto la posta?” gli chiese a bruciapelo la donna con un leggero sorriso cospiratorio a incrinarle le labbra.
“No, perché?”
“Niente, niente. A presto.” salutò la donna dirigendosi poi verso l’ascensore, lasciando Kurt interdetto sulla soglia di casa.
Non aveva, infatti, notato le lettere appoggiate al tavolo del salotto. Una cartolina da una collega, pubblicità, la bolletta della luce, pubblicità, una lettera dal McKinley…
'Il McKinley?' si allarmò aprendo in ansia la busta col timbro della sua ex scuola.
 
Gentile sig. Hummel,
è gentilmente invitato il sette settembre per la rimpatriata degli studenti del 2011-2012.
L’appuntamento è in palestra per le 5 p.m.
L’aspettiamo con gioia.
Prof. W. Shuester.
 
Sorridendo notò, poco distante sul tavolo, una seconda lettera da parte della scuola indirizzata al marito. Poggiando il foglio su un mobile, andò in bagno dove, nella vasca, Blaine e Calvin giocavano a nascondino tra la schiuma.
Sedendosi sul water, rimase a guardarli per qualche istante. Insieme a Burt, gli uomini più importanti della sua vita.
“Che si fa?” chiese al compagno sovrappensiero.
“Riguardo a cosa?”
“La rimpatriata della prossima settimana.”
“Io vorrei andare… ma se non vuoi…”
“In realtà speravo tu volessi andarci. Non vedo l’ora di vantarmi e sbattere sotto il naso a tutti la nostra vita perfetta.”
“Che primadonna!” scherzò Blaine lanciando al marito della schiuma, subito seguito da Calvin.
In meno di cinque minuti, Kurt si ritrovò bagnato fradicio e coperto di schiuma, manco fosse stato nella vasca insieme a loro.
 
 
L’entrata del McKinley era esattamente come se la ricordavano, nulla era cambiato. Rachel e Finn, accanto a loro, si stringevano le mani agitati, mentre i due bambini si guardavano intorno annoiati, cercando di trovare spunti per divertirsi in qualsiasi angolo.
“Ma…” intervenne Rachel dopo qualche istante, “siamo venuti solo noi?”
“Puckerman non aveva detto che arrivava in ritardo?” chiese Finn posizionandosi meglio la bambina in braccio.
“Sì, ma lui non fa testo. Lavora qui come allenatore di basket!”
Dopo un infinito attimo di silenzio, Rachel non riuscì a trattenersi oltre:
“Entriamo!”
“Cosa? No! Sono le quattro e venti, è ancora orario di lezione.” le ricordò Kurt serio.
“Oh, avanti! Chi era quello che mi ha convinta a entrare di nascosto in un teatro di Broadway a New York?”
Colto sul vivo, Kurt guardò il marito e il fratello, che gli sorrisero entrambi complici, facendo poi un passo avanti.
Camminare di nuovo per i corridoi era una cosa strana; tutti e quattro si aspettavano una doccia di granita a sorpresa dietro ogni angolo. Passando davanti all’aula del Glee club si fermarono per guardare all’interno. Le sedie sulla scalinata contro la parete, il pianoforte quasi al centro della stanza, la postazione dei musicisti. Era come essere tornati indietro nel tempo.
Guardandosi negli occhi, in un tacito scambio di emozioni, ebbero tutti la stessa idea: prendendo in braccio i bambini corsero verso l'auditorium ridendo come ragazzini.
“Papà,” si lamentò Michelle massaggiandosi la pancia appena Finn la posò su una delle poltrone di velluto, “non farlo più.”
“Quanti ricordi!” squittì Rachel salendo saltellando sul palco, esibendosi poi in una veloce piroetta.
“Rachel, non vorrai…?”
Come risposta la donna prese a gorgheggiare, sotto lo sguardo deliziato della figlia.
Interrompendosi, Rachel tese la mano verso il marito, iniziando a intonare le prime note:
 
Another red letter day
So the pound has dropped and the children are creating
The other half ran away
Taking all the cash and leaving you with the lumber
 
Raggiungendo la moglie sul palco, Finn iniziò a cantare insieme a lei, prendendole la mano. 
 
Got a pain in the chest
Doctors on strike what you need is a rest.
 
Guardandolo con infinita dolcezza, Rachel credette di trovarsi davanti il diciassettenne di cui si era innamorata sentendo la sua voce durante quel incontro delle New Direction anni prima. Restò in silenzio ad ascoltare la voce che, per lei, era la più splendida che avesse mai sentito.
 
It’s not easy love, but you’ve got friends you can trust
 
Un piccolo coro composto da Rachel, Blaine e Kurt prese ad intonare il ritornello.
 
Friends will be friends
Finn:
When you’re in need of love they give you care and attention
Tutti:
Friends will be friends
Finn:
When you’re through with life and all hope is lost
Hold out your hand ‘cos friends will be friends
Tutti:
Right till the end.
 
Sorridendo al marito, stringendogli la mano per portarlo sul palco, Blaine canto l’inizio della seconda strofa. Poggiando il cappotto del figlio su una poltrona, Kurt seguì il marito seguitando la canzone. Come anni prima le loro voci si fondevano ancora alla perfezione.
 
Quanto gli era mancato cantare, cantare davvero. In quegli anni si era limitato ad intonare qualche nota a casa, sotto la doccia, alle feste o sotto richiesta di Blaine e Calvin. Sentire la gioia provocata dalle note che uscivano dalla sua gola, riscaldargli il cuore e invaderlo, si era quasi dimenticato quanto fosse bello.
Scuotendo gli amici, una voce calda si alzò dal fondo del teatro, unendosi a loro. .
Puck sogghignò avvicinandosi seguito poi da una nuova voce femminile graffiante e, dopo questa una più classica e cristallina.
Senza smettere di cantare, Rachel sorrise eccitata a Quinn e Santana, incitandole a raggiungerli.
Poco dopo, Artie e Brittany, vistosa con la grande pancia da nove mesi, si unirono a loro. Dietro di loro Lauren, Tina e Mike sorridevano radiosi.
Ad un certo punto la potente voce di Mercedes attirò l’attenzione di Kurt che corse incontro alla vecchia amica per abbracciarla. Accanto a lei Sugar e Joe intonavano le ultime note della melodia con gli amici.

Friends will be friends
When you're in need of love they give you care and attention
Friends will be friends
When you're through with life and all hope is lost
Hold out your hand ‘cos right till the end
Friends will be friends

 
Restarono a guardarsi l’un l’altro nell’attesa che qualcuno rompesse il ghiaccio che si era venuto a creare dopo anni di misere chiamate telefoniche o incontri casuali. A spezzare l’imbarazzo furono Calvin e Michelle che presero ad applaudire estasiati, accanto a loro una bella ragazza dai ricci capelli rossi sorrideva solare.
Come se l’imbarazzo non fosse mai esistito e non fosse passato che un giorno da quando si erano salutati, i membri delle New Direction si abbracciarono calorosamente.
Mercedes non smetteva di urlare nelle orecchie di Kurt quanto gli fosse mancato e Santana e Brittany abbracciavano Quinn, splendide come sempre, sembrava quasi di poterle ancora vedere, belle e intoccabili, nelle loro divise da Cheerleader.
Dopo minuti passati a raccontarsi le rispettive vite, Santana presentò loro la ragazza rossa che l’accompagnava; Valerie era sua fidanzata da ormai due anni. Brittany salutò la fidanzata dell’amica sorridendo solare mentre Artie, al suo fianco, chiacchierava con Mike e Puck.
Era tutto diverso anche se nulla era cambiato. Quella familiare sensazione di calore si insinuò dolcemente negli animi di tutti facendoli di nuovo sentire nel posto più giusto.
 
“Che fate tutti qua?” chiese stranito il professor Schuester apparendo all’improvviso nel corridoio, sempre impeccabile in uno dei suoi mille gilet, “L’appuntamento era in palestra, no?”
 

***

 
Una chiamata improvvisa interruppe le chiacchiere spensierate della cena, tenuta per l'occasione nella palestra, addobbata meglio che per un ballo scolastico. 
“Kurt? Sono Mary, la sorella di Julia. Siamo all’ospedale, le si sono appena rotte le acque e mi ha detto di chiamarti.”
“Ma… è solo all’ottavo mese! Blaine.” chiamò alzandosi dalla grande tavolata, “Julia è all’ospedale, Katy è in viaggio.”
“Diavolo!” esclamò il moro buttando la forchetta nel piatto.
“Rachel, riuscite a badarci Calvin per favore?”
“Certo! Dopo vi raggiungiamo, per conoscere la principessa.”
 
Arrivati all’ospedale trovarono facilmente la camera di Julia: la ragazza urlava come un drago, ad un volume talmente alto da fare male alle orecchie, accompagnando agli urli a bestemmie e altri vocaboli non molto ripetibili.
Entrarono nella stanza all’urlo: “Quando cazzo vengono a farmi quella cazzo di epidurale?!?”
“Dolcezza, tranquilla.” cercò di calmarla Kurt prendendole la mano.
“Tranquilla? Tranquilla?!? Hai solo una vaga idea del dolore che sto provando Kurt?”
“Io… vado a prendere un caffè.” decretò Blaine dileguandosi.
Il travaglio non fu molto lungo, dopo un paio d’ore erano già in sala parto. Julia volle che Kurt la accompagnasse, non gli lasciò la mano nemmeno una volta entrati in sala parto.
“Kurt,” disse la ragazza stritolandogli le dita dopo l’ennesima contrazione, “appena la piccola nasce e… la porterete a casa… tornerò in Inghilterra. L’ho chiamato… Harvey… ha detto che mi avrebbe aspettata.”
“Sono contento per te cara ma adesso rilassati e- Oh Gesù!” La mano di Julia si era stretta come una morsa su quella di Kurt per colpa di una contrazione più dolorosa delle altre.
 
Nella sala d’attesa, Blaine e Mary si scambiavano sguardi in agitato disagio, buttando l'occhio sull’orologio ogni cinque secondi. Movimentando la situazione, gli ex membri delle New Direction, più il signor Schuester con Emma al seguito, piombarono in massa nel corridoio. Calvin si precipitò tra le braccia del padre, sovrapponendo le sue domande con quelle del resto della folla.
“Uno alla volta. Uno alla volta! Uno alla volta!” sbraitò Blaine prendendo il figlio sulle ginocchia. 
“Dov’è papà?” chiese il bambino aggrappandosi alla camicia del moro.
“È nell’altra stanza con Julia, presto vedrai la tua sorellina.”
“Che hanno detto i medici dell’anticipo?” si informò Finn.
“Dicono che non è nulla di preoccupante. Non ci dovrebbero essere problemi di alcun genere.”
“Meno male.” si accasciò sulla panca accanto a lui Rachel, seguita da Brittany e Tina.
“Povero Kurt.” fece quest’ultima dopo qualche secondo, attirando su di se gli sguardi di tutti, “Sarà là dentro a sopportare gli impropri di quella ragazza. Tutte e tre le volte che ho partorito io, maledicevo Mike con ogni fibra del mio essere.”
“Anch’io ho fatto così con Puckerman.” ricordò Quinn con un mezzo sorriso.
“All’improvviso ho voglia di vomitare.” constatò Brittany, visibilmente in ansia, mentre Santana le massaggiava la schiena premurosa.
Dopo poco tempo, Kurt li raggiunse raggiante. Subito Mary gli chiese della sorella.
“Ora la portano in camera e lavano la bambina, verranno a chiamarci quando potremmo vederle… Blaine,” aggiunse rivolgendosi al compagno con le mani che gli tremavano, “Blaine è… è bellissima.”
Il riccio posò il bambino sulla sedia accanto a lui, alzandosi poi per andare ad abbracciare il marito.
“Vado a chiamare Burt.” esordì Finn allontanandosi con la figlia addormentata in spalla.
Asciugandosi una lacrima, Kurt notò gli amici intorno a loro.
“Voi che fate qui?”
“Siamo venuti a conoscere il nuovo membro del club.” spiegò semplicemente Mercedes.
“Signori Anderson?” chiese un infermiera avvicinandosi, “Potete entrare in camera ora.”
La sorella della partoriente si precipitò nella stanza andando subito accanto a Julia, sdraiata esausta sul letto. Blaine si avvicinò alla ragazza baciandole una mano.
Nella culla una minuscola bambina dai finissimi capelli castani piangeva disperata. Kurt la prese delicatamente tra le braccia, mostrandola al marito e al figlio.
“Calvin, guarda. La tua sorellina.” disse con voce tremante.
Il bambino rimase incantato. Carezzando lievemente i sottili capelli della piccola, piegò le labbra in un sorriso incerto.
Scambiando un dolce sguardo col marito, Kurt porse piano il piccolo fagotto a Blaine che la afferrò titubante. Guardandola per qualche lungo istante, il moro riconobbe in quel piccolo viso i tratti che più amava al mondo.
“Kurt,” disse in un soffio soffocato dall’emozione, “è splendida. E' uguale a te.”
“Non credo, le orecchie assomigliano alle tue…”
“Ha il tuo viso. Il naso, il taglio degli occhi… è perfetta.”
Carezzando il volto del marito, Kurt lo baciò. Per quel piccolo istante nulla di ciò che li circondava aveva più importanza. Esistevano solamente loro due, Calvin e la piccola tra le braccia di Blaine.
“Katheryn.” decretò Kurt posando la fronte su quella del compagno una volta terminato il bacio.
“Katheryn.” rispose Blaine con un sorriso luminoso. 







NdA:

Ben ritrovati!!

Era da un bel po' che non pubblicavo qualcosa!!
Spero questa one shot vi sia piaciuta! Era da un bel po' che l'avevo nel pc ma non ero mai sicura di volerla pubblicare... Grazie alla mia socia Chià per avermi convinto ed avermela pure betata.
Fatemi sapere che ne pensate!^^

Un abbraccio
Fede
  
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