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Autore: cartacciabianca    08/06/2013    3 recensioni
Aveva promesso a se stesso che sarebbero stati via solo poche ore, ma scendendo una prima rampa di scale Charles capì che la loro escursione nei sotterranei di Boston avrebbe potuto protrarsi per giorni. A loro disposizione avevano un cambio d'olio per entrambe le lampade; armi e munizioni necessarie, ma non la certezza di trovare quello per cui erano venuti. Avrebbero potuto vagare intere settimane senza incontrare ombra di anima viva e per cosa? Per sfatare una leggenda? No, Haytham non era il tipo. C'era sotto qualcos'altro.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Lee, Haytham Kenway
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Hunting Cats'
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Per motivi di forza maggiore ho dovuto sospendere la pubblicazione del filone principale di Hunting Cats e Dio solo sa se avrò ancora tempo/voglia/ispirazione per lavorarci, ma non volevo che questo ciclo sul Fantasma di Boston (che avevo pronto già da un po') andasse perso.
Per i nuovi lettori una breve introduzione: siamo nel 1763 e io non ho letto Forsaken, perciò il mio Haytham è rimasto nelle Colonie dove si è occupato personalmente di far arrivare le radici del suo Ordine, quello Templare, molto in profondità; così in profondità da poter finalmente credere che la sua bonifica in quelle terre sia completa: gli Assassini sono tutti morti.
Per chi invece seguiva già la mia storia, le vicende qui narrate avrebbero dovuto svolgere una sorta di epilogo a tutta quella serie di esecuzioni che avevo in mente nel periodo che va dal 1757 al '63, anno in cui è ambientato questo ciclo.
Non voglio fare ulteriori premesse, perciò mi auguro che sappiate prendere questa fan fiction così com'è e gustarvela al meglio, nonostante le innumerevoli licenze poetiche di cui è intessuta.
Grazie per l'attenzione.

 

IL FANTASMA DI BOSTON

I parte

.: * :.

Tè all'inglese e Filetto a due

 

 

 

 

 

 

 

 

Aprile 1763

 

— Io gliel'avevo detto che era piscio di cane, ma lui aveva così sete che si sarebbe bevuto anche il mio! —

Le risa fragorose di una ventina di uomini che battevano i boccali sopra i tavoli e i piedi sotto fecero tremare la taverna fin nelle sue fondamenta.

Era così dopo ogni intervento: il cantastorie di turno saliva in piedi sul bancone e cominciava a sgolarsi, gesticolando e ballando dove il testo lo riteneva necessario, e la platea esplodeva a secondo dei casi. Alla fine della serata il proprietario del racconto più scadente avrebbe offerto un giro a tutta la compagnia.

— Lui mi ha guardato e mi ha chiesto: "Ehi Sam, sicuro che non vuoi che te ne lasci un po'?" E io: "No, grazie, Willy! Io beve solo Bracco Italiano!" —

Un'altra tempesta di risate.

Quel pomeriggio alla Green Dragon era approdata una chiassosa comitiva di esploratori che aveva riempito l'intero salone, rinviando l'appuntamento galante di una giovane coppia e la prima sbronza di un ragazzino in divisa, e la cagnara era andata avanti fino a sera inoltrata. Catherine e suo marito non li avevano ancora buttati fuori perché quel genere di clientela ingoiava qualsiasi cosa (davvero qualsiasi cosa) e nella cantina le due carogne avevano del rum di quarta categoria di cui sbarazzarsi ad un prezzo disgustosamente alto.

Persino i musicisti avevano suonato con riluttanza, andando fuori tempo ogni tre note perché non riuscivano a sentirsi tra loro, e alla fine avevano posato gli strumenti e imboccato la porta. Per quanto riguardava i frequentatori fissi, Johnson si era rifugiato a Monmouth all'inizio di quella settimana per una battuta di caccia coi suoi; Church aveva preferito ingannare il tempo passeggiando dall'altra parte del distretto e Hickey fare uno strappo alla regola visitando il bordello due volte in un solo giorno per passarci forse la notte.

Haytham e Charles erano rimasti a sfogliare un baule di vecchie mappe coloniali scambiato con una cassa di fucili ad un clan Onondaga solo quella mattina, dopo che le trattative si erano protratte per quasi dieci giorni, e si erano sorbiti il trambusto che saliva fin lì dall'androne scuotendo il loro tavolo con tutte le candele.

— Signore, questa rete di John's Town non coincide in nessuna delle mappe, è sempre diversa, — disse Charles approfittando in un attimo di quiete.

Haytham aggirò il tavolo che fu scosso dall'ennesimo terremoto di risate e osservò a lungo il punto indicato. — Interessante… segnala e mettila insieme alle altre, — disse e Charles ubbidì, gettando il rotolo in cima a quelli che formavano una piramide sulla sedia vuota al suo fianco. Dopodiché, e più aitante che mai, il giovane del Chishire riprese immediatamente il lavoro, portandosi sotto al naso una nuova cartina.

 Quando Haytham tornò al suo posto quasi crollò sullo schienale, e con un sospiro si massaggiò gli occhi, passando poi al naso e discendendo fino al mento, che alla fine appoggiò sopra le nocche della mano chiusa a pugno. Rimase così per un tempo infinito, senza far nulla, ad osservare il suo apprendista confrontare le carte, ma ben presto si accorse di vederci doppio e…

(Un'esplosione di risate e di piedi rullanti fece tremare le fiammelle delle candele.)

…e la stanchezza per lo sforzo di mantenere la concentrazione con quel casino di sottofondo a farsi sentire.

— È al contrario, — disse Haytham soffocando uno sbadiglio.

Charles inarcò le sopracciglia, stupito; sbatté le palpebre una dozzina di volte e poi girò la cartina su cui stava lavorando con compasso e matita.

Avevano analizzato solo metà del contenuto del baule, ma Haytham si costrinse a convenire che il resto poteva attendere l'indomani. Si alzò e congedò Charles stringendogli una spalla; poi mentre il suo apprendista dietro di lui cominciava a fare ordine sul tavolo, andò ad affacciarsi al piano di sotto appoggiandosi coi gomiti alla balaustra.

Andrà avanti ancora per molto? Si chiese, dubitando fortemente di riuscire a prendere sonno fin quando il salone non fosse stato definitivamente sgombro. Forse era meglio cominciare a cercare una tana alternativa…

Acclamato dai compagni, sul bancone della Green Dragon salì un nuovo pretendente che si esibì in un profondo inchino togliendosi il cappello di paglia. Era un uomo sulla quarantina, un po' calvo e con folti baffi ispidi. Gli occhi limpidi gli conferivano un aspetto ancora sobrio, a differenza degli altri, e stava ben eretto.

— L'ho trovato, amici miei! —

— Cosa, il tuo cazzo?! — intervenne qualcuno in platea suscitando grasse risate.

— No, mangiapatate che non sei altro, Will! Il passaggio per i sotterranei che conducono al Tesoro dei Massoni, e sono quasi riuscito ad impossessarmene. —

— AAAAAAAAAAAH, dannato porco! Ancora con questa storia! — sbottò qualcuno.

— Perché "quasi"? — domandò un altro.

— Perché lui era là. —

— Lui chi?! —

— Egli abita le fondamenta della nostra città da tempo immemore, — continuò l'esploratore, serio. — Anima maledetta smarritasi sulla terra molti secoli fa, ha trasformato la sua condanna nella sua missione e ora è a guardia del Tesoro. —

— Maledizione, Arnold! Che diavolo hai visto? —

— Il Fantasma di Boston, fratelli, con questi occhi! E sono tornato per raccontarlo! —

— Allora quel rum faceva davvero schifo! — commentò qualcuno a gran voce e il salone esplose di nuovo dalle risate.

 

.: * :.

La mattina seguente…

 

Aitante e di buon passo Haytham lasciò la sua stanza finendo di allacciarsi il panciotto, ma si fermò sul pianerottolo dopo neppure tre falcate di gambe.

Charles era disteso sul tavolo dove avevano lavorato quella notte, profondamente assopito, circondato dalle mappe arrotolate e dalle candele annegate nella loro stessa cera. Haytham gli si avvicinò, ma dal russare pesante capì che il suo apprendista non poteva aver preso sonno che da poche ore, dopo aver eroicamente ignorato il suo congedo e passato la notte intera a lavoro.

Con uno sorriso Haytham lo lasciò così come l'aveva trovato e si avviò al piano di sotto.

La Green Dragon era nel pieno delle sue attività d'apertura: la nuova schiava puliva i tavoli con una pezza, Catherine spalancava le finestre per far entrare un po' d'aria fresca insieme alla confusione della strada e Duncan lucidava il bancone, ma c'era un uomo steso su di esso che lo costringeva a saltare quel punto.

Scendendo l'ultimo gradino Haytham scambiò un'occhiata col locandiere, che si strinse nelle spalle come per dire che la cosa non lo sorprendeva più.

Il Templare si avvicinò.

— Un fantasma, avete detto? — chiese.

L'esploratore sobbalzò sullo sgabello.

Quel poveretto doveva aver passato la notte sdraiato sul bancone, dopo che gli amici avevano nominato il suo come il racconto più noioso costringendolo ad offrire da bere e deridendolo fino all'alba, quando finalmente, e perché alla Green Dragon tutte le stanze erano occupate, avevano lasciato l'edificio per spartirsi tra gli ostelli e i bordelli del quartiere.

— Che Dio mi fulmini se non dico il vero! — biascicò Arnold senza riuscire a mettere a fuoco la stanza, improvvisamente troppo illuminata. Aveva gli occhi gonfi, lucidi, e più alcool in corpo di una botte ancora da stappare.

Haytham sedette sullo sgabello accanto a lui e confermò a Duncan la solita colazione a base di pane bruscato, uova, formaggio, pomodori e fagioli in salsa.

— Dev'essere stata un'esperienza terribile… Che aspetto aveva? Sapreste descrivermelo? —

Non che ci fosse vero interesse nelle sue domande…

— Certamente. —

L'esploratore si sfilò il cappello per darsi una grattatina alla nuca e lo poggiò sul bancone, ma Catherine scoccò loro un'occhiataccia dal fondo della taverna dove stava passando di scopa ed Haytham glielo rimise in testa con un sorriso costernato.

— Era completamente bianco, — cominciò l'esploratore. — È emerso dall'oscurità e mi è venuto incontro fluttuando ad un palmo da terra, mentre due artigli di metallo, uno per ogni mano e affilati come rasoi, gli uscivano dai polsi. —

— Ar… tigli? Ne siete certo? —

— Sissignore! Mi ha intimato di andarmene puntandomeli entrambi alla gola, così! —

Haytham gli afferrò il polso prima che riuscisse a toccarlo.

— Limitatevi ad usare le parole, signore, —disse ostentando un sorriso esagerato, e gli accompagnò il braccio di nuovo poggiato sul bancone.

— Certe cose non si dimenticano, — mormorò l'uomo e bevve l'ultimo sorso di birra che gli era rimasto in fondo al boccale, dopodiché soffocò un rutto e si alzò scostando rumorosamente lo sgabello. — Adesso vi prego di scusarmi, sir… —

— Kenway. Haytham Kenway. —

­— Sir Kenway Haytham Kenway, onorato. Arnold… Arnold qualcosa, ma natura chiama, — concluse con un gran singhiozzo e si diresse barcollando verso l'uscita.

Accarezzando il bancone coi palmi Haytham si voltò sullo sgabello. — Un'ultima cosa, buon uomo, — lo richiamò.

— Hmf, — mugugnò quello cominciando a slacciarsi i pantaloni in mezzo alla stanza.

— Per quale motivo credete che vi abbia risparmiato la vita? — gli domandò il Templare, scandendo bene le parole.

Lui si accigliò e sembrò rifletterci davvero.

— Doveva aver già ucciso abbastanza, — dichiarò in fine.

Haytham sorrise per ringraziarlo e lo guardò dirigersi con dignità verso la porta dalla taverna; ma quando Arnold la aprì, inciampò e rotolò sui gradini d'ingresso, dove probabilmente sarebbe rimasto per il resto della mattinata a smaltire la sbronza.

Duncan tornò con la sua colazione su un piatto di ceramica ed Haytham, prendendo la portata con sé, lasciò il bancone per accomodarsi al suo solito tavolo sotto la finestra. Poco dopo Catherine si avvicinò con una teiera e gli versò il tè mentre lui sbatteva il tovagliolo e se lo infilava nel colletto.

— Tutti topacci fradici questi esploratori, signor Kenway, — commentò la locandiera. — Non ne ho sentito uno raccontare qualcosa di lontanamente credibile e sembravano già ubriachi senza aver ancora ordinato nulla. Mi domando se non siano venuti qui perché le altre taverne del distretto li avevano già buttati fuori a scopate! —

— Mi sembra lecito. —

— Latte o limone? —

— Così lo stai offendendo, donna! — sbottò Duncan mentre prendeva le ordinazioni di due soldati. La locanda cominciava ad animarsi.

— Latte, Catherine, — rispose Haytham con lo sguardo perso fuori dalla finestra.

— Come sempre. —

 

.: * :.

 

Quella sera…

 

Charles aveva collezionato quasi la metà delle sue pedine e credeva di avere la vittoria in pugno, ma Haytham gli fece tremare la terra sotto ai piedi completando un tris ed eliminando il suo cavallo da battaglia. Nei turni successivi il Maestro fu ancora più spietato e non risparmiò all'Apprendista che pochi miseri pezzi. Quindi appoggiò un gomito al tavolo, si lasciò cadere sullo schienale e aspettò, sbirciando il giovane Lee da sotto il tricorno.

Il ragazzo fissava il campo da gioco contando e ricontando le sue pedine, cadute una dopo l'altra e all'improvviso come le prime linee di un battaglione preso di mira dai cannoni avverarsi. La disfatta era prossima, ma non avrebbe dato l'ordine di arretrare neanche di un passo.

Al suo posto e a quel punto della partita chiunque avrebbe cantato la resa, ma ancora una volta quel ragazzo del Cheshire dava prova della sua ostinazione anche nelle piccole cose, e ancora una volta Haytham vedeva davanti agli occhi un grandioso futuro per l'Ordine con un simile individuo al suo interno.

Thomas passò accanto al loro tavolo con un boccale di birra e lanciò un'occhiataccia al campo da gioco, ma dopo un attimo si allontanò mugugnando e andò ad uccidersi il fegato in un angolo della locanda.

— Cosa ne pensi del racconto di quell'esploratore che era qui l'altra sera? — domandò Haytham ad un tratto.

Ma Lee, troppo concentrato, non rispose.

— Charles. —

— Signore? — esultò il giovane con uno scatto della testa da far invidia agli scoiattoli.

— Il Fantasma, Charles, il Fantasma di Boston. L'avevi mai sentito nominare? —

Lee aggrottò le sopracciglia e tornò a contare i suoi pezzi.

— Una delle tante leggende che inventa la gente di qui per tenere a bada i marmocchi, signore, — disse facendo finalmente la sua mossa. — Mi domando se non sia più famosa della donna pesce nella baia di New York. —

— Ho motivo di credere che quell'uomo abbia detto il vero. — 

Haytham completò un nuovo tris, accaparrandosi il diritto di divorare la terzultima pedina dell'avversario.

— E desidero approfondire la faccenda. —

Lee si lasciò cadere sullo schienale e prese a fissarlo a bocca aperta.

— Non direte sul serio. —

— Mai stato così serio, Charles, — rispose Haytham appoggiandosi al tavolo coi gomiti e pescando una pedina non qualunque dalle sue vittime. — Intendo far visita a questo Fantasma personalmente, — annunciò, rigirandosi davanti agli occhi il boccone che gli aveva regalato la vittoria, un piattello di legno scheggiato, bianco.

— E intendo farlo stanotte. —

 

.: * :.

 

 

 

 

   
 
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