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Autore: _Sam    09/06/2013    4 recensioni
E finalmente lo aveva capito, lui era un limite, e ora, ne era sicuro.
Lui e la sua intera vita, ed'era meraviglioso, non aveva intenzione di scavalcare quel muro, anche adesso che poteva, adesso che non aveva limiti.
Perché i limiti non vanno toccati. Perché muri non vanno scavalcati.
Le cose cattive, fanno in fretta ad arrivare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Limit

e allora si chiedeva dov'è la sicurezza?







A mio padre, che di ostacoli alti ne ha tanti, ma che la forza nelle gambe per saltarli non manca mai.

 
 





Era passato davanti a quel muro un sacco di volte, ma mai lo aveva scavalcato.
Era sempre rimasto lì, bloccato da qualcosa che, evidentemente, non esisteva, ma che il mondo che lo circondava si ostinava a credere e a influenzare la sua mente ancora vuota di ogni tipo di pregiudizio. Perché le cose cattive fanno in fretta ad arrivare.
Lo aveva toccato, con la voglia di oltrepassarlo e vedere cosa ci fosse stato oltre.
Lui all'oltre non ci era mai arrivato, aveva sempre avuto dei limiti, in ogni situazione, e sapeva benissimo che tutto era cominciato da quel muro, malgrado sembrasse banale ammetterlo.
Perché le cose cattive fanno in fretta ad arrivare.
La prima volta che ebbe il coraggio d'osservarlo, aveva dieci anni.
«Andiamo Eddie, non avrai mica paura!» Aveva brontolato Harry ad un soffio dal toccare il muro. Edward non aveva paura, non ne avrebbe avuta.
«Mia mamma non vuole» aveva risposto semplicemente, rimanendo alzato con la bicicletta ferma tra le gambe.
«Eddie, se ascolterai per sempre tua madre, nella vita non andrai da nessuna parte» aveva ribattuto Harry incrociando le braccia in segno di superiorità. Forse aveva ragione ma Edward aveva solo dieci anni, e benché la sua età fosse formata da due cifre, lui d'idee proprie non ne aveva, e sentir controbattere gli ordini di sua madre era oltraggioso.
Harry era più piccolo di lui, ma al vedersi era due volte più maturo, e in questo lo aveva sempre ammirato; si atteggiava come un uomo vissuto e parlava di ciò che aveva fatto, come fossero le più grandi imprese.
"Sono un bambino alternativo"  Edward non sapeva cosa significasse alternativo, ma al sentirsi sembrava una parola impegnativa, una da grandi. Una parola che pronunciata da lui non avrebbe avuto alcun senso, ma detta da Harry assumeva i toni di un grande filosofo. Forse nemmeno Harry sapeva cosa significasse, sì, aveva solo otto anni. Forse non aveva un senso, ma cosa ha senso per dei bambini? Per Edward, era quel muro, il suo limite, una raccomandazione rispettata per tutti quegli anni.
Quel giorno nemmeno Harry lo toccò, nemmeno lui lo aveva scavalcato, perché aveva paura, perché anche gli alternativi hanno un limite.
Ma cosa era un limite per lui? Era l'unica cosa in cui era andato davvero oltre, oltre ogni occasione, oltre ogni sorriso, oltre ogni cosa c'èra un limite.
Oltre al limite c'èra il misterioso tutto e oltre al tutto c'èra l'infinito, ed era terrorizzante, la più grande fobia di Edward.
L'infinito:qualcosa senza confini, senza limiti, gli emanava una sensazione di solitudine e smarrimento, ma chissà perché, lui si sentiva così anche racchiuso nel suo piccolo, e allora si chiedeva dov'è la sicurezza? E la cercava, ma dopotutto c'èra un limite.
Quando aveva quattordici anni, Harry fumava con la schiena contro il muro nella piccola boscaglia del loro paese. Ogni volta si chiedeva come da bambino alternativo, il suo amico, avesse seguito la banale massa d'idioti che era l'insieme dei classici ragazzi; perché Harry si sbagliava, lui era come tutti gli altri. Era stato trascinato da quello scontato modo di pensare e non si era ribellato. Forse gli piace, pensava Edward, forse è felice così, forse non ha più voglia di essere differente.
«Vuoi?» e Edward spingeva indietro quella sigaretta costruita con le mani inesperte di Harry e si sforzava a non fare una faccia disgustava, dopotutto lo rispettava.
«Non avrai mica paura Eddie?» e come a dieci anni si era sentito profondamente oltraggiato. «Non mi piace» rispondeva ogni volta «Non ha un buon odore».
Harry alzava le spalle, poi si voltava verso il grosso muro che si trovavano davanti «Io non ti capisco» aveva detto quel martedì d'inizio Giugno «Sei come l'altro lato di questo stupidissimo muro» e aveva tirato un sassolino contro chissà quale oggetto, sotto lo sguardo indifferente di Edward, che si limitò a grattarsi il naso e a sperare che l'amico finisse in fretta di fumare.
L'infinito per Edward,ora che ci pensava, era quel muro, in cui scaricava sempre tutte le colpe e rappresentava un po' le sue paure. Era anche un riferimento, un ricordo, la raccolta della sua vita, della sua curiosità, e del suo rischio, ora che ci pensava, era davvero tanto, ma tutti quei suoi fattori poi lo portavano a un limite, e Edward non lo aveva mai compreso.
A Edward piaceva fare la doccia il sabato sera, i piedi diventavano rossi dall'acqua calda che ci sbatteva, il viso rilassato,i capelli leggeri, e il cuore pulito, si sentiva caldo. La stessa cosa succedeva quando leggeva. Si sentiva tiepido dentro, felice, con il petto pieno e la testa densa. Leggeva ogni giorno e Harry gli alzava il volto ogni volta incitandolo a guardare qualche bella ragazza che nel momento passava, ma a lui non importava, non in quel momento, stava leggendo, ed era l'unica cosa in cui, forse, non aveva un limite, e in cui poteva arrivare all'infinito oltrepassando il tutto. Non aveva paura, perché in mano aveva un libro, e sarebbe rimasto un punto di riferimento, anche dentro l'infinito dell'immaginazione avrebbe avuto una bussola, non era perso: aveva un libro in mano.
A Edward piaceva fare la doccia il sabato sera ma quella sera non la fece e non sentì la testa densa, e il viso non fu rilassato, ma il petto fu pieno e sentì caldo dentro di sé.
E ringraziò per la prima volta Harry, che lo trascinò alla festa di fine anno.
Quel sabato sera vide lei, e fu come fare una doccia calda, con i piedi che scottavano e i capelli leggeri, era come leggere. Lei sembrava senza limiti un libro senza copertina, che non poteva essere giudicato, doveva essere letto, doveva portarti all'infinito e diventare il tuo punto di riferimento. Quel sabato in lei vide questo. Vide la sua doccia del sabato sera, e vide nel suo libro, il biglietto del viaggio migliore.
Lei si chiamava Giselle.  
Era bellissima e presto in lei Edward iniziò a vedere un libro finito, letto, conosciuto, ma non consumato. Aveva scoperto che era il suo libro preferito, quelli che rileggi, rileggi, e non ti vengono a noia, solo che lei era vera, e ogni volta che la rileggeva, trovava qualcosa di nuovo, e forse non era mai così conosciuta, era nuova, ogni volta. Perché infondo l'acqua della doccia è sempre differente, ma ti fa comunque sentire caldo.
Lei lo chiamava mandarino marcio, e a lui andava bene, non aveva importanza, a lei piaceva.
«Voglio scrivere un libro» le aveva confidato quella prima settimana di Ottobre, con la collina colorata sotto di loro e le gambe appoggiate nella parte posteriore della sua macchina. Lei si era girata e gli aveva sorriso «Lo hai già cominciato?» Lui aveva scosso la testa e lei era scoppiata a ridere «è un lavoro impegnativo» aveva concluso poi. «Non m'importa»  «Allora scrivilo» Edward l'aveva guardata un poco «Ma dovrai aiutarmi» Lei aveva arricciato le labbra facendolo ridere «Io non so scrivere»
«Dovrai darmi dei consigli e magari rileggere in cerca di qualche errore» Edward sapeva benissimo che avrebbe accettato, ma conoscendola aveva bisogno di metterlo in tensione, un'agitazione di cui lui,ormai, non ne percepiva più il senso.
«Okay» aveva risposto infine roteando gli occhi con una finta aria sconfitta. Lui l'aveva stretta a se con un braccio e le aveva lasciato un bacio sul timpano «Grazie».
Lei lo aveva abbracciato «Sì, ma quando pubblicheranno il tuo libro, tu dovrai dedicarlo a me» «Certo, lo farò, se qualcuno lo vorrà pubblicare»
Sicuramente, aveva pensato, scriverò A Giselle il mio libro preferito.
Ma presto Giselle, divenne il primo libro con un limite, lo aveva portato all'infinito, poi si era nascosto dietro quel muro, impedendoli di leggera di nuovo, era diventata pure lei un limite, qualcosa d'intoccabile e insuperabile, la doccia fredda della domenica mattina, gelida, chiusa, persa, e così era anche lui.
«Capita» aveva commentato Harry con la mano sul volante della sua grossa automobile e con i suoi venticinque anni portati più che bene; ma lui era da sempre come l'altra massa di persone, e non avrebbe capito. Non avrebbe capito che lei era la doccia del sabato sera, come non avrebbe capito che non era un bambino alternativo, che era un idiota come tutti gli altri idioti di questo mondo, che era solo Harry, il suo amico, ed era troppo ma nello stesso tempo poco. Perché un amico non sarebbe stato come lei, che era il biglietto del viaggio migliore.
Lui,in lei, aveva trovato la sicurezza , ma lei aveva preferito quel muro, tutti preferivano quel muro, tutti desideravano essere un suo limite, e Edward ne rimaneva deluso, perché quando le cose vanno troppo bene, di conseguenza vanno troppo male, e allora si chiedeva Cos'è meglio? Ma tutto questo Harry non lo sapeva, per lui era solo un amore non destinato, un qualcosa di fallito, "capita" si ritenta, ma per lui era diverso. Ci doveva essere una fine a tutto, com'era stato per quell'amore che, arrivato a un livello, si era fermato da chissà quale ostacolo, e non l'aveva superato, perché i muri non si scavalcano, era sceso così affondo che era morto e le cose morte spariscono lasciando spazio ai ricordi.
"Se ascolterai per sempre tua madre non andrai da nessuna parte, Eddie" Ma il fatto  è che lui non aveva nemmeno ascoltato lei, non aveva ascoltato nessuno.
A trentacinque anni, Edward finì di scrivere il suo primo libro.
Lo scrisse in fretta, forse con troppa fretta, il timore di trovarsi davanti ad un altro limite lo costrinse a correre, una corsa che a trentacinque anni ebbe una fine.
«Potrei piangere adesso, Eddie» Harry aveva finto una lacrima di commozione e lo aveva abbracciato.
«Non ci farò niente» aveva sussurrato con amarezza.
«Su internet ci sono migliaia di concorsi, fatti da case editrici, per pubblicare un libro»
«No,non importa» Ed era vero, non importava, non aveva senso condividerlo con gli altri, ormai, questo, non era più il suo scopo, non più, non aveva più una dedica, non aveva più una valida ragione, era rimasto così, con un libro, un appartamento modesto, e tanti limiti.
E allora si chiedeva, che senso ha? E di sensi non ne trovava, era tutto assurdo, la solitudine è curiosa e l'infinito terrorizzante. Quante cose raggiungono un punto poi si fermano? Non si puo vivere senza limiti, non siamo completamente liberi,no? Non lo possiamo essere, o forse si? Chi lo dice? E se provassimo ad esserlo? Si puo essere liberi, sì, ma bisogna pagare le conseguenze delle nostre libere azioni, ma chi le vuole le conseguenze? Nessuno, e allora si creano i limiti, ti bloccano tutto e in un certo senso non hai più problemi, ti fermi lì e non vai oltre, ma anche questo ha una conseguenza, ti porta al rimpianto, il rimpianto di non aver mai provato nulla.
Era per questo, che Edward,non trovava un senso nel suo libro che da sempre aveva voluto scrivere, ma di cui mai aveva trovato una ragione valida. Un libro era davvero tutto ciò che voleva? Era stato un semplice desiderio deludente, perché sono così i desideri, inutili; come il credere in qualcosa, inizialmente ti dà forza, ma te la dà fino ad un certo punto, perché poi ti delude, sempre.
E Edward si chiedeva La vita è davvero così deludente? E non era riuscito mai a contraddire sé stesso, e gli stava bene.
Infondo, Edward aveva sempre così tanti limiti, poteva quasi collezionarli, ma non aveva mai provato a vedere le cose da un altro punto di vista, lo aveva fatto solo quando compì ormai quarantacinque anni, quando capì, che forse, non era il mondo pieno di limiti, ma era lui un limite,nessuno era mai andato oltre a lui, nessuno era riuscito davvero a far parte di lui.
Si era lasciato cadere con la schiena contro il suo muro, facendo svanire tutti i suoi rimpianti, con la schiena un po' dolorante.
E finalmente lo aveva capito, lui era un limite, e ora, ne era sicuro.
Lui e la sua intera vita, ed'era meraviglioso, non aveva intenzione di scavalcare quel muro, anche adesso che poteva, adesso che non aveva limiti.
Perché i limiti non vanno toccati. Perché muri non vanno scavalcati.
Le cose cattive, fanno in fretta ad arrivare.    
 
 

 



   
 Questa è la mia seconda, ma anche prima, one-shot, visto che l'altra l'ho eliminata dopo aver trovato degli errori mostruosi, ma è la prima cosa che scrivo su Ed Sheeran quindi mi emoziona il fatto che comparirà in un'altra sezione kjohrtfg *_*
Da qui, esce un po' fuori il mio lato pessimistico verso la vita, ma l'ho scritta in un periodo un po' così, se me lo richiedete in pieno agosto, le mie idee saranno completamente diverse,lol.

La vita ha un senso,solo se si ha la voglia di cercarlo e attribuirlo alle cose. Comunque sia, mi piacerebbe confrontare con voi la vostra opinione sui limiti, io, per esempio, me li sento addosso sempre (e su questo, penso, non cambierò idea) ogni cosa che sto per fare, alla fine non la faccio mai, specialmente quelle rischiose, e credo che i limiti ce li abbia solo chi non è coraggioso, e purtroppo il coraggio è una ambizione enorme.
 
Fatemi sapere,pure, cosa ne pensate di questa one-shot  , è il mio,piccolo e rischioso, gesto coraggioso della settimana, non voglio pentirmene, ahah!
 

 

 
Ciao Martina!
 Alla prossima
_Sam

 
 

   
 
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