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Autore: Unicornfever13    10/06/2013    2 recensioni
Al termine della scuola superiore, Brittany e Santana si trasferiscono a New York dove convivono in un delizioso appartamento; frequentano l'università dei loro sogni e affrontano una quotidianità idilliaca in cui sono finalmente in grado di potersi amare senza il timore di infrangere quel sentimento che ha condotto il loro cuore fin dal principio. In seguito alle avversità e ai momenti di oscurità vissuti, la loro vita non è mai stata così perfetta; ma ciò non significa che l'avventura sia effettivamente conclusa, piuttosto appena iniziata. Affiancate dalla sincera amicizia che li lega agli ex membri del glee club continueranno a percorrere il loro sentiero senza essere consapevoli che il fato riserverà loro un fatto davvero speciale, al di fuori dell'ordinario e che sconvolgerà per sempre le loro esistenze.
Long con accenni di Quick, Finchel e Klaine.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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At first everything was confused, but then We met you.
 

Ciao a tutti:) Torno dopo secoli con la mia prima long Brittana. È una storia piuttosto particolare che mi frullava per la testa da tempo, così  ho finalmente deciso di trascriverla. Spero che non ci siano troppi errori e che vi piaccia. Ancora non ho ben deciso come stutturarla ma sono certa che mi divertirò davvero molto ad improvvisare. Grazie ancora per la pazienza  e scusate per il monologo. <3
P.S.: So che il banner non è un granchè, anzi non so se possa perfino essere definito tale; ma devo ancora imparare ad utilizzare i programmi :) 

 


Snowflakes *
 

La notte non era mai stata così gelida e tetra; immersa  nell’oscurità dell’oblio in cui non brillano stelle che rincuorano l’umanità di quell'effimera speranza.

 

L’aria pungente le sferzava il viso con violenza e la neve turbinava incessante, mentre le lacrime copiose le appannavano la vista lasciandola incapace di reagire e trovare alcuna soluzione o riparo. Il suo respiro irregolare disegnava volute chiare che definivano il profilo del suo viso straziato dal dolore; con la certezza che ogni particolare le sarebbe rimasto impresso nella memoria come la lama di un coltello affilato sulle membra pallide. Non si sarebbe mai rimarginata e il dolore l’avrebbe certamente condotta alla morte: questo era ciò che meritava poiché la responsabilità dell’accaduto era sua. Si strinse a  colei che amava più della sua stessa vita, immerse il viso nella sua chioma bionda e inspirò il suo dolce profumo per l’ultima volta. Il suo corpo era gelido. Non si sarebbe più rialzata con un sorriso dipinto sul viso e non l’avrebbe più confortata dicendole che l’amava. Venne strattonata con violenza, qualcuno l’allontanò dal suo corpo senza vita, mentre un grido straziante proveniente dal profondo del suo stomaco lacerò il pesante silenzio della notte. Avrebbe odiato se stessa per sempre …

                                                         
                                                                                                                                    *****
 
“Coraggio … vieni verso di me.” Brittany tese le mani avvolte in caldi guanti a forma di panda verso Santana, che in risposta si avvinghiò timorosamente alla ringhiera del parapetto. Le rivolse un sorriso radioso col fine di rincuorarla: sapeva che c’è l’avrebbe fatta. “E se poi cado?” Mugugnò lei con fare infantile non ancora fiduciosa. Brittany rise con voce cristallina per poi volteggiare con grazia inaudita sul manto lucente del ghiaccio della pista di pattinaggio. “Vorrà dire che ci sarò io a prenderti, il che significa che non ti farai comunque male.” Santana alzò gli occhi luminosi al cielo scuotendo la testa contrariata e divertita al medesimo tempo. “È tutta questione di equilibrio.” Le rispose gioiosamente Brittany tendendole ancora una volta le mani. Santana ridacchiò. Per la sua ballerina era semplice, pattinava da quando era una bambina, ed era proprio per questo che non desiderava deluderla: odiava scorgere anche solo una traccia di quel sentimento sul suo viso; perciò decise di adempiere alla sua proposta  nonostante il presentimento che avrebbe certamente assaporato  il gelo pungente del ghiaccio sulla pelle ambrata. Posò cautamente lo scarponcino sul suolo scivoloso per poi dirigersi lentamente verso la sua amata. Era davvero stupita di esserci riuscita al primo tentativo, ma nonostante la gioia cercò comunque di mantenere la concentrazione per evitare di scivolare continuando ad avanzare goffamente. “Solo un altro piccolo passo” si intimò mentalmente per poi  sentirsi incredibilmente ridicola ma comunque fiera del suo gesto. Sembrava un panda con problemi di labirintite e, per quanto adorabile potesse apparire, sapeva che tutti sulla pista la stavano scrutando divertiti. Ma Santana Lopez non era certo una che si lasciava intimidire. Acquisì maggior velocità e solcò la superficie ghiacciata con determinazione. Un ghigno si dipinse sul suo viso non appena notò l’espressione sorpresa di Brittany e di quei ficcanaso dei pattinatori. “Bravissima! Sapevo che c’è l’avresti fatta.” Puntualizzò fiera attendendo pazientemente che questa la raggiungesse. Durante il breve tragitto dovette combattere con ogni suo buon proposito la tentazione di alzare il dito medio nella loro direzione, ma si trattene solo per dimostrare loro che era lei quella superiore. Poco dopo Santana immerse lo sguardo nei suoi occhi di quel turchese cristallino che soltanto le creste brillanti delle onde possedevano quando colpite dai raggi del Sole. Le afferrò le mani ridacchiando: ora poteva considerarsi soddisfatta. Brittany le depose un piccolo bacio sul naso vagamente arrossato a causa del gelido freddo invernale, consapevole di quanto lei adorasse quel tenero gesto; per poi trascinarla nuovamente sulla pista. In fondo contro ogni aspettativa, anche Santana cominciava ad apprezzare il pattinaggio sul ghiaccio.
(Ogni attività che coinvolgeva Brittany si tramutava magicamente in una delle sue preferite).
 
 
Quella sera tornarono a casa prendendo un taxi sulla strada affollata di New York: luci, schermi al neon, stelle, traffico e persone sconosciute in un perpetuo movimento confusionario che al contempo possedeva un misterioso fascino appartenente alla magica città in cui tutto è possibile. Accadeva spesso dall’istante in cui acquistarono il piccolo appartamento nei pressi di Time Square; quando poco dopo il diploma di Brittany, Santana aveva finalmente compreso di volersi trasferire a New York e studiare presso un’università di giurisprudenza locale e non più Louisville. Divenire un’allenatrice di cheerleader e una donna aspra, rinsecchita e in perenne menopausa come la Sylvester non era di certo la sua ambizione. Infatti in seguito alla piccola crisi dovuta al cambiamento dei propri piani – proprio quella in cui si percepisce la gravità pur camminando saldamente a contatto con il suolo e pare di volteggiare con i piedi nel vuoto mentre una voragine ti squarcia lo stomaco eliminando ogni certezza – aveva approfondito determinati aspetti che l’avevano indirizzata verso gli studi di legge. Inoltre aveva rifiutato ogni sussidio economico da parte di suo padre scegliendo una scuola locale più abbordabile, che si sarebbe potuta permettere con i propri mezzi. Odiava dover dipendere dalle scelte o dai fondi dei genitori e tantomeno averci a che fare. Sapeva che a loro premeva solo che mantenesse la buona reputazione della famiglia Lopez ma non che stesse bene. Non sopportava l’idea di ammetterlo, ma questo era spesso una delle motivazioni per cui soffriva. Di certo non era in grado di fornire una logica motivazione per la sua scelta ma questo non significava che non fosse felice: possedeva tutto ciò che desiderava. Brittany, il piccolo appartamento, la giusta università, gli amici che adorava e quell’enorme palla di pelo che la sua ballerina si ostinava a chiamare gatto. Forse gli voleva bene, ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, infatti quella faida in corso tra i due sembrava rendere il tutto più divertente, e lei lo sapeva. Sapeva ogni cosa sul suo conto dal primo istante; come il suo carattere apparentemente duro e introverso posto come una sorta di maschera per celare il suo animo sensibile e dolce, gli occhi profondi e luminosi, i timidi sorrisi, la pelle ambrata, il suo umorismo, la risata cristallina e i piccoli gesti con i quali preferiva comunicarle il suo amore.  Forse le parole la intimidivano, non le permettevano di condividere appieno i suoi sentimenti così profondi. Forse si sentiva incompresa ma non da lei … Mai.
 
“Brit cosa vuoi mangiare per cena?” Le chiese piuttosto vaga mentre ripassava mentalmente ogni particolare di cui si sarebbe dovuta occupare. Diritto, legge, dar da mangiare una carcassa di zebra a Lord Tubbington, preparare la cena, cambiare le lenzuola macchiate di marmellata e … accidenti non avrebbero più mangiato la torta sul letto. Le lanciò un’occhiata curiosa attendendo che le rispondesse. Brittany corrugò il viso intenta a osservare i fiocchi candidi danzare nell’aria gelida per poi domandare “ Posso cucinare io?”. Santana sorrise alla sua tenera espressione ma ricordando lo stato in cui trovò la cucina l’ultima volta che l’aveva lasciata preparare scosse la testa. Brittany alzò gli occhi al cielo in maniera buffa. “Perché?” Soffiò. “Sinceramente vorrei che la cucina mantenesse il suo aspetto … almeno per un po’”. Ribadì lei. La trovava adorabile ma non poteva permetterle di distruggerla ancora una volta. “Ho guardato il programma, quello in cui il signore biondo rivela le ricette più gustose con un incredibile quantità di parolacce. Ho imparato e voglio dimostrartelo!” Si impuntò con aria infantile. “Che ne dici di una pizza?” Le chiese certa della sua risposta. “Assolutamente d’accordo!” Brittany le cinse i fianchi con il braccio esile. “Vedi questo è il motivo per cui amo te, New York e il take away. Sapevo che stavamo facendo la scelta giusta.” Lei alzò gli occhi scuri fino ad incrociare quasi una spanna più su, quegli sprazzi cristallini di cielo con un sorrisetto. “Ah sì? Mi ami per la pizza?” “Scusa … anche per il cinese e le fettuccine che spacci per un tuo piatto, quando in realtà sono perfettamente certa che le hai comprate al ristorante italiano qui affianco.” Brittany le fece la linguaccia. “Mi hai beccata.” Disse l’altra ridacchiando.
 
Entrarono in casa in un lampo, Brittany appoggiò i cappotti nell'attaccapanni che si inclinò con il solito cigolio accompagnato dal suo borbottio riguardo l'aggiustarlo il prima possibile, mentre Santana lanciando uno sguardo di sfida al gatto obeso, tentava di apparecchiare la tavola mantenendo in equilibrio i bicchieri turchesi sul cartone unticcio della pizza. L'appartamento era piuttosto angusto ma al contempo incredibilmente accogliente e aveva una meravigliosa vista su Times Square. Una vera fortuna. Brittany coccolò il bestione tigrato (altro eufemismo) che miagolava insistentemente tra le sue braccia col fine di richiederle quanto più cibo potesse ingurgitare.  Non avrebbe mai smesso di stupirsi della la forza che scorreva nelle sue esili braccia. Era probabile che pesasse più di venti kili, roba da Guinnes dei primati. Versò il cibo nella ciotola come le aveva appena ricordato Santana ed ebbero finalmente modo di iniziare la cena. “Verrà il giorno in cui ti stupirò con le mie doti culinarie.” Disse Brittany addentando la pizza. Era davvero certa di ciò che aveva appena affermato: se Santana era riuscita a pattinare, lei era perfettamente in grado di cucinare. “È una minaccia vero?” Rispose l'altra arricciando il naso in un buffo sorriso. Le due risero sommessamente anche se Santana in fondo sapeva che a momento debito c'è l'avrebbe fatta. Avrebbe avuto sempre fiducia nei suoi confronti. “Che stai facendo?” Disse contrariata mentre Brittany stava indifferentemente passando a Lord Tubbington i margini della pizza sotto al tavolo. Santana alzò gli occhi al cielo contemplando la sua espressione sorridente con la quale tentava invano di contenere le risa. “Se morirà di obesità non sarà colpa mia, inoltre dato che sostiene di essere fan di Scientology non potremmo nemmeno offrirgli dei medicinali in caso di necessità...” Brittany parve scioccata dalla notizia. Osservò preoccupata  il gattone e sussurrò “da oggi iniziamo una dieta ferrea e chiederemo a Sannie di smetterla di fare tutte queste battute che ti mettono a disagio.” Lord Tubbington emise un miagolio indignato.  “L’obesità è il bullismo sono delle brutte bestie.” Disse Santana con ironia. Brittany le sorrise: “Sarebbe carino se ogni tanto evitassi di demoralizzarlo.” L’altra sbuffò e alzò le mani in segno di resa. “Ok, sì, insomma ci proverò … Però quella cosa di Scientology era sincera.” Mugugnò.  Brittany si alzò e andò a sedersi tra le braccia dell’ispanica. “Lo so che ci stai provando. Stai facendo del tuo meglio e so che lo fai ogni singolo giorno per me.” Le sorrise compiaciuta  lasciandole un bacio a fior di labbra. Ogni istante era come la prima volta, seppur un piccolo gesto, era in grado di ricordare loro tutto ciò per cui avevano combattuto, l’amore per cui avevano commesso innumerevoli sacrifici, il dolore e le lacrime amare a cui si erano esposte.  Amare si era rivelato il mezzo attraverso cui rendere completa la propria esistenza, il sorriso di gioia che illumina spontaneamente il pensiero che aleggia quando non si hanno più parole. In altri termini, Brittany e Santana non erano lesbiche, non rientravano in alcuna categoria o etichetta; erano semplicemente infatuate dall’amore che provavano reciprocamente. Nella sua vita Brittany era conscia di non aver mai amato una persona in tal modo. Nemmeno la sua adorata famiglia... Pensava che, per quanto suonasse abbastanza infantile, lei e Santana fossero collegate da un filo del destino.
 
 
Qualche ora dopo erano entrambe sdraiate sul letto, Santana era intenta a studiare diritto mentre Brittany le massaggiava delicatamente le spalle. L’ispanica era sul punto di crollare: le palpebre stavano cedendo, le parole divenivano sempre più contorte e non era in grado di coglierne il senso. Inoltre i baci di Brittany sul suo collo la distraevano alquanto e avrebbe preferito mille volte dedicarsi completamente a lei piuttosto che all’inutile lettura. La stanza era avvolta in un silenzio profondo spezzato soltanto dai loro respiri e i suoni dell’enorme città; ma improvvisamente il computer iniziò a trillare. Santana si risvegliò improvvisamente e con uno spasmo incontrollato lanciò in aria il tomo di diritto che le cadde sullo stomaco e la fece rimanere senza fiato. Brittany rise alle sue imprecazioni e si accorse che a contattarle era proprio Quinn. Quando aprì la chiamata di Skipe Santana era ancora intenta a borbottare sommessamente e focalizzò l’attenzione sullo schermo solo quando Brittany le lasciò un bacio sul capo per richiamarla. “Heeeeeeeeeeey!?” Entrambe sorrisero, avevano già riconosciuto la vocina della figura minuta che si affacciava sulla schermo del pc. “Ciao tesoro!”Esclamarono. “Ciao zia Brit! Ciao zia San!” Beth sorrideva compiaciuta.  I capelli biondi e lisci le ricadevano sulle spalle, gli occhi blu con delle pagliuzze smeraldo le scrutavano con attenzione. “Come state? Trillò saltellando sul lettino. “Bene, ma a quest’ora non dovresti dormire?” Scosse la testa energicamente. “No beh, non avevo sonno e mi andava di saltare e parlare con qualcuno. Siccome mi mancavate ho visto il computer e vi ho chiamate.” Entrambe sorrisero a quel piccolo uragano di sei anni. “Almeno la mamma sa che stai usando il suo computer e che sei sveglia?” “Io penso che lo sappia perché dice sempre che sa leggermi nel pensiero.” Disse risoluta per poi starnutire. “Puck hai lasciato la tv accesa? Sento dei rumori … ” La voce di Quinn in sottofondo giunse alle orecchie delle tre. “No, sono sicuro. Però potrebbe essere quella peste di Beth o un procione assassino.” “è proprio vero che in casa ho due bambini …” Borbottò Quinn in risposta per poi chiamarla. “Beeeeeth?” Il viso della bambina si contrasse in una smorfia di terrore e sgranò i suoi occhioni. “Ops…” Squittì. La porta si aprì e comparve Puck con i pantaloni del pigiama e una canotta bianca. Beth si getto sul letto scatenando le risa del padre che la raggiunse e la sollevò dandole un bacino sul naso. “Sai che poi domani sei stanca … cerca di ubbidirci d’accordo principessa?” “Ma io non sono stanca!” Disse sbadigliando. Brittany e Santana risero e finalmente Puck si accorse di loro. “Ciao!” Disse confuso per poi realizzare. “Beth! Come hai fatto a combinare tutto questo disastro in meno di cinque minuti?” Esclamò divertito. “Hai detto che tutte le pasweird avevano il mio nome e la mia data di nascita. Io sono intelligente.” Disse fiera. Puck le carezzò il viso. “Per la cronaca si dice password e nonostante i guai che combini rimani sempre la mia principessa brontolona preferita.” La bambina rise. “Ragazze venite a cena da noi domani? “Penso di sì.” Disse Brittany.  “Basta che non ci sia Barbra.” Aggiunse Santana irritata. Brittany la spinse divertita. “Non ascoltarla dice sempre così ma poi le vuole benissimo e se non la vede almeno una volta a settimana le manca.” Santana alzò gli occhi al cielo con un sorriso. Beth ridacchiò. “La zia Rachel? Io le voglio tanto bene, anche se ogni volta che viene da noi canta solo medley di Barbra Streisand e rifiuta le mie richieste sulle canzoni di Winnie The Pooh! Dice che le sue canzoni mi aiuteranno a crescere e a diventare proprio come lei!” “Cristo Santo, una Rachel Berry basta e avanza!” Sbottò Santana. Quinn entrò nella stanza con una mazza da baseball. “Santi numi ma che succede?” Esclamò sorpresa. Poi si accorse di Skipe, Beth ancora sveglia in braccio a Puck e Brittany e Santana sullo schermo del suo pc. “Il pigiama ti dona.” Disse l’ispanica osservandone la fantasia a pecorelle rosa e blu. Quinn sorrise con un’espressione confusa ignorando il commento. “Ciao! Come state?” “Bene grazie!” Dissero all’unisono le due. “Venite a cena domani sera? Ci saranno anche Rachel, Finn, Kurt e Blaine. Gli altri non riescono perché con l’Università e tutto il resto non è semplice fare continui spostamenti da Los Angeles a New York.” “Sì certo, c’è l’ha già chiesto Puck.” Quinn sorrise alle migliori amiche e osservò con uno sguardo truce sua figlia. “Perché sei ancora sveglia?” Beth fece gli occhioni dolci. “Ti ho già detto che, anche se ho paura di caderci dentro e che mi mangi, ho messo nella lavatrice i vestiti sporchi?” Quinn scosse la testa con finto risentimento. “Solo perché ti ho ordinato di farlo dopo che li hai macchiati con la nutella.” Beth scrollò le spalle. “Rimane comunque un gesto eroico.” Quinn insistè fissandola con aria interrogativa. “Non avevo sonno e volevo salutare le zie.” Confessò preoccupata. “Però tu sai che a quest’ora devi dormire …” Beth sbadigliò. “D’accordo.” Disse controvoglia. Scese dalle braccia del padre e raggiunse sua madre lasciandole un bacino sulla guancia. “Ti voglio benissimissimo.” Quinn ridacchiò. “Io di più tesoro.” Puck sorrise. “E io principessa?” “Ovviamente anche a te.” Disse saltellando. Salutò le ragazze sbracciandosi e poi con l’aiuto di Quinn si distese sul letto ed entrambi le rimboccarono le coperte. Dopo averla ancora baciata e coccolata afferrarono il pc e socchiusero la porta ma Beth strillò: “Avete dimenticato la storiaaaaa!” Brittany e Santana risero per poi lasciarli ad occuparsi di quel piccolo tornado biondo. Dal momento in cui Quinn aveva avuto la bambina era sempre stata colta da un immenso rimorso per averla data in adozione e lo stesso era accaduto a Puck; ma quando si presentarono da Shelby, pregandola di poter riprendere legalmente la sua custodia, questa osservò il contratto e notò la presenza di una clausola che rendeva la possibilità ad entrambi i ragazzi di poter riavere Beth nella propria vita trascorsi i primi tre anni d’infanzia. Santana ricordava perfettamente l’istante in cui poterono stringerla tra le braccia, riconoscerla come loro figlia e dare finalmente vita alla famiglia tanto desiderata.  
 
 
Una volta spento il computer Brittany le rivolse i suoi occhi turchesi. “San dovremmo chiedergli di lascarcela qualche volta quando devono uscire.” Santana parve rifletterci. “Io te e Beth? Sole?” Brittany annuì ignorando il sarcasmo di Santana, anche se in realtà sapeva che a rendere scettica la latina era solo la paura. “Cioè potrebbe dar fuoco alla casa nell’istante che ci occorre per chiudere la porta.” Considerò allarmata. “Sono certa che ti adori e non veda l’ora di passare un po’ di tempo con noi. Inoltre in veste di maniaca del controllo, saresti in grado di spegnere l’incendio, ed essere al contempo simpatica e rassicurante per Beth e sembrare dannatamente sexy ai miei occhi.”  Santana sorrise compiaciuta. Non sapeva resistere alle sue espressioni dolci, alle sue dichiarazioni confortanti, né tantomeno agli occhi cristallini che la scrutavano in attesa di una risposta. E poi c’erano quelle fossette adorabili che si materializzavano in ogni suo sorriso. “Forse l’idea potrebbe essere interessante.” Acconsentì Santana osservando sorpresa Brittany che lanciò un gridolino entusiasta baciandola. Non si aspettava di renderla così felice acconsentendo alla sua proposta. Approfondirono il bacio sfiorandosi con tocchi vellutati, carezzandosi il viso e coccolandosi delicatamente fino al momento in cui Brittany sussurrò: “Saresti un’ottima madre San.” La latina sgranò gli occhi. Non aveva mai pensato alla versione materna di se stessa e il tutto, per quanto allettante potesse essere, le pareva ancora un po’ forzato; come quando si assaggiano due cibi dal sapore opposto, anche se a Brittany la maggior parte delle volte gradiva tale stravaganza. Insomma la sua insolenza e ironia venivano spesso ignorate dai bambini e le pareva di non piacere loro fino in fondo, poiché il suo umorismo non veniva apprezzato e al contrario di quanto credesse, non aveva il polso con il quale imporsi. Si sentiva costantemente osservata e in soggezione a quei piccoli occhietti che tramavano chissà quale pensiero alle sue spalle. Inoltre la loro sincerità era disarmante e spesso causa di equivoci per cui realmente era lei quella ad esserne intimorita. L’unica bambina che gradisse era Beth. In ogni caso la sua astrusa riflessione era rivolta ai bambini in generale, e non alla famiglia che avrebbe potuto e certamente desiderato costruire con lei. Il sol pensiero di una bambina con l’aspetto e il carattere dolce di Brittany la fece quasi commuovere. Sentì la necessità impellente di abbracciarla. Immerse le mani nei suoi capelli dorati come il grano, assaporò il suo profumo di cannella sfiorandole le costole sporgenti, seguì le sue esili braccia per poi tracciare delicatamente il profilo della sua mascella e sorriderle. L’altra posizionò il capo nell’incavo del suo collo dove il calore del suo respiro le solleticò la pelle olivastra e si distese tra le sue braccia. Santana avvolse le gambe intorno a Brittany e la baciò delicatamente assaporando la sua dolcezza. Desideravano entrambe poter rimanere così per sempre, fermare il tempo anche solo per un istante, quando il suono acuto del telefono squarciò improvvisamente il silenzio. Sobbalzarono entrambe per poi lanciare uno sguardo allarmato all’ora fluorescente proiettata sulla sveglia. L’una in punto. Chi le avrebbe cercate a quell’ora? Un incidente forse? “Pronto?” Disse confusa Santana sotto allo sguardo allarmato di Brittany. “Heeeeey siete ancora sveglie?!” Santana allontanò di scatto il telefono dall’orecchio strizzando gli occhi. Brittany si rilassò. Questa era la prova che l’interlocutore era Beth. “Tesoro ma ci siamo visti cinque minuti fa ed eri tu quella che doveva dormire.” Rispose pazientemente l’ispanica. “Anche voi dovreste dormire, fa bene alla salute.” Disse risoluta con la sua vocetta acuta. “Ci stavamo provando ma poi qualcosa c’è l’ha impedito.” “Provando a fare cosa?” “Dormire.” Rispose lievemente seccata. “Eppure non hai la voce impastata dal sonno.”Replicò. “Se è per questo neppure tu che dovresti essere a letto già da tempo o almeno fingere di esserlo. L’hai detto tu stessa che dormire fa bene.” “Io infatti scoppio di salute.” Rise la bambina. “Lo sappiamo, credimi.” “Beeeeeeeeeeeeeeth! Metti giù quel maledetto telefono!” L’urlo di Quinn si sovrappose a quello della figlia e Santana sobbalzò per la seconda volta massaggiandosi l’orecchio. “Giuro che se non dormi immediatamente ti chiudo a chiave nel bagno!” “Ma non è igienico e poi potrei cadere nel wc!” Considerò turbata dall’idea. La linea cadde improvvisamente. “Vuoi ancora chiederle di tenerla?” Chiese Santana con le sopracciglia inarcate. Brittany ridacchiò annuendo. 

   
 
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