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Autore: Monia85    27/12/2007    13 recensioni
Sono una dannatissima fata, capite? Con vezzose ali trasparenti, simili a quelle di una farfallina, e lunghi capelli rossi, così ondulati e meravigliosi che farei strage di cuori… se solo al mondo esistesse un maledetto maschio di fata. Ci riproduciamo coi fiori, noi. Sì, coi fiori! E no, la cosa non implica l’ausilio di pistillo alcuno.
Che schifo di vita.
E sono pure immortale!
- Semplice One Shot scritta per delineare un personaggio che intendo utilizzare in un gioco di ruolo. -
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è facile descrivere una come me.
Prendete un…. come si chiamano quegli esseri umani leggermente deviati, quelle povere anime incomprese che i loro malefici ed insensibili fratelli rinchiudono in grandi gabbie o, peggio ancora, impiccano nelle pubbliche piazze?
Ah, sì: serial killer.
Molto bene. Prendete il cervello di un serial killer. Prendetelo con cura, maneggiatelo attentamente, ed impiantatelo nel cranio di un… un… un qualcosa di terribilmente soffice, carino e tenero, ecco. Come un agnellino, diciamo. Sì, un agnellino!
Molto bene, direi che ci siamo: prendete il cervello di un serial killer, mettetelo nella testa di un adorabile agnellino, ed otterrete qualcosa di straordinariamente bello, oltre che potenzialmente pericoloso. Quella sono io. A grandi linee.
Poi, magari, piazzate davanti all’animale in questione una stramaledetta marmocchia di circa otto anni, una di quelle bamboline dai boccoli biondi ed enormi occhi azzurri. Le avrete presente, no? Sorriso carico di ingenuità e dolcezza, vestitino nei toni dell’azzurro, e vocina stridente che ulula: “Oh, che carina!”. Sembrano fatte con lo stampino, per la miseria. Non fossi alta un pollice, le avrei già sterminate tutte; con metodi lenti e dolorosi.
Ma sono alta un pollice, purtroppo, e la mia magia molte cose mi permette, tranne che di fare del male agli esseri umani.
Sono una dannatissima fata, capite? Con vezzose ali trasparenti, simili a quelle di una farfallina, e lunghi capelli rossi, così ondulati e meravigliosi che farei strage di cuori… se solo al mondo esistesse un maledetto maschio di fata. Ci riproduciamo coi fiori, noi. Sì, coi fiori! E no, la cosa non implica l’ausilio di pistillo alcuno.
Che schifo di vita.
E sono pure immortale!
Oh, non crediate che io sia stata sempre così. Una dannata nana mezza farfalla, intendo: non sono certo nata con questo aspetto, che Dio me ne scampi! Un tempo, che ci crediate o no, ero una donna bella e sensuale. Avevo uno stuolo di corteggiatori, uomini innamorati che per me avrebbero fatto qualsiasi cosa. Poi arrivò quell’idiota di un mago, io gli sorrisi, lui si fece chissà quali idee… e s’ingelosì nel vedermi a letto con il suo migliore amico, non so se mi spiego!
Ed eccomi qui. Fatina. Piccola, luccicante, incantevole, e con nel cuore una voglia di uccidere da far impallidire il famoso serial killer di cui sopra. Non ci sono più le fatine di una volta, direte voi. Esatto. Avete proprio ragione. Scordatevi le fate delle favole. O rimarrete delusi. Se non uccisi.
Come se Nostro Signore non ne avesse ancora abbastanza delle mie bestemmie e non disponesse di altri divertimenti oltre il quello di vedermi dannare, ora ho questa maledetta bambina davanti a me. Sorridente, carina, bambolina.
Come vorrei che tu già fossi morta, stupida cucciola umana. Con dolore e, se possibile, con un lento dissanguamento.
Mi guarda meravigliata, quasi ipnotizzata. Ci credo. Sono una deliziosa ed innocente fatina delicatamente accomodata su un petalo, e questa piccola bastarda crede che io sia lì per farmi avvicinare e toccare da lei.
Si è fatta un’idea maledettamente sbagliata di me. Bambolina, perché non cresci? Le fate dolci e gentili esistono solo nelle favole. Io sono una predatrice, e tu il mio cerbiatto spaurito. Ma te ne accorgerai quando ormai sarà troppo tardi.
Ovvero, quando, camminando verso questo fiore ove sono accomodata, il naso puntato sulla mia figura e gli occhi ammaliati dal mio bagliore, non ti accorgerai del serpente acquattato nell’erba che ti divide da me. E lo calpesterai, procurandoti un bel morso alla caviglia.
Un morso velenoso, sia chiaro. Altrimenti dove sarebbe il divertimento?
Io e quel serpente siamo amici. Più o meno. Lui fa quel che dico io, ed io non lo costringo ad un’infelice muta che potrebbe dividere le sue interiora dal resto del suo corpo. Siamo amici, credo, sì. Alleati, anzi.
Abbiamo già fatto tante volte questo gioco, in diverse parti del bosco. Molti escursionisti ed un grande numero di anziani e bambini sono morti in un modo che farà ridere a crepapelle i loro nuovi amici all’inferno.
Ed ora tocca a questa maledetta marmocchia. Sarà una lenta agonia, ne sono certa. E me la godrò tutta.
Ancora un passo, piccola da brava. Sei così vicina, ormai. Due falcate di quelle tue corte zampe potrebbero condurti da me… ma alla prossima morirai, disgustosa bambolina sorridente. Tu morirai ed io riderò. Eccome se lo farò!
Qualche volta ho creduto di essere pazza, o leggermente deviata. In realtà non è così, l’ho scoperto leggendo un libro umano. La mia attività è semplicemente un… hobby, lo chiamano così. Se ci sono uomini che collezionano farfalle morte, perché io non potrei accumulare cadaveri umani? C’è una legge che lo vieta?
Sì, c’è. Lo so. Ma non vale per le fate, okay?
Almeno non inchiodo le mie vittime ad un foglio di carta, io.
Il serpente si tende nell’erba. Comunichiamo grazie ai miei poteri telepatici, ed egli sa che ormai è il momento di colpire. Quella mocciosa ora si avvicinerà ancora, ne sono certa, perché vorrà toccarmi, capite? Io sono una piccola, dolce fatina, e la nanetta qui presente, ingozzata di favole smielate sin dalla culla, crede che resterò qui a farmi palpare dalle sue dita sporche di moccio. Imparerà a sue spese cosa significa scontrarsi con la realtà. Non esistono fate gentili e disponibili, stupida idiota.
La bambina è a due passi da me, tutto è pronto, finalmente potrò assistere al meraviglioso spettacolo di…
E’ un attimo. Le mani delicate ed imperfette della piccola corrono ad una saccoccia che ella tiene legata alla cinturina del suo vestitino; la destra s’immerge, uscendone poi chiusa a pugno. Con uno strillo eccitato, quella maledetta mocciosa mi lancia addosso una specie di polvere bianca e marrone, che mi avvolge completamente.
Tossisco, starnutisco, sputo, impreco, e mi vien da pensare che per lei il serpente sarebbe troppo poco. Che accidenti mi ha lanciato, questa piccola pazza?
“Zucchero e cannella” mi spiega, decantando la risposta con vocina bassa ed infantile, ed eppure dotata di una nota spaventevolmente adulta. “Serve a catturare le fate. E’ un incantesimo antico, me l’ha spiegato il mio papà. Ora sei mia schiava.” tace, sorridendo felice, ed io mi accorgo solo in questo momento che quel suo sorriso non ha più nulla d’infantile. Proprio per niente. “Piccola stronza” conclude, posandosi le mani suoi fianchi, e sistemandosi i lunghi boccoli biondi con un semplice gesto carico di narcisismo.
Non ci sono più le fate di una volta, eh già.
Ma oserei dire che anche i bambini sono piuttosto cambiati…
In meglio.
  
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