Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: Kirara_Kiwisa    12/06/2013    0 recensioni
Se cercate una storia in cui i protagonisti sconfiggono il male, questa storia non fa per voi. Qui si parla di una ragazza in parte strega e in parte angelo che tenta di sconfiggere il bene, a tutti i costi. Una ragazza con sangue misto, Victoria, temuta dalla sua specie ma che presto l'intero mondo temerà. O almeno questo è ciò a cui lei aspira. Ma qualcosa interferisce sulla sua strada della vendetta, un demone. Nolan, un sangue misto come lei, che la trascina nella sua battaglia per la conquista della corona del Regno dei Demoni. Due destini si incrociano, un mezzo angelo e un mezzo diavolo che collaborano per diventare più forti insieme. Lei serve a lui, lui serve a lei. Un piano che potrebbe funzionare, basterebbe solo riuscire a non annientarsi a vicenda per raggiungere ognuno la propria vendetta...
La paura di essere uccisa da Nolan, spinge Victoria ad allontanarsi, a cadere nelle grinfie di qualcuno di ancor più pericoloso. Abrahel, il fratellastro di Nolan, che aspira al trono dei Demoni altrettanto se non più del mezzo demone.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Victoria's Memories'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Da quando se ne era andato ero diventata inquieta, irritabile, nervosa. In paese si erano venute a creare strane voci su di me e sul demone che mi aveva attaccata, alcune si avvicinavano troppo alla verità. Secondo loro non era nello stile dei demoni fare salotto con le vittime e scappare senza neanche ferirle. A quelle accuse rispondevo a malo modo e questo mi portò ad essere ancor più malvista dagli abitanti. Iniziarono ad evitarmi ma non mi dispiaceva, non ci facevo nemmeno caso.
Avevo altro a cui occuparmi: di giorno il suo pensiero non mi dava pace e di notte ero attanagliata da strani sogni che lo riguardavano. Sognavo continuamente di vederlo parlare con qualcuno, in una terra lontana a ovest dal confine. Sedeva su una grande sedia circondato da alte mura oscure, accanto aveva molte persone ma leggevo nei suoi occhi un’immensa solitudine. Due donne gli erano vicino, una dai capelli rossi alla destra e una dai capelli neri alla sinistra. Non vedevo i loro volti ma potevo udire le loro voci. Era sempre lo stesso identico sogno.
- Non lo farò-
Continuava a ripetere il ragazzo dagli occhi d’oro.
- Non ho intenzione di farlo-
- Perché mai?-
Incalzava la donna dai capelli neri.
- In fondo è tutta colpa sua. Non merita pietà-
- Ha ragione, mi ha impedito di adempiere al mio dovere. Non ci sarebbe questa inutile guerra se non si fosse intromessa-
Appoggiò la donna dai capelli rossi.
- Per non parlare della scorsa guerra-
Puntualizzò quella coi capelli lunghi e corvini.
- Lo scoppio della scorsa guerra non è stato un male-
Ammise il demone.
- Mi ha dato modo di fare una cosa che bramavo da tempo. Lo odiavo e la sua morte non mi ha certamente rattristato. Come ben sapete, se non si fosse tolto di mezzo non avrei mai potuto prendere il suo posto-
- Ci serve-
Ricordò duramente la ragazza dai capelli neri.
- Voi non capite, credevo che quell’uomo l’avesse uccisa. Questo cambia tutto-
Replicò esasperato il ragazzo, portandosi una mano sugli occhi. Sembrava stanco.
Ci fu un attimo di silenzio nella grande sala, poi la donna dai capelli rossi tornò a parlare.
- Perché è tanto importante?-
Chiese con tono molto più gentile rispetto all’altra.
- Mi ha restituito la speranza-
Spiegò il demone riaprendo gli occhi, seduto su quella strana e maestosa sedia in pietra nera.
- In un momento in cui l’avevo perduta, l’ho ritrovata nei suoi occhi-
Ammise seriamente. La donna dai capelli neri parve non capire e se ne andò furiosa.
- All’epoca…-
Riprese, parlando con l’ultima rimasta al suo fianco.
- Lui mi assicurò che non esistessero altri come me. Ovviamente stava mentendo. Disse che non avrei mai avuto futuro nel mondo-
Raccontò, ridendo istericamente.
- Era invidioso-
Sentenziò la donna, poggiandogli una mano sulla spalla.
- Lo so-
Sorrise il demone, stringendole appena il braccio.
- Ma mi sentivo incredibilmente solo, soprattutto dopo la morte di mio fratello. Vedere qualcuno come me, libero e in vita, mi ha cambiato, rendendomi quello che sono oggi. Ecco perché è tanto importante-
Ogni volta la donna dai capelli rossi pareva capire e lo appoggiava nella sua decisione.
Mi risvegliavo sempre sudata e stanca dopo quel sogno, relativamente confusa e allibita di cosa il mio cervello potesse arrivare a realizzare. Mi stavo ossessionando a tal punto da creare conversazioni senza senso con lui protagonista, non riuscendo così mai a riposare.
Nella consuetudine di quei risvegli traumatici, una mattina notai qualcosa di diverso.
Era comparso un biglietto piegato in due sul mio cuscino.
Lo raccolsi sorpresa, domandandomi come ci fosse arrivato lì. Lo aprì delicatamente, con i capelli arruffati leggendone curiosa il contenuto. C’era uno strano numero di telefono e poche parole scritte in inchiostro nero.
“Chiamami se mai fossi nei guai”
Non era firmato ma capì subito a chi appartenesse. Lo conservai gelosamente, se pur dubbiosa che un demone rispondesse al cellulare. Non che ci fosse niente di male, solo che non credevo che anche loro li avessero. Anche se, avevo appurato, del loro mondo conoscevo ben poco e ciò che sapevo si era rivelato sempre inesatto.
Dopo qualche giorno iniziai a dimenticarmene, come degli strani sogni del resto. Non feci caso neanche ad un particolare incubo che mi portò a rivivere un episodio passato della mia vita, riportandomi alla mente qualcuno che pensavo di aver dimenticato.
Durante una delle mie tante fughe, avevo conosciuto un giovane quindicenne di origini fatate. Anch’esso, come molti altri della sua razza, ospitato in un istituto per bambini divenuti orfani a causa della prima guerra. Avevo rivisto la sua figura nell’orfanatrofio in cui lavoravo, accanto alla villa del padrone in cui vivevo.
I bambini che correvano in giardino, le mie colleghe e la soffitta in cui ci incontravamo sempre.
La stretta fessura nel muro che portava alla terrazza ghiacciata, il nostro luogo preferito.
Lì, il giovane dai capelli biondi mi stava aspettando. Isaac.
Mi venne in contro, sorridendo e baciandomi come al solito.
Quando si scostò da me, i suoi tratti mutarono. I suoi capelli divennero neri come la notte e gli occhi azzurri si tramutarono in oro. Improvvisamente, stavo baciando il demone.
Lo guardavo ancora sorpresa, quando la finestra dietro di me si aprì di botto. Il padrone di casa mi sorprese in quella relazione proibita che da tempo portavo avanti e, fra urli e furia, mi cacciò, gettandomi per strada.
Il sogno terminò quando caddi sulla neve fredda.
Mi svegliai sussultando nel mio letto, accorgendomi che si fosse già levata l’alba.
Mi nascosi sotto le coperte, rifiutando di dovermi alzare ed abbandonandomi alla morbidezza del cuscino. Tutti quegli incubi mi stremavano, rendendomi sempre più inquieta al risveglio. Avrei voluto dimenticare per magia tutte le mie vicende passate, tutte le mie sconfitte che mi avevano sempre ricondotto in una casa che odiavo. Strinsi forte il marchio sul polso, colpevolizzando la mia mente per quei sogni assurdi.
Il mio inconscio sbagliava, io non desideravo affatto baciarlo.
 
Decisi di andarmene, di farmi coraggio, di affrontare ciò che mi stava aspettando là fuori.
Avevo indugiato fin troppo a lungo da quando si erano sparse le prime voci su di me e sul demone, attendendo chissà cosa.
Era il mio giorno libero, il momento migliore per sgusciare fuori casa senza che la famiglia se ne accorgesse. Preparai il mio piccolo bagaglio mentre i padroni erano intenti a lavorare nei campi.
Sgattaiolai fuori dalla fattoria senza essere vista, recandomi nel centro della città per fare le ultime spese prima della partenza. Con il mio lavoro avevo comprato una maglia rossa e dei nuovi pantaloncini che arrivavano fino al ginocchio, sempre da uomo ovviamente. Fu difficile trovare qualcosa del genere a Salem, il commesso del negozio sembrava in imbarazzo nel servirvi ma non abbastanza per accettare il pagamento. Mi avvisò che non era decoroso per una donna indossare abiti maschili e soprattutto un indumento così colorato e attillato. Io me ne infischiai. Sembrare umana era già difficile, sciatta insopportabile. Non avrei mai indossato le loro cuffiette e le loro tende ricucite, neanche davanti al rogo.
Con i miei nuovi acquisti uscì in strada raggiante. L’estate era ormai prossima e non dovevo più vestirmi pesantemente per nascondermi. Osservai la cittadina per l’ultima volta, chiedendomi se mi sarebbe mai mancata. Era minuscola e spersa nel nulla ma quello era stato l’unico posto in cui mi ero sentita normale per la prima volta.
Sospirai mentre procedevo lentamente verso la stazione, certa che non avrei mai più provato una sensazione simile. Ero quasi giunta in piazza quando mi accorsi che tutti mi stavano osservando.
Se ne stavano fermi a scrutarmi in mezzo alla strada, alcuni mi osservavano dalle finestre, altri dall’interno dei negozi. Le mamme portavano via i loro bambini e gli uomini mi lasciarono sfilare per il corso principale senza mai perdermi d’occhio. Parevano animali feroci, pronti a scattare da un momento all’altro. Mi vennero i brividi lungo la schiena, strinsi le buste della spesa e procedetti svelta. Avevo gli occhi di tutti puntati addosso ed ero certa che non fosse per i miei abiti nuovi.
Avevo atteso troppo a lungo prima di andarmene, ora ne ero sicura.
Da qualche giorno il clima a Salem era velocemente divenuto freddo ed ostile, ad ogni mio passaggio i contadini confabulavano fra loro facendomi accapponare la pelle.
Non capivano come una creatura oscura non tornasse a riprendersi la preda designata, lasciandola ancora in vita. Non era un comportamento da demone, ne andava di mezzo l’orgoglio e la reputazione.
Privata della fiducia che avevano riposto in me, sperai di riuscire a prendere almeno il treno.
Attraversai la piazza centrale, deserta. Vigeva uno strano silenzio nel villaggio, troppa quiete anche per i miti abitanti di Salem. Scrutai il rogo al centro del piazzale, notando come sembrasse più grande. Procedetti cauta verso i binari, scoprendo amaramente che tutti i treni erano stati sospesi.
Un enorme cartello informava, i pressoché nulli viaggiatori della cittadina, che fino a nuovo ordine nessun treno sarebbe arrivato e nessun altro sarebbe partito. Non mi piacque per niente.
Restai per qualche minuto in stazione, cercando di escogitare un piano. Non intendevo percorrere i binari senza l’amuleto ma neanche rimanere fra gente che mi credeva in combutta con i demoni.
Scrutai il cielo. Moloch era morto ma potevano esserci decine di altre cose là fuori capaci di uccidermi. Dovevo decidere cosa fosse più pericoloso e di cosa aver più paura.
Intenta a fare chiarezza nella mia mente, udì degli strani rumori dietro di me. Mi volsi verso gli uffici della piccola stazione ferroviaria, non riuscendo a vedere nessuno. Pareva che il vento facesse sbattere qualche porta o finestra ma io ne ero certa, mi stavano osservando.
Gettai lo sguardo sulla piazza deserta e sul rogo al suo interno, non ricordando quelle fiaccole poste accanto ad esso. Iniziai ad agitarmi. Si trattava solo della quiete prima della tempesta.
Posai le buste a terra, scorgendo un vecchio impianto telefonico attaccato al muro.
Era l’unico in tutto il paese, lasciato per i turisti, se pur rari, che non accettavano di abituarsi all’utilizzo del telegrafo.
Timidamente mi avvicinai ad esso, chiedendomi chi mai avessi potuto chiamare.
Non avevo nessuno da contattare, nessuno che avrebbe potuto aiutarmi. Improvvisamente mi tornò alla mente il biglietto del ragazzo dagli occhi d’oro. Mi trovavo definitivamente nei guai e mi parve il caso per usarlo. Lo cercai freneticamente nelle tasche, sperando di averlo conservato. Dovetti tornare indietro fino al mio bagaglio e rufolare  al suo interno. Udì ancora i passi di qualcuno in guardiola. Quando trovai il numero, impugnai qualche moneta e scattai nuovamente verso il telefono. Sperai fortemente che funzionasse, pareva in disuso da anni ed ebbi un momento di titubanza nel sfiorarlo. Alzai la cornetta piena di polvere, rasserenandomi solo quando udì il suono della centralina. Scartocciai velocemente il foglietto, scrutandolo intensamente prima di tentare di comporre il numero. Non avevo mai sentito dire che fosse possibile fare interurbane verso il loro regno. Nonostante questo, ci provai.
Mi parve un’idea ridicola, fino a che non prese a squillare veramente.
Sobbalzai, talmente forte che quasi mi cadde la cornetta di mano.
Stavo chiamando il Regno dei Demoni.
In pochi istanti cercai di escogitare qualcosa di sensato da dire, se mai qualcuno avesse risposto. Rimasi pietrificata non appena udì una voce dall’altra parte dell’apparecchio, perdendo tutte le parole.
- Pronto-
Stetti muta per qualche istante con la cornetta schiacciata contro l’orecchio, incredula.
- Pronto?-
Pronunciò nuovamente la voce, facendomi rinsavire.
- Hai…hai risposto-
Bofonchiai esterrefatta.
- Hai davvero risposto-
- Certo che ho risposto. Cosa credevi?-
Era lui, davvero lui. Quello strano numero pieno di zeri e di sei apparteneva davvero al regno oltre il confine ovest.
- Non credevo che avresti risposto-
Continuai a balbettare ebete.
- Ah no? E perché?-
- Beh, ma perché sei un demone!-
Proferì, certa che questo spiegasse tutto.
- E’ successo qualcosa?-
Domandò il ragazzo cambiando argomento. Rinvenni, ricordandomi il motivo della chiamata.
- Sì, devi venire qui-
Ci fu un attimo di silenzio.
- Ci sei?-
Incalzai nervosa.
- Hai capito? Devi venire subito-
- Non posso-
Affermò categorico, provocandomi una fitta allo stomaco.
- Non capisci-
Continuai.
- Devi venire assolutamente. Mi hanno scoperta, sono bloccata qui ed è tutta colpa tua-
Cadde la linea e non potei udire la sua risposta, né sapere se era riuscito a sentirmi.
Riposi la cornetta, notando che l’apparecchio telefonico aveva smesso improvvisamente di funzionare. Qualcuno aveva staccato la linea, interrompendo di proposito la conversazione.
Uscì tremante verso la guardiola, non trovando nessuno a cui chiedere spiegazioni. Avanzai verso i gradini che portavano alla piazza, notando incuriosita come improvvisamente tutta la popolazione fosse comparsa al suo interno.
Si erano riuniti intorno al rogo con le fiaccole in mano, fissandomi in assoluto silenzio.
Mi volsi istintivamente per tornare verso i binari ma venni bloccata da alcuni uomini che comparvero dagli uffici della stazione. Uno di loro stringeva ancora una presa telefonica in mano. Avanzarono con delle armi rudimentali, spingendomi verso la piazza, verso il rogo.
Osservai la folla che si stava riunendo dietro di me, accerchiandomi completamente. Ognuno di loro aveva in mano una sorta di qualche arma, pronti ad usarla se ce ne fosse stato il bisogno.
Un gruppo di caccia streghe, armati di reti argentate e fili fatati, si stavano avvicinando lentamente, costringendomi a scendere la scalinata. Quattro di loro si distinsero dai compagni, minacciandomi rispettivamente con una balestra, una lancia, un arco e una pistola. David impugnava la balestra. Alzai lo sguardo verso le case cingenti la piazza, notando che dalle finestre e dai balconi gli abitanti di Salem erano intenti ad osservare lo spettacolo.
- E’ per i vestiti?-
Chiesi sorridendo, continuando a sperare in cuor mio che fosse per quello.
- Posso provare a mettermi…-
- No Victoria-
Sbottò il giovane che avevo frequentato, mostrandomi il volantino del Concilio.
Sospirai tremendamente, i miei timori vennero confutati. Alla fine la notizia della mia taglia era giunta anche a Salem.
- Ma non eravate in guerra con gli Anziani?-
Domandai ormai rassegnata, incrociando le braccia con un certo disappunto.
- Perché li state aiutando?!-
- Strega Victoria-
Iniziò dicendo David, mettendo via il volantino. La sua voce tremava mentre pronunciava quelle parole, il suo sguardo si fece triste.
- Ci era già stato riferito che una creatura magica si confondeva fra i cittadini di Salem fingendosi umana ma noi non ci volevamo credere-
Spiegò e il gruppo di contadini dietro di lui annuì. Vi era anche il sindaco nella folla, nascosto dietro i muscoli dei suoi cacciatori migliori.
- Non pensavamo potesse esistere una strega così sfacciata da osare ingannare gli abitanti di Salem e prenderli in giro per più di un mese-
Iniziai a scuotere amaramente la testa. Il Concilio aveva puntato sull’orgoglio cittadino.
A questo non avevo pensato. 
- Alle luci dell’alba, gli Anziani si sono avvicinati ai confini del paese e hanno chiesto di mediare con noi. Hanno voluto fornirci la prova che quanto si diceva in giro fosse vero. Nonostante gli occhi siano diversi, questa strega sul volantino sei tu, Victoria-
Il cuore esplose dalla rabbia. Odiavo con tutto il cuore i membri del Concilio, bramavo le loro teste e ucciderli nel peggior modo possibile.
- Strega Victoria-
Continuò il sindaco, balzando fuori dalla folla e venendo leggermente avanti.
- Sei accusata di stregoneria, di esserti nascosta fra di noi e di esserti presa gioco delle nostre istituzioni e regole. Sei incolpata di aver fraternizzato con i demoni, di averne portato uno nella nostra città e di aver architettato chissà quale piano stregonesco-demoniaco per attaccarci. Per tanto, noi ti condanniamo a morte. Sul rogo!-
Comandò il primo cittadino e i cacciatori dietro di lui vennero avanti, spingendomi verso il cumulo di paglia. Digrignai i denti, consapevole che sarebbe finita male. Se non mi toglievo l’anello e non tentavo il tutto e per tutto mi avrebbero cotta alla griglia. Odiavo mostrare la mia vera forma ma forse così sarei riuscita perlomeno a fuggire. Mi stavo per togliere il sigillo quando venni improvvisamente afferrata da un cacciatore, talmente enorme da sollevarmi in aria come uno scricciolo. In pochi istanti non toccavo più il suolo, iniziai dunque ad urlare e a dimenarmi, tentando di congiungere le mani per togliermi l’anello.
- Lasciami andare!-
Urlai. Dopo poco non fui la sola a gridare, anche il gigantesco umano pieno di cicatrici e tatuaggi prese a lamentarsi del mio calore.
- Ma questa ragazza brucia!!-
Affermò, porgendomi ad un suo compagno che provvide velocemente a legarmi le mani con una corda.
- Questa è un’ulteriore prova della sua colpevolezza!
Sentenziò ancora il sindaco.
- Bruciatela viva!-
Finalmente i miei polsi erano congiunti e, anche se un po’ a fatica, riuscì a togliermi l’anello.
Con il sorriso sul volto attesi il mutamento nel mio corpo e il potere per vendicarmi di quei poveri stolti. Sussultai, quando notai che non stava accadendo niente.
- Cosa mi avete fatto?!-
Domandai terrorizzata. David si avvicinò a me, afferrandomi la maglietta per trascinarmi sino al rogo.
- Di cosa è fatta questa corda?!-
Urlai, tentando di voltarmi ma non riuscendo a scorgerla.
- D’oro, Victoria. Intrisa di zolfo-
Rivelò il ragazzo amaramente, congelandomi. Disperata, riposi l’anello al suo posto, così da non perderlo. Il caccia streghe mi portò fino alla cima del rogo e un altro lo venne ad aiutare per legarmi al palo. Incuranti delle mie urla e dei miei calci, mi strinsero talmente stretta da non farmi respirare.
- Questa dannata strega brucia come le fiamme dell’inferno! Mai visto niente del genere!-
Continuò a lamentarsi l’uomo che mi aveva afferrato, mostrando le ustioni sulle mani a tutti.
- Non sono una strega!-
Urlai io, scocciata da quella insinuazione e puntualizzando anche in punto di morte.
- No, non lo sei-
Confermò David scendendo dal rogo e guardandomi fra la folla.
- Sei un mostro. Un ibrido che comunque non resisterà al fuoco-
Con queste parole si fece passare una fiaccola ardente ed iniziò a dar fuoco alla paglia.
- Guarda i suoi occhi!-
Sbottò disgustato quello che mi aveva legato. Il metallo che mi imprigionava aveva sciolto l’incantesimo sulle mie iridi, mostrandole per quelle che erano davvero.
- Fanno impressione, sembrano quelli di…-
-…di un gatto-
Concluse l’altro ed io, per dispetto, soffiai come tale.
- Sicuri che non sia un demone invece?-
Domandò qualcuno fra la gente iniziando a retrocedere, temendo che fossi posseduta. Legata come un salame davanti all’intero popolo di Salem, i caccia streghe accesero completamente il rogo.
Innanzi al fuoco, le urla di approvazione da parte dei cittadini si innalzarono per tutto il paese. Maledizione. Perché tutto doveva andarmi sempre male?
Il fumo divenne subito intenso, impedendomi di vedere i volti dei miei carnefici. Iniziai a tossire, percependo una terribile sensazione al petto.
Non riuscivo a respirare, i miei polmoni si stavano riempiendo di fumo non lasciando posto all’ossigeno.
Mentre mi dimenavo, attanagliata dall’enorme calore, mi parve di vedere il ragazzo dagli occhi d’oro fra gli spettatori. Lo ritenni un miraggio, non credendo possibile che fosse già giunto in città.
- Per caso hai bisogno di una mano?-
Domandò, fra il fragore della folla. Era lui e mi stava osservando, a braccia incrociate, oltre la barriera di fumo.
- Sei venuto!-
Gridai incredula. I caccia streghe e i contadini erano così occupati a vedermi morire, che non si accorsero nemmeno di avere un demone che girava tranquillamente fra di loro.
- Sei venuto davvero!-
Continuai, tossendo.
- E’ caduta la linea-
Urlò il ragazzo in prima fila.
- Quindi ho pensato di fare un salto-
Sorrisi sollevata, cercando di liberarmi dalle corde. Quel fastidioso ragazzo non aveva ignorato la mia richiesta di aiuto.
- Sei nei guai?-
Chiese sarcastico, ridendo leggermente.
- Affatto! Ti ho chiamato per diletto!-
- Ti mancavo insomma-
- Stupido! E’ tutta colpa tua se mi hanno scoperta!-
Lui rise, doveva trovare la scena molto divertente.
- Perdonami, non avevo intenzione di rovinarti il teatrino che avevi inscenato con questi umani-
- Pensi di lasciarmi morire o cosa?-
Gridai furibonda, constatando che stava perdendo un po’ troppo tempo.
- Visto che sei qui, aiutami no?!-
- Credevo che tu non avessi mai bisogno d’aiuto-
- Ma cosa vuoi?-
Chiesi a fatica, preda della tosse.
- Mi devo forse scusare?-
- Sì, se vuoi che ti liberi-
Proferì sogghignando. Strinsi i denti, non riuscendo più a respirare. Non mi pareva il momento per darmi una lezione d’umiltà, il fuoco mi stava raggiungendo e la vista si stava annebbiando.
Attesi qualche infinito istante ma, non vedendolo giungere in mio soccorso, decisi di cedere e mettere da parte l’orgoglio.
- Scusa!-
Urlai con la testa che mi girava, tossendo terribilmente.
- Ti chiedo scusa! Ora liberami!-
Mi accorsi di non riuscire più a scorgere la sua figura né ad udire la sua voce. A malapena percepivo il calore delle fiamme, il dolore al petto stava svanendo per sopraggiungere l’oblio.
- Finalmente-
Udì bofonchiare al ragazzo mentre scattava in aria, balzando verso di me. Saltò fra le fiamme, raggiungendomi e liberandomi dalle catene e dalle corde in un attimo.
- Il demone! Il demone!-
Urlarono gli abitanti della cittadina.
- La strega! La strega!-
Percepì il battito del suo cuore e compresi che mi stava stringendo fra le braccia, portandomi via da Salem.
 
Quando mi ripresi, per prima cosa scorsi la luce del sole. Penetrava dalle fronde di quella che pareva essere una foresta. Sentivo l’erba che mi pungeva la schiena, percepivo il terreno sotto le mie mani. Nonostante questi segnali, ci misi un po’ a capire di essere distesa al suolo.
Cercavo ancora di focalizzare i rami sopra di me, quando nella mia visuale si contrappose il volto del ragazzo che mi aveva salvato. Due grandi occhi gialli e una voce mi fecero capire dove mi trovassi.
- Era l’ora che tu ti risvegliassi!-
Lui sorrise ma il mio viso si contorse in una smorfia di rabbia. Mi tirai su immediatamente, cercando di colpirlo in pieno volto, nonostante le terribili vertigini.
Mancai il bersaglio.
Vacillai ricadendo a terra senza forze, mentre lui mi afferrava ordinandomi di non agitarmi.
- Hai respirato moltissimo fumo-
- Per colpa di chi?!-
Urlai sprezzante, cercando di scostarmi da lui e possibilmente mettere a segno il mio pugno.
- Sei un bastardo. Perché diavolo ci hai messo così tanto ad aiutarmi?-
Continuai, allontanandomi carponi e cercando di non vomitare dai capogiri.
- Ma se sono arrivato subito-
- Non parlo di quello-
Sbottai furiosa osservando la sua figura ad un passo da me, seduta ai piedi di una grande quercia.
- Come hai potuto pretendere delle scuse in un momento simile?-
Ricordai calciandolo da terra, colpendolo negli stinchi.
- Mi hai lasciato bruciare fra le fiamme!-
- Non è vero!-
Ribatté il ragazzo, lamentandosi per i colpi inferti.  
- Ti avrei salvata in ogni caso. Stavo solo scherzando-
Si beccò un secondo calcio negli stinchi.
- Ho avuto paura!-
Rivelai con le lacrime agli occhi.
- Avevo paura-
Ripetei sottovoce, abbassando lo sguardo.
- Non riuscivo a liberarmi né a respirare. Ho avuto moltissima paura e tu te ne stavi lì a ridere-
Rimase in silenzio, fermo a fissarmi seriamente con gli occhi colpevoli.
- Non sapevo se mi avresti salvato davvero-
Mi asciugai velocemente le lacrime, notando come le mie mani fossero annerite. Mi accorsi di essere completamente piena di cenere, con i vestiti bruciati e ridotti a brandelli.
Cercai di coprirmi il petto con le braccia, rannicchiando le gambe tentando di nascondere quel che restava dei pantaloni. Senza volerlo erano diventati degli shorts, mentre della mia bellissima maglietta rossa rimaneva ben poco. Avevo scampato la morte per un pelo e forse, guardandomi, il demone se ne accorse solo allora.
- Aspetta-
Disse portandosi in ginocchio e spogliandosi.
- Che...che stai facendo?-
- Avrai freddo così-
Affermò togliendosi la maglietta nera e porgendomela a torso nudo, dimenticandosi delle bende che gli cingevano il fianco.
- Io non ho mai freddo-
Borbottai, intenta ad osservare i bendaggi macchiati di sangue. La ferita doveva essersi riaperta.
- Siamo in due. Prendila, ti coprirà almeno un po’-
L’accettai, indossandola sopra le vesti bruciate. Mi stava larghissima ed era anche lunga, tanto da coprirmi gli shorts improvvisati e avvolgermi come un vestito. Perlomeno ero coperta.
Lo osservai tornare a sedere mentre mi sistemavo delicatamente i capelli, leggermente bruciacchiati. Poggiò la schiena contro il tronco dell’albero, ponendosi una mano sul fianco. Gemette leggermente, socchiudendo gli occhi dal dolore.
Non riuscì a non osservare il suo corpo semi nudo. Aveva i muscoli scolpiti eppure, quando si muoveva, era molto aggraziato. L’occhio mi cadde sulle spalle larghe e sul fisico stranamente elegante, anche per un demone. Cercai di pensare ad altro, evitando di arrossire.
- E’ colpa mia?-
Domandai, attirando l’attenzione del ragazzo.
- Cosa?-
- La ferita si è riaperta. E’ successo mentre cercavi di salvarmi?-
- Non preoccuparti, non morirò per così poco-
Sbottò sorridendo e, come a suo solito, prendendomi in giro.
- Non temo quello-
Replicai, cercando di non posare lo sguardo sui pettorali.
- Voglio solo sapere se si è riaperta a causa mia-
- Ha importanza?-
- Te la sei procurata per proteggermi e ora si è riaperta per salvarmi. Sì, per me ha importanza-
Affermai, arrabbiata con me stessa, furibonda per la mia debolezza.
Il giovane sospirò, coprendosi con entrambe le mani il fianco sempre più macchiato di sangue.
- No-
Rispose sorprendendomi.
- Non si è riaperta per aiutarti. I punti erano già saltati-
- E’ per questo che non volevi venire?-
Chiesi.
- Come?-
- Quando ti ho chiamato, hai detto di non poter venire. Era per la ferita?-
Ci pensò a lungo prima di rispondere. Attesi che quei interminabili istanti passassero, sempre più dubbiosa della veridicità della sua risposta ogni secondo che trascorreva.
- Avevo da fare-
Sbottò solamente.
- Mi hai lasciato quel biglietto nel cuore della notte-
Obiettai.
- Dicendo che avrei potuto chiamarti in ogni momento se fossi stata nei guai e, quando lo faccio, tu ti rifiuti perché stai facendo altro?!-
- Avevo…moltissimo da fare-
Rispose solamente, stringendosi istintivamente la ferita.
- E poi che diamine di numero era? E da quando i demoni hanno il telefono?!-
- Non era un vero numero di telefono-
Spiegò il ragazzo.
- Era un incantesimo, qualcosa che noi usiamo con gli umani da secoli. Avresti potuto comporlo da ogni apparecchio telefonico, io avrei risposto direttamente col pensiero-
- Mi stai prendendo in giro-
Contestai, incredula delle sue parole.
- E’ la verità. La mia gente usava spesso questo incantesimo prima delle guerre, per non perdere i contatti con alcuni umani-
Non avevo prove che stesse mentendo. Credetti a quella stramba storia, certa che avrei fatto delle ricerche a riguardo non appena ne avessi avuto la possibilità.
- E cosa stavi facendo?-
Incalzai.
- Qualsiasi cosa fosse, era più importante della mia vita!-
- Sarei corso subito, se avessi potuto-
Affermò la creatura, tornando a toccarsi il fianco. Qualsiasi cosa stesse facendo doveva essere correlata alla riapertura della ferita.
- Perché non la curi con la magia?-
Chiesi incuriosita, cambiando domanda.
- Non posso, è magia bianca ed io non possono curare la magia bianca. Per di più mi è stata inferta da un angelo, è la più letale per un demone-
Annuì, ricordando i miei studi autodidattici. Io appartenevo alla magia bianca ma non conoscevo nessun incantesimo curativo, come al solito ero impotente.
- Come hai fatto ad arrivare così velocemente?-
Domandai, decisa a non dargli tregua fino a che non avesse fugato tutti i miei dubbi.
Era ferito e vulnerabile, non aveva scampo.
- Sei stato troppo veloce, anche per un demone. Eri al villaggio? Mi tenevi sotto controllo?-
- N-No-
Balbettò.
- Veramente ero a casa…-
La mia mente divagò su una possibile immagine di casa ma rinsavì subito.
- Eri nel Regno dei Demoni? A cinque mila chilometri di distanza?!-
Il ragazzo sorrise, protendendo una mano verso di me. Titubante gli porsi la mano destra, osservandolo intento a mostrarmi il marchio che mi aveva impresso.
- Anche questo è un incantesimo-
Spiegò.
- Con questo posso sempre sapere dove sei, trovarti e raggiungerti in un baleno. E’ un incantesimo di giunzione-
Ritrassi la mano, stringendomi il polso. Aveva senso. Tutto finalmente prendeva senso innanzi a quei due punti, uniti circolarmente da due linee.
- Ecco perché riuscivi sempre a trovarmi-
Sussurrai sbigottita.
- Perché non me lo hai detto subito?-
- Basta con tutte queste domande Victoria, ti prego-
Tacqui, osservando il suo volto realmente sofferente. Avrei voluto chiedergli ancora così tanto, ad esempio come sapeva il mio nome.
- Posso fartene un’altra?-
- L’ultima-
Decretò il demone. Deglutì, scegliendo accuratamente la mia ultima domanda.
- Come ti chiami?-
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: Kirara_Kiwisa