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Autore: Black_Sky    14/06/2013    0 recensioni
Football Frontier: la Zeus viene sconfitta dalla Raimon che si aggiudica il titolo di squadra più forte del Giappone.
Reiji Kageyama viene arrestato.
Afuro e la sua squadra tornano agli spogliatoi sconfitti.
Ad aspettarli però ci saranno verità sconvolgenti e tenute nascoste per troppo tempo, lasciate a soffrire in luoghi bui e senza anima.
Questa storia parla della crudeltà di Reiji Kageyama e del cambiamento.
Parla anche di bontà e di amore, di amicizia e lealtà.
Perchè per esistere il bene ha bisogno del male come il giorno ha bisogno della notte o la luce del buio.
***
Questa è la mia primissima ff.
Volevo scriverla da molto tempo ma per motivi vari l'ho potuta pubblicare solo ora.
Non so quanto possa essere lunga, ma spero di avervi incuriosito,
bacioni
Kira
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Caleb/Akio, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Futuro

AFURO POV

Non è possibile, se ne è andata.

La bellissima ragazza albina è scappata.

Non la rivedrò più e non avrò più le mie spiegazioni.

Corro. Corro come non ho mai corso in vita mia.

Torno a casa.

E dopo tanto tempo piango.

Piango fino a non avere più neanche la forza per continuare.

Il mio è un pianto liberatorio.

Gli Alieni, la bimba morta nelle cantine della Zeus, la ragazza che in questo ultimo periodo mi ha tenuto sveglio la notte, con i suoi occhi di ghiaccio e i capelli color latte.

Troppa tensione, troppi pensieri.

Devo distrarmi.

Digito in fretta il numero di mia madre che in questo momento non c’è.

Non risponde.

Bene.

Vuol dire che partirò senza dirle nulla.

Forse è meglio così.

Prendo il borsone da calcio e comincio ad infilarci dentro cose come vestiti, libri e due bottiglie d’acqua.

Poi mi cambio e mi metto dei vestiti puliti: un paio di jeans chiari e una T-shirt blu scuro.

Prendo la borsa e scendo velocemente le scale.

Mi fermo in cucina e prendo uno di quei post it che la mamma usa per segnare la lista della spesa e ci scarabocchio sopra, con la mia scrittura illeggibile: “Mamma, me ne vado. Non arrabbiarti, sarò al sicuro. Tornerò il prima possibile. Ti voglio tanto bene, salutami papà. Ciao.”

Prendo la giacca, m’infilo le scarpe e mi metto a correre.

Corro dritto.

Poi svolto prima a destra e poi due volte a sinistra, corro dritto e svolto nuovamente.

Corro, svolto e corro di nuovo.

Continuo così per un bel po’ di tempo.

Ormai non so neanche più dove sono.

Il cielo è buio.

Smetto di correre e trovo un bar.

Ci entro e prendo qualcosa da bere con dei soldi presi da casa.

Una coca cola e un panino.

Il locale è praticamente vuoto quando esco.

Non so cosa fare, perché me ne sono andato? E ora dove vado?

La periferia è buia.

Le strade sono piene di drogati, prostitute e senza tetto.

Mando un messaggio a mia madre con scritto che sto bene e di non chiamarmi, che l’avrei chiamata io appena fosse possibile.

È l’una ed io continuo a camminare.

Non so dove andare.

Curvo per un’altra volta.

Ormai sono stanchissimo.

Poi svolto un altro angolo.

Non faccio in tempo a rendermi conto di quello che sta accadendo, sento improvvisamente un colpo fortissimo che spezza il silenzio della notte.

Un rombo fortissimo.

Dei ragazzi più o meno della mia età, uno a terra e uno lì vicino, tenuto fermo da un uomo che sembra un gigante pelato.

Mi avvicino lentamente, cercando di non farmi scoprire dall’uomo preso in una fitta conversazione violenta con il ragazzo.

<< Dimmelo, ragazzo. Dov’è? Dove siete?>> gli urla in faccia.

Il ragazzo nonostante sia sbattuto da tutte le parti rimane in silenzio.

Intanto io mi avvicino lentamente al ragazzo steso per terra.

Ha i capelli di un blu intenso, legati in una lunga coda. Gli occhi sono chiusi e ha una smorfia di dolore dipinta sul viso pallido.

La camicia bianca è sporca di terra e sangue.

Appena me ne accorgo caccio un urlo.

L’uomo si accorge di me, lascia andare il ragazzo e mi prende per le braccia.

Divincolandomi cado.

Pesto la testa e sento qualcosa di caldo bagnarmi le tempie.

Poi diventa tutto sbiadito, l’uomo corre via e poi qualcuno spegne la luce.

 

 

ARIANNE POV

Sono ormai passate quasi cinque ore da quando abbiamo lasciato l’ex riformatorio.

Finalmente, dopo una lunga salita raggiungiamo la nostra meta: la vecchia villa della signora  Bianchi, la sua vecchia residenza estiva.

Scendo dal veicolo e entro.

Aspetto che tutti siano scesi dal pullmino e che mi raggiungano.

Sil è l’ultima come al solito, cammina a passo lento e molleggiato, come a suo solito.

Da quando sono spariti Miku, Andrew e Mirko tutti sono spaventati, tristi.

Ognuno di noi ha un solo borsone, con tutto quello che possedeva al riformatorio.

Ci dividiamo le stanze ed io finisco in camera con Sil, fortunatamente.

La nostra camera è l’attico, così saliamo tre rampe di scale e apriamo la porta della nostra  nuova stanza.

È ampia e impolverata, con le pareti ricoperte con della carta da parati rossa con dei disegni a volute dorate. I mobili sono antichi e scuri e l’unica finestra faceva entrare quegli ultimi raggi di luce del sole al tramonto.

Non ci sono letti, solo una culla da bambina e una moltitudine di cianfrusaglie varie.

Probabilmente la soffitta era usata come ripostiglio.

<< Dobbiamo cominciare a darci da fare >> mi dice Silver ad un certo punto.

<< Sì, hai ragione, ma muoviamoci perché sono stanchissima >> rispondo io prendendo uno scatolone tutto legato con il nastro adesivo.

Ridendo e scherzando, dopo quasi tre ore, riusciamo a mettere tutto in ordine.

È tardi ormai e quando abbiamo finalmente finito, ci buttiamo per terra, Silver sul tappeto persiano ed io sul futon  che abbiamo trovato tra le varie scatole ammassate qui.

<< Hai mai pensato a cosa avresti fatto se fossimo ragazze normali? Se non fossimo qui? >> chiedo io ad un tratto, poco dopo aver spento la candela che illuminava la stanza.

<< Non so, a me piaceva cantare, suonare… se non fossi così mi sarebbe piaciuto andare ogni tanto in spiaggia, in un qualche bowling magari con i miei compagni di scuola. Avere una famiglia… >>

Mi risponde, inaspettatamente.

Famiglia, una cosa viva nei ricordi di tutti quelli come me e così lontano, nel futuro così incerto.

Rimaniamo un po’ in silenzio e poi finalmente, mi addormento.

  
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