Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: PerseoeAndromeda    23/06/2013    3 recensioni
Fanfic scritta nel 2011 per il compleanno di Touma e della mia amica Sakura. Seiji non vorrebbe che Touma si sentisse solo e ha un desiderio: colmare quella solitudine che il ragazzo di Osaka si porta dentro. Ma non è un'impresa facile...
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cye Mouri, Rowen Hashiba, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Colmare la tua solitudine -

 


 

A ciascuno e’ affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell’altro.

Anonimo

 

 

 

Lo so che è triste, anche se tenta di minimizzare ogni volta che la sua sofferenza si rende più acuta. Quanto a lungo vorrà sfuggirmi in questo momento per lui così difficile? Quanto vorrà negarsi a me e al conforto che potrei dargli, con quella sua inguaribile testardaggine? E perché poi? Non ce lo siamo già detti, non ce lo siamo ormai confessati da un pezzo che io senza di lui sono nulla e che lui senza di me...

Senza di me cosa?

Perché non lo nota quel cocciuto di Touma, come mi riduce, come per lui, anche io, a volte, fatichi a fugare tutta l'insicurezza dal mio cuore?

“Sopravvivi senza di me?” Si ritrovano a sussurrare le mie labbra. “Ti sono indispensabile, amore mio... come tu lo sei a me?”

Lo vedo finalmente, immobile, in piedi sul prato, il naso levato al cielo a contemplare le nubi... o la fuga libera degli uccelli verso l'infinito, scorgo l'alzarsi lento e leggero del suo braccio ed assisto al miracolo: dall'alto un colombo dal candore immacolato scende a posarsi sulla sua mano tesa, con la fiducia di chi sa di potergli affidare la propria vita... come noi... ma Touma non se ne rende mai realmente conto del bisogno che abbiamo di lui, quanto fondamentale sia per noi la sua presenza. Lui minimizza, con una scrollata di spalle, per non permetterci di capire quanto si senta insicuro e solo a volte... come adesso.

E non si rende conto quanto ormai siano chiari per tutti noi questi suoi momenti, quanto non vogliamo in alcun modo saperlo solo e glielo grideremmo, con tutto l'impeto del nostro amore:

Nessuno di noi ti lascerà solo, stupido, piccolo panda, la solitudine non dovrai temerla mai più!”

Arrivo alle sue spalle, così vicino che il colombo vola via spaventato, ma lui sembra non accorgersi di nulla, rimane con la schiena rigida a guardare il cielo, a perdere in esso i suoi occhi che, lo so, anche se non posso vederli da questa posizione, ne riflettono il colore.

Non può non aver percepito una presenza alle sue spalle, lo sta facendo apposta, come suo solito; sorrido, allargo le braccia e lo avvolgo, attirandolo contro di me; si irrigidisce per qualche istante ma so che è questione di poco.

“Tou-chan...”

Basta infatti il mio sussurro e lui si scioglie, con un sospiro, si abbandona quasi del tutto, getta indietro la testa e appoggia la nuca sulle mie spalle, prendendo tra le proprie dita le mie mani intrecciate sul suo addome.

“Va tutto bene, Seiji...”.

“Certo... se senti il bisogno di dirmelo, significa che non è vero...”.

“Seiji... dai...”.

La sua voce è ridotta a un mugolio basso basso, un piccolo ringhio dettato dalla timidezza.

“Ma perché ci provi sempre?”

Non posso fare a meno di chiederglielo, perché nonostante lo conosca troppo bene mi genera rabbia questo suo atteggiamento... rabbia perché non mi permette di restargli accanto e coccolarlo come vorrei in questi suoi crolli emotivi.

“A fare cosa?”.

“Lo sai bene Tou-chan! Quando fai così mi escludi! Ci escludi tutti!”.

Si irrigidisce, poi si agita un po' nella mia stretta:

“Non dire così, non è vero...”.

Si blocca... so che si sta mordendo le labbra, sente il bisogno di specificare:

“Non è... la mia intenzione... comunque...”.

“Non metterti sulla difensiva... non sono arrabbiato...”.

Sbuffa, si divincola, poi si volta verso di me.

“Lo sono io... con me stesso!”.

Fa qualche passo indietro, ma non gli consento di allontanarsi troppo, resto aggrappato testardamente ad una delle sue mani.

“Altra cosa che non devi fare...”.

“Sono stato un cafone!”.

Si sta infervorando, la sua voce sale pericolosamente e io alzo gli occhi al cielo, perché quando parte con questo tono significa che sta per dare il via ad una sfuriata senza fine... contro la sua persona in questo caso.

“Me ne sono andato... dalla festa che voi avete organizzato per me... così... senza quasi una parola! E...”.

Mi affretto a posargli una mano sulle labbra e lui scosta il viso, poi lo abbassa, sbuffa ancora:

“E' che... a volte... non resisto... quando le attenzioni sono così su di me... mi imbarazzo... non so come prenderle, mi...”.

“Tou-chan... lo so... lo sappiamo tutti... nessuno si è offeso...”.

“Non vuol dire che non ho gradito...” borbotta imbronciato, gli occhi a terra.

“E sappiamo anche questo... dire qualcosa di più utile?”.

Sfila la mano dalla mia e si copre il viso.

“Ad esempio?”.

“Ad esempio qual è realmente il problema...”.

La mano scivola in basso, l'ennesimo sbuffo e il suo viso si solleva, gli occhi si puntano di nuovo al cielo, in un atteggiamento che è di evidente esasperazione; e non lo capisce, non lo vuole capire, perché nonostante tutto, nonostante il tempo trascorso, le dimostrazioni continue... non riesce mai a crederci fino in fondo... a quanto lui sia importante... quanto lo sia davvero.

Mi avvicino, le mie mani trovano le sue guance, lo fisso e voglio che nel mio sguardo legga comprensione e dolcezza... ma io temo sempre di non riuscire ad ammorbidirlo abbastanza con questi miei occhi abituati a fare soprattutto paura, pur desiderando il contrario.

“Io non voglio irritarti, Tou-chan, non voglio opprimerti!”.

Questa volta sostiene il mio sguardo, ma il suo si fa lucido, il blu delle sue iridi si accende di un liquido tremolio.

“Non mi irriti... e non mi opprimi... come potresti?”.

“E allora non sfuggirmi! Permettimi di...”.

Non riesco a terminare la frase, perché l'impeto di tenerezza che mi assale è troppo violento e mi spinge ad afferrarlo con una foga che coglie alla sprovvista me e che, forse, terrorizza lui; l'istante successivo lo stringo contro di me, affondando il viso tra la sua guancia e il collo. e il tono della mia voce è soffocato da quel contatto, ed è incerto... perché commosso.

“Tu... non lo riesci a capire, vero? Non ti rendi conto di come io mi senta... quando non mi permetti di colmare questi tuoi momenti... quando non mi permetti... di non farti sentire solo...”.

“Se... Seiji...”.

Mi calmo, di sicuro non ha bisogno del mio nervosismo, ma solo della mia presenza, anche se si sforza di non volerla... sì, si sforza, lo conosco troppo bene ormai. Allento un po' la stretta, ma lascio che in un soffio la mia dichiarazione gli sfiori l'orecchio:

“Ti amo...”.

Spero lo sappia... ma sentirselo dire... sentirlo dire da me poi, che così difficilmente riesco a esprimere parole d'affetto, figurarsi parole così importanti...

Ma con il tempo il mio cuore ha acquisito sincerità, anche nei confronti di me stesso, e dirlo è bello, il suono di queste parole è bello, forse come nessun altro per me in questo momento.

Il suo tremito improvviso si trasmette alle mie membra e istintivamente lo stringo ancora di più, in uno spontaneo tentativo di trasmettergli sicurezza: si stupisce ancora così tanto a sentirselo dire. Né lui né io eravamo abituati a manifestazioni d'affetto, io a causa di una famiglia numerosa e presente ma rigida nel suo legame con la tradizione... lui per via di un padre e di una madre decisamente originali ma... quasi del tutto assenti. E scoprire che ci si può donare affetto reciproco così, con un abbraccio, con parole dolci... e con tutto il corpo e l'anima... è stata una sorpresa per entrambi. Posso dire che siamo cresciuti insieme in questo, nel nostro regalarci, passo dopo passo, l'un l'altro e nell'assaporare, grazie anche ai nostri nakama, il significato dell'autentico calore familiare.

Eppure lui non lascia cadere del tutto i suoi blocchi, lui ha paura... forse di chiedere troppo e di non meritare abbastanza.

“Sì Touma, ti amo e... il mio cuore si spezza quando sento che ti manca l'affetto”.

Un altro brivido lo scuote, poi finalmente le sento, le sue braccia che salgono e che mi circondano ricambiando il mio abbraccio: sento il suo sospiro mentre poggia la fronte sulla mia spalla, poi vengo raggiunto dalle sue parole:

“Non mi manca Seiji... io lo so che non mi manca...”.

Rialza il viso, si scosta un poco per ricercare i miei occhi.

“Lo sento il vostro affetto... il tuo... ma...”.

Si blocca ancora; lui così intelligente, così abile con le parole, quando si tratta di analizzare il campo dei sentimenti si trasforma nella persona più confusa del mondo. Scuote il capo, ringhiando tra sé:

“Oh, nulla... è che sono sostanzialmente un contorto inguaribile!”.

Non riesco a trattenere un sorriso.

“Da quando sono arrivato non fai che dirmi cose che già so”.

“Seiji” piagnucola e quando fa così è proprio come un bambino, ottiene unicamente di farmi sorridere di più e di suscitare in me il desiderio irrefrenabile di abbracciarlo ancora più forte, di tenerlo ancor più accanto a me, quasi avessi paura di lasciarlo andare... paura per lui... perché non sopporto che si scontri ancora con il dolore.

E' stato il destino di tutti noi, probabilmente con il dolore dovremo fare i conti ancora e ancora... eppure non ne posso fare a meno, è irrazionale ma voglio proteggerlo, benché io stesso non sappia bene da cosa.

E' il motivo per cui mi tendo nuovamente verso di lui e, sempre sulla difensiva, arretra, fino ad appoggiarsi con la schiena ad un albero; sento che il suo muro sta per crollare, glielo leggo negli occhi che fanno di tutto per sfuggire ai miei, per nascondere quel che fa sempre più fatica a nascondere.

“C'è dell'altro... vero Tou-chan?”.

“Non hanno chiamato, nessuno dei due...”.

Butta fuori tutto d'un fiato, lo sguardo sollevato alla chioma del ciliegio che si estende sopra di lui, ma io so che non sta osservando realmente nulla... se non il vuoto che in questo momento ha dentro. Mi mordo le labbra, dandomi mentalmente dell'idiota; come ho fatto a non capirlo, a non arrivarci? Non ci sarebbe stato neanche il bisogno di pressarlo e di metterlo al muro se fossi stato più perspicace.

Faccio un passo verso di lui, tendo una mano a sfiorargli una guancia.

“Tou-chan...”.

Si scosta con una tale foga da sbattere la nuca contro il tronco e sul suo viso si dipinge una smorfia di dolore.

“Sono uno scemo” sussurra, “che spettacolo pietoso, vero?”.

Chiudo un attimo gli occhi, mi impongo autocontrollo perché quando è così mi sconfigge davvero, quando in quei suoi specchi di cielo leggo tutto questo smarrimento, il desiderio di comprensione ed il rifiuto di chiederla, l'atteggiamento dell'animale selvatico che vorrebbe abbandonarsi alla carezza ma non riesce del tutto a mettere a tacere la propria innata diffidenza... mi fanno male quegli occhi e li amo, vorrei solo baciarli e cancellare tutte le delusioni e le vane attese che ha dovuto sopportare da quando è nato.... a causa di due genitori sconsiderati che giungono persino a dimenticare una semplice telefonata per dirgli solo questo: “Buon compleanno, ti vogliamo bene...”.

E' chiedere troppo?

In questo momento sento di odiarli, anche se so che lui li ama nonostante tutto e so che persino arriva a comprenderli e a giustificarli a costo di mettersi nel torto lui stesso: ma è logico che a tratti il suo muro di ragazzo maturo e responsabile crolli... in giorni come questo soprattutto. Tutti desideriamo l'attenzione dei nostri familiari, anche le persone adulte la desiderano e Touma è solo un ragazzo che attende un augurio di compleanno dai propri genitori... il minimo indispensabile per sentirsi un poco considerati.

Potrei illuderlo, dicendogli che la giornata non è ancora finita, che la sera è ancora lontana, ma la verità è che non ho affatto fiducia in loro e non ho nessuna intenzione di vederlo struggersi in una vana attesa, aggiungendo un torto da parte mia a quelli che già gli sono stati fatti. Ma che altro posso...

Il mio corpo risponde al posto della voce, mi avvicino di più, ignoro il suo ritrarsi, il suo non volermi mostrare quanto realmente soffre e riesco così a catturare le sue labbra, facendolo mugolare di sorpresa ma, forse, non solo, forse così cederà alle mie attenzioni. Perché io non gliene negherò nessuna, di tutte quelle che potrò dargli.

Mi stacco un attimo per scrutare la sua reazione e lui non si trattiene più, tira su col naso, proprio come un bimbo che tenta invano di resistere all'arrivo dell'inevitabile crisi di pianto, poi si aggrappa a me e questa volta è lui a chiedermi il bacio, a implorarlo.

Nel giro di pochi istanti ci ritroviamo a terra, lui la schiena contro l'albero, io ad assaggiare ogni parte di lui mettendo a nudo i frammenti della sua pelle invitante. Quando si tratta di lui, davvero, non mi riconosco più, perdo il mio proverbiale autocontrollo, mi trasformo in un assetato, un affamato che desidera nutrirsi solo di Touma, della sua inconsapevole tenerezza, del suo bisogno di me, come io ne ho di lui, di tutto ciò che rappresenta per me: la liberazione da tutte le mie inibizioni.

Siamo puro istinto adesso, ignari di essere all'aria aperta, ignari o forse del tutto disinteressati al fatto che uno dei nostri nakama potrebbe uscire da quella casa per venirci a cercare e trovarci così, allacciati, intenti a spogliarci a vicenda, in mezzo ad un prato, sotto ad un albero di ciliegio.

Ed ecco, a concretizzare i miei pensieri, un'acuta vocina, tanto tenera ma giunta alle nostre orecchie in un momento completamente sbagliato:

“TOU-CHAAAN!!!”.

Sussulto, mi rialzo in fretta, tento di rimettermi in ordine meglio che posso, mentre Touma resta un poco stranito, i suoi movimenti sono come rallentati e non riesce a riprendersi del tutto prima della comparsa di Shin al nostro cospetto. Credo che il nostro Suiko si renda conto di avere interrotto qualcosa: è ingenuo, ma non fino a questo punto, anche perché non riesco a domare del tutto l'occhiataccia che gli rivolgo. Ma le sue attenzioni sono soprattutto per Touma, incapace di ricambiare il suo sguardo, rosso in viso come se le sue guance avessero preso fuoco; alcune volte mi stupisco come riesca a diventare più timido di me, lui che è l'arguzia fatta persona.

Shin tira fuori il più monello dei suoi sorrisi, quello che sa intridere di una malizia tale da rivaleggiare con la faccia da schiaffi di Touma.

“Ops... mi spiace avervi disturbato ma... è importante”.

E intanto ridacchia, in questo momento è decisamente lui la faccia da schiaffi e gli schiaffi glieli darei davvero, eppure riesce a rendersi disarmante persino con quell'espressione dispettosa. E sa sempre come farsi perdonare, questa volta con le parole che ha da dirci; nell'ascoltarle il volto di Touma si rialza, sembra come illuminato da un raggio di sole e anche il mio cuore non può che sentirsi più leggero-

“Due persone ti vogliono al telefono Touma... hanno anche detto di attendere un loro arrivo entro stasera. Si sono incontrati per l'occasione e credo vogliano portarti un regalo”.

Shin non lo sa, ma in questo momento vorrei saltargli al collo per abbracciarlo e probabilmente anche Touma, ma cerca di nascondere, senza riuscirci, la palese confusione dietro un pugnetto chiuso nel quale soffoca un colpo di tosse; quella lacrima che scende lungo la sua guancia non può proprio evitarla e io non resisto alla tentazione di allungare una mano a raccoglierla.

“Ecco la conferma che sono un idiota...” borbotta e di nuovo tira su col naso.

Gli poso un bacio sulla guancia:

“Lo sei se continui a denigrarti... corri a casa adesso...”.

Non si fa pregare, anche perché è evidente che non vede l'ora di celare ai nostri sguardi il suo scombussolamento interiore. Io e Shin restiamo ad osservare per qualche istante, in silenzio, la sagoma che si allontana, poi Shin si volta verso di me.

“Davvero... ti chiedo scusa Seiji, ma...”.

“Sei giunto come un prezioso messaggero invece...”.

Abbassa lo sguardo e il suo sorriso, da monello, si fa umile e dolce, ma quando risolleva il viso mi mostra di nuovo la versione faccia-da-schiaffi.

“Be', vorrà dire che ti rifarai stanotte”.

Non mi lascia neanche il tempo di razionalizzare sul significato della sua battuta che è già corso via, dopo avermi assordato con la sua esplosione di risate. Sbuffo e mi porto una mano alla fronte, sollevo il ciuffo scoprendo entrambi gli occhi, li alzo al cielo, per godermi fino in fondo il suo splendore e il volo di un colombo dal piumaggio candido che si staglia, per qualche istante, nell'azzurro.

 

 

   
 
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