Vendette e priorità
Alberto Maione aveva trascorso i mesi dalla morte del padre e del fratello in una calma assoluta meditando vendetta. La famiglia come prevedibile l’aveva praticamente estromesso da tutti gli affari del padre e lui non si era opposto al passaggio, consapevole che del resto ogni sua opposizione non avrebbe prodotto alcun risultato. L’unica cosa che gli era stato permesso di tenere era la piccola villa alla periferia di Berlino, era stata la prima casa della famiglia Maione in Germania, subito dopo la caduta del muro, e non era, vista l‘ubicazione, molto utile agli affari della famiglia. Ora Alberto viveva con il piccolo appannaggio che gli passava la famiglia, elargizione del nuovo capo per rispetto dei tempi passati, e del suo lavoro come avvocato. Ma lui si nutriva di odio e desiderio di vendetta, i soldi ed il potere erano relativi per lui
Don Francesco Chillemi era stato il braccio destro di Alfonso Maione per vent’anni. Era arrivato dalla Sicilia con Alfonso e l’aveva seguito, fedele e silenzioso, per tutti gli anni della sua avventura tedesca. Alfonso era stata la mente e Francesco il braccio, consapevole di non poter rivestire posizioni più elevate di quella che gli era stata riconosciuta, visto che la successione a capo famiglia spettava a Franco. Ma la morte di Franco e del Don aveva cambiato radicalmente le carte in tavola. La cupola aveva deciso che era lui ora il capo famiglia, Alberto era considerato un damerino poco adatto al ruolo da rivestire. E Francesco silenzioso e fedele aveva obbedito, assumendo un ruolo che in realtà non aveva mai voluto ma che avrebbe comunque rivestito con il massimo impegno.
Alberto era stato convocato dal nuovo Don circa quattro mesi dopo la morte dei familiari. Francesco era stato l’unico della famiglia a presentarsi ai funerali, a titolo personale aveva tenuto a precisare, ed era stato il suo padrino di battesimo, Alberto lo chiamava ancora “zio”
Ora era alla sua presenza in quello che una volta era stato lo studio di suo padre.
“Accomodati Alberto” gli fece Don Francesco amichevole mostrandogli la sedia di fronte alla grande scrivania. Quante volte Alberto era stato in quella stanza? Quante volte aveva giocato con il fratello e la sorella a nascondino dietro le grandi tende o sotto la scrivania? Ed ora in quella casa non c’era più nulla di suo…
“Buongiorno zio Francesco” salutò Alberto “ Come stai ragazzo?” gli chiese il Don “ Saltiamo i convenevoli zio, tanto sappiamo che non mi hai fatto venire qui per informarti della mia salute” gli fece di rimando Alberto con molta calma. “ Come vuoi… Alberto tu sai quanto ero affezionato a tuo padre vero?” Alberto annuì “Bene nessuno più di me può capire il tuo dolore per quello che è successo a tuo padre e a Franco, ma..” “ Ma?” chiese Alberto già sapendo dove stava andando a parare il discorso. “ Ma tu sai che la famiglia ed i suoi affari sono molto più importanti, sono al di sopra di tutto” “Questo lo so bene, zio” rispose ossequioso Alberto “ Bene allora capirai che quello che stai facendo, quello che stai progettando non è nell’interesse della famiglia… il poliziotto non si tocca” Ad Alberto salì il sangue alla testa “ Quel poliziotto è la causa della morte di mio padre e di mio fratello, di mio padre il tuo migliore amico… come puoi chiedermi di rinunciare alla vendetta??” “Tuo padre e tuo fratello sono morti perché sono stati commessi errori molto gravi. E sai bene che quegli errori ci sono già costati milioni di euro in affari mancati, posto che gli sbirri ci stanno con il fiato sul collo da mesi. Se succede qualcosa a Jager avremmo l’intera polizia di Colonia, se non della intera Germania, alle costole ed i nostri affari si bloccherebbero per chissà quanto altro tempo. Questo non sarebbe un bene” la voce di Francesco era calmissima. “E quindi lui deve farla franca così?” urlò Alberto “ Alberto, Alberto, lo sai quanto ti sono affezionato… ti ho tenuto fra le mie braccia davanti al prete che ti battezzava, ma se insisti con questa tua… fissazione neppure io ti potrò aiutare. Gli affari della famiglia prima di tutto. Verrà il tempo per ogni cosa, bisogna avere pazienza” Alberto lo guardò diritto negli occhi e capì che non gli conveniva andare allo scontro diretto “E va bene zio lascerò stare, non coinvolgerò la famiglia e non le darò problemi, te lo assicuro”
Uscendo dalla villa Alberto non si guardò mai indietro “ Bene- pensò- la famiglia ne vuole stare fuori? Farò tutto da solo, ma nulla e nessuno mi potrà impedire di avere la mia vendetta”
Semir e Ben stavano percorrendo l’autostrada ascoltando un cd con il nuovo brano, appena inciso, della band.
“Allora… ieri sera non ti sei fatto sentire … come è andata con i suoceri?” Semir era tremendamente curioso a volte “ Beh… che ti devo dire il padre di Anna mi ha sottoposto ad una specie di terzo grado, ma fortunatamente dopo ci siamo intesi, non è male, un po’ rigido, ma non è per niente male” “E la madre?” chiese Semir con fare ammiccante “La madre è simpatica, molto simpatica…. ha cercato di darci consigli sulla nostra vita sessuale” sorrise Ben “ Cosa???” Semir era sconvolto, e dire che se intendeva di suocere impiccione.. “Lascia perdere, non ha importanza… tanto io sposo Anna mica sua madre” “Seee, si dice sempre così, socio sta a sentire me che sono più vecchio e ho esperienza, te la troverai anche sotto il letto se non metti subito in chiaro le regole…” “ Ma se abitano a Berlino…” “Non importa dove abita, fosse pure in Papuasia troverà il modo di impicciarsi” “Ok allora metterò in chiaro le regole” “Se ci riesci…” rispose Semir sorridendo e pregustando la sua vendetta per tutte le volte che Ben l’aveva preso in giro sulla suocera.
La solita perlustrazione era passata tranquilla, ma tornando al distretto Semir e Ben ebbero una amara sorpresa. Sulle loro scrivanie giacevano pile e pile di fascicoli “Ma che sono …” fece Semir appena li vede “Sorpresa!!” gli rispose Susanne “ Dalla settimana prossima inizia l’ispezione amministrativa e quelli, miei cari, sono tutti i fascicoli in cui mancano i vostri rapporti. La Kruger li vuole completi per lunedì mattina sulla sua scrivania” “Ma oggi è venerdì… avevamo il week-end libero” obiettò sconvolto Ben. “Beh chi è causa del suo male… potevate scriverli in tempo; comunque potete anche portare il lavoro a casa” rispose sadica la segretaria.
Ben parcheggiò la Mercedes di fronte casa e aprì il portabagagli strapieno dei faldoni contenenti i fascicoli per i rapporti. I suoi erano esattamente il triplo rispetto a quelli di Semir. Si prefigurava un week-end di lavoro e se c’era una cosa che Ben odiava era scrivere rapporti. “Chissà se Anna mi dà una mano” pensò Ben
Anna aveva il cuore tenero e dopo iniziali resistenze si piegò ad aiutare Ben, anche se pretese un prezzo molto alto, ovvero il film strappalacrime che Ben per circa due mesi si era rifiutato di portarla a vedere.
I due ragazzi trascorsero così il week-end più noioso da quando stavano insieme e la sera della domenica restavano solo due rapporti da completare, ma Ben si addormentò sulle carte ben prima che arrivasse la mezzanotte.
Nessuno si accorse nella oscurità dell’uomo vestito di nero che armeggiava sotto la macchina di Ben, ancora parcheggiata di fronte alla casa.