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Autore: Buggyjo    25/06/2013    45 recensioni
' Ed è brutto pensare a due linee parallele che viaggiano vicine senza mai incontrarsi, ma se ci pensate, è più brutto pensare a due linee incidenti che s'incontrano una volta per poi non incontrarsi mai più. '
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una mia nuova storia. Non posso crederci. hahahaahahah Okay, avverto da subito che pubblicherò una volta la settimana, probabilmente sempre di martedì ho un motivo validissimo :) 
Comunque non credo sia un gran che.. ma.. spero che almeno vi terrà abbastanza compagnia.. Spero in vostre recensioni.. mi fate morire.. xx Sam 

Charlotte POV:
 
Non ce la facevo più ad alzarmi ogni santissimo giorno della mia benedettissima vita alle sei del mattino per andare all'università.
Non che non amassi andarci e studiare, ma mi scocciava andare così presto perdendo del vitale sonno che poteva sicuramente beneficiare al mio stato mentale e fisico.
Mi alzai svogliatamente dal mio letto scuro, con il piumino viola, e le lenzuola dello stesso colore ma più scuro, lasciandolo in disordine come il resto della mia stanza.
Non ero mai stata ordinata in tutta la mia vita, nemmeno quando mia madre veniva sopra e mi obbligava.
Ora non lo faceva più certo ma gli dava comunque un leggero fastidio pensare che comunque una stanza della sua amabile casa fosse in perenne disordine, anche se, quando avevo rischiato di andarmene all'altro mondo aveva detto solennemente che se fosse accaduto non avrebbe mai cambiato niente in quella stanza.
Si dice che la propria casa, la propria camera da letto, i nostri proprio spazi, rispecchino molto la nostra anima.
E si poteva quindi ben capire che la mia era un'anima in perenne caoticità, in perenne disordine e squilibrio, anche se alla fine in se stessa si comprendeva e diventava monotona.
In fondo io, in quella stanza, nonostante fosse in perenne disordine, vi trovavo sempre ciò che cercavo.
Lo stesso accadeva con la mia testa.
Cominciai a spogliarmi dirigendomi verso il bagno che avevo nella stanza e lasciando la porta aperta aprii l'acqua bollente per immegermici e lasciare che lo sporco che si insidiava ogni notte sul mio corpo attraverso i ricordi sparisse di nuovo, per farlo addormentare e dargli tregua finché non avessi nuovamente chiuso gli occhi.
Lasciai che la testa si chinasse all'indietro come se l'acqua dolcemente l'accarezzasse, senza farle del male.
Stavo così bene ma si sa che la pace non dura mai abbastanza.
"Sbrigati altrimenti dovrai andare a piedi a scuola Lot.."
Sbuffai trascinandomi fuori dalla mia adorata doccia dalle pareti in vetro rosa, e asciugandomi con il mio adorato accappatoio color perla asciugandomi attentamente ogni lembo di pelle possibile del mio corpo.
"Spiegami una cosa.. " 
Mi voltai con un sopracciglio alzato verso quel figo di mio fratello che mi osservava assorto dalla testa ai piedi.
"Dimmi Haz."
Salì di nuovo il mio corpo nudo fino a soffermarsi su i miei capelli bagnati sorridendo e avvicinandosi per prendere la spazzola e pettinarli mentre io con estrema lentezza infilavo l'intimo e un paio di shorts mentre aspettavo la fatidica domanda di mio fratello.
"Perché sei sempre così... Pensierosa.. E' passato già del tempo.."
Guardai gli occhi di mio fratello, identici ai miei, riflessi nello specchio di fronte a noi.
"Sto bene Harry. Ormai sono questa, non posso cambiare più.."
Prese a ribattere con voce leggermente insicura di chi non sa se parlare ed esprimersi:" Si ma.. " 
Non potevo sopportare oltre.
Ma non biasimavo mio fratello, non poteva capire, anche se tentava disperatamente di comprendermi.
"Niente ma Harry. Faremo tardi.."
Aspettai poco per far legare con un elastico verde i miei capelli in una treccia da Harry, voltatami guardai i suoi occhi implorare quasi di farmi tornare la ragazzina di 17 anni che lui stesso aveva conosciuto, ma non ci riuscivo.. O forse non ci provavo abbastanza.
"Ho solo bisogno di una pausa Harry.. Ti amo.."
Quelle paroline magiche le avrei dette solamente a lui oramai, non avrei mai più amato, me lo sentivo.
Sentivo che il mio cuore non sarebbe più stato in grado di andare avanti in alcun modo.
Gli schioccai un bacio sulla fronte e mi finii di infilare la maglia verde mela, e le scarpe nere, infilai la tracolla sulla spalla, infilai i tre elastici per capelli viola, blu e marrone al polso destro e il bracciale con i pendoli verdi a sinistra pensando a quanto la mia mamma lo aveva pagato per regalarmela quando avevo preso il diploma ai miei 17 anni.
Scesi velocemente le scale e preso Harry per mano e una merendina mi catapultai fuori di casa per godermi il bellissimo tempo grigio di Londra stranamente assolato e limpido. 
 
"Torni da sola?"
Annuii velocemente alle sue parole lasciandogli un bacio sulla guancia e scesi velocemente dalla macchina dirigendomi verso l'istituto e dove Stella mi aspettava felicemente, ben ristrutturato, ben curato, e sempre pieno di gente già dalle 7.30 del mattino.
Io amavo la mattina più di ogni altra cosa al mondo, mi faceva sentire fresca, pulita, tranquilla, senza troppi problemi e pensieri, leggera e attiva.
Presi a leggere di nuovo gli appunti presi il giorno prima.
"Scappo che ho biologia e quella mi si sbrana viva!"
Le schioccai un bacio annuendo e dirigendomi verso la mia classe non notando come ormai da tempo facevo i volti che vi erano dentro.
Entrai e mi sedetti al primo posto libero che trovai con le cuffie nelle orecchie al massimo e senza preoccuparmi del mondo che mi circondava.
La musica per me era così, mi estraniava dal mondo facendomi cadere in una bolla personale e che nessuno, e ribadisco nessuno, poteva disturbare.
Nemmeno il mio Harry.
Ma qualcosa quella mattina aveva deciso che non sarebbe stata poi tanto tranquilla e in pace.
"Potresti abbassare il volume per favore?"
Guardai con aria scocciata e alzando un sopracciglio il ragazzo vicino a cui mi ero seduta che mi guardava quasi con aria indagatrice, cercando di comprendere se la mia faccia fosse irritante o divertente.
Mi sembrava un viso conosciuto ma perlustrando ogni angolo della mia testa non riuscii a ricordare di averlo mai visto o conosciuto.
Mi voltai e ripresi a fare ciò che prima stavo facendo, sentendo lui sbuffare e agitarsi come un bambino sulla sua sedia. 
"Okay ragazzi, pronti?" disse il docente entrando in aula con aria disinvolta e poggiando i libri sulla cattedra lucida.
Mi sfilai le cuffiette dopo gentile invito del professore e le riposi nella borsa che era al mio fianco e mi fermai sul viso irritato e spazientito della perfezione del ragazzo che era al mio fianco, sorridendogli e beandomi della bellezza che emanava anche accigliato e irritato, pronto ad esplodere, ma con un autocontrollo decisamente resistente, come il mio.
Mi voltai e cominciai ad estraniarmi dal mondo e concentrandomi solamente sulla figura del professore che era intento a spiegare le funzioni della psiche umana.
Tendenzialmente egoisti diceva.
Pensiamo solamente al nostro piacere, alla nostra vita, alla nostra felicità.
"Credete che ci possa essere un modo per essere meno egoisti?" chiese dopo aver introdotto la lezione.
Stavo per rispondere.
Anzi risposi ma in contemporanea sentii una voce melodiosa che si mise alla pari della mia con calma e sicurezza.
"No."
"L'amore." sentii al mio fianco.
Sbarrai gli occhi soffermandomi divertita sul biondo al mio fianco che mi guardava rattristato, triste, come se avesse pena di me.
"Cosa?"
"L'amore Horan?"
Si voltò verso di me e fissò le sue iridi blu nelle mie verdi e infuocate di rabbia, solo per il fatto che tutto quello che aveva detto e stava per dire erano tutte enormi e abominevoli stronzate.
" L'amore, signore, credo ti porti a mettere te stesso dopo la persona che ami. Sei disposto a tutto per lei, quasi da non sentire più il bisogno di fare qualcosa per noi stessi se non avere la sua felicità. "
Io avevo già sentito quelle parole, non così ma le sentii.
Non mi capacitavo di come si fosse espresso. 
Parlava con disinvoltura e con convinzione, come se sapesse che fosse realmente come lui diceva, quasi ci stavo per credere, ma l'amore era solo una balla. 
Era tutta un'enorme stronzata, di quelle epiche, perché si sa 'l'amore ti fotte'
"Lei perché no signorina Styles.. ?"
Mi voltai verso il professore lasciando che i miei occhi lasciassero il profilo di Horan soffermandosi su quello del professore.
Ci riflettei qualche momento prima di aprire bocca:" Niente può cambiare l'animo cattivo e perennemente egoista dell'essere umano signore. Soprattutto non un sentimento astratto e flebile come l'amore di Horan. Un sentimento che ti incatena e ti uccide, lentamente .. e basta. "
Mentre parlavo mi voltai verso il ragazzo accanto a me che mi osservava con sfida e concentrazione, senza lasciare i miei occhi. 
La campanella suonò e mi diressi velocemente vicino al mio armadietto e mentre lo aprivo sentii due grandi, calde, mani poggiarsi su i miei fianchi da dietro, e un respiro caldo e calmo sulla mia guancia, per poi sentire due labbra sfiorare leggermente il mio orecchio destro e sussurrare parole che forse i suoi occhi prima non mi avevano trasmesso.
"Ti farò cambiare idea signorina Styles.. Si fidi di me." 
Mi voltai e mi sorrise per poi voltarsi e allontanarsi dalla mia vista in mezzo alla ressa di gente che stava camminando velocemente verso le diverse aule, lasciandomi li a cercare di respingere la sorpresa, l'irritazione, la rabbia, la vergogna dentro di me provocata da uno sconosciuto.
Peccato solamente che il giorno dopo l'università sarà finita per le vacanze invernali Horan.
 
 
Guardavo i pullman passare, uno dietro l’altro, ma nessuno con la direzione che mi occorreva: casa mia.
Era stata una giornata veramente pessima, quel tipo mi aveva fatta innervosire nemmeno come mio fratello Harry riusciva a fare.
Mi aveva fatta sentire terribilmente piccola ed insignificante davanti alle sue parole 'Ti farò cambiare idea signorina Styles.. Si fidi di me.'
Fidarmi di uno sconosciuto.
Okay diciamo che forse è retorico.
Odiavo aspettare l'autobus e pensare contemporaneamente, inoltre quella era una giornata ancora peggiore di quello che sembrava perché avevo sbadatamente perso le mie adorate cuffiette che avevo accuratamente riposto nella mia adorabile borsa.
Oltre ad aggrovigliarsi da sole ora, scappavano anche.
"Maledette.." dissi in un impeto di rabbia.
"Cosa?" 
Una risata giunse veloce alle mie orecchie mentre un ragazzo aveva chiesto divertito spiegazioni sulla mia affermazione.
"Alle volte parlo da sola," mi giustificai. "stavo pensando alle mie cuffiette, andate perdute tra l'altro." 
Mi voltai verso il ragazzo seduto accanto a me, sulla panchina della fermata dei pullman mentre mi sorrideva timido e mi guardava ancora con aria divertita.
"Si sono maledette."
Rise di nuovo per tornare a guardare davanti a se mentre aspettava anche lui il mezzo.
A quella fermata non venivano in molti, solo chi doveva recarsi da quella parte di Londra dove si trovava anche la mia umile dimora.
Curiosa azzardai:"Sei nuovo. Abiti vicino a Welton street vero?"
Annuì velocemente guardandomi perplesso ma con una strana aria contenta.
"Si mi sono trasferito pochi giorni fa. Piacere... Zayn Malik.."
Era sicuramente un bellissimo ragazzo, uno dei pochi bei ragazzi mai visti in tutta la mia vita, dopo, anche se mi costa ammetterlo, Niall Horan.
"Piacere, Charlie."
Dissi porgendo lui la mano scostandola quasi immediatamente sentendo l'arrivo del fatidico pullman.
Salii sedendomi accanto al ragazzo.
Era bello sicuro.
Alto, moro, ben piazzato, dalla pelle ambrata e gli occhi dannatamente profondi, e insicuri anche se mi aveva rivolto la parola con sicurezza. 
Parlava poco, mi lasciava tranquilla ai miei pensieri focalizzati sul nulla. 
Mi piaceva salire sul bus e perdermi a guardare il paesaggio londinese fuori dal finestrino, assaporando la dolce monotonia della mia vita che quel giorno sembrava aver avuto una scossa.
Ma solo quel giorno.
O almeno lo speravo. 
 
Niall POV:
 
Era diventata bellissima, una delle donne più belle mai viste.
Dire che la volevo era dir poco.
Solo i suoi occhi mi avevano come stregato, ancora, come attivato un senso di possessività, una possessività che non avevo mai sentito tanto forte dentro il mio corpo, le sua mani graziose e aggraziate che maneggiavano le sue cuffiette nella sua borsa accanto alla mia sedia, come sempre aveva fatto, e poi il suo corpo, così snello, slanciato, proporzionato, i capelli castani portati su una spalla in una treccia scompigliata ma dannatamente tenera. 
Non mi sentivo così attratto da una donna da tempo, nemmeno con Amy.
Amy cazzo.
Presi velocemente il cellulare dalla tasca e feci alla stessa velocità il numero di Amy.
Aspettai poco quando rispose.
"Non posso più venire con te a scegliere il vestito per la festa di tua madre, quella che c'è la prossima settimana.. Va bene? Scusami."
Rispose senza drammi alcuni, sembrava impegnata in altro:"Okay.. non preoccuparti amore mio. Ciao."
Sbuffai attaccando il cellulare e riponendolo nuovamente nella tasca e alzandomi dalla sedia dove ero ancora seduto e schiacciando delicatamente, per fortuna, un paio di cuffiette.
Le cuffiette della cara dolce Charlotte Anne Styles.
Le presi immediatamente e le infilai in tasca per riportargliele appena avessi capito dove abitasse ora.
Ci viveva con quelle cuffiette, seguiva quasi ogni mio corso, ma non mi aveva mai guardato, parlato, insultato, odiato o quello che vi pare.
Mi era decisamente indifferente, o non ricordava nemmeno della mia stupida esistenza a questo stupido mondo.
Presi la tracolla verde e la misi in spalla camminando velocemente verso la mia cara e amabile range rover nera.
Era stato l'acquisto migliore fatto in tutta la mia vita, la amavo.
Salii e misi in modo la macchina diretto al campo per gli allenamenti di quel pomeriggio vicino a Mil Street in quei quartieri dove preferiresti solamente essere invisibile per la gentaccia che vi gira.
Tutta quella zona di Londra era decisamente orribile, anche se qualcuno vi viveva, di normale intendo.
Non capisco come possano volere una cosa del genere, vivere in quartieri poveri e malfamati come quelli è decisamente farsi del male da soli sicuramente.
Svoltai a sinistra e vidi una ragazza, abbastanza famigliare ai miei occhi camminare con le braccia strette al petto e la borsa a tracolla sul ciglio della strada mentre parlava animatamente con un ragazzo nemmeno lontanamente mai visto, ma solo quando la sorpassai e guardai nello specchietto retrovisore notai i suoi grandi occhi verdi, per poi vederla sparire dentro un abitazione blu dopo aver salutato il ragazzo.
Scossi la testa e guardando l'orario accelerai decisamente per arrivare puntuale al campo.
Entrai nello spogliatoio quando non c'era più nessuno e mi cambiai per poi uscire scontrandomi con qualcuno.
Quando alzai lo sguardo, senza fermarmi notai che era lo stesso ragazzo che fino a poco prima era con Charlotte.
"Guarda dove cammini."
Annuì imbarazzato per poi iniziare a spogliarsi velocemente.
Non sapevo nemmeno perché lo avevo trattato in quel modo, non era colpa di nessuno dei due se ci eravamo scontrati, anzi era più colpa mia che correvo. 
Scesi in campo e cominciai a fare qualche palleggio quando il mister ci richiamò tutti all'attenti.
"Ragazzi.. Questo è un vostro nuovo compagno di squadra, viene da Manchester, l'hanno mandato perché era al di sopra della sua vecchia squadra. Ora.. Allenatevi."
Qualcosa dentro mi irritava particolarmente.
Anzi era lui che mi irritava dal profondo particolarmente, lui e il suo viso serio e rilassato mentre i ragazzi lo salutavano e si presentavano stringendo lui la mano e cominciando a dividersi per l'allenamento.
Lo guardai e mi avvicinai velocemente a lui e alla sua stazza, identica alla mia.
"Horan. Piacere. Vedi di non intralciarmi o avrai vita dura." 
Mi guardò accigliato e confuso.
Nemmeno io sapevo di cosa parlavo ma era decisamente poco importante.
 
Casa dolce casa.
La casa è una di quelle cose che, brutte o belle che siano, ti da sempre un certo sollievo all'anima.
Sapere di avere una casa è avere la sicurezza che la sera hai un posto dove tornare, dove sentirti a posto, al sicuro.
La luce era accesa?
La visione che mi si presentò davanti non era delle migliori.
Troppo ricorrenti direi.
"Cosa ci fai qui a quest'ora piccola Kim?" 
Si strofinò i grandi occhi blu, identici ai miei, per poi alzarsi e correre tra le mie braccia facendosi prendere velocemente in braccio mentre le accarezzavo i lunghi capelli scuri.
"La mamma mia ha portata qui dicendo di aspettarti." 
Lizzie
Aveva ripreso quello squallido lavoro a Pyper Street con Linda, lo sapevo, ma io non potevo dargli più di quello che le davo, cominciavo ad aver problemi anche io, e per quanto volessi il bene della bambina non riuscivo a darle di più. 
Scossi leggermente la testa togliendomi i jeans tenendo ancora la piccola in braccio e poi sdraiandomi con lei in mezzo al letto.
"E' andata a lavoro?"
Annuii velocemente lasciando che delle lacrime scendessero sprezzanti sul mio volto mentre asciugavo delicatamente quelle che stavano rigando il volto della mia piccola e dolce Kim.
Avrei voluto evitare a Lizzie quel modo di vivere, quella delusione in se stessa, quella vita orribile e persa, persa per fare ciò che nella vita più le aveva fatto schifo da sempre.
"Tranquilla. La mamma torna presto. Adesso ci sono io qui.."dissi.
Volevo solamente che dormisse e si tranquillizzasse, davvero, volevo che come una semplice bambina dormisse e sognasse elefanti tutti rossa, laghetti, fatine o quello che le ragazzine di cinque anni sognano, e in parte, la sua infelicità era dovuta a me che non le davo abbastanza.
"Mi canti la canzoncina.. ?" disse lei accucciandosi dolcemente a me.
Presi un po' di fiato e iniziai sorridendo appena pensando ai mille ricordi legati a quella semplice melodia.
Ricordi che avrei voluto rivivere davvero.
E non solo quando calava la sera.
".. Naso di legno, cuore di stagno, burattino.. Quando diventerai, bimbo come me.."
Iniziai a canticchiare dolcemente e sottovoce nelle sue piccole e bianche orecchie la sua canzoncina preferita per farla addormentare tra le mie braccia mentre le lacrime scendevano ancora sul mio viso per lei, per quella canzone, per quella vita.
Perché era più forte di me.
Perché il pensiero che lei a cinque anni soffriva talmente tanto mi faceva star peggio e non riuscivo a calmare quelle stupide lacrime.
Lacrime che per un uomo nemmeno dovevano esistere ma che di più non dovevano esistere sul faccino spensierato di quella dolce bambina.
Nessuna bambina meritava tutto ciò. 
 
   
 
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