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Autore: mizuki95    25/06/2013    1 recensioni
[Uno shinigami in infermeria\\\\Hokenshitsu no shinigami]
[FujixAshitaba]
Fuji sta schiacciando il suo solito riposino nell'infermeria temporaneamente deserta, quando qualcuno entrerà nella stanza...
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi qua con questa stupenda coppia! Vado di fretta, per cui vi dico solo che spero vi piaccia la storia e la coppia, molto bella ma purtroppo sottovalutata nel fandom (anzi, in quello italiano è proprio inesistente), e possibilmente di recensire per farmi sapere che ne pensate! La fan fiction è ispirata ad una fan art trovata su Pixiv, che invito a visitare a tutti i fans della FujiAshi! E' una coppia stupenda, merita di avere un suo fandom anche qui da noi! Per gli occhioni di Ashitaba (?)! 

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Era un giorno come tanti altri, e Fuji trascorreva l’ora di arte a schiacciare un pisolino in infermeria. Il professor Hades aveva lasciato temporaneamente incustodita l’infermeria per cercare la professoressa Mitogawa, e ciò poteva solo render lieto il biondo, poiché era stato sottratto alle affettuose quanto fastidiose cure del professore.

Dopo un lasso di tempo incalcolabile, le orecchie allenate ad avvertire il più piccolo rumore a causa della casa in cui viveva, udirono il rumore della porta che veniva aperta e un leggerissimo rumore di passi, che subito il ragazzo capì non appartenere al professore. Chi poteva essere entrato nella temutissima (per via della faccia del professor Hades) infermeria, per giunta in orario di lezione?

L’interrogativo non lo interessò più di tanto, per cui riprese il sonno che aveva interrotto. Un sonno che non durò molto, giacché le orecchie tornarono vigili e attente appena avvertirono il rumore delle tendine disposte intorno al “suo” letto spostarsi, e una voce a lui conosciuta dire «Oh… scusami se ti ho svegliato, sai per caso dov’è il professor Hades?».

Il biondo lentamente si volto verso l’altro e scosse la testa per dirgli che non lo sapeva. Ashitaba fece un passo indietro, e salutandolo con la mano sinistra si scusò nuovamente per il disturbo. Era sul punto di andarsene, quando fu afferrato per il polso sinistro dalla mano destra di Fuji che, mentre si metteva a sedere, domandò con voce impastata dal sonno «Che hai fatto alla mano?».

Infatti il moro aveva l’estremità della mano molto arrossata e con qualche piccola goccia di sangue «Non è nulla, sono solo scivolato… tornerò in ricreaz–» ma s’interruppe emettendo un piccolo gemito di dolore e sorpresa quando Fuji avvicinò la mano del ragazzo al proprio viso e iniziò a leccare la parte arrossata. Con le guance arrossate dall’imbarazzo, il moro tentò di ritrarre la mano ma senza alcun risultato, poiché il biondo lo teneva saldamente fermo per il polso nonostante fosse ancora mezzo addormentato.

Era solamente un graffio di poco conto, eppure il tocco delicato della lingua dell’altro lo emozionava e gli provocava delle strane sensazioni allo stomaco, una specie di formicolio. Ashitaba, incapacitato di liberarsi dalla presa dell’amico, si coprì la bocca con la mano libera per evitare di farsi sfuggire altri gemiti imbarazzanti.

La situazione venne interrotta dal rumore della porta che venne aperta e ciò svegliò completamente il biondo, che si rese conto di quello che stava facendo e imbarazzatissimo esclamò, indicando un punto imprecisato della stanza «Vai, il professore dev’essere tornato!».

Ashitaba si allontanò velocemente, con le gote arrossate e mille interrogativi per la mente: perché Fuji gli aveva leccato la piccola ferita? Che gliela stesse disinfettando con la saliva? Ma che senso aveva, visto che erano in infermeria e dunque circondati da disinfettanti di ogni tipo? E soprattutto, perché non riusciva a calmarsi neanche alla vista del professore (che effettivamente era rientrato nell’infermeria)?

Mentre l’uomo si affannava a trovare un’aspirina per lo studente, credendolo influenzato per via delle viso arrossato, Ashitaba era colto da questi e altri dubbi, tra cui uno che lo tormentava particolarmente: perché, stranezza del fatto accaduto a parte, sentiva il cuore battere velocemente come mai prima d’allora?

In mezzo a questo disordinato mucchio di domande e a risposte improvvisate e improbabili, c’era una cosa che il moro non sapeva, ovvero che non era l’unico ad essere tormentato da tutti quegli interrogativi: in quella stessa stanza, a pochi metri di distanza, su un lettino d’infermeria Fuji, il ragazzo più ammirato dalle ragazze e invidiato dai ragazzi dell’istituto, si poneva le sue stesse identiche domande.

E mentre quest’ultimo rifletteva sul proprio gesto, gli sorse spontaneo un pensiero “assurdo” per i suoi canoni, ossia che avesse istintivamente leccato la piccola ferita della mano dell’amico per impedire che si infettasse, per impedire che la ferita gli potesse procurare dolore. Era una risposta molto semplice, ma servì per rallentare il battito accelerato del suo cuore, che si calmò completamente solo quando pensò al viso sereno del moro una volta che il graffio fosse stato medicato.

Fu con quest’immagine nel cuore che riuscì a tornare al suo riposino, mentre un sentimento sconosciuto stava lentamente sbocciando nel suo cuore. Perché la preoccupazione che lo aveva indotto a disinfettare in maniera “primitiva” il graffio di Ashitaba in stato di semi-coscienza non era quella che avrebbe riservato a qualche altro suo amico.

Era una preoccupazione densa di altri sentimenti, che il ragazzo avrebbe compreso solo crescendo e stando al fianco dell’amico che col tempo sarebbe stato sempre meno un semplice amico ma sempre di più qualcos’altro a lui ancora sconosciuto.
 
                                                                                                            THE END
  
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