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Autore: Prodigy_usa    30/06/2013    0 recensioni
L'amore di Squall e Rinoa rimarrà congelato per sempre, o potrà sopravvivere al lungo e freddo inverno? Songfiction sulla canzone Winter di Joshua Radin.
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'autrice: songfiction per la challenge Where I Belong di Ashbear.

Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

WINTER
scritta da Prodigy, tradotta da Alessia Heartilly

La mattina dopo

Il primo morso a una pesca succosa...

L'adrenalina dopo un buon allenamento...

Il profumo della pioggia...

Poche cose gli avevano portato piacere in diciannove anni; per un giovane uomo che spesso si sentiva in colpa nel provare piacere per qualcosa. Essere infelice spesso era più gratificante, perché spesso avveniva in solitudine. La solitudine era pacifica, anche se era solitaria.

Poteva gestirla. Era sua, e sua soltanto.

Godersi la compagnia degli altri non gli portava alcun tipo di soddisfazione durevole. Non tanto perché non gli piaceva stare con gli altri, ma soprattutto perché passava tutto il tempo a pensare a come si sarebbe sentito se l'avesse perso... quel senso di conforto e sicurezza. Come era successo con Ellione e la Madre, e in un certo senso, persino con sua madre e suo padre.

Ma ora le cose erano diverse. Come una colorata varietà di pittura gettata contro una tela altrimenti opaca e monocroma. Cominciava a trovare scintille di divertimento in cose in cui non le aveva mai trovate prima, come ascoltare Zell in estasi dopo che Irvine aveva mancato un colpo, o anche solo vedere la tranquillità dei corridoi del Garden di Balamb.

Era bello che finalmente gli importasse, anche se gli sembrava un po' strano.

Ci si era abituato, ma c'era una cosa a cui aveva problemi ad adattarsi. Squall aveva combattuto le avversità e affrontato sfide inimmaginabili nella sua vita, che fosse la sua rivalità con Seifer, combattere una guerra all'apparenza persa in partenza con scarsissime probabilità, o anche solo le battaglie silenziose che si agitavano in lui; nulla era paragonabile a questo.

La sfida? Addormentarsi.

Il nemico? Rinoa Heartilly.

Che stronza.

Aveva distrutto da sola tutto: il suo guscio solitario di esistenza. Il suo comportamento freddo e introverso. La sua propensione a tenere tutti alla larga. La sua zona di sicurezza.

La odiava.

La odiava per essersi fatta amare da lui.

La pioggia era caduta contro la finestra mezza aperta sopra il suo letto per tutta la notte. Il suono, insieme alle onde dell'oceano su cui viaggiava il Garden di Balamb, normalmente bastava a rilassarlo del tutto e farlo addormentare. E nonostante i dolori, insieme alla stanchezza che l'ultimo anno circa gli aveva portato, non riusciva a dormire. Ogni volta che chiudeva gli occhi, aveva paura.

Paura che se avesse chiuso gli occhi lei non ci sarebbe stata quando li avrebbe riaperti.

Quindi era rimasto lì... tutta la notte... a guardarla. Si sentiva come lo stupido sdolcinato di un film da femmine che si struggeva pateticamente per una ragazza per due ore. Solo che nel caso di Squall erano tipo sei ore, ventidue minuti e trentotto... trentanove... quaranta secondi.

Patetico.

Gli bruciavano gli occhi per la stanchezza, ma si rinfrescavano e consolavano ogni volta che la guardava. Un po' come quando cadeva da piccolo e si graffiava il ginocchio, e la Madre ci soffiava sopra per farlo stare meglio. Non solo sentiva nuove ondate di piacere, ma lo aiutavano anche a ricordare quelle vecchie.

All'improvviso lei aprì gli occhi, come aveva fatto altre volte nel corso della notte, ma Squall di solito era veloce a chiudere i suoi, anche solo per non spaventarla. Non che potesse farlo, ma secondo Squall, se una era imbarazzante per lui, probabilmente lo era per chiunque altro.

Stavolta, comunque, non lo fece. Iniziava a sorgere il sole, e sprazzi di luce filtravano dalle tende.

"Hey, tu," sorrise Rinoa, e si allungò a posargli una mano liscia sul gomito nudo. "Come hai dormito?"

"Benissimo," mentì Squall. Rinoa vide il rossore dei suoi occhi e sentì la fatica nella sua voce.

"Perché ho la sensazione che tu non sia del tutto sincero con me?" scherzò a metà, ma lui non rispose. Continuò semplicemente a guardarla, e per un attimo lei ricambiò.

"E adesso?" domandò lei, strofinandogli il braccio e avvicinandosi. I nasi e le fronti si toccavano, adesso, e Squall sorrise.

"Adesso che non ci sono streghe che cercano di comprimere il tempo e cancellare la nostra esistenza?" Squall fece una rara battuta, che illuminò il viso di Rinoa.

"Sì... quel tipo di ADESSO," rise con voce leggera. Squall guardò per un attimo il soffitto, riflettendo sulla domanda.

"Colazione?" chiese, guardandola con occhi stanchi.

"Mi sembra un buon inizio," sussurrò lei con un piccolo sorriso che lui ricambiò in fretta.

"Bene," disse lui, e poi all'improvviso si voltò, tirandosi le coperte sulla testa, e le disse, "fammi sapere quando è pronto," da sotto le coperte, facendola tirare su a sedere in fretta, con occhi e bocca spalancati per le risate.

"Scemo!" sbottò, colpendolo sotto le coperte con un pugno. Squall tirò su la testa.

"Ho appena salvato il mondo," disse guardandola, "tu che hai fatto ultimamente?" scherzò, e di nuovo si infilò sotto le morbide coperte verdi. Rinoa scoppiò a ridere e gli saltò sopra, e i loro corpi caddero dall'altra parte del letto insieme alle coperte.

Erano più felici di quanto potessero ricordare di essere mai stati.

*~*~*~*~*

I, should know, who I am by now,

I, walk, the record stands somehow,

Thinkin' of winter.

*~*~*~*~*

Quindici mesi dopo...

"Signorina Heartilly," disse una voce. Lei era seduta a un tavolo elegante, e fissava con occhi vacui la fiamma guizzante di una candela mentre aspettava. Alzò gli occhi e vide un sorridente cameriere biondo, e gli sorrise.

"C'è una chiamata per lei all'ingresso," disse lui, e lei annuì. Si alzò e lo seguì, girando intorno ai tavoli, guardando numerose coppie felici parlare e ridere, e questa era una cosa che lei non provava da parecchi mesi.

"Pronto," disse, sapendo benissimo chi era.

"Rin, sono io," rispose la voce dall'altro capo del telefono.

DING DING DING! Chissà cosa vinco... pensò sardonicamente.

"Hey, dove sei?" chiese. Non importava dove fosse, perché sapeva per quale motivo la stava chiamando. Non era la prima volta.

"Ascolta..."

Dai, Squall, almeno trova un'altra parola per cominciare...

"Quistis mi ha appena chiamato, e ci sono dei problemi ad Esthar, e..." spiegò lui, ma Rinoa riuscì a terminare al posto suo, sapendo tutto benissimo.

"Fammi indovinare..." disse, alzando gli occhi al cielo, "non potevano trovare nessun altro a parte Squall Leonhart?"

Una pausa imbarazzante... stava diventando un suono familiare nella loro relazione.

"Scusa," disse lui, e sembrava sincero, ma il luccichio della sua sincerità cominciare a perdere di smalto, "mi farò perdonare," terminò lui, e lei sospirò.

Era stufa di sentire le stesse vecchie risposte preconfezionate.

"Lo hai detto le ultime tre volte, Squall", lo informò lei, e sembrava annoiata e irritata.

Un'altra pausa imbarazzante... può essere imbarazzante quando ti ci sei abituata?

"Lo prometto," terminò lui, ma lei riagganciò ancora prima che finisse, lasciandolo con il suono romantico della linea telefonica interrotta.

Le sue promesse semplicemente non avevano più lo stesso significato...

*~*~*~*~*

Your name is the splinter inside me...

While I wait...

*~*~*~*~*

Due mesi dopo...

Fece scivolare la chiave magnetica nel lettore, e la porta si aprì. Barcollò nella stanza con la sua pesante borsa da viaggio nera, e la lasciò cadere dalla spalla sul pavimento con un forte rumore. Era partito con i vestiti per cinque giorni, ma era tornato con tre settimane di bagaglio; soprattutto documenti e mal di testa. Stava supervisionando il progetto di costruzione di un nuovo Garden a Esthar, ma il nastro giallo che delimitava la zona gli si stava attorcigliando al collo e lo strangolava.

All'improvviso, mentre sbadigliava, una piccola luce si accese in cucina. Guardando dentro vide Rinoa con una camicia da notte di seta bianca e una fantasia a fiori. Aveva le braccia incrociate, la testa bassa ed era appoggiata al bancone.

"Che ci fai ancora in piedi?" le domandò esausto, guardando l'orologio che segnava le quattro e tre minuti del mattino.

Nessuna risposta.

Si avvicinò, e quando la lampada da notte illuminò il viso di lei, vide il luccichio di quella luce lungo il corso delle sue lacrime. Fece velocemente un passo avanti.

"Rin, cosa c'è?" le domandò. La preoccupazione era reale, ma troppo in ritardo.

"Mio padre," disse lei con voce strozzata, e prima che terminasse, Squall seppe cosa stava per dire. "Lui... uhm... ha avuto un infarto, e..."

Il Colonnello si era ritirato poco dopo la guerra contro Artemisia per problemi cardiaci. Le sue condizioni si erano solo aggravate, e Rinoa aveva persino detto a Squall, prima che partisse, che la salute di suo padre stava peggiorando. Sarebbe corso a casa se l'avesse saputo, ma lei non glielo aveva mai detto.

"Rinoa..." disse Squall facendosi serio, e cominciò ad aprire le braccia, avvicinandosi a lei.

"Non farlo, Squall." Lei alzò le braccia e gli girò intorno, sistemandosi i capelli dietro l'orecchio. "Sono turbata per mio padre... ma non è per questo che piango, adesso," gli disse, e si voltò, con la rabbia e il risentimento mischiati al dolore e all'angoscia che le scendevano dagli occhi, lacrima dopo lacrima.

"Allora per cosa?" le chiese lui comprensivo, ma confuso.

Nemmeno lei riusciva a credere a quanto lui fosse ottuso.

"Perché non eri qui," rispose lei calma tra le lacrime, anche se voleva scriverlo su una mazza da baseball e tirargliela in faccia.

Lo guardò, cercando di sembrare forte, ma riuscendoci miseramente.

"Non eri qui quando avevo bisogno di te... e non è mai successo prima," gli disse tra i singhiozzi. Le faceva male dirlo, e Squall odiava che lei si sentisse così, ma la vita dei SeeD era questa.

"Rin... mi dispiace, ma... ho altre priorità," le disse, e qui lei alzò di nuovo una mano, stanca delle stesse solite scuse.

"Ma è proprio questo, Squall," disse con la tristezza che faceva strada in fretta alla frustrazione. "Io dove sono su quella lista? Perché un anno fa non volevi togliermi gli occhi di dosso, e adesso..." disse, a voce sempre più alta ad ogni parola, finché si fermò, vedendo qualcosa nei suoi occhi.

Quel qualcosa... era il nulla.

Nulla nei suoi occhi che fosse riservato a lei, e solo a lei.

"Ora... sei solo un fantasma," disse, guardandolo dritto negli occhi, che prima si riempivano di passione per lei... per loro... ma che ora avevano solamente l'interesse che si avrebbe per il benessere di una persona a caso.

Ed era tutto quello che sentiva di essere nella sua vita, ormai... solo una persona a caso.

Squall ammise tra sé e sé che non c'era stato per lei quanto l'anno prima, e che si vedevano sempre meno, ma il fatto che la strega fosse morta non significava che sarebbero andati verso il tramonto, a cavallo, secondo un finale cretino da favola alla per sempre felici e contenti. Non esistevano, a prescindere da quanto Rinoa, o persino Squall, desiderasse che ci fossero.

"Non so cosa vuoi che dica, Rin," disse Squall scrollando le spalle, restando calmo ma sempre più evidentemente irritato, "sapevi in cosa ti saresti cacciata quando abbiamo cominciato questa cosa. Pensavi che avrei preso un semplice lavoro da ufficio... forse con il solito orario nove-cinque?" domandò, guardandola con occhi quasi severi.

Rinoa sbatté le palpebre ed emise un respiro quasi irritato. Lui non capiva; e iniziava a sembrare che non sarebbe mai successo. Non era solo che lui non c'era molto fisicamente, ma che persino ora sembrava che lui non ci fosse. I rimasugli sparsi dell'uomo di cui si era innamorata sparivano poco a poco con ogni missione che accettava, e venivano lentamente sostituiti da Squall Leonhart, Comandante del Garden di Balamb. Il SeeD dentro di lui era un eroe per il mondo, ma Rinoa lo vedeva anche come un assassino a sangue freddo, che falciava via la sua felicità con il suo gunblade blu luccicante.

Squall rilassò il viso e si passò una mano tra i capelli prima di tornare a guardarla. "Non sono fatto in quel modo... lo sai. Pensavo che fossi disposta ad accettare quel lato di me..." le disse, aspettandosi che lei capisse, ma tristemente la tolleranza di Rinoa era arrivata al suo limite.

"Sì, Squall," rispose lei tirando su con il naso e una sola lacrima. "Pensavo di esserlo anche io."

Squall corrugò la fronte, quasi senza parole. "Un attimo..." Pensò di aver frainteso, anche se nel profondo sapeva che non era così. "Che stai dicendo?" terminò, e Rinoa chinò la testa e cominciò a piangere ancora di più.

Squall alzò la testa, sentendosi come se la stanza si fosse svuotata dall'aria. Odiava vederla piangere, soprattutto quando era responsabile lui. Ancora peggio di questo era che, per quanto volesse combattere per quello che avevano e dirle tutto quello che provava davvero, le parole semplicemente non gli venivano. Il fatto era che il vecchio Squall Leonhart non era mai davvero scomparso. Una parte di lui era sempre rimasta, e con il tempo era tornata.

Il SeeD in lui era spietato, anche in modi che desiderava non essere, perché in un certo senso lei aveva ragione, lui STAVA uccidendo quello che avevano, perché Squall il SeeD e Squall l'innamorato non potevano davvero convivere, e lui se ne rendeva conto.

Per quanto in quel momento provasse a trovare lo Squall che era così profondamente innamorato di lei e portarlo in superficie, questo era troppo sotto le sabbie mobili al momento, e scendeva sempre più veloce.

Squall si voltò lentamente, andò alla porta e la aprì. Si guardò indietro un'ultima volta, e la vide piangere disperatamente con il viso nascosto tra le mani.

Quello che sentiva in quel momento, sapeva cosa significava...

...perché non sentiva niente, o almeno nulla che gli facesse venire voglia di restare a consolarla.

Era finita.

Lui lo sapeva.

Lei lo sapeva.

LORO lo sapevano.

*~*~*~*~*

The walk, has all, been cleared by now,

Your voice, is all I hear somehow,

Callin' out winter...

*~*~*~*~*

Cinque mesi dopo...

Si tenevano per mano, camminando lentamente sul marciapiede ghiacciato, ridendo e parlando di cose a caso. Le mani guantate di lui accarezzavano una mano nuda di lei, cercando di scaldarle le dita fredde nel gelo dell'inverno. Lui la ascoltava, le diceva cosa provava quando lei voleva saperlo(1), e poteva vedere un luccichio tutto per lei nel suoi occhi verdi, riservato a lei e lei soltanto. Era quello che aveva sempre voluto...

...ma tristemente, non da chi lo voleva.

"Mi sono divertita un sacco, Owin," disse felice Rinoa Heartilly, voltandosi verso il giovane uomo con capelli biondi di media lunghezza e ciocche che gli arrivavano appena sopra le sopracciglia. "Grazie mille," disse sorridendo radiosa, proprio quando arrivarono alla porta del suo lussuoso condominio. Lui le sorrise, e le accarezzò dolcemente il viso, guardandola negli occhi. Per un attimo lei si sentì in trance, sentendosi come se si stesse innamorando. Lui era una persona così affettuosa, e le era stato accanto nel bene e nel male dalla morte di suo padre. All'inizio era solo un amico, ma quando era tornata ad Emerald City (ex Deling City), aveva scoperto che lui era una fonte di consolazione che non si era mai aspettata.

Lui si chinò, soffi visibili d'aria nella notte fredda che uscivano dalle loro bocche, e le accarezzò dolcemente le labbra con le sue, prima di baciarla, teneramente e con affetto. Lei chiuse gli occhi, lasciando andare tutto, anche solo per qualche momento. Era esilarante, e non era più così felice da tempo, perché alla fine aveva trovato quello che stava cercando...

...ma di nuovo, non con la persona con cui lo voleva davvero.

Il giovane, che si chiamava Owin, si ritrasse lentamente ed entrambi aprirono gli occhi, e le sorrise. "Ti chiamo," le disse piano, e lei annuì, proprio mentre lui le baciava la guancia. "Buona notte..." disse lui infine e se ne andò lentamente, e le loro mani restarono unite fino all'ultimo momento possibile. Lui indietreggiò lentamente, con gli occhi fissi su di lei e un sorriso sul viso, simile a quello di lei. Alla fine lui si voltò e se ne andò nella notte.

Rinoa si voltò lentamente verso la porta ed entrò. Attraversò l'ingresso e prese l'ascensore per andare al trentaquattresimo piano, dove c'era il suo appartamento; entrò, chiuse subito la porta e poi ci si appoggiò contro, con un altro respiro profondo. Il suo appartamento era sfarzoso, ma piuttosto piccolo. Dopo tutti gli anni che aveva passato alla residenza di Cherry Mountain praticamente da sola mentre suo padre era in missione, odiava vivere da sola, ma era riuscita a trovare un posto carino e confortevole che si adattava alla perfezione ai suoi bisogni.

Si mosse lentamente, sentendo ancora il tenero bacio che aveva appena ricevuto che le formicolava sulle labbra, incapace di smettere di sorridere. Andò al tavolino da caffè in marmo e prese il telecomando per accendere la televisione, e questo diede un po' più luce alla stanza buia, e infine accese la lampada dorata accanto al divano. Si tolse il lungo cappotto nero e lo appese ordinatamente all'appendiabiti accanto all'ingresso, insieme ad altre giacche invernali. Poi andò alla cassettiera accanto alla porta e si sciolse la sciarpa bianca, e stava per buttarla dentro quando notò qualcosa.

Dentro il cassetto, vide una traccia di rosso in un mare di stoffe per lo più bianche e nere. Si allungò e tirò lentamente fuori la lunga stoffa colorata. Era una sciarpa... una sciarpa rossa... una brutta sciarpa rossa.... una brutta sciarpa rossa con due uomini di neve mal disegnati ricamati ad ognuno dei due capi. Era uno dei peggiori regali che avesse mai ricevuto. Era una robaccia, che provocava prurito e non si adattava assolutamente a nessuno dei suoi vestiti. Era un regalo che avrebbe potuto immaginare di ricevere a cinque anni da una zia lontana a cui piaceva pizzicarle continuamente le guance.

Ma l'aveva avuta solo un anno prima, e non da una zia.

Chiuse il cassetto e andò in cucina, diretta alla pattumiera, dove quella brutta sciarpa avrebbe trovato una casa definitiva e più adatta. Premette la leva con il piede e il coperchio si aprì, e quando stava per lasciarcela cadere dentro la sua mano rifiutò di lasciarla andare. Strinse forte la sciarpa rossa e le tremava la mano mentre cercava disperatamente di lasciarla cadere in pattumiera, ma nulla da fare. Rimase lì per tre minuti, cercando mentalmente di togliere le dita dall'indumento, ma queste non mollavano, nemmeno un po'.

Fece un respiro profondo e guardò di lato, e vide una luce rossa lampeggiante sulla segreteria telefonica, con il numero cinque lì accanto a mostrarle quanti messaggi aveva ricevuto. Si avvicinò, premette il pulsante play e iniziò ad ascoltare i messaggi, che non furono altro che rumore di sottofondo mentre guardava duramente l'orrenda sciarpa rossa di cui non riusciva a liberarsi.

Messaggio numero uno; Hey Rin, sono Vinessa, volevo solo chiederti se ti andava di...

"Sto gelando, Squall."

"Beh, è inverno, Rin. Forse dovresti investire in abiti più pesanti."

"Zitto, scemo! Dico sul serio!"

"Ok, ok... facciamo di tutto perché tu non sai come vestirti quando la temperatura va sotto zero."

"Ah ah... ti odio."

Rinoa fece un cerchietto con indice e pollice, e iniziò a farci passare il tessuto, da un capo all'altro. Odiava ancora la sensazione che dava; somigliava quasi al rumore delle unghie su una lavagna.

Perché non riesco a buttarla via?

Messaggio numero due: Signorina Heartilly, sono il dottor Shale, volevo solo confermare il nostro...

"Ok, signor Leonhart, ti piace la tua nuova sciarpa?"

"Il marrone davvero non è il mio colore. Perché non potevamo semplicemente comprarci da soli le sciarpe?"

"Che divertimento sarebbe? Ora, la mia dov'è?"

"Oh, giusto, hai freddo anche tu, eh? Ok... è qui da qual... ahhh... eccola!"

"Ch... che cos'è?"

"È una sciarpa. Non è la cosa più beeeeella che tu abbia mai visto?"

"È uno scherzo? Mi hai preso apposta la sciarpa più brutta della terra?"

"No... solo la più brutta del negozio."

"Ebbene, sai una cosa? TU metterai questa, e io metterò quella che ho comprato. Forse la prossima volta ci penserai due volte prima di rifarlo."

"Wow, sei davvero una ragazzina ricca e viziata, vero?"

"Sei proprio scemo."

Rinoa smise di camminare avanti e indietro dietro il divano, e si portò lentamente l'orrenda sciarpa al viso. Ricordava di avergliela avvolta al collo così stretta che lui si era strozzato un poco. Lui l'aveva tenuta tutta la sera, persino al ristorante e al club jazz dove erano andati. Quando la avvicinò al viso, si sentì cedere le ginocchia perché il profumo della sua colonia le accarezzò le narici e le fece chiudere gli occhi. Più la avvicinava più il profumo era forte, e i ricordi divennero più vividi mentre respirava profondamente il suo odore, e lo tenne addosso mentre cominciava il messaggio successivo...

Messaggio numero tre: siete stanchi dei televenditori irritanti che vi chiamano costantemente? Beh, vi serve...

"Wow... il jazz proprio non mi piace."

"Ti serve solo un po' di cultura. Qualcosa di diverso dagli spettacoli di gunblade e i seminari SeeD."

"È ridicolo, Rin... non esistono cose come 'spettacoli di gunblade'."

"Chissenefrega..."

"Oh, che carino..."

"Quindi, mi hai portato qui... da solo... in questo grande appartamento... sotto il vischio... cosa vuoi fare?"

"Beh. So dove vuoi arrivare... ma ho visto quanto pane all'aglio hai mangiato al ristorante, e..."

"Oh... questa me la pagherai proprio..."

"Ok, ma magari dopo che ti sei lavato i denti?"

"Basta! Questo che sapore aveva?!"

"Non so... dovrei riprovarci..."

"L'hai voluto tu..."

Cadde a terra, le ginocchia ormai troppo deboli per sostenerla. Cominciò a scendere una lacrima, poi un'altra, e poi sempre più veloci, giù dalle guance fino al mento, sui vestiti, mentre si spingeva sul pavimento fino ad arrivare con la schiena contro il divano. Si raggomitolò e si mise la testa sulle ginocchia, stringendo ancora con forza la sciarpa rossa. Boccheggiò e ansimò, piangendo come non ricordava di aver mai fatto.

Per quanto Rinoa volesse bene a Owin, pensare a lui e al loro bacio portava solo dolore, adesso, anche mentre ricordava quanto si era sentita bene quando era successo. Era come essere pugnalata, e ogni momento felice della serata che ricordava era come un coltello rigirato nella ferita.

Mi sbagliavo? È stata colpa mia? L'ho allontanato io? Ero così presa da lui che c'era per me che io non c'ero per lui...

Si era fatta queste domande in passato, e aveva pianto innumerevoli volte per lui negli ultimi cinque mesi, ma stavolta era diverso.

Prima di poter piangere ancora, il rumore di sottofondo della segreteria telefonica divenne l'unica cosa che riusciva a sentire, mentre un enorme masso stava per distruggere il mondo che conosceva...

Messaggio numero quattro: Rinoa... sono Quistis... forse vuoi tornare al Garden di Balamb... si tratta di Squall... non gli rimane molto tempo...

Il coltello era stato tolto, e ora veniva ficcato nel suo petto ancora e ancora.

Fissò semplicemente avanti con occhi vacui, spalancati, incapace di piangere ancora.

Era distrutta.

Completamente e interamente distrutta.

*~*~*~*~*

I could have lost myself,

In rough, blue waters in your eyes,

And I...miss you still...

*~*~*~*~*

Tre giorni dopo

Rinoa era seduta lì, come lo era stata per le ultime trentatré ore; aveva abbandonato il suo capezzale solo quando dovevano cambiarlo. I suoi occhi riflettevano onde verdi, e la luce del monitor cardiaco le si imprimeva a fuoco sulle retine. Aveva a malapena sbattuto le palpebre per tutto il tempo. Lo guardava soltanto, chiedendosi come avessero fatto a lasciare che quello che avevano scivolasse loro tra le dita. Aveva passato mesi a incolparlo, ma era arrivata a biasimare soltanto se stessa. Lui aveva bisogno di qualcuno che lo portasse dove si trovava prima, e lei sentiva di aver ceduto troppo facilmente. Lui era l'uomo che l'aveva salvata così tante volte senza esitazione, eppure lei aveva rinunciato a lui quasi immediatamente, pensava.

Non riusciva a perdonare se stessa.

Guardandolo steso lì, con tagli su tutto il viso e un buco proprio nel petto e in tutto il suo mondo, singhiozzò senza lacrime. Non ne aveva più nel suo corpo disidratato. Accanto a lei c'era un bicchiere d'acqua vuoto a metà, che le era stato dato il giorno prima, insieme a dei cracker di cui ne aveva mangiati solo due, e aveva sentito di volerli vomitare subito.

La dottoressa Kadowaki le aveva detto che non potevano più fare niente, ed era solo una questione di tempo, ma Rinoa si rifiutava di crederci. Persino quando Irvine, Selphie, Quistis, Cid, Edea, Ellione, Laguna e varie altre persone erano entrate e uscite per dire addio, lei non l'aveva fatto. Anche Zell, di solito assolutamente ottimista, aveva pianto disperato come se avesse saputo cosa stava per succedere, ma comunque Rinoa non voleva dire addio. Sapeva che poteva rimpiangerlo, ma dire addio significava rinunciare.

Rinunciare a lui.

Rinunciare a loro.

Mentre continuava a fissare Squall, con entrambe le mani strette alle sue dita e nocche tagliate e bruciate, sentì un leggero bussare alla porta, e poi una voce dolce parlò.

"Vuoi compagnia?" Era Quistis, di nuovo. Controllava ogni tanto... a quel punto più per Rinoa, perché sapeva che era quello che avrebbe voluto Squall.

Rinoa non batté ciglio. Quindi entrò, prese una sedia da dietro Rinoa e si sedette accanto a lei. Quistis aveva pianto per la maggior parte del tempo in quegli ultimi tre giorni, ma a quel punto piangeva più per Rinoa che per il suo compagno caduto. Quistis sapeva che Squall avrebbe voluto che lei si prendesse cura di Rinoa invece che di lui, e a quel punto non c'era comunque nulla che potesse fare per lui. Le spezzava il cuore, ma voleva almeno fare qualcosa su cui avesse un minimo di parvenza di controllo.

Quistis posò dolcemente una mano sulla schiena di Rinoa.

"Rinoa, non voglio fingere di sapere cosa stai passando, perché non lo so. Quello che due avevate era... più delle parole," disse, con la voce sempre più strozzata, ma Rinoa comunque non reagì in alcun modo. "Ma ti amava. Non ha mai smesso, solo che... non poteva smettere di essere chi era, capisci? Ci sarebbe sempre stato il soldato in lui, e questo significava metterti nella posizione in cui ti ha messo, e..." disse, e poi si fermò esitante, prima di parlare male di lui. Voleva bene a Squall, e sapeva che lui aveva fatto quello che riteneva necessario, ma sentiva che Rinoa aveva fatto la stessa cosa.

"Non ti biasimo nemmeno un po', e non lo faceva nemmeno lui. Quindi... spero che tu non ti stia incolpando di questo."

Rinoa non reagì, ma sentì ogni parola che disse Quistis.

Sfortunatamente erano parole vuote, ognuna con meno valore di quella che l'aveva preceduta. Quistis aveva ragione. Non c'erano parole...

Nessuna parola per descrivere quello che avevano.

Nessuna parola per descrivere cosa provava.

Nessuna parola che la facesse sentire meno responsabile.

Nessuna parola che lo riportasse indietro.

Passarono lentamente tre minuti. Sentiva Quistis piangere dietro di lei, ma non riusciva a unirsi a lei. Piangere significava tristezza, ma quello che provava era fottutamente ben oltre la tristezza, ed era al limite di un regno tra la fantasia e la realtà. Nulla sembrava reale. Si sentiva intorpidita, sia fisicamente che emotivamente, e sentiva che con la morte di lui sarebbe morta anche ogni possibilità per lei di tornare da quell'abisso.

Tanto vale che mi mettano nella tomba con lui.

Dopo qualche altro minuto di immobilità, Quistis parlò con tristezza.

"Immagino che ti lascerò sola..." disse con voce intontita, alzandosi lentamente e preparandosi ad uscire.

All'improvviso, qualcosa scattò nella mente di Rinoa, e anche se comunque non riusciva a sentire nulla, decise di condividerlo con l'amica.

"L'altra sera sono uscita con un ragazzo," disse Rinoa senza reale emozione, costringendo Quistis a voltarsi verso di lei. "Siamo andati a cena, al cinema e poi a incontrare altre persone. Mi sono divertita come non facevo da tanto, e per un'UNICA sera, non ho pensato a Squall nemmeno una volta," spiegò Rinoa, ancora senza una vera emozione nella voce. Quistis tornò accanto a Rinoa e rimase in piedi accanto a lei.

"Sai che cosa ho fatto non appena sono arrivata a casa? Ho pianto... in maniera incontrollabile," terminò Rinoa, stringendo di più la mano di Squall.

Quistis si commosse ancora di più e le mise una mano sulla spalla, e trovò la forza di nascondere la tristezza nella sua voce quando le chiese, "perché hai ricordato Squall?" Rinoa non rispose per un minuto buono. Alla fine, si spostò sulla sedia e si sporse verso Squall.

"No..." boccheggiò pesantemente, e ansimò, come se qualcosa si fosse acceso in lei e riuscisse ancora a provare sentimenti.

Dopo svariati minuti, guardò Quistis, con le lacrime che le bagnavano il viso per l'ennesima volta. "Perché mi sono permessa di dimenticarlo..." disse, piangendo sempre più ad ogni parola, finché cadde in ginocchio e pianse contro il letto. Anche Quistis cominciò a piangere e si chinò accanto all'amica, abbracciandola.

"Rinoa..." cercò di consolarla, mentre Rinoa abbracciava a sua volta Quistis, e cominciarono a piangere l'una tra le braccia dell'altra.

In mezzo al suono del loro pianto, un altro rumore invase la stanza.

Il regolare e irritante bip era diventano un dolce fruscio continuo.

Il fruscio era accompagnato da un piatta linea verde.

Tutto... semplicemente... gelò.

*~*~*~*~*

And I remember the sound,

Of your November downtown...

And I remember the truth,

A warm December with you...

*~*~*~*~*

Un anno dopo...

Camminava da sola, lungo strade che conosceva così bene, guardando migliaia di grossi fiocchi di neve che cadevano tutt'intorno a lei, sulla strada e in mucchi ammassati contro il marciapiede, luccicanti per i lampioni e la luna piena. Era una serata fredda, ma confortevole e bellissima. C'erano ghirlande natalizie alle porte e luci colorate alle finestre di svariate case a cui passò accanto. C'erano angeli di neve, slitte e pale ovunque guardasse, e alcuni uomini di neve con pipe di tutolo e un bottone al posto del naso, e due occhi di carbone.

Le ricordava un periodo più semplice. Un periodo più felice. Un periodo a cui teneva e che avrebbe ricordato per sempre, ma che era finalmente pronta a lasciarsi alle spalle.

Aspettò che passassero alcune macchine e poi attraversò la strada, saltando oltre una montagnetta di neve quando arrivò al marciapiede. Era finalmente giunta a destinazione, ma era esitante a entrare.

Lì da sola, guardò i grossi cancelli neri, con una linea di neve sopra, che dava un aspetto più di benvenuto all'ingresso altrimenti raccapricciante. Guardò dentro e vide un lungo sentiero diritto pulito dalla neve, a parte qualche sprazzo qua e là. Sin da quando era bambina, odiava quel posto. Ogni volta che ci passava accanto andando a scuola chiudeva gli occhi e canticchiava, fingendo che non esistesse.

Non era tanto l'aspetto a spaventarla, quanto quello che rappresentava.

Finalità. Fine. Chiusura.

Ma in questo caso sperava che la chiusura portasse a un nuovo inizio.

Non voleva, ma sapeva di doverlo fare.

Fece il primo passo all'interno, e poi un altro, e poi un altro, mentre sempre più brividi le correvano lungo la schiena, ma non avevano nulla a che fare con l'aria fredda dell'inverno. Guardò entrambi i lati, vedendo il terreno coperto di neve con orme che portavano a svariati punti; orme di persone che cercavano lo stesso tipo di chiusura che cercava lei. C'erano alberi spogli in vari punti, con la neve che cadeva in piccole collinette dai rami quando diventavano troppo pesanti. Alla fine, file di lapidi coperte di neve, tutte a rappresentare le vite di chi non c'era più sulla terra.

Dopo aver camminato per quasi cinque minuti, arrivò alla parte in cui si trovava lui. Da dove si trovava, riusciva a vedere la sua lapide magnificamente in piedi a poca distanza. Chiuse gli occhi; non voleva realmente avvicinarsi di più, ma sapeva che non l'avrebbe mai lasciato andare finché non l'avesse fatto. Quindi fece il primo passo sull'erba coperta di neve, e sentì uno strato di neve ghiacciata scricchiolare sotto il suo piede. Continuò a camminare sul miscuglio di neve vecchia e fresca, e poi salì una collinetta fino ad arrivare alla statua.

Era un grosso angelo in pietra con una tromba, che suonava musica celestiale. Elegantemente scolpito con svariati ricordi della sua vita messi lì da amici e colleghi. Era stata al suo funerale, ma non l'aveva mai davvero lasciato andare, e sentiva che questa era la sua unica possibilità per farlo. Chinò la testa, lì in piedi con i suoi stivali alti, i pantaloni neri termici, e una giacca bianca di media lunghezza, insieme a una sciarpa bianca e un paraorecchie dello stesso colore.

Guardò la tomba coperta di neve, lottando per trovare le parole giuste. Era sempre stato quello il problema... non aveva mai saputo cosa dirgli. Anche quando spesso cercava di immaginare cosa dire, si innervosiva e faceva marcia indietro. Ma dopo aver parlato con Quistis, si era resa conto che lui sarebbe stato felice anche solo perché lei si era fatta viva. Fece un respiro profondo e poi si chinò accanto a lui.

"Hey..." disse in torno serio, facendo girare lo stelo di una rosa bianca tra l'indice e il pollice guantati. "Mi dispiace che mi ci sia voluto così tanto per venire a trovarti," continuò, ma cominciò a sentirsi insieme sciocca e spaventata. Si alzò e cominciò ad allontanarsi lentamente, sentendosi come se venisse strattonata in direzioni diverse. Dopo aver cambiato goffamente posizione alcune volte, tornò infine da lui, con le lacrime agli occhi.

"Pensavo che sarei stata arrabbiata con te per sempre... per come mi hai lasciato. Continuavo a pensare a te e pensare a te, e poi non appena ho smesso..." disse piuttosto veloce, ma poi si fermò, strozzata da alcune lacrime.

"E sin da allora, ho trovato impossibile perdonare..." ricominciò, prima di chiudere gli occhi, cercando ancora la forza di continuare, "...me stessa."

Le lacrime si placarono per un momento, e sorrise un poco. "Se c'è una cosa che ho imparato da noi è che non si possono dare per scontate le relazioni, a prescindere da quanto sembrino difficili. So che quello che avevamo io e te non era perfetto, ma rimpiango di non essere stata più comprensiva, perché anche se tu non c'eri sempre per me... adesso capisco che nemmeno io ci sono davvero stata per te, e che non eri abituato ad avere persone accanto. Tutti si appoggiavano a te... persino io..." continuò, e sorprendentemente si sentiva più forte ad ogni parola. Si sentiva come se questa chiusura la stesse davvero aiutando, anche se la stava distruggendo un po' dentro.

Le ferite fresche della chiusura guariscono molto più in fretta delle ferite profonde della negazione e del rimpianto.

"Sono venuta a dire addio. Perché penso di aver finalmente perdonato me stessa, e anche se sarai sempre parte di me..." gli disse, sentendo arrivare di nuovo le lacrime, ma solo perché finalmente sentiva di lasciarsi andare, "...è ora che io volti pagina," disse con le lacrime che le scaldavano le guance, e gli occhi luccicanti.

Guardando la rosa bianca che teneva in mano, sorrise dolcemente, vedendo la chiave finale per la sua chiusura. Baciò i petali e poi si chinò lentamente, posando il fiore appena sotto l'iscrizione del suo nome. Rialzandosi guardò di nuovo in basso, e al suo sorriso si accompagnarono altre lacrime, ma erano lacrime di gioia. Finalmente si sentiva libera dal peso dentro di lei, che iniziava a distruggerla.

Sarebbe stato nel suo cuore per sempre, ma finalmente ora era un cuore libero di dolore.

Dopo essersi permessa altri minuti di dolore, sentì una voce riconoscibile dietro di lei.

"Stai bene?" domandò il giovane, comprensivo. Lei non lo guardò e lo sentì avvicinarci, e poi sentì una mano morbida e guantata su ciascuna spalla.

"Sì..." rispose lei, con un altro profondo respiro mentre il pianto rallentava. "Penso di sì... finalmente," gli disse, e sentì un bacio sulla testa, appena prima che l'uomo le girasse intorno e si mettesse accanto alla tomba anche lui con una rosa bianca in mano. Si chinò e posò lentamente il fiore accanto all'altro, e poi tornò accanto a lei, ed entrambi guardarono la lapide, porgendo l'ultimo saluto...

"Qui giace l'eroe per sempre coraggioso, e amato marito e padre.... Colonnello Jonathan Caraway, accanto alla sua amata moglie Julia Caraway. Che le loro anime siano per sempre unite..."

Infine, entrambi si voltarono e si allontanarono lentamente.

Nessuno dei due disse nulla all'inizio, camminarono semplicemente fianco a fianco, sentendo solo il passaggio delle auto sulla strada. Lentamente, si tolsero le mani di tasca per prendere l'uno quella dell'altra. Lui tirò su la mano di lei e la strinse forte con tutte e due le sue, e abbassò gli occhi, vedendo che indossava i guanti.

"Hey... almeno alla fine hai imparato a vestirti per l'inverno," le disse, alleggerendo un poco l'atmosfera mentre uscivano dal cimitero. Lei lo colpì scherzosamente con un grosso sorriso sul viso.

"Meglio di quell'orrenda sciarpa," disse lei, tirando la stoffa rossa e brutta che lui teneva al collo. "E adesso?" chiese lei, e lui si fermò, guardando il cielo notturno e nevoso, riflettendo sulla sua domanda.

"Cena?" le chiese speranzoso, e lei annuì leggermente e sorrise.

"Sembra un inizio."

"Bene," disse lui annuendo e ricambiando il sorriso, ma poi si mise velocemente a correre. "Perché ho dimenticato il portafoglio e MUOIO DI FAME..." disse, e lei cominciò a ridere ad occhi spalancati.

"Tu..." disse correndogli dietro e saltandogli sulla schiena, e lui partì, correndo sul marciapiede ghiacciato con la ragazza addosso.

Non ricordavano di essere stati così felici... mai.

*~*~*~*~*

But I don't have to make this mistake...

And I don't have to stay this way...

If only I would wake.

*

Note al testo
(1) lei: credo che qui ci fosse un errore nella storia originale, dato che letteralmente la frase era "lei diceva cosa provava quando lei voleva saperlo". Il che non aveva molto senso. Ho immaginato ci fosse un errore tra he e she e ho interpretato: la cosa più logica sarebbe che questo ragazzo dice a Rinoa cosa prova quando lei vuole saperlo, a differenza di quanto faceva Squall. Per cui ho tradotto secondo questo principio.

*****
Nota dell'autrice: se avete mai sentito la canzone, vi consiglio di ascoltarla.

Ho fatto una songfiction perché mi sembra che la musica abbia un modo di comunicazione emozioni che le semplici parole non sanno fare da sole, e ho sentito che si adattasse alla perfezione a questa storia.
Un grosso motivo per cui ho usato questa canzone è stato lo show "Scrubs". C'era un momento molto triste con questa canzone in sottofondo, e persino io mi sono commossa, cosa rara.
Comunque... spero vi sia piaciuta. Altrimenti andateci piano con le recensioni... basta poco e ci rimango male.

Nota della traduttrice: come sempre, grazie a Little Rinoa per il betareading e ogni commento sarà tradotto e inoltrato all'autrice. Eventuali risposte alle recensioni saranno tradotte e inserite dove possibile come risposta nei vari siti.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :)
E... pochi giorni fa è stato aperto un archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia! Non è ancora del tutto completato e mancano i personaggi delle ultime categorie, ma intanto potete cominciare a iscrivervi e postare! Lo trovare qui: FF Archive.
Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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