In ritardo di sei ere geologiche, buon compleanno ad alice *sviene*
Nessun dettaglio è davvero un dettaglio
Anko
non si accorge di quel che avviene attorno a lei, figurarsi di chi
entra nel locale: sono due minuti che grida forte nell'orecchio di
Raido, benché il destinatario del rimprovero sarebbe Genma. Lui,
furbo, è seduto oltre Aoba, due posti più in là: se fosse stato
più vicino ci avrebbe pensato due volte prima di trovare davvero il
coraggio di rubare i dango alla tokujo e farne graziosi omini per
divertire Kurenai.
La jounin, comunque, sono trenta secondi pieni che
ha smesso di seguire l'avvincente storia di Testa di Azuki e Testa di
Cha – rispettivamente i due stuzzicadenti col dango rosa e il dango
verde in cima, protagonisti di un complicato triangolo amoroso con
Testa d'Uovo, quello giallo – e, oltre l'orlo della sua prima vera
birra dalla nascita di Asuka, sta guardando la donna col vestito
rosso.
«Ma quella è Shizune» sputa Genma, lasciando cadere i
protagonisti del teatrino con un tonfo gommoso sul tavolaccio di
legno; Anko si sporge per tirargli uno scapaccione e nel tentativo
pesta un piede a Raido. Con la mano ancora tesa e la vittima
accasciata contro il fianco, scontenta perché le sue ire non hanno
destato l'attenzione che meritano, segue offesa lo sguardo dei
colleghi e finisce per inquadrare a sua volta la donna col vestito
rosso.
«Shizune!» sbraita Aoba, brillo e felice, commentando
«Per il Fuoco, che gnocca!» solo per meritarsi un pestone da
qualcuno, sotto il tavolo; Kurenai torna ad accavallare le gambe con
casualità e sorride alla collega, sventolando una mano serena come a
dirle “se vuoi venire siamo contenti, ma se vuoi scappare i
cialtroni te li reggo io”.
Shizune ha appena comprato una
bottiglia di sake al bancone e sembra molto propensa ad assecondare
la seconda possibilità: nello specifico, fuggire a gambe levate
nonostante le scarpe col tacco. Guarda il quintetto per un lungo
momento come fossero l'inaspettata setticemia in un paziente che
credeva stabilizzato e, dal pallore, sembra di colpo acquistare la
concreta, devastante consapevolezza di indossare un abito rosso nel
mezzo di un locale pieno di shinobi in divisa.
«Ma sei sotto
copertura?» le sbraita Genma, mandando all'aria ipotetica copertura
e dango, che rotolano finalmente davanti alla loro proprietaria:
fortunatamente Anko è presa da questioni di principio e rimanda a
più tardi l'eliminazione fisica del compagno per l'imperdonabile colpa
d'aver maltrattato il suo cibo.
«Cosa, adesso una kunoichi per
mettersi i tacchi la sera deve per forza essere sotto copertura?»
tira stuzzicadenti come fossero senbon e l'unico che si conficca da
qualche parte lo fa nel naso di Raido, che la prossima volta si
siederà ad un tavolo a parte, ha appena deciso.
Nonostante il
marasma potrebbe forse garantirgli una fuga dignitosa, Shizune decide
di avvicinarsi a salutare, anche se incedendo con un'insicurezza che
non sembra dovuta alle scarpe alte. Si schiarisce la voce, tira una
ciocca di capelli dietro l'orecchio e chiede «Come va?», fingendo
di non ascoltare le solite stupidaggini di Aoba, che domanda se il
sake non sia destinato a loro – i suoi cari, cari amici –, o il
commento di Genma su come le sue tette sembrino più grandi, strette
in quel vestito rosso invece che nel solito kimono ampio.
«Ignorali!»
sbotta Kurenai, invitandola nel terreno sicuro che è il posto vuoto
di fianco a lei, mentre Anko procede a portare a termine
quell'accenno di scapaccione evidentemente necessario: la bandana di
Genma finisce nella birra di Raido e il jounin si accascia sconfitto
con la testa tra le braccia.
«Stavo solo... Porto il sake a
Tsunade sama» spiega Shizune, con un piglio che sarebbe stato bene
su una vergine in età da marito cent'anni prima.
L'affermazione,
innocua, sembra risvegliare fantasie lesbiche nella mente di Genma e
Aoba – è evidente che abbiano entrambi abbastanza alcol in corpo
da aver dimenticato quale sia l'età anagrafica della Godaime –, ma entrambi hanno la decenza di astenersi dal parlarne a voce alta, anche
perché il gomito di Anko sbatte contro il tavolo e l'attenzione di
tutti si focalizza su di lei; pure quella del barista, perché sia
mai che Anko faccia qualcosa senza attirare l'attenzione di tutti gli
esseri viventi nel raggio di cinquanta metri da lei.
«Chi è il
fortunato, carina?» ammicca, senza astenersi dal puntare uno
spiedino di dango direttamente alla giugulare di Shizune; davanti al
suo maldestro tentativo di svicolare, se ne infila in bocca uno e
mastica con gusto. «Non tirarci scemi. Vestito rosso, tacchi e...»
le avvicina il naso al collo in perfetto stile Inuzuka, ispirata.
«Questo profumo non ce l'hai, quando scarrozzi in giro il maiale
dell'Hokage».
All'annuire del tavolo intero, barista compreso,
Shizune guarda Kurenai con un filo di panico: lei le sorride dietro
la sua sacrosanta birra, divisa tra curiosità e pietà; forse Anko
ha passato troppo tempo con Ibiki, perché ha lo sguardo ipnotizzante
da torturatrice, ma del resto Shizune dentro un vestito rosso è una
visione abbastanza piacevolmente insolita da giustificare un po' di
stupidità ninjesca da secondo giro di birra. E poi, oh, sono
mesi che Kurenai vede solo pannolini: ogni tanto ci vogliono anche
misteriose Shizune coi tacchi da torchiare un pochino.
Lei sta
appena spiegando, col consueto tono razionale e pacato, giusto un
pelo più acuto, che non sta scritto da nessuna parte l'obbligo di
raccontare ai suoi compagni tutto quel che fa la sera e che
comunque il vestito era sempre nell'armadio e voleva metterlo e sì,
magari per voi maschi è complicato da afferrare, ma la gente normale
quando esce si mette il profumo anche solo per una questione di
igiene e gradevolezza.
Kurenai ascolta con mezzo orecchio e
sente l'imbarazzo svolazzare nell'aria denso come il fumo di
sigaretta aggrappato al soffitto del locale; l'odore la colpisce con
più violenza del previsto, lasciandola un momento stordita, con
quella sensazione di bolle vuote nello stomaco che la assale in certi
momenti a tradimento. Avverte il locale farsi distante, le voci
perdere senso nelle sue orecchie, prima di vederlo: i suoni
attorno schizzano di nuovo al volume giusto, Anko e Genma – quelle
serpi – torchiano Shizune mentre Aoba e Raido sghignazzano, finché,
occhi ancora al vetro della finestra, Kurenai scoppia a ridere di
gusto.
Così, di colpo: deve lasciare il boccale sul tavolo e
coprirsi le labbra con il pugno; avverte lacrime punzecchiarle gli
angoli degli occhi e la risata le scuote le spalle così tanto che,
sul tavolo, Testa di Azuki, Testa di Cha e Testa d'Uovo rotolano
senza posa facendo flipper tra i boccali.
Quando si riprende,
senza smettere di ridacchiare e con una mano sulla pancia tra i
commenti spaesati degli amici, poggia l'altro palmo sulla spalla di
una sconcertatissima Shizune.
«Penso che dovresti andare, ora»
le dice, complice. «Scommetto che ormai tutte le adorabili
vecchiette saranno rincasate».
Lo dice abbastanza piano perché
Anko domandi forte «Cosa?» e Raido, Aoba e Genma si scambino
sguardi perplessi. Gli occhi di Shizune, però, sono sgranati sopra
due guance rosse; fa per annuire e congedarsi, quando il barista
sbraita qualcosa sui maiali e Chouza, che è appena entrato con
Shikaku e Inoichi, si chiede se finalmente in questo pub non abbiano
cominciato a servire carne di maiale di qualità.
«Tonton!»
esclama però Shizune, metà perplessa metà sollevata.
Il maiale
sembra parecchio a disagio, ma grugnisce e lascia che lei lo sollevi
da terra, recuperando il sake nella manovra.
Porchetta tra le
braccia, la kunoichi saluta tutti di fretta, sventolando una mano
quando Genma le fa capire che non la perdonerà mai per quella
spietata mancanza di fiducia nei confronti dei suoi amatissimi
compagni.
«Che roba, Shizune in ghingheri...» commenta infine
Aoba, dopo che l'assistente dell'Hokage e il suo vestito rosso sono
spariti allo stesso passo frettoloso delle giornate passate nei
corridoi del quartier generale con pile e pile di scartoffie in
mano.
Kurenai lascia che sia Anko a insistere nel perorare la
causa del diritto a mettersi in ghingheri quando più aggrada e
ringrazia Raido con un sorriso quando lui ordina dello shouchu per
lei, senza che debba chiederlo.
A giudicare da come sono tutti
presi dall'elaborare assurde teorie sulla misteriosa vita privata di
Shizune – che comari senza speranza –, nessuno si è accorto dei
ciuffi grigi spuntati per un momento oltre il vetro della finestra
appannata e non sarà Kurenai a svelare l'arcano: si limita a ricevere il suo
bicchiere da un cameriere che Anko non manca di tormentare,
lanciandosi subito a buttargli le tette praticamente in faccia e
domandargli se lui ritenga che ci debba essere un motivo per mettersi
in ghingheri la sera. Il povero ragazzo – non avrà neanche
vent'anni – è traumatizzato per sempre quando viene costretto a
sedersi accanto a lei per sentirla difendere la sua causa contro un
lamentosissimo Genma: inutile cercare di salvarlo.
Kurenai
schiocca le labbra all'ultimo sorso di shouchu e posa il bicchiere
accanto a Testa di Azuki, con un suono ruvido e soddisfatto. L'odore
del fumo è forte e le resterà tra i capelli, ma è contenta di
essere uscita con quella banda di matti.
Ricorda quando era lei ad
arrossire e blaterare insensata di essersi messa in ghingheri
assolutamente per caso, prima di schizzare via con la rapidità che
solo una kunoichi esperta può conservare nonostante il tacco dodici:
finiva sempre con quel sapore di shouchu e sigarette tra le labbra
sue e di Asuma, in baci urgenti e frettolosi scambiati procedendo per
strade secondarie fino all'appartamento dell'uno o dell'altra.
«Chissà perché le persone si fanno così tanti problemi,
quando si innamorano» si ritrova a commentare, le dita leggere
attorno al bicchiere, il mento sull'altra mano e un sorriso sereno ad
aleggiarle sulle labbra dipinte di rosso.
Gli altri la guardano
per un momento, poi Genma mette su la sua faccia da “prendo le cose
così come vengono” e le domanda se non abbia bevuto troppo, mentre
Aoba risponde che «È molto vero» con un insensato piglio da filosofo. Anko, il braccio ancora drappeggiato in una stretta
mortale sulle spalle del povero cameriere, cerca di levare il
bicchiere in un brindisi agli innamorati e riesce solo ad assestare
un'involontaria gomitata sotto il mento di Raido.
Lui stavolta si
alza, scocciato, e le punta un dito contro: la prossima volta non
cambia solo tavolo, non ci viene proprio, ché quelle serate
alcoliche sono più pericolose delle missioni di livello S.
Il
tacco le si incastra in una buca non appena mette piede fuori dal
locale, di fretta, perché pare che ci stia arrivando dentro tutta
Konoha: ha dovuto evitare l'intero convoglio Ino-Shika-Cho ed è
quasi sicura di aver intravisto Kotetsu e Izumo avvicinarsi con calma
dall'altro lato della strada.
Tonton scivola giù dalle sue
braccia con uno sbuffo decisamente poco tontonesco e Shizune sospira
di frustrazione mista a sollievo appena riesce finalmente a staccare
il tacco dalla presa mortale del selciato. Ai suoi piedi, il maiale
procede a spiarsi attorno guardingo come fossero su suolo nemico,
prima che la sua figura rosa e tondeggiante sparisca in una nuvola di
fumo per essere sostituita dal grugno incimurrito di un carlino che,
dalla faccia, forse lascerà ricordini nei sandali del padrone,
perché è un ninken con della dignità, mica un cagnetto da
utilizzare per questi scopi gretti.
«Seriamente, fatevi meno
problemi. Mi verrà il cimurro, davvero» brontola, quando il padrone
sbuca da dietro l'angolo; la sua figura resta in ombra per via della
luce aranciata che spunta dalla finestra del locale, qualche metro
alle sue spalle, ma chiunque a Konoha sarebbe capace di distinguere
quella sagoma allampanata.
«Scusa Pak» fa Kakashi, una mano a
scompigliarsi la solita fratta di improponibili capelli grigi con
l'impaccio sepolto sotto tonnellate della pervicacissima flemma che
mette su nei contesti sociali: fa quasi ridere, non si riesce neanche
a rimproverarlo come si deve.
Shizune, colta di nuovo in quel tic
nervoso che la porta a sistemare continuamente i capelli dietro le
orecchie, sospira, perché forse sarebbe dovuta uscire anche lei
vestita al solito modo, davvero: Kakashi arriva sempre in ritardo e
lei si ritrova nel mezzo di strade affollate con tacchi e abiti e
rossetti; per una volta che ha pensato di entrare in un locale a caso
a comprare qualcosa da bere a caso, ovviamente ha dovuto incontrare
un battaglione di shinobi in ferie, roba da non credersi.
Pakkun
si defila in uno sbuffo di fumo, ancora piuttosto indisposto
dall'essere stato chiamato per motivi tanto frivoli, e lei si ritrova
a considerare che questa faccenda contiene un grado di stress più
elevato di quello che già accumula normalmente lavorando in
contemporanea in ospedale, al quartier generale e sul campo. Questo
almeno finché Kakashi non le arriva così vicino che il suo naso
sposta le ciocche di capelli che si era tanto accuratamente sistemata
dietro l'orecchio e la sua voce le solletica il lobo in un modo che
le fa sorridere lo stomaco.
«Hai un buon profumo» commenta il
marpione, togliendole la bottiglia dalle mani e passandole un dito
sul fianco, sopra la stoffa del vestito – guarda caso proprio nelle
vicinanze della lampo.
Probabilmente il vestito è superfluo, si
rassegna, mentre lo bacia e poi lo spintona un po' perché la preceda
verso casa sua, due isolati più in là.
Il vestito è proprio un
di più, d'accordo, ma magari il profumo lo metterà anche la
prossima volta.
Nda
È
di slice non solo il compleanno, ma anche il prompt telefonico:
Shizune, Kakashi, scarpe col tacco, ciuffi grigi e Pakkun.
Genma
fa omini coi bocchan dango: quelli colorati e messi a tre a
tre sugli spiedini.
Lo (il? Boh XD) shouchu dovrebbe essere
la bevanda preferita di Kurenai, stando a Narutopedia.
Che altro?
Asuka è un bel nome XD e poi forse i primi Kanji possono coincidere
con quelli di Asuma: ho sempre pensato che la figlia di Kurenai
sarebbe stata una bambina, non so perché. Suppongo per dare meglio
il tormento a Shikamaru (se qualcuno se lo stesse chiedendo, mentre
Kurenai era in libera uscita, il baby sitter designato era lui ùù).
E
basta: tanti auguri, ali!
Fortuna loro, i personaggi non mi appartengono, sono sempre di quel Kishimoto là.