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Autore: Deilantha    01/07/2013    4 recensioni
L’uomo era comodamente seduto, intento ad osservare dalla finestra della sua stanza, la città che governava. Magnesia era una splendida città fluviale dell’Asia Minore, una città nata per il commercio, una città che riforniva la Persia di grano per la produzione del pane… Una città di animo greco, nata greca, ma assoggettata al suo acerrimo nemico.
L’uomo sorrise, ma non c’era allegria nella piega amara della sua bocca: ripensando alla sorte della città che governava, si rese conto che la sua vita non poteva che finire così, a capo di una polis piegata, proprio come lo era lui.
«Una volta ero il più potente e acclamato dei greci!»

[Brano scritto per il contest "Racconti sotto la Luna" - Luna Storica, indetto dal forum Inchiostro DiVerso]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Racconti sotto la Luna

Contest a partecipazione libera indetto dal forum Inchiostro DiVerso

Luna di Fuoco - Narrativa storica





Magnesia al Meandro, 459 a.C.

L’uomo era comodamente seduto, intento ad osservare dalla finestra della sua stanza, la città che governava. Magnesia era una splendida città fluviale dell’Asia Minore, una città nata per il commercio, una città che riforniva la Persia di grano per la produzione del pane… Una città di animo greco, nata greca, ma assoggettata al suo acerrimo nemico.

L’uomo sorrise, ma non c’era allegria nella piega amara della sua bocca: ripensando alla sorte della città che governava, si rese conto che la sua vita non poteva che finire così, a capo di una polis piegata, proprio come lo era lui.

«Una volta ero il più potente e acclamato dei greci!»

 

Atene, 483 a.C.

«Cosa significa che non useremo quei cento talenti? Provengono dalla miniera, appartengono ad Atene!»

«Infatti li useremo per la gloria di Atene: costruiremo una flotta!»

«Temistocle, figlio di Neocle, a cosa ci servirebbe una flotta? Non siamo in guerra, non dobbiamo difenderci, né tantomeno attaccare un nemico… Perché spendere quei talenti per qualcosa di cui non abbiamo bisogno?»

Il figlio di Neocle sorrise sardonico, consapevole dell’ostilità che da sempre gli riservava Aristide, suo antagonista designato sul piano politico, che non accettava la presenza di uno statista più intelligente e avveduto di lui. Avrebbe sempre contraddetto ogni sua mossa, ogni suo operato, solo per il gusto di fare ostruzionismo, solo perché era affamato di potere, quel potere che lui, Temistocle, meritava più di tutti. Aveva piena coscienza di sé e del suo valore, sapeva che la sua lungimiranza, il suo acume, il suo saper guardare lontano, avrebbero salvato le sorti di Atene nel futuro e non avrebbe mai ceduto davanti a proteste che non erano dovute alla preoccupazione per la polis, bensì a motivazioni molto più personali. “Non mi farò battere da te, quella flotta verrà costruita! Ti farò vedere io chi ha davvero voce in capitolo!”

«Aristide, figlio di Lisimaco e voi arconti tutti, è vero non siamo in guerra aperta, ma c’è un conflitto alle porte contro Egina e una flotta da guerra farebbe la differenza in uno scontro tra noi e gli egineti. Vorreste forse negare ad Atene, la possibilità di vincere un conflitto tramite un flotta da guerra che sicuramente ad Egina non si aspetteranno di dover combattere? Inoltre, non credete che tutta l’Ellade tremerebbe davanti alla potenza di una flotta navale ateniese? Vi assicuro che quei triremi ci serviranno, non rimpiangerete questa scelta!»

 

E fu così. E non per il conflitto contro Egina, ma perché quando, tre anni dopo, scoppiò per la seconda volta la guerra contro la Persia, il maestoso e glorioso conflitto della civiltà greca contro la barbarie orientale, la flotta voluta da Temistocle contro la volontà degli ateniesi più conservatori fece la differenza. E non fu la sola azione che diede frutti grandiosi: durante tutto il conflitto contro i Persiani, le decisioni dello statista greco, per quanto avessero sempre una connotazione ardita e mal vista dai membri del consiglio, erano riuscite sempre a mantenere in vita gli Ateniesi e la loro amata polis, garante della civiltà ellenica. Persino la decisione di abbandonarla, lasciandola alla mercé dei Persiani che rasero al suolo tutti i templi dell’Acropoli, persino quella decisione così atroce, aveva dato ragione all’arconte perché aveva decretato la salvezza del popolo ateniese, rifugiatosi altrove in attesa che l’esercito del Gran Re fosse ricacciato indietro. Senza contare la costruzione delle lunghe mura che si snodavano per la lunghezza di due chilometri, unendo Atene al suo porto, il Pireo. Altra grande manovra voluta da Temistocle, altra decisione che aveva dato forza e difesa alla polis protetta dalla dea Atena. Più di una volta il figlio di Neocle, aveva salvato la città con le sue direttive politiche.

«Ero il migliore! Il migliore degli ateniesi, il migliore arconte che ci fosse mai stato!»

Con rabbia, l’uomo strinse  i pugni, continuando a guardare il paesaggio davanti a sé: il fiume Meandro che scorreva placido, la città che si affannava nelle attività quotidiane, le distese di grano che davano la ricchezza a Magnesia… Ma il suo sguardo era lontano. Era perso nella contemplazione di un altro paesaggio, quello di una polis greca al cento per cento, una polis che aveva rigettato i persiani e che era fiera di essere libera.

Rivedeva se stesso, un arconte, uno dei saggi che governava la polis, che camminava sereno e soddisfatto alla fine della guerra, dopo aver vinto contro il nemico di sempre, dopo aver dimostrato a tutti i suoi detrattori e al popolo ellenico, che l’immenso esercito achemenide poteva essere battuto, che non era immortale. Rivedeva ancora quel se stesso che gioiva soddisfatto e che ergeva persino un tempio dedicato ad Artemide Aristoboulë, dea del buon consiglio, per ricordare a tutti i cittadini quanto fossero state decisive la sua astuzia e le sue decisioni. Rivedeva la sua casa, la sua famiglia… la sua Atene. Atene circondata dai monti, Atene con il suo Aeropago, con il fuoco sacro che ardeva nel Pritaneo, il Ceramico, il quartiere dei vasai, l’Agorà, centro di tutta la vita politica e sociale, l’Acropoli con i suoi templi… Quei templi bruciati dai persiani… Quegli stessi persiani che lui aveva combattuto… E che ora serviva.

«Come ho fatto a finire così?»

L’uomo poggiò sconsolato la testa sulle mani, puntellando i gomiti sulle ginocchia,  lasciandosi andare allo sconforto. «Atene, oh mia Atene, la mia polis, che ho fatto crescere, che ho rafforzato, che ho portato alla vittoria… e che ho dovuto abbandonare!»

 

Atene, 471 a.C.

«Temistocle, figlio di Neocle, per volontà del popolo ateniese che ha votato a favore, sei ufficialmente ostracizzato. Sei esortato ad allontanarti dalla polis per la durata di dieci anni, allo scadere dei quali potrai ritornare e riprendere parte alla vita attiva di Atene.»

 

«Sparta accusa formalmente Temistocle, figlio di Neocle, di complicità nel tradimento perpetuato dal generale Pausania, tramite una segreta alleanza con il nemico persiano.»

«È un traditore!»

«È in combutta con i Persiani!»

«Gli spartani hanno ragione, ci ha tradito!»

 

«Maledetti stolti! Hanno creduto alle subdole accuse di Sparta, mi hanno chiamato traditore… Io! Io che ho fatto crescere Atene come nessuno prima, io che ho preferito vederla in ginocchio, alla momentanea mercé dei persiani, pur di non saperla del tutto sconfitta, pur di avere ancora la possibilità di vincere… Io che ho fatto di tutto per renderla la potenza che è adesso! Maledetto Aristide, maledetti spartani! Ho donato la mia intelligenza, il mio acume, le mie capacità politiche ad Atene, e mi ritrovo a governare una conquista persiana!»

La rabbia che colse l’uomo fu tale, da affannarlo: portandosi una mano al petto, cercò una posizione più comoda e distesa, e attese che gli tornasse il fiato. Nel suo corpo non c’era più il vigore di un tempo: aveva sessantacinque anni, un’età invidiabile; eppure la felicità aveva abbandonato da tempo quell’anima che aveva vissuto a lungo.

Quell’anima che aveva fatto di tutto per sconfiggere Serse e il suo esercito, solo per finire esule, in ginocchio al cospetto di suo figlio Artaserse.

«Non tornerò mai più ad Atene. Non rivedrò più l’agorà, non salirò più sull’Acropoli devastata per onorare la dea guerriera che da sempre protegge la sua polis… Non vedrò mai più gli ulivi e i vigneti, non assisterò più alle tragedie di Eschilo…»

Una lacrima attraversò il viso dell’uomo, del governatore di Magnesia, del greco che era stato accolto a braccia aperte dal Gran Re, in cambio della sua fedeltà.

«Cosa sono ora? Vesto da persiano, parlo da persiano, vivo da persiano. Ho giurato di servire il nemico, quel nemico che ero stato così fiero di aver cacciato via, quel nemico che era la chiave per la gloria eterna di Atene… e della mia! Ho giurato di tradirti, mia polis. Che ironia della sorte: mi hai mandato via, mi hai dato del traditore quando io ti ho solo amata e difesa, ed ora sono costretto a rendere vera quell’accusa… Come potrò vederti mentre soccombi alle forze persiane? Io che ho fatto il possibile affinché ciò non avvenisse! Come potrò?»

Il sole arrivava caldo dall’esterno, riscaldando la stanza. Magnesia era immersa nel sole, la luce si rifletteva nelle acque scintillanti del Meandro… ma nel cuore di un uomo che aveva toccato l’apice e che era caduto, e che ciononostante era riuscito a ricostruirsi una vita, non c’era calore.

 

 

Tucidide, il famoso storiografo greco, narra che Temistocle morì a Magnesia nel 459 a.C. di morte naturale, all’età di sessantacinque anni.

Tuttavia, voci di corridoio e i pettegolezzi che sempre accompagnano le figure di spicco, volevano che il famoso statista greco, che finì i suoi giorni al servizio del Gran Re di Persia, si fosse suicidato pur di non tenere fede alle promesse fatte al sovrano.














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Note

Il termine greco Soter (Σωτήρ) significa "Salvatore", e si rifà alla descrizione di Plutarco secondo cui Temistocle poteva essere ritenuto: "L'uomo che più di tutti ha contribuito alla salvezza della Grecia".





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NDA  
 
Ho sempre amato la storia, in particolare la storia antica, e grazie al contest di Inchiostro DiVerso, sono riuscita a mettere giù un piccolo brano dedicato ad una delle figure più importanti di tutta la storia greca. Il destino di Temistocle mi ha sempre colpito, perché per quanto si sia prodigato per Atene e per renderla la potenza che poi effettivamente è diventata, ha terminato i suoi giorni come un esule, come il più vile degli uomini, costretto a servire proprio quel nemico che voleva cacciare dalla sua città. 
L'accoglienza di questo brano nell'ambito del contest è stata gratificante e mi auguro che lo possa essere anche qui, ma sono aperta a critiche eventuali. ^^


   
 
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