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Autore: angelady    15/01/2008    1 recensioni
Sul treno diretto a Tokio, una ragazza dai lunghi capelli biondi guardava pensierosa dal finestrino... Il ritorno di Nana Osaki dopo la lunga assenza di sei anni, affronterà i fantasmi del suo passato.
Genere: Romantico, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Nobuo Terashima, Ren Honjo, Shinichi Okazaki
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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“In quel momento, mentre una pioggia fitta aveva incominciato a cadere sulla mie lacrime, stavo ancora guardando dentro i suoi occhi se quello che avevo davanti era un sogno o la realtà.”


Le sue mani stringevano ancora le sue dita affusolate, e la guardavano negli occhi, era come specchiarsi in un sogno, un ricordo, e più la guardava in quegli occhi lucidi, più le sembravano famigliari, si aveva già visto le sue lacrime.
Nana si scostò dal ragazzo, cadendo all’indietro, lasciò cadere il palmo delle mani sull’asfalto, abbassò il volto, sconsolata. Il ragazzo si mise una mano fra i capelli biondi cercando di capire cosa realmente stesse succedendo, aveva paura a parlare, a pronunciare anche solo una sillaba, aveva paura che quel momento fosse solo nella sua testa.
Cercò di farsi coraggio, ma appena prima di parlare la ragazza scappò via, e sapeva che non era un illusione, lei c’era veramente, l’aveva riconosciuta dagli occhi. Perché non aveva fatto nulla per fermarla? Era rimasto pietrificato davanti a quell’angelo dai capelli biondi e il vestito bianco, da non riuscire nemmeno a gridare il suo nome, per fermarla, che stupido, se ne stava ancora li, seduto sulla strada con una mano sulla bocca e l’espressione stupita, immerso nei suoi pensieri. Nana non era morta.
-Nobu!-
Si voltò di scatto, dall’altra parte della strada, sul marciapiede Yasu lo guardava confuso.
-Che diavolo ci fai per terra sulla strada? Stai male?-
Nobu si alzò in tutta fretta, impaziente di raggiungere l’amico, le sue scarpe scivolavano sull’asfalto bagnato e per un attimo perse l’equilibrio che recuperò subito dopo correndo verso l’uomo con due sacchetti di plastica in mano. Yasu lo guardava e non capiva, cosa era successo da sconvolgerlo tanto?
-Yasu…Yasu…!-
Si gettò sull’amico in lacrime come un bambino, ancora stupito e incredulo di quello che era appena accaduto, perché era veramente lei, allora come era potuto succedere che l’avevano creduta morta?

Era una mattina come altre, un giorno qualsiasi, fuori pioveva e tirava un vento forte, non era la giornata ideale per uscire, anche se glielo aveva promesso. La guardava mortificato mentre dormiva accovacciata al suo petto, sentiva il calore del suo corpo, i suoi seni alzarsi e abbassarsi all’unisono col suo respiro, le accarezzò la testa, immergendo le dita tra le ciocche scure dei suoi capelli, le diede un bacio sulla guancia, Nana si svegliò. Aprendo gli occhi si ritrovò il volto di Ren intento a fissarla.
-Scusa, non volevo svegliarti-
Lei richiuse gli occhi, lasciando intravedere un velo di tristezza, si strinse ancora di più a lui, bagnandogli il petto con le lacrime, Ren non capiva quel comportamento così distorto, perché ora piangeva? La avvolse fra le sue braccia, e riprese a baciarla.
-Ren…fermati-
Era un sussurro, appena udibile, anche se Ren l’aveva sentito non si fermò, se l’avesse fatto sarebbe rimasto da solo a guardarla soffrire, come era già successo altre volte…si mise dolcemente sopra di lei, facendole accavallare le gambe sulle sue anche, Nana gli avvolse le spalle con le braccia mentre lui spingeva incontrollabilmente sempre di più, nascose il viso fra i suoi muscoli, trattenendo il respiro mentre lui moriva dentro di lei.
Fare l’amore era l’unico modo per sentirsi uniti, quell’insieme di sensazioni, di sospiri e gemiti, li faceva sentire un'unica cosa, l’unico modo per dimenticare tutto il resto. Quando Nana staccò le braccia dal suo collo, Ren la guardò confuso.
-Nana-
Il suo volto era bagnato e i suoi occhi febbricitanti, immersi ancora nella passione, strinse gli occhi e gettò la testa all’indietro, trattenendo gemiti strozzati ad ogni spinta più audace che Ren le infliggeva, finchè entrambi si ritrovarono tra l’estasi del paradiso, Ren si lasciò cadere stancamente sul suo petto.
-Perché mi hai lasciato?-
-Ti stavo ferendo con le unghie-
-Non ho sentito-
Fece un sorriso beffardo e lo abbracciò di nuovo.
-Perché piangevi?-
-Non lo so…non parliamone-
-Non penso che sia una buona idea uscire con questo tempo-
-Non mi va più di uscire- il suo sguardo si fece cupo -…Ren…pensi ancora che sposarci sia una buona idea?-
Non rispose. La guardò tristemente negli occhi, mentre lei gli accarezzava la guancia, si divincolò dalla ragazza, prendendo il pacchetto di sigarette che stava sul comodino, ne sfilò una e se la accese, Nana si girò di spalle, coprendosi col lenzuolo fin sotto il mento, chiuse gli occhi sconsolata, perché non sapeva più cosa voleva? In quel momento si sentì così sola e imbarazzata…
Anche se non ne aveva voglia decise comunque di uscire, non riusciva a sopportare il silenzio di Ren, forse non sopportava più il silenzio tra loro, che cosa era rimasto del loro amore, se non il contatto fisico, quando si era creato quel muro che li faceva stare tanto lontani? Mentre si vestiva sentiva il suo sguardo fisso su di lei, che strano, ad ogni movimento che faceva si sentiva a disagio. Si girò, poco prima di uscire dalla camera per scorgere il volto del ragazzo coperto dalle mani mentre singhiozzava silenzioso, sapeva che non sarebbe servito a nulla restare ancora li, a giocare sui loro sentimenti, a piangere e a chiedersi cosa non andava. Non lo sopportava più. Quando lei svanì dietro la porta Ren si girò di scatto.
-Nana!-
Era ormai lontana per poterlo sentire.
Fu quello il momento in cui capì che la stava perdendo, un sentimento che si era celato dentro di lui a lungo, ma che non era mai stato capace di ascoltare. La gelosia che aveva verso di lei, verso Yasu, che ogni volta gli rammentava che rischiava di perderla se avesse continuato a rovinarsi la vita, mentre si perdeva dietro l’effetto illusorio della droga, si ricordò che gli disse che sarebbe stato lui stesso a togliergliela, e la consapevolezza che erano caduti da tempo in un tunnel senza uscita, faceva ancora più male. Si strinse ancora di più a se, mentre il ricordo del suo sorriso si faceva vivo nella sua testa, ora non trattenne più le lacrime.
Mentre camminava per le strade di Tokyo, sotto la pioggia, le immagini del suo futuro si presentavano incerte, sbiadite come un vecchio disegno, frugò nelle tasche in cerca delle sigarette, ma le aveva dimenticate a casa, proprio ora che ne aveva bisogno, poi la sua attenzione fu catturata dai suoni che provenivano dal pub vicino a casa di Haci, forse sarebbe dovuta andare a trovarla, ma sapeva che Takumi era con lei, e di vederlo non aveva proprio voglia.
Chissà quando sarebbe nato il bambino che Haciko portava in grembo, pensò che sarebbe stato bello se per un attimo avesse dimenticato che Haci non era più con lei, in quell’appartamento dove era iniziato tutto, in quel momento le avrebbe dedicato la sua voce, solo per esprimerle quanto le mancasse tutto quello. Sarebbe stato bello poter tornate indietro, dimenticare il giorno del concerto, le notti passate con Ren, e sperare che tutto fosse solo un sogno, come se non fosse mai scesa dal treno e stesse ancora bevendo la birra in compagnia di Haciko.
Ren, se avesse ascoltato il cuore sarebbe tornata indietro da lui, per accovacciarsi ancora fra le sue braccia e lasciarsi trasportare dal sentimento che li univa, invece nella sua testa una voce la faceva indugiare, se fosse tornata da lui non sarebbe cambiato niente, avrebbe continuato a soffrire, a piangere su ogni cosa che sapeva non avrebbe mai avuto. Non sarebbe più tornata da Ren. Prese il cellulare per controllare l’ora, erano solo le sette, sorrise pensando che forse una speranza per cambiare la sua vita c’era ancora…
Sulla riva del mare teneva in mano il cellulare, mentre guardava atona il numero di Ren, era come se la mente non le appartenesse più; non poteva essere felice in quel modo, non poteva accettare l’offerta di cantare da solista, anche se Haci l’aveva appoggiata, sapeva che non aveva senso se non ci sarebbero stati i membri della sua band, perché per lei erano la sua famiglia. No, non sarebbe diventata solista, non poteva sposare Ren, sapendo che non poteva dargli la famiglia che lui voleva, non poteva diventare la moglie che lui desiderava. Ad un tratto si ricordò il giorno in cui le disse che non li avrebbe aiutati a salvare il concerto, prendendo per una sera il posto di Shin. Non aveva mai fatto nulla per lei, nemmeno le cose che più le stavano a cuore, poi il cellulare le scivolò dalla mano cadendo in acqua, Nana lo guardava tristemente mentre svaniva tra la profondità del mare, in quel momento desiderò di svanire anche lei tra quegli abissi.
La notizia sulla scomparsa e la presunta morte di Nana Osaki era comparsa in prima pagina su tutti i giornali del mattino dopo. L’articolo descriveva in modo dettagliato che erano stati trovati gli effetti personali della ragazza in riva al mare, e che non era stato trovato nessun corpo, che probabilmente era stato trasportato a largo dalla marea.
Yasu teneva fra le mani il giornale, si faceva forte sotto la sua corazza da uomo maturo, ma dagli occhi cadevano lacrime che non riusciva a trattenere, che senso aveva stare al suo funerale, se non era nemmeno stato trovato il corpo? Da lontano scorgeva i volti tristi e disperati degli amici; Nobu stringeva i pugni e aggrottava la fronte, incapace di rendersi conto che lei non c’era più, che non era riuscito a mantenere la promessa fatta alla nonna di Nana, non l’aveva protetta a costo della sua vita, non le era stato accanto, e ora l’aveva persa. Haci era poco più lontana, stretta tra le braccia di Takumi, il suo volto sprofondava tra il suo petto, mentre lo abbracciava disperatamente, non poteva fare altro che piangere, Takumi la guardò abbattuto, non poteva fare nulla per lei.
Yasu si avvicinò a Nobu, cercando di consolarlo gli mise una mano sulla spalla, ma il ragazzo si scansò brusco.
-Non provare a consolarmi Yasu!-
Si lasciò cadere a terra pesantemente, gli mancava il respiro, era come se un pugnale l’avesse ferito al petto, Yasu si inginocchiò stringendolo col braccio.
-Lasciami…lei…non c’è più Yasu…-
Si alzò di scatto e corse via, gridando il nome della ragazza.
Ren non era venuto, finita la funzione Yasu cercò di chiamarlo al cellulare, ma senza alcun risultato, si diresse verso il taxi che aveva chiamato pochi istanti prima, aveva la brutta sensazione che avesse perso un altro amico. Se fosse andato a casa sua sicuramente non gli avrebbe aperto, sapeva che non voleva vedere nessuno, così, anche se non riusciva a non preoccuparsi decise di tornare a casa.
Nel suo appartamento Ren se ne stava al buio, il telefono era abbandonato in un angolo, ormai la batteria era quasi scarica. Giaceva inerme sul letto sfatto, era rimasto tutto come lei lo aveva lasciato; il pacchetto di sigarette vuoto era ancora accartocciato sul comodino, e per terra i suoi vestiti erano sparsi ovunque, chiudendo gli occhi, al solo pensiero, poteva ancora sentire il suo profumo. Gli mancava. Si stropicciò gli occhi, cercando di riprendersi, si alzò dal letto ed andò in bagno, si sentiva come un corpo vuoto, senza vita, in quei giorni aveva desiderato la morte, glielo aveva promesso, perché allora non riusciva ad abbandonare la sua vita? Si guardò in giro confuso, aprì l’acqua della vasca, lasciandosi trasportare dal rumore dell’acqua che gli riempiva le orecchie.
Fu un attimo, e sprofondò in quell’abisso che si era costruito col tempo, lo stesso che aveva inghiottito anche Nana, forse non se ne rese conto, o forse era così scontato e naturale che non ci faceva più caso, la salvezza, si ritrovò a pensare, mentre stringeva tra le mani il vizio della sua dannazione. Si, una salvezza che lo stava portando pian piano a consumarsi. Si chiese se Nana lo avesse mai saputo, perché sicuramente, doveva averlo saputo, Yasu non glielo aveva mai detto? Che importanza aveva ora, lei non c’era più, non esisteva più un loro, l’unirsi di frasi nascoste dietro l’indifferenza di quegli occhi vitrei e il sorriso nostalgico che sempre si faceva vivo nei suoi ricordi, deglutì amaramente quei pensieri e fece quello che ormai più di tutto riusciva a farlo stare bene. Rovesciò sul bordo della vasca la polverina bianca che stava dentro ad una bustina, e con una cannuccia la sniffò su per il naso, ora poteva sentirsi di nuovo bene.

Nobu stringeva nervosamente tra le mani una tazza di caffè, teneva il volto abbassato, ancora incredulo di quanto aveva appena visto, cercò di guardare l’amico negli occhi, ma non riusciva a sillabare alcun ché, Yasu si alzò, lasciandogli il tempo di formulare le parole adatte. Anche Nobu si diresse verso di lui con sguardo risoluto, finalmente riuscì a parlare.
-L’ho vista! Le ho stretto le mani…e…sono sicuro che era lei-
Yasu lo guardò stranito, di chi diavolo stava parlando non ne aveva proprio idea.
-Chi hai visto?-
-Ma come chi…lei…-
-Nobu, se non ti spieghi meglio io non posso sapere a chi ti riferisci-
-Parlo di Nana!-
-Ancora con questa storia! E’ mai possibile che ogni volta che si avvicina natale tu la veda in giro dappertutto?-
-Ma no, ti dico che questa volta l’ho vista veramente!-
Yasu abbassò lo sguardo, capiva il dolore dell’amico, forse più di lui, gli mise una mano sulla spalla, Nobu si voltò risoluto verso di lui.
-La pianti di compatirmi?-
-Io…-
-Io un cavolo, tu non mi credi e mi tratti come se fossi un povero cretino, che vede in giro la sua amica morta-
-Non è così-
-Eh, certo, come no-
-Ascolta, Nana è morta e per quanto desidero più di te che non fosse così devo accettare la realtà, possibile che tu non ci riesca?-
-Perché so quello che ho visto, ne sono sicuro-
Si rattristò, chinando il capo e chiudendo gli occhi riusciva ancora a vedere quella donna dai lunghi capelli biondi e il vestito bianco piangere seduta sull’asfalto, mentre una pioggia fitta cadeva dal cielo. Si voltò di nuovo verso l’amico che lo fissava preoccupato e gli sorrise.
-Io so quello che ho visto, so che era lei-
Detto questo prese e se ne andò, ancora con il sorriso sulle labbra.
Take-chan nel frattempo stava accompagnando Ren dal signor Misoko per chiedergli un colloquio di lavoro. Da quando i Trapnest si erano sciolti, dopo che Ren era stato in comunità per disintossicarsi, l’uomo era sempre restato accanto al chitarrista, trovandogli dei lavori che poi non duravano mai abbastanza. Erano fermi in colonna sulla statale, Ren teneva una sigaretta tra le dita con la mano fuori dal finestrino, mentre pensava al suo passato. Non aveva per niente voglia di andare a cercare lavoro, non gliene importava nulla, tanto l’avrebbe sicuramente perso due settimane dopo.
-Vedrai, Misoko è uno in gamba, ti darà sicuramente il lavoro-
Il ragazzo fece un altro tiro dalla sigaretta e annuì svogliatamente.
-Che entusiasmo Ren, io ti aiuto a cercare lavoro, e tu quasi te ne freghi-
Ren si voltò verso l’amico e lo guardò aggrottando un sopracciglio.
-Quasi?...se è per questo non me ne frega un accidenti di niente-
-Ah ecco!-
-Dai, non fare così…io scherzo, lo sai-
Che bello era sorridere, era da tempo che non riusciva a farlo, quella battuta gli fece tornare il buono umore, dentro di se si sentiva sollevato al pensiero. Si accese un’altra sigaretta, e continuò a guardare annoiato fuori dal finestrino, mentre la macchina restava ferma in colonna, tra i rumori assordanti dei clacson che echeggiavano senza tregua. Poi un flash, forse una visione, ma il suo sguardo si fermò su quei capelli biondi che volano nel vento freddo di dicembre. Come in un sogno, il volto della ragazza si voltò un attimo verso di lui, e lì si sorprese a guardare in quegli occhi lucidi che sapeva, aveva già visto. Cercò di aprire la portiera dell’auto, Teke lo fermò trattenendolo per un braccio.
-Ren, ma che fai?-
Non rispose, e districandosi dalla stretta che lo cingeva scese dalla vettura, per correre verso la donna. Quando il suo sguardo la cercò, capì che se ne era andata.
Un illusione. Forse il desiderio di volerla vedere, un angelo che lo facesse sorridere ancora.

  
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