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Autore: Aniel_    04/07/2013    11 recensioni
Castiel è un famoso critico culinario che, una sera come un'altra, riceve una telefonata dal suo vecchio amico, Dean.
Dean gli rivela che ha intenzione di sposarsi con una ragazza conosciuta da poco e questo scatenerà i sentimenti e una forte gelosia, spingendolo a cercare un modo per sabotare le nozze.
«Nessun piano per il momento, solo un obiettivo: portarle via lo sposo e prendermi il mio lieto fine. Io lo merito, Dean lo merita e Joanna capirà.»
Tratto dal film "My Best Friend's Wedding".
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Jo, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Dean/Castiel, Dean/Jo, Balthazar, Ellen Harvelle, Bill Harvelle, John Winchester, Sam Winchester, Jessica Lee Moore, Bobby Singer
Rating: SAFE
Chapter: 1/3
Genere: introspettivo, sentimentale, commedia
Warning: slash, het, ispirato al film "My Best Friend's Wedding"

Beta: vampiredrug (quando si tratta di riadattamenti destiel di commedie cinematografiche lei c'è sempre ♥)
Words: 4434 (fiumidiparole)
Note: allora, questa idea è nata qualche sera fa, guardando per l'appunto My Best Friend's Wedding, film del 1997 con Julia Roberts, Cameron Diaz, Dermot Mulroney e Rupert Everett. Dato che ormai vedere destiel dappertutto è diventato routine, ho mandato un messaggino veloce alla mia beta per scegliere i ruoli e da lì in poi tutto si è fatto vago e confuso fino a... be'... qui. Il titolo della storia ovviamente è tratto dalla canzone I Say a Little Prayer, colonna sonora del film.
Disclaimer: nessun personaggio mi appartiene ecc ecc.


I say a little prayer for you
Prima Parte

 

Il giovane cameriere biondino servì il dessert, una fetta di torta Saint-Honoré alla zuppa inglese, la specialità della casa. Con mani tremanti posò il piatto di fronte a Castiel, restando in attesa, come se ne dipendesse la sua vita.
E forse era così, pensò Castiel, portandosi un boccone alle labbra ed assaporando la dolcezza e la consistenza della crema sulla lingua. Si chiese come Gabriel, il proprietario del ristorante, avesse fatto ad azzeccare - o magari scoprire- tutti i suoi piatti preferiti.
Castiel sorrise, posando la forchetta sul tavolo e incrociò le braccia al petto, meditabondo. «Notevole. Davvero notevole.» commentò, osservando il dolce come se si trattasse di una persona in carne ed ossa. «Ne scriverò esaltandone il sapore fruttato e l'impeccabile struttura... ehm... esagonale.»
Il cameriere cacciò fuori un respiro di sollievo. «Grazie signore, il signor Gabriel ne sarà molto entusiasta.» cinguettò e Castiel provò grande tenerezza nei confronti di quel giovane ragazzo: mandare un ragazzino a sorbirsi un'eventuale sfuriata era davvero di cattivo gusto.
«Come ti chiami?» domandò Balthazar, fino a quel momento troppo occupato a divorarsi la torta per dare retta ai giudizi di Castiel.
«Alfred, signore.»
«Alfred? Ma davvero? Che cosa origina- ahi! Castiel!» sbottò, massaggiandosi il ginocchio sul quale l'altro aveva appena tirato un calcio ben assestato.
«Va tutto bene, Alfred. Stai andando bene.» lo tranquillizzò Castiel «Se posso darti un piccolo consiglio vedi di essere più rilassato e sicuro di te quando ti presenti di fronte a un cliente. Una persona cerca sicurezza non solo nel cibo ma anche in chi glielo serve, capisci?»
Alfred annuì, attento. «Grazie signore.»
«Ehi, Alfie» lo chiamò Balthazar, sventolando la bottiglia di vino rosso desolatamente vuota. «Prova a portarcene un'altra... con più sicurezza questa volta.»
Il cameriere sparì così in fretta che Castiel non riuscì nemmeno ad individuare la sua traiettoria.
«Devi smetterla di terrorizzare i camerieri o giuro su Dio che non ti porterò mai più con me. Sono cene di lavoro, Balth.»
Balthazar rise, picchiettando con le dita sul tavolo. «Cibo e alcol gratis non possono essere definiti "cena di lavoro"» obiettò e Castiel fece per alzare gli occhi al cielo per la decima - o la ventesima?- volta nell'arco della serata quando il telefono squillò, avvertendolo di un nuovo messaggio in segreteria.
Fece cenno all'altro di restare in silenzio e si avvicinò il cellulare all'orecchio: "Ehi Cas, sei ancora vivo o qualche stupido chef di Manhattan ti ha avvelenato la zuppa di fagioli? Sono nei dintorni ma riparto domani, mi piacerebbe sentirti presto. Alloggio all'hotel Drake quindi chiamami quando vuoi, c'è una cosa di cui vorrei parlarti. Oh, sono Dean, nel caso ti fossi scordato di me e non mi riconoscessi."
Castiel sorrise, felice, e chiuse lo sportellino del telefono, accarezzandolo con le dita.
«Perché quella faccia da idiota? Chi era?»
«Dean Winchester. Il mio Dean.»
Balthazar aggrottò la fronte. «Mi sfugge la sua storia, aiutami.»
«Abbiamo frequentato il college insieme, migliori amici, inseparabili. Non è passato molto prima che l'amicizia si trasformasse in qualcosa di più.»
«Anche lui sguazza felice nei meandri dell'altra sponda?»
«Non esattamente. Diciamo che io sono stato l'eccezione, il primo e, per quel che ne so, anche l'ultimo. Ma le cose non sono andate come speravamo e quando lui decise di voler uscire allo scoperto io mi tirai indietro. Lui mi disse che la cosa che gli faceva più male era perdere il più grande amico che avesse mai avuto e mi accorsi che era lo stesso anche per me. Da allora siamo ottimi amici, un po' lontani, un po' scapestrati, ma... è il mio migliore amico da sempre. Senza offesa, Balth.»
Balthazar ridacchiò, buttando giù un sorso di vino. «È una bella storia. Strana... ma bella.»
«Qualche anno fa, quando finimmo gli studi, mi portò un fine settimana a Sioux Falls, da suo zio, e una notte tirò fuori dalla sua sacca un coltello e si incise il palmo e poi fece lo stesso con me...»
«Avevo detto bella? Volevo dire inquietante.»
«... e mi disse: "Cas, se a ventotto anni non siamo ancora sposati promettimi che lo faremo io e te". Già... chissà perché mi è tornato in mente.» si chiese, giocherellando con le posate.
«Beʼ, tu compi ventotto anni tra due settimane. Lui tra quanto?»
Castiel sgranò gli occhi. «No. Non è possibile.»
«Congratulazioni cherì. Credo proprio che ordinerò un'altra porzione di quella torta esagonale che ti è piaciuta tanto.»
Castiel annuì ma non riuscì a mandare giù un altro boccone.
 

*°*°*

 
Prese un respiro profondo diverse volte, alzandosi per poi riaccomodarsi sul letto come un'anima in pena, prima di trovare il coraggio di comporre il numero dell'hotel in cui soggiornava Dean.
La voce di una signorina che rispose dopo il primo squillo lo costrinse a desistere dall'impulso di riattaccare.
«Hotel Drake, come posso esserle utile?»
«Sì, ehm, buonasera» boccheggiò Castiel, nervoso, «sto cercando Dean Winchester ma mi rendo conto che è tardi e...»
«Attenda in linea, prego.»
Castiel deglutì, mandando giù il cuore che aveva deciso spontaneamente di salirgli in gola e attese, fin quando non percepì un respiro pesante dall'altra parte della cornetta e un «sì?» sonnacchioso.
«Stiamo facendo un sondaggio sull'incapacità dei Red Socks di segnare i due punti della vittoria a dieci secondi dal fischio dell'arbitro. Lei cosa ne pensa?» domandò, con una vocetta acuta.
Dean rise, in quel suo personalissimo modo che sconquassò lo stomaco di Castiel in pochi secondi. «Ehi Cas, pensavo che non mi avresti più richiamato.»
«Sono impegnato, Dean, mica maleducato. E poi dal tuo tono sembrava fosse qualcosa di urgente.»
«Lo è.» replicò Dean, improvvisamente sveglio.
«Posso dirti una cosa io, prima?» lo interruppe Castiel. «Probabilmente lo avrai dimenticato ma stavo ripensando a quella serata passata a Sioux Falls, completamente ubriachi e...»
«Non potrei mai dimenticarla e per la cronaca io non ero affatto ubriaco!» ribatté Dean, ridendo. «No, dai, questo non c'entra adesso
Castiel serrò le palpebre e incassò il colpo. Si prese un momento, per assicurarsi che la sua voce non tremasse e se la schiarì prima di rispondere. «Sì, non c'entra. Dimmi tutto, Winchester.»
«Ho conosciuto una ragazza, Cas.»
Colpito e affondato.
«Hai mollato quella troietta di Cicero alla fine?» domandò, poco interessato, frenando l'impulso di scaraventare la cornetta contro il muro.
Non che avesse immaginato Dean casto e paziente in attesa del suo ritorno, che sia chiaro, ma pensarlo tra le braccia di altre donne era semplicemente troppo.
«Oh sì. Lei è diversa, amico. Si chiama Joanna, è brillante, intelligente, bella e ama il mio lavoro quasi quanto me
«È-» orrendo? raccapricciante? agghiacciante? «-fantastico. Sono felice per te, Dean.»
«Cas, ci sposiamo
Castiel elaborò quelle parole solo quando cadde dal letto, fracassandosi il cranio contro lo spigolo del comodino. Dean aveva deciso di sposarsi? Convolare a nozze? Stavano sul serio parlando di matrimonio, quello vero, quello da "uniti finché morte non vi separi"?
Porca. Puttana.
«Cas? Ci sei ancora?» domandò Dean, preoccupato.
Castiel riemerse dal pavimento, aggrappandosi con una mano alle lenzuola. «Posso... ehm... chiederti da quanto tempo la conosci?»
«Due mesi.»
È uno scherzo, non è vero?
«Due mesi?» sbottò Castiel, incredulo. «Dean, in due mesi non mando in stampa un libro, figuriamoci se è possibile porre le fondamenta per una lunga e felice vita insieme!»
«Quando incontri la persona giusta lo capisci subito. Senti, so che queste stronzate non fanno per te ma ho bisogno di averti al mio fianco. Cas, ti prego
Castiel sospirò, mordendosi le labbra. «D'accordo, ci sarò. Ma prima esigo un viaggio solo io e te, come ai vecchi tempi. Devi raccontarmi parecchie cose.»
Dean esitò prima di riprendere la parola. «Cas ci sposiamo domenica
«Domenica? Domenica? Quale domenica di settembre o di ottobre o di qualsiasi altro mese che vi permetta di conoscervi almeno il doppio del tempo di quanto vi conosciate già?»
Okay, forse era sull'orlo dell'isteria ma ne aveva tutte le ragioni, no? Dean aveva intenzione di sposarsi. Sposarsi!
«Questa domenica, Castiel. Ti prego, ho bisogno che tu sia a Los Angeles domani stesso. Non posso farlo senza di te, sono fottutamente terrorizzato
«Vorrei vedere, ti sposi tra quattro giorni!»
«Promettimi che ci sarai, promettilo Cas
Oh, puoi giurarci che ci sarò. Non ti permetterò di compiere il più grande sbaglio della tua vita.
«Ci vediamo in aeroporto domattina, Winchester.»
Castiel non chiuse occhio quella notte e svuotò il minibar della propria camera d'albergo. Aveva quattro giorni per riprendersi Dean, ne andava della loro felicità, e nessuna Joanna conosciuta da due mesi si sarebbe messa in mezzo.
 

*°*°*

 
Castiel recuperò la propria valigia e imprecò a denti stretti quando gli cadde dritta su un piede. Nervoso, dolorante e con parecchie ore di sonno arretrato, uscì dall'aeroporto e raggiunse la zona dei taxi, recuperando dalle tasche del trench il cellulare e il pacco di sigarette un po' ammaccato.
Compose in fretta e furia un numero - guardando a destra e sinistra come un ladro- e si portò una sigaretta alle labbra.
«Sono arrivato.» annunciò burbero non appena Balthazar rispose.
«Il tuo entusiasmo mi sconvolge. Allora, qual è il piano?»
«Nessun piano per il momento, solo un obiettivo: portarle via lo sposo e prendermi il mio lieto fine. Io lo merito, Dean lo merita e Joanna capirà.»
«Oh, sì. Certo. Vuoi portare via l'uomo ad una donna che si sposa tra quattro giorni, capirà senz'altro la situazione.» ironizzò, scettico.
«So che può sembrare estremo e anche un tantino meschino ma vedrai che col tempo capirà. Le sto facendo un grande favore. Dean sa essere un gran cafone a volte e solo io riesco a tenerlo in riga.» rispose Castiel, risoluto come mai in vita sua.
Non aveva bisogno di giustificarsi, Dean gli apparteneva, entrambi si appartenevano, era sempre stato così. Doveva solo fare in modo che anche Dean lo ricordasse.
Balthazar tacque e Castiel si chiese se non avesse messo giù. «Fai attenzione Cassie, intesi?» si raccomandò, spezzando il silenzio.
Castiel annuì, dimenticando per un momento che l'altro non potesse vederlo. «Lo riporterò a casa e quando te lo presenterò capirai.» promise.
Riattaccò e si concentrò sulla folla: gli piacevano gli aeroporti. Trovava estremamente evocativo il momento in cui due amici o due amanti si scambiavano un abbraccio dopo essersi ritrovati. Castiel non aveva mai creduto all'amore, ma se avesse dovuto scegliere una location adatta per il suo lieto fine sarebbe stata di certo un aeroporto.
E con in quei vecchi film stucchevoli e scontati, in bianco e nero, che mandavano in tv alle tre di notte, la folla si disperse e Castiel lo vide.
Fu come ricevere una cascata di mattoni in pieno viso e ringraziò mentalmente Balth per avergli prestato il suo trolley da viaggio: se non si fosse sostenuto al manico probabilmente sarebbe finito a terra.
Dean lo stava raggiungendo, bellissimo come lo ricordava solo leggermente più abbronzato. Gli stava sorridendo e non si trattava di un sorriso di cortesia, no!, quella era felicità allo stato puro e gioia ed era per lui, solo per lui, non per Joanna, ma per Castiel.
Si chiese come avesse fatto a sopravvivere fino a quel momento senza vedere quel sorriso ogni dannatissimo giorno.
Come ipnotizzato lasciò il manico della valigia e gli camminò lentamente incontro, sapendo che l'altro si sarebbe fermato, ma contro ogni aspettativa Dean eliminò il poco spazio che li separava centimetro dopo centimetro e un istante più tardi Castiel si ritrovò stretto in un abbraccio a dir poco destabilizzante.
Aveva dimenticato quanto fosse buono il suo profumo, quanto fossero numerose le sue lentiggini, quanto verdi fossero i suoi occhi, come se prima di quel momento non lo avesse mai incontrato o conosciuto, black out totale.
Amore a prima vista, Castiel riusciva già a sentire la musica di quei film degli anni '30.
Dopo quel contatto sobriamente corto - o inquietantemente lungo da ciò che Castiel aveva percepito nella sua testa- Dean continuò a fissarlo con quella gioia che non ne voleva sapere di abbandonare il suo viso.
«Ti trovo benissimo, Cas. Sono contento che tu sia qui.»
Castiel sorrise come una ragazzina imbranata. «Non ti avrei lasciato per nulla al mondo.» rispose, ed era vero, troppo vero, e niente e nessuno sarebbe stato in grado di rovinare quel momento.
E poi lei arrivò.
I capelli biondi ad incorniciarle il viso, un sorriso sincero sulle labbra e l'espressione innamorata che poche volte aveva visto sul viso di qualcuno. Li raggiunse in fretta, come un fulmine a ciel sereno, e Castiel si sarebbe aspettato davvero di tutto ma non che quella ragazzina minuta gli gettasse le braccia al collo come se lo conoscesse da una vita.
E a Castiel avrebbe anche fatto piacere se quella lì non fosse stata la sua nemica mortale e non avesse appena cancellato ogni traccia di DNA di Dean Winchester dai suoi vestiti!
«Tu devi essere Joanna» appurò Castiel, facendo di tutto per apparire meno stizzito di quanto già non fosse.
La ragazza si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e lo squadrò da capo a piedi. «Chiamami Jo. Dean mi aveva detto che eri carino ma non pensavo fino a questo punto. Ho forse scelto il ragazzo sbagliato?»
Sì, hai scelto il ragazzo sbagliato! Balth aveva ragione, avrei dovuto attaccare il cartello "proprietà di" sul suo pene!
«So tutto di te, Castiel. Dean non fa altro che parlare di te, sono così contenta di conoscerti.» continuò Jo, facendo un cenno verso la strada. «Il tuo hotel è a dieci minuti da qui, possiamo fare una passeggiata e accompagnarti.» propose e poi fece una cosa che gli fece salire il sangue alla testa: prese la mano di Dean.
Ora, Castiel era un tipo incredibilmente logico e razionale, non ci voleva un genio per appurare che la mano di Jo era troppo piccola e che l'insieme delle loro dita intrecciate era davvero antiestetico.
Dean aveva delle belle mani e anche Castiel le aveva... doveva essere destino, no?
Si incamminarono e Dean ne approfittò per raccontargli della sua carriera, degli articoli che avrebbe dovuto scrivere e che, quando leggeva i giornali, provava pena per quei poveri cuochi impazziti a causa di un suo giudizio negativo.
Castiel lo ascoltava attento, pendendo dalle sue labbra e assaporando quei "Cas" quasi si trattasse dei suoi dolci preferiti.
«Dean andiamo, basta parlare di lavoro, lo starai annoiando a morte.» si intromise Jo, prendendo Castiel a braccetto e allontanandolo dalla portata del fidanzato.
Si chiese se fosse possibile odiare una persona più di così.
«Cas devo chiederti un enorme favore. La mia damigella d'onore, Ash, si è fratturato una gamba e mi piacerebbe che tu, ecco... insomma, vuoi farmi da prima damigella?»
Castiel chiuse e riaprì le palpebre diverse volte, confuso.
«Perché lo chiedi a me?» chiese, troppo perplesso per aggiungere altro.
«Perché non dovrei?» replicò Jo, come se fosse ovvio e Castiel troppo stupido per arrivarci.
«Beʼ prima di tutto sono un uomo. Non ho mai sentito parlare di "damigelli d'onore".»
Jo rise apertamente, lanciandosi con Dean uno sguardo di intesa. «Dean sapeva che avresti reagito così. Comunque ho sempre trovato molto sessista il fatto che lo sposo debba avere testimoni esclusivamente uomini e la sposa damigelle esclusivamente donne. È stupido e il mio matrimonio sarà strano, non convenzionale ma di certo non sarà stupido. Quindi io avrò gli uomini e Dean le donne.»
Castiel si voltò lentamente verso Dean, in cerca di appoggio, ma l'altro si limitò a buttare indietro la testa e ridere come se fosse la cosa più divertente del mondo.
E sì, magari lo era vista dall'esterno, ma lui avrebbe fatto il damigello d'onore e la cosa non poteva essere più umiliante.
«E poi cosa? mi appiopperai un abito rosa giunchiglia e una ghirlanda in testa?» le domandò, piccato, ma la ragazza scosse il capo e gli prese il viso tra le mani.
«Meglio. Dean ha scelto il tuo vestito personalmente, è già in camera tua. Magari ti accompagna lui così poi mi farà sapere se ti è piaciuto o meno. Io devo proprio scappare, il responsabile del catering ha fatto un casino e un omicidio prima delle nozze dicono che porti sfortuna.» annunciò, avvicinandosi a Dean e posandogli un morbido bacio sulle labbra.
Una fucilata in fronte sarebbe stata più sopportabile, pensò Castiel, salutando la futura sposa con la mano mentre si allontanava.
«Sa quello che vuole, non ti pare?» gli domandò Dean.
Castiel annuì, concentrandosi sull'insegna dell'hotel: quella Jo era una osso duro, non sarebbe crollata facilmente. Avrebbe dovuto sfoderare tutti i giochetti vili ed efficaci che aveva imparato - con un po' di rammarico- da Balthazar. Sarebbe stato difficile ma non impossibile e Castiel avrebbe solo dovuto trovare il punto debole di quel tornado biondo e pimpante.
«Mi accompagni in camera, Dean?» domandò sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori. «Se il vestito non mi piace verrò nudo al tuo matrimonio.»
Dean arrossi impercettibilmente e fece strada, e sul viso di Castiel si palesò un'espressione vittoriosa.
Quella Jo non aveva scampo.
 

*°*°*

 
Castiel sbuffò infastidito quando Jo gli parò davanti l'ennesima stoffa colorata del pomeriggio. Il compito di damigello non faceva che portargli via tempo, tempo che avrebbe dovuto passare con Dean per mettere in atto il suo piano criminale, e invece eccolo lì, nella sala del ricevimento di un ristorante lussuosissimo a pronunciare pareri sul catering e sulla disposizione dei posti.
E intanto Dean stava con tutti gli uomini di famiglia a guardare la partita, con una bottiglia di birra e goccioline di sudore ad imperlargli quel viso perfetto.
Il karma era un bastardo, decisamente.
«Scusami se ti ho provocato qualche stress. Sei qui solo da un paio d'ore.» si scusò Jo, incrociando le braccia, sinceramente dispiaciuta.
«Non è un problema.» mentì Castiel, scrollando le spalle. «Quindi... come definiresti questa cosa?»
Jo si accigliò. «Quale cosa?»
«Questa!» replicò Castiel, alzando le braccia al cielo.
«Il matrimonio? Beʼ è un po' stressante e trovare il vestito è stata un'impresa ma... credo stia andando abbastanza bene.»
«Sai, non facevo Dean una persona da matrimonio perfetto. Questa storia mi ha colto un po' alla sprovvista.»
«Ti capisco. Anche io sono stata colta di sorpresa quando Dean me l'ha chiesto.» confessò la ragazza, accomodandosi. «Non ho mai pensato che mi sarei sposata, non credevo nemmeno che il matrimonio e tutte queste stronzate facessero per me. Mi piaceva definirmi una donna sicura, indipendente e adesso eccomi qua, con un vestito vaporoso nell'armadio e le promesse ancora da scrivere. La vita è imprevedibile. Quando meno te lo aspetti ecco che uno come Dean bussa alla tua porta, conciato male, ricoperto di fango, domandandoti se può usare il tuo telefono.»
«Quindi è così che vi siete conosciuti? La bella e il barbone?» chiese Castiel, accennando un sorriso che di felice non aveva proprio nulla.
Jo rise, divertita. «Sì, più o meno. So che ci conosciamo da poco ma tu cosa faresti se l'amore della tua vita fosse lì, davanti a te?»
«Credo che farei di tutto per non perderlo.» mormorò Castiel, e dannazione! non poteva affrontare una discussione simile con lei. Non poteva!
«Certo, non che Dean sia perfetto. Vincerebbe un premio per tutte le cafonerie e stranezze di cui è capace se lo volesse!»
Castiel poggiò le braccia sul tavolo e ridacchiò. «Le maratone serali di Dr. Sexy M.D.
«Oddio, sì. È così stupido ma si ostina a vederlo tutti i mercoledì. E quel suo modo di...»
«Mangiare? Sì, potrebbe mangiare spazzatura e non se ne accorgerebbe.»
Jo spostò la sedia, per farsi più vicina. «Mastica con la bocca aperta. Mi chiedo sempre come facciano gli uccelli a reprimere l'impulso di procacciarsi il cibo da quel forno che spaccia per bocca!»
«Lo so, non è proprio di classe...» rise l'altro, e okay non avrebbe dovuto ridere e scherzare con il nemico ma era di Dean che stavano parlando, poteva permettersi di abbassare la guardia, anche solo per un momento.
Jo strinse le labbra in una linea sottile e si fece ancora più vicina, sussurrando al suo orecchio. «Non ascolta nulla che sia stato inciso dopo il 1979 e io non ho la più pallida idea dei gruppi o delle sue canzoni preferite.»
Castiel le puntò il dito contro. «Quello è un marchio di fabbrica, cara Jo. La sua musica è come l'Impala: intramontabile ed estremamente preziosa.» la ammonì. «Quindi mi stai dicendo che stai per sposare un uomo di cui non sopporti praticamente nulla?»
Oh sì, di questo passo sarà molto più facile del previsto...
Ma Jo scosse prontamente il capo. «Sopporto ogni suo difetto, Castiel. Amo ogni spigolo del suo carattere perché senza quelli non sarebbe Dean. E poi sappiamo entrambi che è pieno di pregi.»
«Dovrai illuminarmi. Non lo vedo da così tanto che potrei averli dimenticati.»
«È generoso, attento, mi fa sempre ridere e non mi tratta come una ragazzina come fanno tutti. E poi sì... bacia da Dio.»
Castiel si inumidì le labbra, cercando di ricordare come fosse baciare Dean, ma quando non ricordò cosa si provasse né il suo sapore gli prese quasi il panico. Come aveva fatto a dimenticarlo? Non avrebbe dovuto... insomma, baciare Dean doveva essere come respirare, no?
Aveva davvero dimenticato come fare a respirare?
Non aveva abbastanza tempo e se avesse fallito e Dean avrebbe detto di sì a Jo, Castiel non lo avrebbe più baciato, non avrebbe più ricordato cosa si provava...
«Va tutto bene, Cas?»
«Sì.» rispose, schiarendosi la voce. «Sì. Dean è una rarità... e a proposito di Dean, dovrei proprio andare a vedere come procede dall'altra parte. Puoi congedarmi o hai ancora bisogno di me?»
«No, vai pure. Dean mi ucciderà se ti tengo lontano da lui per troppo tempo.» scherzò, alzandosi e stiracchiandosi. «Credo che riuscirò a scegliere le tovaglie da sola.»
Castiel le fu grato in quel momento - solo in quel momento- e si allontanò, dirigendosi verso l'uscita. Chiamò un taxi e nel giro di venti minuti si ritrovò a casa di Sam, il fratello di Dean, dove tutti si erano riuniti per guardare la partita in quell'assolato pomeriggio di luglio.
Fu Dean ad aprire la porta quando Castiel bussò, riservandogli uno di quei sorrisi che aveva ricominciato ad amare.
«Sei davvero riuscito a liberarti di Jo? Non posso crederci!» si finse stupito Dean, tirandolo letteralmente dentro dopo averlo afferrato per la cravatta.
«Non avrei mai potuto perdermi la partita!»
Dean aggrottò la fronte, scettico. «Ma se non sai neanche chi gioca...»
«Ci sono le birre?»
«Per chi mi hai preso?»
«Allora sono dei vostri.» replicò Castiel, posandogli una mano sulla spalla, incapace di trattenersi dal desiderio di toccarlo.
Aveva ricevuto un abbraccio e adesso era totalmente assuefatto dal contatto. Maledizione!
Dean lo scortò fino al salotto dove un paio di uomini sulla strada della cirrosi epatica sbraitava contro la tv. «Cas, lui è Bill, il padre di Jo.» gli presentò, e Castiel porse immediatamente la mano all'uomo dai capelli biondi e qualche cicatrice sul viso.
«E ovviamente ricordi mio padre.»
John Winchester, seduto sul divano accanto a Bill, non staccò gli occhi dal televisore neanche un istante. «Ehi Castiel.» lo salutò, e Castiel rise perché quell'uomo era stato sempre burbero nei suoi confronti ma quando lui e Dean si erano allontanati per via del lavoro, John lo aveva chiamato diverse volte per sapere come se la passava, come se fosse uno di famiglia.
«E poi naturalmente c'è...» rincominciò Dean, ma Castiel lo batté sul tempo e si precipitò ad abbracciare l'uomo sulla poltrona.
«Bobby, ehi. Come stai?» gli domandò.
Bobby se lo staccò di dosso e lo guardò attentamente. «Hai la faccia di chi vuole fare qualcosa di stupido, ragazzo.» esordì, sospettoso.
Castiel morì dentro. «Ma che dici, è-» deglutì «-è la mia faccia. Solo la mia faccia.»
Ringraziò di cuore Dean quando lo afferrò per trascinarlo in cucina dove Sam e quella che doveva essere la sua ragazza, chiacchieravano affabilmente delle nozze imminenti.
La ragazza scattò in piedi non appena li vide e si precipitò dinnanzi a Castiel. «Tu devi essere il damigello.»
Castiel si schiaffò una mano sul viso. «Sto cercando di ripetermelo diverse volte ma continua a suonare stupido.» si lamentò, porgendole la mano. «Castiel.»
«Jessica. La testimone dello sposo.» si presentò, ammiccando verso Dean.
«Ci toccherà ballare insieme alla cerimonia... sempre che a Sam non dispiaccia.»
Sam sventolò le mani e rise. «Se provi a metterle le mani addosso, sappi che io ti troverò. Ma un ballo posso sopportarlo.»
Dean, in silenzio fino a quel momento, si intromise. «Cas, senza offesa ma... tu non sai ballare.» gli ricordò in un sussurro.
«Sì ma loro non lo sanno, andiamo Dean. Fammi fare bella figura per una volta!»
Sam e Jessica parlottarono un po' di regali e partecipazioni e Castiel si chiese quanto fossero vicine anche le loro di nozze. Se il suo piano fosse andato in porto, avrebbe potuto partecipare a quel matrimonio con Dean, prenotare una bella suite in hotel e prendere in giro gli invitati.
Era un bel programma.
Dean gli fece cenno di seguirlo in giardino ed entrambi si accomodarono sulla gradinata all'ombra, lontani dalle urla sconnesse di John e Bill sul risultato della partita.
«Sembra una casa di pazzi, lo so.» si scusò Dean, porgendogli una bottiglia di birra ghiacciata.
«Non preoccuparti. Anzi, è bello. Mi ricorda i vecchi tempi... è piacevole.» lo tranquillizzò Castiel.
«Allora... come è andata con Jo?»
Castiel sospirò. Perché diavolo dovevano parlare di Jo? Era la sposa, senza dubbio, ma non avrebbero potuto parlare di qualcosa che non la riguardasse per cinque minuti? Come poteva riconquistare Dean se non facevano che parlare di Jo e del matrimonio?
«Bene. Niente di particolare.» rispose, evasivo, sperando che Dean non approfondisse la questione.
«Ti piace?»
Castiel mandò giù un sorso di birra. «Sì, è molto buona. Ne avevo bisogno.»
«Non la birra. Lei... Jo. Ti piace?»
«Beʼ lei è carina.» rispose, lasciando Dean in attesa di una risposta migliore. Ma in realtà non sapeva che altro aggiungere: Jo era carina, tutto qui. Non poteva affibbiarle nuove qualità, non nella sua posizione...
Dean inarcò le sopracciglia. «Carina, e...?»
«Carina, Dean. Carina.» sbottò, per poi maledirsi per il proprio tono.
L'altro annuì, guardando qualcosa oltre il giardino, e bevve un sorso dalla propria bottiglia. «Sì scusami, Cas. La conosci solo da poche ore, non mi aspetto che tu abbia una visione completa dell'insieme.»
Ecco, ci mancava solo il Winchester mogio. Siccome ancora non mi sento abbastanza in colpa...
Cedette e fece la domanda che si era ripromesso di non formulare mai davanti a Dean. «Cosa la rende così speciale?»
E poi accadde: gli occhi di Dean si illuminarono di felicità e Castiel sentì un vuoto all'altezza dello stomaco perché quella ragazza lo rendeva felice e lui non sapeva se sarebbe stato in grado di reggere il confronto.
«Lei non è come le altre ragazze con cui sono stato. È forte, riesce a mettere tutti in riga solo con un'occhiata e anche se può sembrare brusca a volte, con lei posso comportarmi come voglio, senza vergognarmene.» spiegò.
«In che senso?»
«Quando la abbraccio» continuò Dean, estremamente attento «anche se siamo in pubblico non sono costretto a lasciarla andare. Non le interessa della gente e così è come se fossimo io e lei da soli dovunque. È una bella sensazione.»
«Vuoi dire che... che anche con-»
Dean annuì. «Sì, Cas. Tu mi allontanavi. Non me lo permettevi...»
Castiel ricordò di quei pomeriggi passati al parco in cui fuggiva ogni qual volta Dean cercava di avvicinarlo. Non lo faceva per cattiveria, lo faceva perché... in realtà non lo ricordava nemmeno. Adesso si sarebbe fatto abbracciare e baciare anche a Central Park senza battere ciglio.
«Le persone cambiano, Dean.» mormorò, sperando che capisse, perché lui era cambiato e per Dean sarebbe cambiato ancora se necessario. Che lo amava e non voleva lasciarlo andare.
Dean sorrise ma evitò di guardarlo. «Sì, così dicono.»
E Castiel sentì un groppo in gola che difficilmente sarebbe andato via.
   
 
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