05/07/97
«Fuusuke, spegni la radio.»
«Non ho intenzione di alzarmi.
Spegnila tu.»
«Kiyama, facci questo enorme
piacere.»
«Fottiti.» borbottò Hiroto mentre si
alzava con leggiadria dalla scomoda poltroncina della sala
d’attesa e mollava
un violento calcio contro il lato dello strumento scassato. La radio
ronzò per
qualche istante prima di spegnersi con un cupo singhiozzo che lo fece
rabbrividire.
«Ecco, ottima idea.» Nagumo si alzò
dalla sedia con aria piatta «Ora torna nel cinquantasei e
trovane un’altra di
simile.»
«Quella radio ha visto tempi migliori.
Sono seriamente stupito che funzionasse ancora. E poi, francamente,
nessuno
saprà che siamo stati noi, no?» Hiroto
sbadigliò, meritandosi un’occhiataccia
da parte di Reina. La ragazza sospirò con aria melanconica
mentre il suo
sguardo volava all’orologio fermo appeso alla parete.
«Il treno dovrebbe arrivare tra
mezz’ora.» rilevò Maki accanto a lei con
aria annoiata «Ritardo, ritardo… questi
fottuti treni sono sempre in ritardo.»
«Evidentemente siamo noi in anticipo.»
Suzuno borbottò con aria quasi teatrale. Gli sembravano
passati anni
dall’ultima volta che aveva visto il controllore spuntare
dalla porta alla sua
sinistra «Magari c’è stato un guasto. O
magari qualche idiota di macchinista lo
ha fatto sfracellare contro il muro di un call center. Di
nuovo.»
«Ma che sciocchezza.» ribatté Hiroto
mentre il suo sguardo volava in altro, verso i finestroni in vetro che
facevano
da tetto alla stazione. Era buio fuori. E le cicale cantavano in coro.
Per qualche istante il silenzio fu
spezzato solo dal canticchiare sommesso di Maki, che aveva appena
inforcato il
walkman e si era distesa sulla panchina.
«Quando ero piccola mia madre mi
diceva sempre che questa stazione era maledetta.»
bisbigliò Reina con aria
misteriosa mentre si accovacciava accanto a Suzuno. L’albino
sorrise in maniera
complice.
«Maledetta? E perché mai… voglio dire,
pensi che ci siano vampiri o roba simile?»
«Ma certo che no.» lo rimbeccò Reina
con fare da so-tutto-io. La cantilena di Maki si era fatta
più forte «Fantasmi.
Sembra che un treno si schiantò a folle velocità
una decina di anni fa. Niente
sopravvissuti. Un’ecatombe.»
«Oh, lo ricordo anche io.» Nagumo si
passò una mano tra i capelli rossi. La luce della luna piena
dava ai suoi occhi
un alone di mistero che stonava stranamente con la pelle pallida
«Da allora
girano strane storie su questo posto.»
Suzuno sbuffò con nonchalance mentre
Maki continuava a canticchiare You are my sunshine.
La luce del neon si
affievolì sopra di loro.
«Non mi dirai che credi ai fantasmi,
Reina?»
«Ma figuriamoci. Io? Sei tu quello che
è sbiancato. Hiroto, tu cosa ne pensi?»
Nessuna risposta. Il cantuccio in cui
Hiroto si era accomodato era stranamente vuoto. Di lui nessuna traccia.
«Sembra che ci abbia lasciati.»
«Vedrete, tornerà tra poco.»
obiettò
Nagumo, per niente impressionato «Ora che ci penso. Che fine
ha fatto Maki?»
Gli occhi di Reina brillarono di
curiosità mentre cercavano la figura familiare
dell’amica. La luce tremò
nuovamente, questa volta in maniera più esplicita e
percettibile.
«Dannazione.» sbottò Nagumo
«Se quel
cazzo di treno non arriva non riuscirò a raggiungere il
posto del colloquio di
lavoro.»
La luce si accese e spense ad intermittenza
per poi saltare una volta per tutte. Reina trattenne il respiro mentre
la mano
di Suzuno si spostava sulla sua. Una piccola luce di emergenza
rischiarava ora
la stanza. I loro respiri accelerati si mescolavano nel vuoto della
saletta.
«Sembra proprio che questo posto sia
davvero maledetto.» osservò Reina scrutando
l’orologio fermo dinnanzi a lei,
quasi nella speranza di poterlo far ripartire col pensiero. Sorrise
lievemente
«Nagumo?»
Silenzio.
«Sembra che se ne sia andato anche
lui.» Suzuno si imbronciò mentre Reina si alzava
dalla sedia con fare rigido.
Si spazzolò i vestiti e gli lanciò uno sguardo
accattivante.
«Credo che andrò anche io.»
«Da sola?» Suzuno deglutì. Solitamente
detestava essere irrazionale, ma in quel momento non poteva proprio
farne a
meno «In un posto maledetto ed infestato?»
«Oh, suvvia, Suzuno. Ho detto che credo
ai fantasmi. Non che ne ho paura.» ridacchiò e la
sua risata si affievolì man
mano che camminava verso i binari.
Suzuno era solo. Non si era mai
sentito così solo in vita sua. Alzò lo sguardo
verso la luna piena.
05/07/97. Quella era la loro giornata.
La giornata maledetta.
Suzuno aveva passato tanto di quel
tempo in quella stazione che non ricordava neppure come era avvenuto
l’incidente. Camminò con grazia fino al vecchio
calendario invecchiato dal
tempo, che da anni ormai segnava sempre la stessa data. Gli altri non
ricordavano, non potevano.
Suzuno aveva quasi dimenticato. Quasi.
Perché temeva che se avesse
dimenticato, anche lui sarebbe scomparso. Aveva paura di ciò
che sarebbe
successo dopo. Ricordava il sussulto del treno mentre deragliava dai
binari in
quel giorno afoso e maledetto.
Ricordava il corpo di Nagumo,
carbonizzato. Ricordava la mano di Hiroto che si stringeva
convulsamente alla
maniglia prima di cadere. Ricordava Maki col suo volto insanguinato.
Ricordava
Reina e le sue lacrime di terrore.
E quando era morto anche lui, aveva
saputo che avevano firmato la loro condanna.
Sorrise, Suzuno. Sorrise mentre il suo
corpo perdeva forma e densità, quasi come un filo di fumo
semitrasparente.
Sorrise mentre diveniva evanescente, svanendo come uno spettro nella
notte.
A n g o l o :
occhei,
piccola shot un po’
creepy/creapy/comesidice. no, occhei, lol.
spero si sia capito che in realtà
erano loro i fantasmi, morti nell’incidente
:’’
che cosa creepy. l’ho scritta per
festeggiare il compleanno di aurara. happy birthday, dear.
// parte la musichetta di detective
conan e shuichi akai la trascina via(?)
e boh, spero vi piaccia, ya.