Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: TheRaVen    21/01/2008    6 recensioni
bella ubriaca, diplomi, cravatte e proposte di matrimonio. scritta prima dell'uscita di Eclipse. pure fluff!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


"The Beauty In All This Pain Is I Can't Get Away From You
All I Can Taste Is Champagne"

Sugarcult-Champagne

Erano 66 giorni che aspettavo questo momento. 1584 ore di attesa. 95040 minuti di entusiastica preparazione a questo evento.

Non era passato un solo giorno da quel 22 marzo in cui avevo messo ai voti la mia mortalità, in cui non avessi pensato a oggi, a tutto quello che sarebbe successo d’ora in poi. Avevo cercato di godermi ogni singolo istante, ogni minuscola abitudine. Dalla colazione la mattina al lavoro al negozio dei Newton. Un paio di volte ero anche andata con Charlie a pescare per imprimermi nella memoria il suo ricordo. Non volevo dimenticarlo e ancora meno volevo che lui avesse rimpianti quando io sarei dovuta partire e non tornare mai più.

La scusa ufficiale era che mi sarei trasferita con Edward in un bel college in Alaska per frequentare un’università in cui le tasse non fossero troppo elevate e dopo un po’ nessuno avrebbe dovuto avere più notizie di me. Sarei dovuta sparire nel nulla e aspettare di essere dimenticata da chiunque avesse incrociato il mio destino negli ultimi 18 anni. Naturalmente Charlie aveva più volte cercato di persuadere Edward ad andare in qualche prestigiosa università in cui era stato ammesso.

Ai nomi Harvard, Berkley, Yale, la gente solitamente impallidiva ed era assolutamente impensabile che un ragazzo accettato in tutte le migliori istituzioni del paese decidesse di declinare ogni richiesta per seguire la fidanzatina del liceo in una università di seconda categoria così lontana da casa. Naturalmente tutto ciò accadeva per chi non conosceva la vera natura di Edward.

La verità era che anche lui aveva tentato di convincere me a seguirlo in uno di quegli atenei dai grandi nomi ma io avevo categoricamente rifiutato. Non volevo che i Cullen pagassero delle tasse di iscrizione inutili. Dopotutto la decisione ormai era stata presa. Io sarei diventata una vampira entro il prossimo semestre. Vampira.

Avrei potuto vivere con Edward per l’eternità. Essere felice per un tempo così lungo che la mia debole mente umana non riusciva neanche a comprendere.

Ero nel bel mezzo delle mie fantasie quando, come tutte le mattine da un mese a questa parte, una mano familiare bussò in modo stranamente insistente alla porta. Ancora in pigiama, urlai a mio padre che sarei andata io ad aprire e non persi neanche tempo per cercare le pantofole da sotto al letto che mi precipitai giù per le scale, riuscendo miracolosamente ad arrivare integra al piano di sotto, per accogliere il mio vampiro preferito. Edward aveva deciso che nei miei ultimi “mesi mortali”-come aveva preso a definirli- avrei dovuto fare esperienza di tutto ciò che non avrei mai avuto modo di provare in seguito. Aveva così iniziato una serie di strampalate abitudini come quella del portarmi tutte le mattine una colazione diversa, solitamente tipica di qualche paese straniero, oppure baciarmi spesso in pubblico-non che me ne lamentassi- solo per vedermi arrossire. Erano tutte piccole cose che avrebbero, secondo lui, dovuto farmi desistere dal mio intento.

Non aveva ancora capito che pur di vivere al suo fianco per un tempo sconsideratamente lungo avrei rinunciato volentieri a qualsiasi cosa.


Aprii la porta con un sorriso ebete stampato in faccia, già pronta ad approfittare della temporanea mancanza fisica di mio padre per salutare Edward, una volta tanto, appropriatamente. Appena vidi chi avevo davanti l’espressione sul mio viso cambiò repentinamente. Rendendomi improvvisamente conto di come mi ero presentata all’ingresso arrossi profusamente e cercai inutilmente di domare con una mano i miei capelli arruffati dal sonno mentre con l’altra tentavo invano di nascondere quanto più potevo i cagnolini stampati sul mio consunto pigiama. “Forse capisco perché tu e Edward non vi siete spinti oltre il bacio. Come pensi di sedurlo con quel coso addosso?”

“buongiorno anche a te Emmett” dissi terribilmente imbarazzata. ”Charlie è ancora di sopra” aggiunsi a voce più bassa “e tanto per la cronaca non ho mai provato a sedurre nessuno” Aprii la porta per consentirgli di entrare anche se, con la sua stazza, ci mancò poco che non sbattesse la testa alla trave in alto.

“Forse è proprio quello il problema, il mio carissimo fratellino avrebbe bisogno di una spintarella in quel senso” disse in tono cospiratorio scompigliandomi i capelli con una mano mentre mi sorpassava nell’ingresso per entrare in cucina. Lo guardai di sbieco ma lasciai cadere il discorso seguendolo verso il tavolo “Allora, come mai oggi ha mandato te?”

“L’umana deve fare colazione!” rispose sorridendomi “a casa sono tutti euforici per il diploma. Mi hanno mandato per assicurarmi che non ti affogassi con il tofu” si abbandon ò a una fragorosa risata “ammetti che riusciresti a farlo!” Mentre apriva il contenitore plastificato che aveva portato continuò a parlare

“Ti piace il giapponese?” disse tirando fuori ciotole e bacchette “Questa roba non ha affatto una bella faccia” Lo guardai incredula, non tanto per il cibo giapponese -dopo la colazione neozelandese non mi impressionava più nulla- quanto più per il commento sui Cullen. “credevo che dopo esservi diplomati così tante volte non vi preoccupaste più di festeggiare”

“Infatti è così. L’ultimo diploma che abbiamo festeggiato è stato quello di alice e jasper più di quindici anni fa. Ma quest’anno è un po’ diverso, Siamo tutti fieri di te” si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto “e Alice mi ha detto di riferirti che appena hai finito qui dovresti passare da casa. Ha accennato qualcosa riguardo al tuo guardaroba e dei tacchi ma non ho capito bene” Mi sedetti pesantemente sulla sedia più vicina espirando rumorosamente e, litigando con le bacchette e cercando di spostare quanto più lontano da me possibile la scatola che conteneva dei fagioli dall’odore assolutamente orribile, iniziai invece a spizzicare delle omelette di miso che sembravano la cosa più commestibile lì in mezzo. “tutti sono in agitazione per te, Bella. Dovresti vedere Edward! E’ nervoso come se si dovesse sposare!” gettò la testa indietro ridendo rumorosamente “anche Jasper ha rinunciato a farlo calmare” Con la bocca piena lo guardai torva. Sapevo che, anche se Edward non aveva rivelato a nessuno di essersi già proposto, Alice doveva esserne sicuramente a conoscenza e Emmett non aveva mai esitato a esporre il suo parere in merito. Lui mi considerava gi à sua sorella, La mia trasformazione e un matrimonio sarebbero stati solo la conferma ufficiale di quello che tutta la famiglia provava. Il pensiero che tutti aspettassero la mia risposta era un po’ destabilizzante. Io volevo sposare Edward ma non volevo assolutamente che lui usasse il nostro matrimonio come scusa per non rendermi uguale a lui. E sapevo che, in qualche modo, lo avrebbe fatto. “Com’è vivere con Rosalie?” chiesi improvvisamente curiosa, sorseggiando del th è verde per schiarirmi la voce “Hai mai desiderato che non ti avesse cambiato?” Mi guardò perplesso per un momento “perché lo vuoi sapere?” disse subito serio.

Parlare con Emmett era sempre stato piacevole. Aveva la capacità di mettermi a mio agio qualsiasi argomento affrontassimo e questo non faceva eccezione. Era a tutti gli effetti il fratello maggiore che avrei sempre voluto. “se è perché hai paura della trasformazione posso capirti. I dolori sono realmente atroci” fece una smorfia come se fosse disgustato alla sola idea di ricordare il suo cambiamento. “ma non ti devi preoccupare, noi saremmo tutti lì per te e Carlisle avrà tutto sotto controllo, tranquilla” sorrise rassicurante. “non è per quello” tenevo lo sguardo basso. Mi imbarazzava un po’ confidare le mie paure con il fratello del diretto interessato. Sapevo che se mi fossi lasciata sfuggire qualcosa di troppo Edward sarebbe stato vittima di prese in giro per qualche decennio. “credo che Edward abbia paura che mi possa pentire della mia scelta” dissi sottovoce per paura che Charlie potesse sentirci “si rifiuta di spiegarmi cosa mi aspetta dopo la trasformazione. A volte mi capita di pensare che in verità non voglia affatto avermi con lui per l’eternità” ammisi sinceramente. Sentii Emmett mettermi premurosamente un braccio intorno alle spalle “Non devi neanche considerarlo” mi strinse un po’ più forte “Edward ti ama sopra ogni cosa, dovresti saperlo ormai questo” rimase in silenzio per un po’ prima di lasciar cadere il braccio che mi cingeva le spalle e stringermi la mano invece. “Ti mentirei se ti dicessi che non ci sono state volte in cui avrei preferito morire quella mattina a causa dell’orso. All’inizio la fame era incontrollabile. Mi esercitavo, andavo a caccia tutti i giorni con Carlisle e Edward ma sembrava non bastarmi mai. Un giorno ero nel bosco con Rosalie, ci stavamo divertendo un po’ dopo esserci saziati quando un odore troppo forte per resistere mi colpì in pieno. Rose non ebbe neanche tempo per provare a fermarmi che io avevo già aggredito quella povera ragazza. Lei era per me quello che tu sei per Edward, la mia cantante credo vi definiscano.” Guardò in basso provato dal peso del rimpianto“ riesco ancora a ricordare il momento in cui capii cosa avevo fatto. Avevo

le mani imbrattate di sangue, sapevo di aver tradito la fiducia di tutti. Non sapevo con quale coraggio mi sarei ripresentato di fronte a Carlisle. Quella fu la prima volta in cui desiderai veramente non essere mai stato creato” a dispetto della sua voce incerta un sorriso si fece strada sul suo volto “ma poi vidi la mia Rose aiutarmi a ripulirmi. Non capivo perché mi stesse accanto dopo quello che avevo fatto. Ci misi un po’ a capire che l’amore supera qualsiasi difficoltà. Edward deve ancora abituarsi a questa idea. Io ringrazio Dio o chi per lui ogni volta che guardo Rosalie, sono grato che mi sia stata data la possibilità di vivere ancora per starle accanto” Mi guardò negli occhi e tornò serio “Edward è sempre stato il pi ù sensibile tra di noi. Continua a non accettare quello che è e credo abbia semplicemente paura che tu possa incolparlo di averti reso un mostro una volta sperimentato cosa sia il senso di colpa che deriva dall’essere un vampiro.” Annuii senza parole.

“ma non ti preoccupare” sorrise malizioso” anche il mio virtuoso fratellino un giorno capirà che ci sono molte altre cose, estremamente piacevoli, su cui ci si pu ò concentrare e che potrete godervi entrambi quando tu sarai come noi” “Emmett!” gli tirai una pacca sulla sua spalla di granito oltremodo imbarazzata per quella allusione alla nostra vita privata nello stesso momento in cui Charlie entrò in cucina. “Quando Bella sarà come, Emmett?” chiese mio padre senza perdere tempo in convenevoli.

Il gigante al mio fianco rimase tranquillo continuando a stringere la mia mano sotto il tavolo. “stavo giusto dicendo a Bella, ispettore Swan, che credo sarà felice della sua vita universitaria, una volta diplomata come noi.” Rispose cortese Emmett ponendo un po’ troppa enfasi nell’ultima parte della frase. “lo credo anche io, vorrei solo che non andasse così lontano da casa. Non capisco perché andare in Alaska quando l’università a Seattle sarebbe molto pi ù comoda” disse Charlie rivolgendosi visibilmente a me ma procurandosi solo una risposta dal vampiro seduto al mio fianco. “Non si preoccupi ispettore, Bella starà più che bene! Non si dimentichi che ci sarà sempre Edward a proteggerla. Non le succederà niente” spiegò entusiasticamente. Pur non avendo la facoltà di leggere nel pensiero sapevo fin troppo bene cosa stesse pensando mio padre in quel momento e mi adoperai subito per cambiare discorso. “vuoi un po’ di natto papà?” chiesi indicando i fagioli che non avevo il coraggio di mangiare dall’altro lato del tavolo.

“Ancora cucina esotica?” fece un’espressione disgustata, forse in memoria di quel kimchi coreano che il suo stomaco non aveva particolarmente gradito qualche settimana prima. “giapponese oggi” rispose Emmett educatamente “Esme le sta provando tutte da quando ha trovato quel grosso libro di ricette in libreria” questa naturalmente era solo la scusa “umana” per non far insospettire mio padre. In verità non ero ancora del tutto convinta che Edward non andasse personalmente a prendere quelle prelibatezze direttamente nel paese d’origine. “capisco” disse Charlie immediatamente “ma credo che per oggi passerò il turno. Ringraziala lo stesso da parte mia”

“lo farò sicuramente” affermò il vampiro alzandosi da tavola e dirigendosi verso la porta “ora è meglio che vada, prima che a tutti prenda una crisi isterica a casa.” Disse rivolto a me “Ci vediamo più tardi Bella, ricordati cosa ha detto Alice” Scortato da mio padre verso l’ingresso sentii Emmett salutare cordialmente e poco dopo che la porta fu richiusa il rombo del motore di quel gigantesco fuoristrada che gli piaceva tanto. Stavo ripulendo il tavolo quando Charlie rientrò aggiustandosi rapidamente il colletto della camicia nel riflesso del forno. Non avevo mai visto, da quando abitavo qui, mio padre così elegante e nervoso come allora. “come sto?” si girò verso di me “questa cravatta mi sta soffocando”

Charlie non aveva mai portato cravatte in tutta la sua vita. Si era persino sposato in uniforme e, a parte quella che gli avevo visto usare per il funerale della nonna, non credevo ne possedesse altre. Probabilmente il fatto che mia madre stesse per tornare a Forks accompagnata da Phil lo metteva in agitazione. Sapere di essere stato soppiantato da un uomo più giovane e più atletico nel cuore della donna che amava doveva essere frustrante. Pulendomi le mani a un vecchio strofinaccio mi avvicinai a lui per rifargli il nodo della cravatta.


Con un paio di colpi precisi riuscii a sciogliere il nodo troppo stretto che aveva fatto lui e allungandomi sulle punte dei piedi gli feci ripassare il pezzo di stoffa intorno al collo. Avevo gli occhi fissi sui movimenti delle mie mani mentre giravo la parte più lunga della cravatta intorno a quella più corta dell’altro lato ma non potei fare a meno di notare l’odore pungente del profumo misto al solito dopobarba. Charlie non era affatto un tipo vanitoso ma, a quanto pare, non aveva nessuna intenzione di mostrarsi inferiore a Phil, di questo ne ero certa. Avevo quasi finito di aggiustare il nodo al suo posto che le parole di mio padre mi fecero tornare alla realtà

“assomigli molto a tua madre” il tono della sua voce era velato dal ricordo “anche lei si mordeva sempre il labbro quando si concentrava su qualcosa”

Stringendo ancora il pezzo di stoffa in mano alzai lo sguardo per incrociare i suoi occhi. Non mi ero mai accorta di quante abitudini avessi ereditato da Renèè. Charlie amava mia madre, dopo tutto il tempo che era passato ero sicura che lui la amasse ancora come il primo giorno. Ed era altrettanto certa che amasse me quanto lei. Mi si stringeva il cuore a sapere che la storia si sarebbe ripetuta di nuovo, che mio padre sarebbe rimasto ancora una volta solo perché le uniche due donne per cui avrebbe sacrificato tutto l’avevano -io ero in procinto di farlo- abbandonato per inseguire la loro felicità non curandosi di lui. “Ti voglio bene papà” lo guardai in quegli occhi troppo simili ai miei cercando di non farmi tremare la voce e sperando che capisse quanto sincere fossero quelle parole. Avevo sempre vissuto con Renèè e, per quanto spesso, i rapporti tra di loro non fossero ottimi mio padre non mi aveva mai fatto mancare nulla. Quando avevo deciso, l’anno passato, di trasferirmi a Forks avevo più paura, ricordando quello che mi aveva sempre detto mia madre, di quello che la città mi avrebbe offerto che non di quelli che sarebbero stati i rapporti con Charlie. Eravamo sempre stati troppo simili per non andare d’accordo. Sentii le mani di mio padre sulle spalle avvicinarmi a lui e stringermi in un abbraccio che non ammetteva repliche. Nessuno dei due era mai stato propenso a dimostrare affetto con quel tipo di gesti. Il fatto che lui mi avesse stretta a sé proprio ora che io lo stavo per abbandonare mi lasciò spiazzata, mi fece venire voglia di piangere, di chiedergli perdono per qualcosa che non sarebbe riuscito a comprendere. “sono fiero di te, Bella.” Alleggerì la stretta intorno alle mie spalle ma non lasciò che mi muovessi “mi dispiace per come ti ho trattata negli ultimi mesi ma, quando sei sparita per andare da quel Cullen” aveva ancora problemi a chiamarlo per nome “pensavo di averti perso.” Mi allontanò da sé per guardarmi in volto “Io voglio solo che tu sia felice, lo sai questo, vero?” Questo era decisamente uno dei discorsi più lunghi che Charlie avesse mai fatto e io sapevo quanto gli era costata quella confessione. Annuii con la testa continuando a reggere il suo sguardo “lo so, papà. Non hai bisogno di scusarti, non sono stata la persona più facile con cui vivere nell’ultimo anno” Visibilmente imbarazzato si scostò in fretta da me e fece per prendere la giacca piegata contro lo schienale della sedia più vicina.

“Bene, io vado a prendere la mamma e Phil all’aeroporto” disse aggiustandosi le maniche “ci vediamo alla cerimonia Bells”

Sentii la macchina scivolare fuori dal vialetto mentre l’acqua della mia doccia scorreva già in attesa che arrivasse alla temperatura giusta.

Mi spogliai velocemente e cercai di rilassarmi sotto il getto caldo. Charlie mi sarebbe mancato terribilmente. Forse anche più di Renèè. Naturalmente le volevo bene ma da ormai troppo tempo i nostri ruoli si erano confusi. Non ero più sicura su chi fosse la madre e chi la figlia nel nostro rapporto. Se non fosse stato per il particolare anagrafico mi sarei trovata in serie difficoltà. Charlie era un brav’uomo, con i piedi per terra, praticamente tutto il contrario di Renèè, non meritava di certo quello che gli stavamo facendo subire. Mia madre aveva frequentato molti uomini da quando aveva lasciato Forks ma sia io che mio padre sapevamo che non era mai stato nulla di serio, nulla di cui preoccuparsi. Anche con Phil iniziò cos ì. Pensavamo fosse solo la voglia di sperimentare il brivido dell’avere gli occhi puntati addosso. Renèè godeva nello stare al centro dell’attenzione e farsi accompagnare da un uomo più giovane e mediamente famoso era esattamente quello che cercava. L’annuncio del loro matrimonio arrivò come un fulmine a ciel sereno, il peggior incubo di Charlie era divenuto realt à.

Il matrimonio con quell’uomo tanto distante da quello che era sempre stato mio padre era stata la delusione più recente se non la più scottante per lui. Ricordo ancora quando telefonò a Phoenix per dare le sue felicitazioni a mia madre. La sua voce non nascondeva il minimo accenno di gioia. E ora io dovevo lasciare la sua vita, pretendendo che il tempo lo aiutasse a dimenticarsi della sua unica figlia, facendo finta che non mi importasse nulla della sofferenza che la mia partenza avrebbe lasciato. Quando, dopo l’addio di Edward, io ero diventata l’equivalente umano di uno zombie, Charlie era sempre stato al mio fianco. Io, pur senza volerlo coscientemente, avevo proiettato le mie sofferenze su di lui e mio padre aveva capito, seppur in minima parte, cosa stavo provando. Sapere che qualcuno fosse lì per me a sostenermi, ad aspettarsi qualcosa da me, anche un solo sorriso, mi aveva aiutato. Chi avrebbe sorretto mio padre quando io non ci sarei stata? Cosa ne sarebbe stato di lui senza di me? E’ strano come nei momenti di maggiore sconforto ti vengano in mente particolari completamente futili. Come quando a un funerale non riesci a fare a meno di ridere per un pensiero neanche particolarmente divertente. Così mi ritrovai a piangere nella doccia pensando a chi avrebbe preparato la cena a Charlie se io me ne fossi andata? Sarebbe tornato a mangiare quelle schifezze precotte che comprava prima del mio arrivo? Sarebbe ancora andato a pescare con Billy o si sarebbe chiuso in se stesso come avevo fatto io l’anno passato? Le mie lacrime si mescolavano all’acqua calda che pioveva su di me. Alzai ulteriormente la temperatura e lasciai che il getto bollente mi sciogliesse i muscoli delle spalle mentre per la prima volta mi abbandonavo ai singhiozzi in previsione di quello che stavo per lasciare.

* * * Parcheggiai il pick up nello spiazzo quasi completamente libero di fronte a villa Cullen.

Fatta eccezione per la volvo di Edward, né la mercedes di Carlisle né la bmw di Rosalie erano al solito posto. Non dandogli troppo peso mi avviai a passi svelti verso il portone d’ingresso. Prevedibilmente, non feci neanche in tempo a bussare che un elfo dai capelli neri mi saltò letteralmente tra le braccia. “Bella! Sono così emozionata per te! È il tuo primo diploma!” Contenere l’entusiasmo di Alice non era mai stata un’impresa facile ma oggi sembrava non avere freni. Vomitava parole a una velocità tale che era difficile starle dietro. Dubitavo che prendesse fiato tra una frase e l’altra. Dopotutto non ne aveva bisogno, lei.

“Sai, Esme ,Carlisle e Jasper sono perfino andati a comprare una macchina fotografica! Lo sai che è contro le regole. Rischieremmo troppo se ci facessimo delle foto in un contesto simile. Qualcuno potrebbe riconoscerci tra qualche decennio. No, no, è fuori discussione. Ma le foto sono tutte per te oggi Bella! Emmett e Rosalie sono andati a preparare la jeep per la caccia di stasera. Jasper ha proprio bisogno di nutrirsi, non credo che riuscirà a resistere per l’intera cerimonia.” Sembrava non ci fosse modo di fermare Alice anche se l’unico che non aveva ancora nominato era il solo che volessi assolutamente vedere in quel momento. Aprii la bocca per chiedergli appunto dove fosse Edward ma, come al solito, non mi venne lasciato il tempo di parlare.

“ma certo, vai pure, il tuo principe azzurro è nella sua camera” si picchiett ò la fronte “gli farai una sorpresa” disse indicando le scale.

Non so se Alice avesse visto cosa sarebbe successo, se stesse intenzionalmente bloccando i suoi pensieri o entrambe le cose, ma cogliere Edward impreparato era un evento più unico che raro e io ero decisa a non lasciarmi sfuggire l’opportunità. Velocemente ma senza fretta raggiunsi l’ultima rampa di scale, quella che portava dritta al mio santuario privato, e rimasi in ascolto.

La porta della sua camera era socchiusa, dall’interno non proveniva nessun rumore. Mi avvicinai lentamente, attenta a non inciampare nei miei stessi piedi e al contempo a non fare il minimo rumore per non svelare la mia copertura. Quasi mi lasciai sfuggire una risata quando mi ritrovai a strisciare contro il muro come in uno di quei film di spionaggio di serie B. Trattenendo anche il respiro, scostai leggermente la porta per sbirciare all’interno.

Edward era lì, voltato verso la vetrata che ricopriva la parete opposta alla porta e mi dava la schiena. Aveva addosso un paio di pantaloni neri dal taglio classico e non riuscii a fare a meno di notare che fosse scalzo. Il pallore della sua pelle pareggiava perfettamente quello della camicia bianca che portava. Una manica era arrotolata con cura lasciando scoperto un avambraccio, mentre l’altra era ricaduta sul polso lasciando visibile una mano appoggiata al mobiletto angolare su cui era posto lo stereo e su cui le sue esperte dita tamburellavano un ritmo che non riuscivo a seguire. Spostai l’attenzione più in alto, prima sulle sue spalle squadrate, poi sui suoi capelli. Nel controluce fornito dalla vetrata i riflessi ramati erano particolarmente visibili, facevano quasi apparire la sua testa immersa da un alone di fuoco. Portava delle cuffie irragionevolmente grandi, di quelle che avevo visto solo sulle orecchie di pochi deejay sui canali musicali e muoveva il capo leggermente da un lato all’altro perso nella musica. Era incredibile come anche quando fosse solo non perdesse mai il suo contegno. Quasi riuscii a immaginarlo far finta di suonare una chitarra invisibile atteggiandosi come quei musicisti metal dall’aria tanto cattiva. Ero sicura che Edward da solo, mantenendo il suo atteggiamento altero, sarebbe riuscito a far impallidire anche il più portato di loro in una sfida con uno strumento musicale qualsiasi. Anche l’ukulele avrebbe assunto un altro fascino se suonato dalle sue abili mani.

Trattenendo a stento una risata per non farmi scoprire mi avvicinai lentamente a lui. Con un gesto improvvisamente rapido feci scivolare le mie mani intorno alla sua vita cercando di stringerlo contro di me. Naturalmente era come cercare di spostare un muro ma non allentai la mia presa. Lo sentii irrigidirsi all’istante, inspirando rumorosamente con il naso girò la testa nella mia direzione quel tanto che mi bastò per vedere un sorriso illuminargli il volto. “non ti ho sentita arrivare” sembrava piacevolmente sorpreso mentre si levava le cuffie.

Mi allungai sulle punte dei piedi per stampargli un bacio sulla nuca, all’attaccatura dei capelli prima di sentirlo rilassarsi sotto le mie mani. “mi ha fatto entrare Alice” parlai sottovoce, appoggiando la guancia contro la sua scapola, per paura di rovinare la bolla di perfezione in cui stavamo vivendo. La sua risata argentina risuonò nella stanza “avrei dovuto capirlo” si girò verso di me affondando con un movimento fluido il naso nel mio collo “quando ha insistito che le facessi da cavia per un nuovo profumo” inspirò profondamente dandomi i brividi “fino a pochi minuti fa pensavo che non sarei più riuscito a sentire il tuo magnifico odore” si rialzò storcendo il naso

“E questo sarebbe stato un bene o un male?” dissi leggermente.

“Una tragedia” rispose fingendo un tono miserevole scuotendo la testa ad occhi chiusi.

“è davvero così buono da non poter stare senza?” continuai il nostro gioco

“è così buono che morirei di nuovo, se potessi, se non avessi la mia razione quotidiana”

Avevo capito bene cosa intendeva ma non mi lasciai comunque sfuggire l’occasione “e noi non vogliamo che questo accada, vero?” mi guardava perplesso “quindi, dopo la cerimonia mi trasformerai tu?”

Il suo umore cambio così velocemente che feci fatica a rendermi conto di quali emozioni gli passassero sul volto.
Confusione, frustrazione, rabbia, esasperazione.
Mi faceva male vederlo così ma volevo che capisse quanto lo desideravo.

“sempre così ansiosa di diventare un mostro, Bella?” disse allontanandosi tanto velocemente da me che quasi caddi per lo spostamento d’aria.
“Ansiosa di essere una creatura infernale” prese la cravatta appoggiata sul divano e con movimenti tanto veloci da riuscire a mala pena a seguirli con i miei patetici occhi umani, iniziò a farsi il nodo punteggiando le sue parole con gesti decisi.
“ansiosa di essere una vile…” passò il lembo più sottile sotto quello più largo
“…sporca…” fece fare al pezzo di stoffa un giro completo intono al perno
“…bestia… ” infilò il margine maggiore nella V che si era creata
“…succhia sangue…” tirò con forza il lembo rimastogli in mano
“….come me.” ringhiò rabbioso un po’ per quello che avevo scatenato io un po’ per l’esito disastroso del suo nodo.


Mi avvicinai incerta a lui, quasi aspettandomi che mi scansasse, allargai il suo nodo e, come avevo fatto con Charlie quella mattina, mi sollevai sulle punte dei piedi per sistemargli la stoffa intorno al colletto. In silenzio ripetei lentamente le sue stesse manovre. Nessuno dei due aveva il coraggio di parlare. Sapevo che questo era uno di quei momenti in cui lui avrebbe desiderato leggermi nel pensiero e paradossalmente, era anche uno di quei momenti in cui io ero grata che non riuscisse a farlo, non gli sarebbe piaciuto quello che stavo pensando. “Come faccio a farti capire che è un errore voler essere come me Bella?” disse rassegnato

“Come faccio a farti capire quanto è importante per me l’averti al mio fianco?” gli risposi arrabbiata. Avevamo fatto questa stessa discussione un milione di volte ormai ma eravamo entrambi troppo cocciuti per cedere. “Sai benissimo che starei al tuo fianco comunque, se tu mi volessi ancora”

“fin quando Edward?” ero decisamente irritata a questo punto “fino a quando avrò i capelli bianchi? Fino a quando non avrò più la forza di parlare? Fino a quando non ricorderò più chi sei? Fino ad allora rimarrai sempre con me?” “Ci sarò fino a quando tutto non andrà come sarebbe dovuto andare” Non lo lasciai finire. “come sarebbe dovuto andare se tu fossi morto nel 1918?” inquisii impazientemente “sarei morta molto tempo fa se non ci fossi stato tu! e se io non ci arrivassi ad avere i capelli bianchi?” dissi trattenendo le lacrime con tutte le mie forze “se i Volturi, Victoria, un tir o un fulmine decidesse di uccidermi prima cosa faresti? Se stessi per morire continueresti a non volermi far diventare come te?”

Aveva lo sguardo perso in un punto imprecisato oltre la mia testa, verso la porta. Quasi sicuramente stava ascoltando i commenti privati del resto della famiglia, appena tornata, sul mio piccolo sfogo. Inutile dire che era difficile che non mi avessero sentito visto che il mio tono di voce saliva autonomamente di parecchie ottave quando ero sotto stress, ma al momento non mi importava che avessero ascoltato tutto ciò che avevo detto. Sapevano già come la pensavo in merito. Sul suo volto passarono molte espressioni sicuramente in risposta a ciascuna mente su cui era sintonizzato, troppo veloci perché io riuscissi a coglierne una per più di un paio di secondi. Improvvisamente incrociò il mio sguardo e parlò sottovoce “Scusami. Da quel giorno a biologia ho giurato a me stesso che non sarei mai stato la causa delle tue sofferenze” alzando una mano per asciugare una lacrima sfuggita al mio controllo catturandola sulla punta di un dito rimase ad osservarla come se in quella gocciolina fossero racchiuse le risposte a tutte le domande dell’umanità “evidentemente non sono così bravo n questo. Da quando ti ho conosciuta ti ho fatto versare abbastanza lacrime per entrambi. Vorrei solo che mi permettessi di farmi carico di un po’ delle tue sofferenze. E’ il minimo che io possa fare per te. Vivrei felicemente per il resto dell’eternità se sapessi che le uniche lacrime che usciranno dai tuo meravigliosi occhi fossero di pura gioia. Non voglio tradire l’amore che provo per te essendo la causa della tua sofferenza. Cerca di capire almeno questo Bella.”

Il suo tono era quasi implorante e i suoi occhi talmente sinceri che se la porta non si fosse aperta in quello stesso istante avrei potuto seriamente prendere in considerazione le sue richieste. “mi dispiace interrompere la vostra conversazione ma qualcuno deve diplomarsi per la prima volta oggi e non vogliamo che abbia i capelli spettinati sotto il cappello, vero?” Non so cosa avesse visto Alice ma non ebbi tempo di girarmi verso la porta che mi ritrovai gi à in bagno pronta a fare di nuovo la cavia umana per la mia futura sorella.

La cerimonia, contro ogni mio pronostico, andò molto più che bene. Sotto lo sguardo attento della signorina Cope e le urla del prof. Varner, riuscii ad arrivare illesa sul palchetto per ricevere il mio diploma e a scendere dalle scalette in legno, rese viscide dalla pioggerellina che aveva iniziato a cadere, senza rompermi l’osso del collo. Un miracolo, in poche parole.

Edward era andato via subito dopo aver ricevuto la sua pergamena. Alice aveva detto che sarebbe stato fuori città per il pomeriggio ma che avremmo passato la sera insieme quindi non mi preoccupai troppo anche se nessuno sembrava volermi dire dove fosse andato il mio fidanzato. Mi rassegnai a scoprirlo al suo ritorno. Mi era sembrato per pochi secondi di vedere la macchina di Jacob e Billy Black allontanarsi sul vialetto della scuola ma ero stata subito placcata da mia madre per dargli troppo peso. Jacob era un argomento che non volevo affrontare. Volevo dirgli addio, sapevo che sarebbe stato giusto farlo. Non tanto perché, in quanto Quileute avremmo dovuto confrontarci con loro riguardo alla mia trasformazione ma, tanto più perch é lo consideravo ancora il mio migliore amico. Dopotutto, se Edward era di nuovo qui con me lo dovevo anche a lui. Era stato Jacob a rimettermi in piedi, a farmi ritrovare il sorriso in quei tragici mesi. Avevo voluto bene a Jacke con tutto il mio cuore, anche se quello che ne era rimasto dopo la partenza di Edward non era molto. Il resto l’aveva portato via lui quel giorno nel bosco. Se non fossi rimasta così legata al suo ricordo, se non fossi stata pienamente e fermamente convinta dell’amore che mi legava a Edward, Giulietta avrebbe avuto un finale meno tragico e magari la vita con Paride non sarebbe stata troppo male. Ma Romeo era tornato e, per quanto strano potesse sembrare ora, non rimpiangevo quei mesi in solitudine. Erano serviti per darmi la percezione reale del mio amore per Edward. Avevano dimostrato praticamente, anche a me stessa, che un’esistenza senza di lui sarebbe stata impensabile e erano serviti per darmi un amico come pochi. Io amavo Jacke nel vero senso dell’amicizia, ma dall’ultima volta che ci eravamo visti, troppi silenzi erano passati tra noi.

Sarei riuscita ad abbandonare tutto e tutti, anche chi, se non fosse stato per la stupida storia dei “nemici mortali” mi sarebbe potuto rimanere accanto? Valeva la pena fare un ultimo tentativo. Mi decisi a parlarne con Edward a riguardo. “Bells, tesoro! Siamo così orgogliosi di te!” mia madre, in lacrime, mi ingolf ò in un abbraccio degno di Emmett. “grazie mamma. Ma veramente, non c’è bisogno che mi strangoli proprio ora che la tortura è finita!” non ora che sto per ottenere l’eternità che desidero! Questo pensiero mi riportò inevitabilmente al mio vampiro preferito.

5 minuti senza di lui e già la terra non era un gran posto in cui vivere. * * *


Mai unire Emmett, Alice, Un’umana astemia con i giorni contati e dello champagne nella stessa stanza, l’unica cosa che ne uscirebbe integra sarebbero due vampiri troppo masochisti per ammettere che lo champagne come tutti gli altri cibi umani è assolutamente rivoltante per il loro palato. Non so perché mi fossi lasciata convincere da Alice che “le bollicine sono divertenti da sentire sulla lingua” né perché non avessi resistito alla tentazione di vedere la faccia di Emmett mentre scommetteva che non sarei riuscita a berne neanche tre bicchieri ma la lontananza di Edward aveva strani effetti sulla mia psiche. Non ero neanche riuscita ad abbracciarlo dopo la consegna del diploma! E ora mi ritrovavo discretamente su di giri a casa Cullen per un pretestuoso Pigiama party post diploma.

“Edward sarà furioso per questo” riuscii a elaborare tra una risata e l’altra.

“Bella, se per vederti in questo stato devo affrontare la sua ira, bhè…mandalo pure da me! Non pensavo che il tuo equilibrio potesse essere peggiore di quello che hai normalmente, sei troppo divertente!”

“e comunque non vedo niente del genere nel prossimo futuro”

“magari non ora, ma quando sarà costretto a trasformarmi per salvarmi dal coma etilico potrebbe non essere dello stesso avviso” dissi cercando di mantenere la voce stabile sopprimendo il singhiozzo che si stava facendo strada dentro di me. Che fossi ubriaca dopo mezza dozzina di bicchieri di champagne era già abbastanza ridicolo senza che ci aggiungessi il naso rosso e il singhiozzo.

“forse è il caso che prenda di nuovo la laurea in medicina ma non mi risultano casi di coma dovuti alla quantità che hai bevuto tu” fu la laconica risposta di Alice prima che gli si appannasse lo sguardo e si irrigidisse in quella che sapevo essere il modo che indicava una visione in corso.

“no, nessuna trasformazione in programma questa sera ma si è fatto tardi, sarebbe meglio che ti andassi a preparare per la notte, Edward sarà qui quando avrai finito.” Disse sorridendo placidamente.

Prima che potessi rendermene conto Emmett mi aveva già presa in spalla e in qualche modo mi aveva fatto materializzare di fronte alla porta del bagno. Neanche il tempo necessario a recuperare il quanto mai precario equilibrio necessario per sorreggermi su due gambe molto poco collaborative che lui era di nuovo davanti a me porgendomi il beauty che non mi ricordavo di aver mai portato con me in questa casa. “seriamente Bella, questo sarebbe un motivo valido per tenerti umana. Sei uno spasso!”

Borbottai qualcosa di intelligibile quando Emmett aveva cercato di trattenere, riuscendoci penosamente, una risata vedendomi barcollare. Gli chiusi rumorosamente la porta in faccia usando più forza del necessario in quella che voleva essere la dimostrazione di quello che pensavo della sua idea. L’unica reazione però fu lo scoppio di una risata assordante dall’altro lato della porta. Ero sicura che se fosse stato umano avrebbe avuto le lacrime e sarebbe stato piegato in due per la mancanza di ossigeno. Mi appoggiai con le spalle alla porta e non riuscii a trattenere un sorriso anche io. Era in questi momenti che mi sentivo realmente parte di questa famiglia. Tutte le ansie di questa mattina erano scomparse, sapevo che sarebbero tornate ma ora stavo bene. Veramente bene. Il dolore che avevo provato dopo la partenza di Edward era solo un lontano ricordo che non mi apparteneva più. Come se non fossi stata io a provarlo. L’idea di un’eternit à passata a questo modo era estremamente allettante.

Procedetti con calma nella mia routine serale, cullata dall’idea che magari fuori da quella porta Edward mi stava già aspettando. Forse era stupido o ingenuo ma avevo sempre pensato che l’attesa per qualcosa che si vuole fortemente amplificasse il piacere dell’ottenerlo. Un po’ masochistico come ragionamento ma comprovato alla stessa maniera. Il tempo non era mai stato un mio nemico, prima di conoscere i Cullen. non sono mai stata neanche una di quelle ragazzine che si atteggiavano come le ragazze più grandi. L’avevo sempre trovato un modo di fare piuttosto stupido. Io non avevo mai avuto tempo per questo genere di cose. Renèè non me lo aveva mai permesso. Prendermi cura di lei era un lavoro a tempo pieno. Non avevo mai pensato seriamente a cosa fare della mia vita. Prima dell’anno scorso perfino l’idea di cosa fare all’università aveva attraversato raramente la mia mente. Da quando avevo incontrato i Cullen molte cose erano cambiate. E i miei buoni rapporti con il tempo erano terminati quando Edward si era rifiutato di farmi diventare come lui.

Lui immortale e bellissimo e io mortale, Destinata a invecchiare, Avere le rughe, Dimenticarlo, Morire. Urgh.

Repressi un brivido mentre mi lavavo il viso con dell’acqua fredda. Avevo riacquistato quel tanto di autocontrollo necessario per non iniziare a ridere per qualsiasi sciocchezza pensassi ma il mondo era un posto ancora troppo confuso per camminare in linea retta da sola. Accompagnandomi, tastando il muro con una mano, riuscii a trascinarmi fino alla porta. Ricordo chiaramente di aver a mala pena toccato la maniglia quando mi investì un’impressionante ondata di vento. O meglio, io investii il vento sarebbe più corretto dire. Ma cosa prendeva a tutti i vampiri quando si trattava di farmi camminare da sola? Sentii i miei piedi toccare nuovamente terra ma ringraziai comunque la mia buona stella per avermi fornito il paio di braccia familiari che mi sorreggevano dalla vita. Non avevo il coraggio di aprire gli occhi, ero sicura che se l’avessi fatto la moquette della stanza non sarebbe stata molto felice di incontrare quello che c’era nel mio stomaco. Una mano gelida si fece strada sul mio braccio fino a fermarsi sulla nuca. Fantastico. Se fossi riuscita a passare così le successive due ore la moquette avrebbe sicuramente avuto un amico in meno. Gentilmente avvicinò la mia fronte al suo petto. Sentivo il freddo traspirare perfino dal tessuto.

“Credevo che non soffrissi più di nausea da movimento.” Sentii la sua voce vellutata vibrare sulla mia guancia.

“Non è quello.” Riuscii a farfugliare incapace di aggiungere altro.

Rimase un paio di secondi in silenzio per poi abbandonarsi a una risata sommessa “una volta ti ho detto che tu potresti essere l’equivalente del mio bicchiere di brandy, non che dovevi bertelo!” la mia testa sobbalzò al ritmo delle sue risate

“ non era Brandy e l’idea è stata dei tuoi fratelli.”

“Oh si, lo champagne è decisamente più indicato per i festeggiamenti.” Disse annuendo ancora divertito.

“non sei arrabbiato che sia brilla?”

“no”

“neanche un po’?”

“no”

“neanche con Emmett e Alice?” Ci pensò un po’ su ma alla fine lo sentii scuotere il capo

“no, neanche con loro. Anzi sono felice che lo abbiano fatto.”

“sei un mostro!” riuscii a dire alzando finalmente la testa per guardarlo.

“Sono contento che tu l’abbia finalmente capito!” mi rispose sfoderando il suo famoso sorriso sghembo. Se il mio mondo era stato confuso a causa dell’alcol fino a qualche momento prima, la visione di Edward formalmente abbigliato in un completo nero, sorridermi a quel modo, a pochi centimetri dal mio volto, nella luce soffusa della sua stanza bastava per annebbiarmi di nuovo la vista.

Nella mente avevo un solo ordine tassativo: ‘Baciami’.

Mi guardò stranito per un paio di secondi, sembrava intensamente concentrato su qualcosa di particolarmente interessante nei miei occhi ma, sfortunatamente, non riuscii a capire cosa. Il suo sguardo si abbassò poi leggermente verso la mia bocca e prima che posasse le sue labbra sulle mie un leggero sorriso le incurvò. “a votre service, madame” disse con un perfetto accento francese. Ero sicura di non aver mai espresso ad alta voce quello che stavo pensando ma, qualsiasi dubbio in merito svanì appena il suo respiro mi inondò i sensi. Per prolungare di una frazione di secondo quel contatto mi allungai sulle punte per un classico bacio da manuale. Il suo manuale. Se fosse stato per me il bacio sarebbe stato assolutamente diverso.

“mmm” mormorò a occhi chiusi “dovresti essere dichiarata illegale sotto i ventuno anni.”

“ma così tu non potresti avermi” piagnucolai

“questo dipende dai punti di vista. Dubito che a un pezzo d’antiquariato come me possa essere negata una concessione simile. D’altra parte, per Jasper, sarebbe un gioco da ragazzi farmi diventare 21 enne agli occhi della legge e, ricordami di ringraziare Emmett per questo, ma tra tutte le esperienze umane che tu potessi fare questa è quella che preferisco fino ad ora; il tuo naso rosso” disse, costringendomi a incrociare gli occhi per seguire il suo dito che si era fermato delicatamente sulla punta della parte in questione “è tra le cose più incantevoli che abbia visto.” Sentii le guance andarmi a fuoco.

“certo, questa” disse appoggiando le sue mani gelide ai lati del mio viso e avvicinandomi infinitesimamente a lui “è assolutamente la cosa più deliziosa che abbia mai visto.” Brilla abbastanza per reggermi in piedi e resa audace quanto bastava per non rendermi esattamente conto di quello che stavo facendo, sfilai la sua cravatta dal fermacravatta di fine argento che la teneva stretta alla camicia bianca e allargando leggermente il nodo che io stessa avevo fatto quella mattina, senza scioglierlo completamente, riuscii a raggiungere i due bottoni del colletto per sfilarli dalle asole.

“Ecco, così va meglio” pensai a voce alta mentre continuavo a giocherellare distrattamente con i lembi della cravatta.

“mi dirai dove sei stato oggi?” cedetti alla curiosità

“fuori Forks, dovevo andare a prendere una cosa per te” Lo guardai causticamente, sapeva quanto odiavo che mi facesse regali. Soprattutto se il regalo in questione lo costringeva a stare lontano da me per un pomeriggio intero.

“tranquilla, non ho speso un centesimo per questo regalo”

“credevo che alla velocità alla quale guidi potessi arrivare a Seattle in un paio di minuti! Cosa ti ha trattenuto tanto?”

Si lasciò andare a una risata argentina “chi ha mai detto che sono stato a Seattle?” il suo sguardo divertito incrociò il mio perplesso “magari se ci fossi andato in macchina avrei fatto prima, ma dubito che il codice della strada mi permetta di andare alla velocità che mi sarebbe servita, abbiamo già abbastanza problemi con l’ispettore Swan e il mio eccesso di velocità non voglio che rientri tra questi” Mi guardò più serio questa volta, come se stesse poggiando lo sguardo per la prima volta su di me continuò “anche tu mi sei mancata, ma il primo aereo utile per Chicago era subito dopo la cerimonia di consegna e non potevo rischiare di perderlo.”

“cielo Edward!” esclamai ”Chicago è quasi duemila miglia lontano da qui!”

“si, viaggio piuttosto noioso direi. Sono abituato ai pensieri delle hostess nei miei confronti ma quelli degli stuart iniziavano a infastidirmi.” Storse il naso annoiato “fortuna che Rosalie era con me. Hanno perso interesse per me dopo averla vista meglio.” Non so cosa successe di preciso nel mio cervello in quel momento, ma il pensiero di Edward per un intero pomeriggio, a miglia di distanza da me, da solo con la sua bellissima sorella che continuava a nutrire una specie di repulsione per me, mi mandò in paranoia. Era una cosa totalmente illogica, o forse facilmente spiegata dall’alcool, ma la gelosia che mi assalì fu devastante. Qualsiasi pensiero razionale sembrava essere svanito dalla mia testa. Avevo bisogno di dimostrare a me stessa che lui era ancora mio. Che sarebbe stato mio per l’eternità. Che lui voleva avermi per l’eternità. Che nessuno si sarebbe intromesso nel nostro rapporto. Volevo che fosse il suo veleno a scorrermi nelle vene e avevo tutte le intenzioni di ottenere ciò che desideravo. In un modo o nell’altro. Subito.

Lo afferrai per la cravatta e prima che avesse tempo di capire cosa avevo in mente, lo tirai verso di me, con la stessa efficacia che avrei avuto se avessi abbattuto un muro a mani nude. Pressai le mie labbra sulle sue, cercavo avidamente una sua risposta, che seppur timida non mancò ad arrivare. Lo sentivo ancora restio sotto le mie attenzioni e sapevo che avrei dovuto giocare bene le mie carte o di lì a pochi secondi la mia sicurezza sarebbe tornata la sua priorit à e non avrei avuto speranze per ottenere quello che volevo. Feci scivolare una mano sul bordo della sua giacca fino ad agguantare il risvolto a livello della clavicola e, mentre l’altra mano teneva ancora salda in pugno la cravatta di pura seta nera, mi preparai a trascinarlo verso di me con tutte le mie forze. Inaspettatamente invece, non dovetti fare il minimo sforzo. La sua mano prese residenza dietro la mia testa assecondandone i movimenti. Quasi impercettibilmente iniziai a indietreggiare, a piccoli passi lenti, quasi come se non volessi che si accorgesse che ci stavamo muovendo, nella direzione in cui mi ricordavo essere il divano. Certo, a occhi chiusi ero certa di aver sbagliato traiettoria ma, a quanto pare, non ero l’unica a essermi prefissata quella meta. La mano di Edward che mi stringeva il fianco aveva preso a fare da timone spingendomi nella direzione giusta fino a quando il retro delle mie ginocchia non incontrò il bordo del divano. Sarei caduta pesantemente se la mano di Edward non si fosse prontamente spostata sulla parte bassa della mia schiena rallentando la discesa. Mi sdraiai lentamente senza interrompere un attimo il contatto tra le nostre labbra, portando Edward giù con me. Le sue mani erano ai lati della mia testa per non schiacciarmi con il suo peso, un ginocchio tra le mie gambe e l’altro piede ancora poggiato a terra. Sentivo il suo corpo su di me ma non riuscivo più a percepire il freddo della sua pelle, era come se fossimo un corpo solo, come se la mia vita fosse diventata la sua, un solo respiro. Avevo la mente svuotata, non riuscivo a pensare ad altro che al mio amore per Edward, al suo profumo, alla sua presenza nella mia vita e volevo di più.

Gli levai la giacca facendogli scivolare le mani lungo le braccia e, risalendo allacciai le mani intorno alla sua nuca. Solitamente questo era ciò che metteva fine a tutti i miei intenti di approfondire la nostra vita intima ma, la posizione in cui eravamo, era certamente più compromettente di un paio di braccia intorno a un collo. Non sapevo perché stava lasciando che mi comportassi a quel modo, ma chi ero io per lamentarmi? incominciai a baciarlo più avidamente, memorizzando con le labbra ogni curva, valle o piega del suo viso. Strisciai leggermente sotto di lui nella mia discesa verso il suo collo. Le mie mani avevano iniziato ad avere una coscienza propria visto che, senza che il mio cervello l’avesse comandato, avevano raggiunto la sua cravatta e a fatica stavano cercando di disfarsi di quel fastidioso pezzo di stoffa. Ogni movimento però era reso difficile dalla vicinanza dei nostri corpi.

Ancora una volta, non che me ne lamentassi, sia chiaro, ma se la mia testardaggine era proverbiale quando ero sobria, da ubriaca non poteva che peggiorare.

E io volevo di più. Decisamente di più.

Si trattava solo di superare quel piccolo ostacolo senza che il vecchio, virtuoso, Edward se ne accorgesse. Puntai i piedi sulla superficie del divano per far aderire i miei fianchi ai suoi. Non una mossa saggia a ben pensarci. Neanche l’avessi bruciato si staccò da me allontanandosi leggermente anche con il resto del corpo. Per impedirgli di alzarsi del tutto, prima che protestasse, rafforzai la presa che avevo sulla sua cravatta e lo tirai giù. Si avvicinò per baciarmi di nuovo sulle labbra ma come avevo sperato ebbe l’accortezza di tenere il suo corpo lontano dal mio quanto bastava per mandare in fumo ogni altro tentativo di avvicinamento a zone, per ora, off limits. Le mie mani ora libere di vagare nello spazio lasciato libero tra di noi trovarono il nodo della cravatta e lentamente, centimetro per centimetro lo sciolsero mentre Edward era ancora impegnato con le mie labbra. Percepivo la seta nera fredda sulle dita e di nuovo mi stupii del fatto che il corpo di Edward non fosse così gelido dopotutto. Lasciando la cravatta ben ferma attorno al colletto spostai l’attenzione verso i bottoni della camicia.

Le asole si rivelarono poco cooperative visto che sembravano essere gelose dei loro bottoni. Tuttavia, abbi la meglio su tre di loro lasciando Edward scoperto fino al petto. Abbandonai il difficoltoso intento di sbottonargli completamente la camicia per ricominciare la mia missione iniziale.

Lo baciai con dolcezza, esitando in ogni contatto un po’ più del dovuto, fino a che non raggiunsi il suo collo ormai ampiamente scoperto, la mia meta. Lo sentii rabbrividire sopra di me e presa da uno strano senso di orgoglio e soddisfazione al pensiero che ero stata io a provocargli quella risposta volli provare una cosa. Cautamente aprii la bocca e, facendo dapprima aderire solo le labbra alla sua pelle di marmo, affondai i denti con accortezza per non spaccarmi un incisivo. La sua reazione fu istantanea. Si tirò su facendo leva sulle mani ancora tremanti e mi guardò negli occhi.

“Bella” era incredulo “seriamente, mi hai…morso?” stava facendo fatica a parlare.

“solo perché tu ti rifiuti di mordere me non significa che io non possa mordere te, no?” risposi acida

Sembrava piacevolmente divertito e si lasciò sfuggire un ghigno “non hai tutti i torti in effetti”

Lo tirai per la cravatta per riavvicinarlo a me e lui non fece alcuna resistenza. Riprese a baciarmi dolcemente, anche se sentivo il suo sorriso sulla pelle, per poi spostarsi verso il collo e la spalla in un modo che stava per intaccare la mia già precaria sanità mentale. Questa era la sua vendetta personale, ne ero certa, ma non sarei stata certo io ad arrendermi. Cercai invece, di appigliarmi ai pochi pensieri coerenti che ancora riuscivo a elaborare e di colpo mi tornò in mente un particolare.

“Edward?” cercai di attirare la sua attenzione prima che il cuore decidesse di uscirmi dal petto per la forza alla quale stava battendo.

“mmh” fu la sola risposta che ottenni, senza che alzasse neanche la testa dalla mia clavicola

“tu sei nato a Chicago, non è vero?”

“mmh mmh”

“che sei andato a fare oggi laggiù?”

Alzò la testa di scatto e mi guardò a lungo “non sono sicuro che ti piacerà” mormorò a voce talmente bassa che quasi non riuscii a sentirlo “c’è una cassetta di sicurezza a Chicago. E’ lì che sono ancora conservate molte cose della mia vita umana. I pochi ricordi che ho sono legati a quegli oggetti.” Si tirò su, con le gambe a circondare i miei fianchi, cercò qualcosa nella tasca dei pantaloni ma non riuscii a capire cosa fosse finchè non la vidi. La mia nemesi. Una scatoletta blu di velluto scuro, delle dimensioni ideali per un anello di fidanzamento.

Ugh. Questa serata stava andando troppo bene per proseguire allo stesso modo.

Mi alzai facendo leva sui gomiti ma le sue gambe di fianco alle mie mi impedivano ogni altro movimento. Non che in realtà volessi allontanarmi da lui, ma per evitare il discorso che stava per arrivare avrei fatto qualsiasi cosa. Aprii la bocca per protestare ma mi interruppe prima che potessi emettere alcun fiato.

“promettimi che mi farai parlare. Accetterò ogni tua decisione ma prima vorrei che ascoltassi quello che ho da dire” i suoi occhi erano puntati nei miei. Non gli avrei negato nulla sotto quello sguardo. Inspirò profondamente e lasciò cadere lo sguardo sulla scatoletta che teneva in mano. L’aveva aperta e stava guardando il suo contenuto sfiorandolo con un dito. Dalla mia posizione non riuscivo a vedere l’anello ma lo sguardo di Edward era triste, velato dai ricordi. Mi sentii quasi in imbarazzo, come se la mia presenza fosse di troppo in quel momento, prima che un sorriso gli incurvasse le labbra. “questo anello era di mia madre” disse continuando a guardare la scatoletta. “mio padre glielo diede chiedendo la sua mano. Questo” indicò rapidamente il divano e la nostra posizione “non è esattamente il modo in cui avrei voluto farlo. Avrei voluto mettermi in ginocchio di fronte a te e chiederti di sposarmi come mi è stato insegnato bisognerebbe fare. O almeno come si faceva solitamente quando ero umano. ma niente, nella nostra relazione, sembra andare secondo i canoni prestabiliti. Quindi eccomi, Isabella Marie Swan” lanci ò una rapida occhiata nella mia direzione per poi tornare a concentrarsi su quella scatola malefica.

Io, da parte mia, ero a bocca aperta. Non potevo credere che stesse accadendo veramente.

“Non voglio che mi sposi per sfuggire ai Volturi o a Victoria” rabbrividii a entrambi i nomi “sai che ti difenderei da chiunque anche se non accettassi la mia proposta. “non voglio che mi sposi per sfuggire ai problemi che sono nati perché stai con un vampiro, né voglio che mi sposi perché sarò io a morderti se accetterai. Non voglio che mi sposi sotto ricatto. Voglio che mi sposi perché io, Edward Anthony Masen Cullen ti amo più della mia stessa vita e non potrei continuare ad esistere senza la tua presenza al mio fianco.” Finalmente alzò lo sguardo verso di me e mi si fermò il respiro.

“vuoi essere mia moglie, Bella? Non ho bisogno di fare le cose in grande, mi basti tu e un prete, anche se credo che Charlie per quanto non mi sopporti, potrebbe avere piacere nel portarti all’altare, voglio solo che la nostra unione sia benedetta da Dio, se esiste, quando ancora tu sei perfetta, quando sei ancora umana.” Inspirò profondamente senza che fosse necessario. Di sicuro un riflesso involontario che servì per prepararsi alla domanda finale.

“Vuoi sposarmi Bella?” trattenne il fiato. Trattenetti il fiato anche io. La luce fioca della lampada si rifletteva meravigliosamente nei suoi occhi ambrati creando minuscole pagliuzze dorate. Guardandoli riuscii a vedere la mia vita, le infinite possibilità che quella scelta mi offriva. Vidi Edward lottare contro Victoria, vidi una università e le vacanze di natale con Charlie, mi vidi passeggiare sulla spiaggia con mia madre, vidi il divano di casa mia con Jacob Black sorridermi invitante e il mio 19° compleanno, vidi il 20° compleanno e il 21° e eventualmente Carlisle chinarsi per mordermi sul collo su una barella d’ospedale. Vidi però anche Charlie nel suo vestito migliore portarmi all’altare, vidi Ren èè piangere mentre mi aggiustava il velo, vidi Edward baciarmi come mai era successo e quasi sentii i suoi denti sotto l’orecchio, vidi me e lui stesi nella nostra radura scintillare come diamanti sotto il sole.

Improvvisamente quel “si” non sembrò così difficile da dire.

  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: TheRaVen