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Autore: Cheche    09/07/2013    4 recensioni
Sinceramente non penso che questa lettera arriverà mai a destinazione. Sto semplicemente scarabocchiando frasi, cercando di esporre i miei sentimenti su carta. Per me è sempre stato difficile esprimerli, perché sono brava a simulare sorrisi laddove invece vorrei sciogliermi in lacrime.
So che però nessuno metterebbe a disposizione la propria spalla per me. Forse solo i Pokémon potrebbero comprendermi, ma non riuscirebbero a fare molto altro che guardarmi con occhi pieni di tristezza. Per cui ho trovato uno sfogo alternativo: la stesura di una lettera.

[Crystal; Blue] [Accenni di ChosenShipping]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blue, Crystal
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Lettera di sfogo mai pervenuta

 

 
Sinceramente non penso che questa lettera arriverà mai a destinazione. Sto semplicemente scarabocchiando frasi, cercando di esporre i miei sentimenti su carta. Per me è sempre stato difficile esprimerli, perché sono brava a simulare sorrisi laddove invece vorrei sciogliermi in lacrime.
So che però nessuno metterebbe a disposizione la propria spalla per me. Forse solo i Pokémon potrebbero comprendermi, ma non riuscirebbero a fare molto altro che guardarmi con occhi pieni di tristezza. Per cui ho trovato uno sfogo alternativo: la stesura di una lettera.
Tu, Blue, sei un modello per me. Non si può dire che io ti invidi, però ti ammiro e vorrei sinceramente conoscerti meglio, averti come amica. Hai trascorso una vita ben peggiore della mia. Eppure, a vederti, si direbbe che tu abbia reagito… meglio. Forse mi sbaglio, perché non posso sapere cosa hai nel cuore e nell’anima, ma sei andata avanti e hai ottenuto ciò che io sto ancora cercando.
Sai, Blue? Mia madre ha assistito al piccolo torneo tra noi Dex Holder al Parco Lotta di Hoenn. Ho perso al primo turno perché l’avversaria eri tu. Il pensiero della mia performance non eccelsa mi spaventava, ma non perché desiderassi primeggiare con tutto il mio cuore. A me in realtà non è mai interessato essere un’Allenatrice formidabile. Mi terrorizzava perché a farmi paura era la rabbia di mia madre.
Mi preparai delle frasi da pronunciare al fine di ammorbidirla. Le sussurrai con timidezza. “Alla fine non credo di essere andata così male… sono soddisfatta di come… di come ho utilizzato Mega e…” ma non mi diede il tempo di finire perché mi ritrovai ad accarezzarmi la guancia dolorante. Ci provavo sempre, alla fine, a raddolcire mia madre. Mi sentivo però molto sciocca, perché sapevo che lei, nell’ira, non ascoltava. Pensava solo ad impartirmi lezioni sonore e dolorose. Credo di ricordare ancora ogni singolo schiaffo, il dolore che mi procurò, la ferita nell’orgoglio che mi impresse.
Poi, parlandone col Professore, simulai un sorriso, dicendo con semplicità che avevo perso al primo turno perché la mia avversaria eri tu. Lo dissi con leggerezza, come se non me ne fosse importato nulla. Credo però di essere impallidita un poco a quel ricordo. Non ce l’ho con te per avermi sconfitta: non è assolutamente colpa tua, che hai il diritto di dare prova di quanto tu sia forte e magnifica.
Eppure io ricordo il periodo in cui eri… diversa, semplicemente. E’ un’immagine di quando avevo sette anni ed ero costretta a soddisfare i capricci di mia madre seguendola ovunque lei volesse andare.
Ricordo di averti vista, a Johto, in un’epoca in cui assomigliavi ad una piccola e fragile pianta rinsecchita. Sono passati tanti anni, ma so che eri tu perché Silver, allora, era con te.
Avevi i piedi scalzi, ad un lato della strada. Li avevi posati, probabilmente per la stanchezza di tenerli sollevati, sulla neve fredda e sul tuo corpo pendevano pochi stracci. La sporcizia ingrigiva il tuo viso bianco e rosso per il freddo. Non ti vergognare per le tue condizioni al nostro primo incontro! E’ stato rivedendoti ora, bellissima e impeccabile come sei, che ho capito quanto profondo sia il tuo valore.
Silver dormiva con la testa appoggiata alla tua spalla, con una piccola coperta che gli avvolgeva il corpo allora minuto. Avresti potuto usare quella stoffa per proteggerti dal freddo pungente, ma non l’hai fatto, preferendo proteggere quel bimbo per te tanto importante.
Rimasi estremamente colpita da quella visione, tanto che mi fermai, costringendo mia madre ad arrestare il passo. Davanti a te era steso un grande fazzoletto rosa pallido, sul quale tenevi esposta merce palesemente inutile. Lo sapevo anche io, nell’ingenuità dei miei sette anni, che quegli oggetti non sarebbero serviti a nulla e che non erano neppure carini.
Eppure chiesi a mia madre di comprarne uno, mossa da una palpitazione, una molla che è scattata nel mio petto. Lei rivolse agli accessori gli occhi pieni di ostentata allegria e il suo sorriso si spense. Mi sgridò, dicendo che non avrei dovuto guardare e, pertanto, illudere quei poveretti che vendevano merce contraffatta sulla strada.
In fondo al cuore, mia madre, per quanta rabbia mi procurasse il suo atteggiamento alle volte, aveva sempre ragione. Ho sempre tenuto alla sua opinione, ho sempre preso per vera ogni sua singola sillaba.
Eppure il giorno dopo mi recai da te, da sola. Già allora ero considerata una bambina matura e responsabile per la mia età, dunque avevo il permesso, quando mamma non richiedeva la mia presenza, di circolare in solitudine nella mia città natale. Ti misi nella mano qualcuno dei miei risparmi, ma non presi con me nessuno dei tuoi oggetti. Chissà se ti ricordi di quel momento, Blue. E’ stato uno dei più importanti della mia finora breve vita.
Non provavo pietà, volevo solo tenerti aperta una porta, sospingerti dolcemente lungo la tua strada. Appresi quel giorno quanto siamo soli e quanto l’indifferenza lasci morire lentamente le persone affamate d’affetto e riconoscimento. Mi ripromisi che non avrei mai ignorato nessuno e che avrei dato importanza a tutti, perché i passanti che camminavano accanto a te senza vederti… uccidevano anche me col loro atteggiamento. Totalmente.
Fu per questo che, ancora bambina, iniziai a lavorare in un orfanotrofio. Quei piccoli abbandonati, resi soli dalla morte o dall’egoismo degli adulti, avevano bisogno di calore e considerazione. Mi chiesi se anche tu avresti ricevuto quell’affetto.
Poi ti ho incontrata di nuovo e non solo eri più bella, ma sembravi anche gioiosa, pronta per riprenderti a tutti i costi ciò che ti era stato tolto. Hai anche qualcosa di preziosissimo con te, qualcosa che io vado ancora cercando. Un legame vero, solido, infinito.
Non compresi subito neanche il valore di Silver. Vale tanto per te e vale tanto anche come persona. Lo so perché ora è uno dei miei più cari amici e sono contenta di essermi ritagliata uno spazio pur ristretto nel suo cuore.
Io penso che Silver ti ami. Ti ama in tutti i modi in cui un uomo può amare una donna. Ti ama come un figlio maschio ama la propria madre, come un fratello adora la propria bellissima sorella maggiore, come un ragazzo adolescente tiene alla propria amica del cuore, come un giovane si prende cura della propria fidanzata e ne è morbosamente geloso.
Non potrebbe mai amare nessun’altra proprio perché la sua compagna sei tu, perché anche io che sono una tua innocente ammiratrice comprendo il tuo fascino, perché sei la sua famiglia e la persona più importante, l’unica che abbia accompagnato la sua crescita nella quasi totale interezza. Potrebbe mai provare un altro amore di tale intensità? No, ovviamente. Non rappresenterebbe mai tutto ciò che tu sei e anche ciò che lui è. Perché tu sei la sua storia.
Vorrei anche io un legame così solido, qualcuno per il quale rivestire la stessa importanza. Nonostante il tuo oscuro passato, hai trovato Silver e vi siete scambiati le vostre luci, avete condiviso la vostra vita e creato un legame indissolubile.
Vorrei tanto una persona davanti alla quale mi sia concesso piangere, ridere, fare sfoggio delle mie emozioni più genuine.
Sai, io non ho mai conosciuto mio padre. Mamma me ne parla sempre male, ma penso che fosse una persona sensibile. Una persona che non sopportava il peso della propria sensibilità, che sapeva di non poter essere un padre equilibrato e che per questo se n’è andato. Una persona fragile.
Io sono una sintesi dell’energia rabbiosa della mia bizzarra e troppo giovane madre e dell’umanità invalidante di mio padre. Quando nacqui erano entrambi adolescenti.
Il mio arrivo tarpò le ali di mamma, che non poté realizzare le sue aspirazioni da Allenatrice. Fu inoltre abbandonata dal ragazzo che amava e divenne sola e frustrata, con me come unico conforto. Decise di usarmi a volte come sfogo, altre come rivalsa. Mi disse di non fidarmi degli uomini, mi parlò della solitudine, mi riempì di discorsi alienanti col sorriso dipinto sulle labbra e con abiti strampalati e variopinti indosso.
Mi addestrò a lottare, a diventare una buona Allenatrice. Quando mi facevo male, sanguinavo e mi rompevo le ossa, lei mi forzava a rialzarmi. Riguardo a questo atteggiamento ho un pensiero ambivalente: da un lato ho sempre apprezzato questo suo intento di rendermi inarrestabile, dall’altro avrei voluto che si accorgesse delle urla di dolore e delle lacrime che non riuscivo a trattenere. Non erano capricci di bambina, ma una commistione di sofferenza fisica e psicologica.
All’epoca ero timorosa e attenta ad ogni mia azione, composta come un’adulta in miniatura, stavo ben attenta a non piangere perché sapevo che l’indifferenza di mamma al mio dolore mi avrebbe ferita.
Pensavo di essere l’unica bambina ad aver conosciuto l’insensibilità altrui. Eppure scorgendo te, una sera, all’angolo della strada, mi accorsi che tutti siamo accomunati dallo stesso destino, che l’alienazione è una caratteristica umana che non permetterà mai di comprenderci fino in fondo.
Tieniti stretta il tuo Silver, perché sono sicura che ti capisce più di chiunque altro, avendo patito il tuo stesso inferno e condiviso la pena immeritata. Le persone alle quali racconti il tuo passato potranno provare pietà per te, ma saranno comunque troppo prese dai propri problemi per badare alle tue esigenze.
Il motivo per il quale ti ammiro ora appare ovvio, almeno a me, alla luce di quanto ho scritto. Nonostante quel tuo passato burrascoso, hai trovato la forza di recuperare ciò che ti è stato tolto, a volte sporcandoti le mani e correndo enormi rischi. Hai usato la tua mente e la tua umanità per stringere a te ciò che conta, trattenendo tutto con vincoli solidi e resistenti. Hai saputo trasformare ogni tuo pregio e difetto in un’importante arma per la sopravvivenza tua e della persona alla quale tieni di più.
Gold mi dice sempre che sono troppo rigida e così fa anche mia madre, ma sono stati loro a farmi maturare troppo! Con la sua irriverenza e l’indiscutibile talento nel creare problemi, Gold mi ha strizzato l’animo costringendomi, per forza di cose, a rimediare ai suoi sbagli. Mia madre, invece, voleva solo rendermi ciò che non è mai riuscita ad essere, ma non l’ha saputo fare e ora riversa su di me la colpa.
Li odio per questo, ma non posso non voler loro bene. Voglio che mi apprezzino, un giorno, e che mi dicano anche “la tua maturità è stata la mia salvezza, Crystal”.
Voglio troppe cose, forse, ma deve essere perché non ne ho avuta neppure una.
Per questo desidero diventare tua amica. Bramo di carpire il tuo segreto, sapere come hai fatto a sfruttare così intelligentemente la tua personalità, a trovare la felicità.
Io non voglio essere come mia madre; io voglio essere come te! Ho una paura terribile di finire come lei.
Anche io, che ho affrontato tante sfide pericolose, temo follemente qualcosa: me stessa.





Note finali e spiegazione:  Per cominciare vi ringrazio per aver letto fin qui. Avrei altre cose da chiarire, dato che questa fic per me è... complessa, in un certo senso. Sono circa le tre di notte e sono qui a pubblicare ciò che ho appena finito di scrivere. Sarò mezza matta a stare qui a quest'ora a pubblicare una fic di cui nessuno sentiva il bisogno tranne me, ma alle volte abbiamo bisogno tutti di scrivere qualcosa su un personaggio che, in qualche modo, possa diventare portavoce delle nostre stesse idee. Crystal è portavoce delle mie idee, ma solo in parte e non dirò quale perché non ce n'è bisogno. Sono qui per parlare della mia storia, non di me stessa. La storia della vita di Crystal è il risultato di ciò che il manga lascia intendere sul suo personaggio più le mie inevitabili seghe mentali. Mi sono divertita ad umanizzarla, a renderla anche un po' più lamentosa di quanto ci si aspetterebbe da lei. Ma, come Crystal ben sa, questa lettera non è destinata alla lettura, ma solo alla scrittura. Per cui si sente libera di vergare sulla carta le parole che le sono più congeniali, quelle che le servono a calmarsi. In futuro rileggerà questo sfogo e se ne vergognerà sicuramente. Ovviamente tra lei e Blue c'è la stessa alienazione di cui parla nella lettera e ciò porta Crystal a giudicare la più grande in maniera ottusa, non così approfondita da rendersi conto che la stessa Blue è un personaggio pieno di traumi e fobie, più forte ma anche, magari, più fragile di Crystal. Insomma, la Crystal di questa lettera è una ragazza profonda e dal modo di pensare ben definito, ma è anche ansiosa, insicura e, come ogni essere umano, tende a lamentarsi di ciò che ha. Non è vero che non ha mai avuto nulla di ciò che desiderava, come invece afferma in una delle ultime frasi, ma il non accorgersi delle proprie fortune nel dolore, l'iperbolizzare i propri drammi e il romanzare le proprie sventure sono meccanismi diffusi e anche lei ne è vittima, per ora forse ancora inconsapevole. Spero che questa lettura vi sia risultata piacevole e che vi abbia dato qualcosa e mi auguro che non vi abbia annoiato!

  
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