Ennesimo meeting svolto nel caos
più totale: Alfred che
cercava di imporre le sue folli idee per porre fine a un qualche
problema;
Arthur che, come ogni volta, si mostrava contrario alle proposte
dell’americano;
Ludwig che cercava di tenere a bada Feliciano che diversamente avrebbe
finito
per oziare; e poi c’era lui… Gli altri lo
avrebbero definito come un fantasma,
un’ombra che se ne stava in disparte come se tutto quello che
gli avveniva
intorno non lo riguardasse, Matthew.
Il rappresentante canadese era seduto lontano dal resto della
combriccola e, da
bravo spettatore, osservava quello scenario ormai diventato monotono.
Kumajirou, come suo solito, si era sistemato al suo fianco e non
mancava di
chiedergli chi fosse. Ancora si domandava come facesse a non
riconoscere la
persona che gli procurava i viveri.
“Bonjour, Matthew!”, una voce raggiunse le orecchi
del canadese che si stupì
non poco per quell’evento fuori dall’ordinario. Mai
qualcuno gli aveva rivolto
la parola, o meglio dire che mai qualcuno si era accorto della sua
presenza.
Voltandosi, il timido canadese, puntò gli occhi viola sul
suo interlocutore,
una persona che avrebbe riconosciuto tra mille.
“Francis…”, si limitò a
pronunciare il nome del rappresentante francese che lo
guardava a sua volta con la sua solita aria che gli dava un che di
malizioso.
Da tempo, Matthew, non parlava con lui, non perché ce
l’avesse con lui, sia
chiaro, ma per il semplice fatto che non ne aveva avuto occasione, gli
ultimi
avvenimenti l’avevano portato a stare lontano da lui, come
dagli altri in
effetti.
“Comment ça va, mon amie?”
Le guance del timido biondo si dipinsero di una piacevole
tonalità rossa. Aveva
sempre adorato quell’accento che caratterizzava il
più grande, da piccolo
adorava ascoltarlo per ore proprio per questo dettaglio.
“Sto bene…”, pronunciando queste parole,
Canada, distolse lo sguardo per
fingere di dare attenzione all’orsetto bianco che in quel
momento sembrava
piuttosto affamato.
Si sentiva in difficoltà e in imbarazzo, non era abituato a
parlare con le
persone, tanto meno con le altre nazioni. Tranne per quanto riguardava
suo
fratello che qualche volta sembrava ricordarsi di lui.
Come reagire a tale avvenimento? Lui, l’inutile Canada, si
trovava a parlare
con una delle nazioni più importanti, proprio quella che un
tempo gli aveva
fatto da padre.
Matthew perse un battito e si trovò a trattenere il respiro
nel riportare la
mente a quegli avvenimenti. Il solo ricordare quel passato ormai
lontano e l’abbandono
avvenuto da parte del francese, gli faceva provare un forte dolore al
petto, di
certo non provocato da un malessere fisico.
“Qualcosa non va?”
Erano molte le cose che non andavano in quel momento, ma il canadese si
limitò
a scuotere il capo. Non gli sembrava il caso di rivelargli i pensieri,
o meglio
i ricordi, che gli rendevano difficile mantenere la calma. Lui, la
tranquillità fatta persona.
Scuotendo il capo, il biondo, gli rivolse un timido sorriso in modo da
tranquillizzarlo:”E’ tutto ok”
E non poteva dire nemmeno il contrario, no? Il francese non aveva fatto
nulla
di male nei suoi confronti, era capitato tutto a causa sua.
Francis, che sembrava non essere tanto convinto per le sue parole,
allungò una
mano per posarla sul capo dell’altra
nazione:”Andiamo a mangiare qualcosa?”
Un momento di silenzio aleggiò tra i due, il tempo che il
canadese si concesse
per dargli una risposta. Come rifiutare? Probabilmente sarebbe stata
un’ottima
occasione per riavvicinarsi, no?
Senza attendere oltre, e senza alcun timore, rispose:”Oui,
Francis.”
Il sole era
comparso
in cielo solo da poche ore quando Matthew fu svegliato da alcuni
indigeni e da
un certo borbottare.
La prima cosa che notò fu l’assenza del suo
fratellone, Alfred, ma gli adulti
non gli diedero nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni, sembravano
agitati.
Una delle donne lo accompagnò fuori dalla tenda borbottando
qualcosa riguardo
ad alcuni uomini mandati da una qualche divinità malvagia,
uomini che lo
avrebbero portato lontano.
Ma lui cosa poteva capirne? I suoi pensieri erano completamente rivolti
verso
il suo adorato fratellone, dove poteva essere andato? Lui avrebbe
potuto
difenderlo dagli uomini malvagi, no?
La tenda del capo tribù era più grande rispetto
alle altre. Lui e Alfred spesso
si intrufolavano al suo interno per poterla esplorare e per fingere di
essere
loro a ricoprire quel ruolo importante, senza sapere che
rappresentavano
qualcosa di molto più grande. Prima di entrarvi la donna si
fermò per diversi
secondi, momenti in cui lo osservò con compassione e
indecisione, sembrava
stesse combattendo con sé stessa per decidere sul da farsi,
ma, prima che potesse
raggiungere una decisione, una voce la richiamò
dall’interno della tenda. Una
voce sconosciuta al piccolo.
La donna, Ailen, si chinò sul bambino per posargli un dolce
bacio sulla fronte,
gesto che si sarebbe impresso nella giovane mente del biondo per
l’eternità.
“Venez, Matthew…”, questa volta la voce
sconosciuta si rivolse al piccolo che
per la prima volta iniziò a provare un certo timore. Aveva
la sensazione che da
quel momento in poi le cose sarebbero cambiate completamente.
Il giovane Canada entrò nella tenda e sbarrò i
suoi grandi occhi nel vedere la
persona che si trovò di fronte: un adulto dai capelli dello
stesso colore dei
suoi, gli occhi azzurri come il mare immenso che circondava quelle
terre e la
pelle candida. Era diverso dalle persone che lo avevano circondato fino
a quel
momento.
“Bonjour, Matthew.”, pronunciò lo
sconosciuto con la sua voce melodiosa e con
quell’accento che il piccolo trovò divertente. Non
sembrava cattivo, ma non
capiva quello che gli diceva, parlava in una lingua diversa dalla sua.
“Non mi capisci, vero?”, domandò
nuovamente l’adulto che sembrava trovarsi non
poco in difficoltà in quella situazione. Sospirando, quindi,
si avvicinò al più
piccolo e si inginocchiò per raggiungere la sua altezza.
Matthew non si allontanò, sapeva che non aveva cattive
intenzioni, ma decise
comunque di stare attento.
“Je suis Francis, mon petit.”, mormorò
con tono dolce puntandosi l’indice
contro il petto.
Il bambino lo studiò a lungo, solo in un secondo momento
portò la manina a
posarsi su quella del più grande e un sorriso allegro prese
ad aleggiare sul
suo viso paffutello:”Francis.”