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Autore: oO_Keira_Oo    10/07/2013    4 recensioni
Dal Capitolo 2
“C-come hai fatto a prendermi? Chi sei tu?” Chiese July in stato di choc.
“Davvero non ti ricordi di me?” Replicò lui.
“Dovrei?” Domandò ancora lei.
“Sai, quando eri piccola eri meno pesante da prendere al volo.” Scherzò di nuovo il ragazzo.
July lo guardò intensamente, poi qualcosa scattò e due semplici parole le vennero alla bocca, uscendo in un sussurro senza che lei se ne rendesse conto. “Peter...Pan...?”
Cari lettori, spero di avervi incuriosito almeno un pochino. É la mia prima storia in assoluto e sto cercando di renderla il più avvincente possibile. Le mie recensioni scarseggiano, ma l'importante é continuare, giusto? Ad ogni modo, nel malaugurato caso vi dovesse capitare di legge questa cosa oscena, siete i benvenuti! {COMPLETATA} ~ {SEQUEL A SETTEMBRE 2015}
FanFiction dedicata a Lucia & Luisa.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Peter Pan, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Neverland'
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 Ricordi di Sogni 

Solo chi sogna impara a volare.

-Jim Morrison.

 

La stanza era in ordine, i letti erano stati fatti, gli armadi chiusi con i vestiti riposti dentro in modo accurato, la scrivania era libera da ogni libro e sopra vi era stato messo un bellissimo vaso di vetro dalle decorazioni colorate in cui erano immersi tre bellissimi gigli, sui mobili di legno della casa era impossibile trovare un granello di polvere . Tutto era perfetto, anche se agli occhi di July sembrava finto. L’intera famiglia sarebbe venuta per la cena della vigilia e, poiché come diceva la mamma “La buona impressione sulle persone è ciò su cui oggi si basa la società”, il modo di vivere della sua famiglia, quel giorno, sarebbe dovuto essere impeccabile. July era stesa sul letto a guardare il soffitto, pensando a cosa fare quella sera, cosa dire, come comportarsi. Se fosse stata troppo sfacciata, avrebbero pensato che fosse una poco di buono, se al contrario, sarebbe stata troppo timida, avrebbero pensato che fosse una con la testa tra le nuvole.

“Uffa, il mondo degli adulti è troppo difficile, porta solo scocciature...” pensò “Ed io sto per metterci piede!”
 Quell’ultimo pensiero le fece venir voglia di chiudersi in camera per il resto della vita, ma sapeva che non sarebbe stato possibile, così si girò e affondò la faccia nel morbido e profumato cuscino del suo letto, ma non riusciva a respirare perciò, stressata e nervosa, decise di alzarsi dal letto. Ma poi dove andare? La sua camera era il suo unico rifugio, il posto giusto per pensare, nonché l’unico.

Senza farci caso, si stava dirigendo verso il balconcino di camera sua. Aprì la finestra ed espirò il profumo di cibo cotto che usciva dalle cucine dei palazzi vicini e dai ristoranti, questo era un altro segnale che diceva con sicurezza che l’orda di cugini, zii e parenti vari stava per arrivare, ma scacciò quel pensiero e si godè l’aria, anche se non propriamente pura ma fresca quanto familiare di Londra. Non era il massimo ma era l’aria di casa sua e questo le bastava. Fece qualche passo avanti, si appoggiò alla ringhiera di ferro lucido e guardò lo sconfinato oceano che si tingeva di rosso e blu sulla sua testa, in cui non nuotavano pesci, ma volavano uccelli di varie specie. Proprio in quel momento ne vide passare uno stormo, non sapeva di quale specie, infatti non era mai stata particolarmente interessata di animali all’infuori di cani, gatti e canarini.
Chissà quali sensazioni magnifiche deve trasmettere volare senza aerei, ma da soli, liberi.” In quel momento si ricordò che quando era piccola, aveva il grande desiderio d’imparare a volare. “Che cosa stupida, una persona non può volare!” Come pensò questo, una parte molto remota del suo cuore le chiese: “Perché no"? Chi ha detto che una persona non possa imparare a volare?”  “Beh, perché nessuno sa volare, non esistono cose in grado far volare l’uomo, all’infuori di aeri e dirigibili.” Disse mentalmente a se stessa. “No? Proprio nessuno?” Ribatté il cuore.
In quel momento entrò nella stanza la madre di July con qualcosa nascosto dietro la schiena.
“July,” salutò la figlia “avrei scommesso di trovarti fuori a quel balcone.”
“Ciao mamma.” Disse la ragazza girandosi.
“Tesoro, stavo mettendo le decorazioni di Natale inutilizzate a posto e guarda cosa ho trovato!” Disse rivelando da dietro il vestito un libricino molto semplice, con la copertina marrone senza scritte. July andò verso la madre e prese il libricino tra le mani, le sembrava familiare in qualche modo.
“Cos’è?” Chiese incuriosita alla madre.
“E’ un diario di quando eri piccola, in realtà serviva per farti esercitare con la scrittura, ma lo prendevi molto sul serio. Poi un giorno lo smarristi e io l’ho ritrovato solo ora in cantina.” La informò Matilde. Poi guardando la figlia disse:
“Ma July, sei ancora con i vestiti da casa. Vieni subito a cambiarti!” E senza ascoltare ragioni la afferrò per mano e la portò all’armadio. Le tolse i vestiti, le mise la sottotunica e la cosa che July, come tutte le altre donne di Londra odiava: il micidiale corsetto che le impediva di respirare. Le mise su un vestito azzurro con fiori viola e blu e le fece indossare delle scarpine basse azzurre con un fiocco bianco sulla punta. Finita la “prima parte”, la madre fece sedere la figlia su una sedia per pettinarle i capelli lunghi.
“Mamma, i parenti devono proprio venire a cena da noi oggi?” Chiese con tono quasi implorante alla mamma.
“Mia cara, guarda il diario che ti ho fatto vedere prima” July guardò la scrivania in mogano, dove la madre aveva poggiato l’oggetto. “Da quando l’hai scritto l’ultima volta sono passati sette anni quasi, ciò significa che hai tredici anni. La tua è l’età perfetta per introdurti nella società e per iniziare, devi conoscere bene tutta la tua famiglia, imparare a comportarti in modo appropriato con loro, e poi, con il resto dell’alta società inglese.”. Chiarì alla figlia.
“Ma perché devono venire loro da noi? Cioè, vorrei dire, non sarebbe meglio per me che io andassi a casa di uno di loro? Per imparare intendo.” Disse con la sincerità di una fraudolenta.
“No.” Disse seccamente la madre finendole di pettinare i capelli, ma decidendo di lasciarli sciolti.
Matilde posò la spazzola nel cassetto privato della figlia e la guardò con sguardo amorevole; era cresciuta davvero molto e stava diventando una donna bellissima.
Una lacrima le scese lungo la guancia. July che fino al momento aveva giocato con la manica destra del vestito, alzò il volto ed incontrò lo sguardo della madre.
“Mamma... stai piangendo?” Disse alzandosi ed andando ad abbracciarla.
“Scusa tesoro, ma vedi, stai diventando una gran bella donna e, non so, mi sembra ieri che ti trovavo alla finestra a guardare il cielo. Allora eri così piccola ed ora guardati: sei... adulta.”
“Mamma, se continui a dire così, inizierò a sentirmi vecchia.” Replicò July facendola ridere.
All’improvviso si sentì il suono del campanello.
“Saranno arrivati. Meglio che io inizi a scendere per dare il benvenuto, anche se dubito che siano tutti. Tu se vuoi puoi rimanere un altro po’, poi manderò tuo fratello Arthur a chiamarti quando sarà arrivata l’ora per te di scendere, ok? ”
“Va bene, mamma”
E con questo si salutarono, la mamma uscì dalla stanza e scese giù per le scale di legno dalla moquette rossa, mentre July si sedeva sul letto della sua camera tornando al pensiero che l’aveva assillata tutto il giorno.
“Cosa farò?”Pensò“Qui l’unica cosa che potrebbe salvarmi sarebbe un miracolo!”
Pochi minuti dopo il fratello entrò nella camera che i due avrebbero condiviso solo fino alla fine di quella giornata. Lui era uno degli scapoli più ambiti di Londra, tutte le ragazze in età da matrimonio lo volevano per se. Come dar loro torto, d'altronde? Arthur era alto aveva dei bellissimi capelli castani e profondi occhi verdi – azzurri. Inoltre era intelligente, galante, sicuro si sé, ma modesto e soprattutto, ricco.
“Ehi, scusi signora, ha per caso visto una ragazza sul metro e sessanta, con i capelli mossi un po’ biondi e con la testa sempre fra le nuvole?” La prese in giro.
“Ah ah, divertente.” Disse sarcastica July.
“Ma come signora, io sono un rispettabile uomo di Londra, crede davvero che mi permetterei di prenderla in giro?” Replicò lui.
“Dai Arthur, arriva al punto. Devo scendere?” Indovinò lei.
Il fratello maggiore mosse lentamente la testa su e giù e July si alzò dal letto con un’espressione che ricordava un condannato a morte. Passò davanti al fratello e si fermò sulla scalinata aspettando che lui fosse vicino a lei. Dopo aver chiuso dietro di se la porta, Arthur si avvicinò alla sorella aspettando, da gentiluomo, che lei per prima iniziasse a scendere la scalinata. Lei scese con testa alta ed eleganza fino all’ultimo scalino, poi si diresse verso il salone dove si stava discutendo di qualcosa di probabilmente noioso. Cosa? Non ne aveva idea.
“Oh, eccola la mia bambina.” Disse la mamma alzandosi e venendo ad abbracciarla. “Signori, questa è la bambina che avete visto tutti l’ultima volta qualche anno fa, a parte i nonni naturalmente, che sono qui ogni anno.”
July fece la riverenza a tutti e sentì qualcuno che bisbigliava dicendo che sicuramente era una ragazza seria.
“Bene, la serata si preannuncia promettente” pensò July alzandosi.
“Quanti anni hai ora, mi cara?” Chiese con la “r” moscia una delle signore li sedute, vestita con una grande pelliccia grigia probabilmente di lupo.
“Quasi tredici, zia...?” Rispose.
“Adelaide, tesoro.”
“Oh, ma che sbadata.” Disse la signora Matilde. “Dimenticavo le presentazioni. Come tutti sapete lei è mia figlia July Marie Anne.” Poi rivolgendosi alla figlia: “Loro sono la zia Adelaide e lo zio Justin con il loro figlio Marcus.” Marcus era un ragazzo con un gran sorriso sul volto e gli occhi neri come i capelli. “Qui invece abbiamo la zia Teresa ed il marito Anthony.” Disse indicando un divano vicino alla parete. Sembravano due vecchietti molto simpatici e carini e poi, davano l’impressione di essere molto felici insieme anche solo a prima vista.
“Scusaci, cara July, ma nostro figlio, ormai grande, ha deciso di trascorrere il Natale con i suoi figli e sua moglie.” Si scusò zia Teresa a nome anche del marito.
“Non preoccupatevi, sono sicura che la sua decisione di restare, oggi, con la famiglia che si è creato, sia giusta.” Rispose educatamente.
“Poi lì abbiamo i nonni  Mary e Samuel, e Daniel e Wendy, che conosci molto bene,” indicando un divano su cui quattro vecchietti erano seduti. July aveva sempre avuto un bel rapporto con i nonni, in particolare con la nonna Wendy. Ed anche la donna più anziana l’adorava fin da piccola: veniva sempre a trovare la nipote e le raccontava storie sempre entusiasmati di posti esotici ed eroi coraggiosi. Era l’idolo della nipote. “Ed invece lei è la zia Beatrice, la sorella di tuo padre.” continuò la mamma guardando verso una signora seduta da sola su una poltrona. La zia si alzò con l’aiuto di un bastone nero. Aveva capelli, un tempo neri ed ora grigi, abbastanza lunghi tirati su in una pettinatura alta, indossava vestiti neri dall’aspetto costosissimo quanto triste. Il viso era una maschera dall’espressione dura ed impassibile pronta a giudicarti fin dal primo momento, gli occhi erano scuri e dall’aspetto spento e le labbra piccole e lineari piene di rossetto. Un brivido percorse la spina dorsale di July.
“Vieni qui, Marie.” Chiamò verso July.
“Zia, forse vi siete confusa, il mio nome è July.” Disse lei andando verso la donna.
La sala era muta, sembrava che tutti avessero timore della severa zia.
“Non ha per caso detto, la tua sbadata madre, che il tuo nome è July Marie Anne?” Chiese con tono di superiorità.
“Sì esattamente, ma...” Cercò di spiegarle.
“Beh, io reputo che dei tuoi nomi, Marie sia il più adatto per una ragazza inglese del tuo rango.”
July decise che almeno per una volta, nonostante non le piacesse quel nome, si sarebbe fatta chiamare così.
“Ora, fai un giro su te stessa.” Le ordinò.
July ruotò su se stessa con un po’ d’imbarazzo.
“Hai un bel corpo, per tua fortuna. Vieni più vicino, fatti vedere bene in viso.” July si avvicinò di più alla donna finché furono ad una decina di centimetri di distanza.
Si guardarono dritto negli occhi, in quel momento Beatrice capì molto di sua nipote. Capì che il suo carattere in realtà era ribelle, pieno di voglia di libertà. Capì che July non aveva paura di lei e che farsi rispettare da quella ragazza, sarebbe potuta essere un’impresa ardua. Ma tornò in se stessa e continuò ad esaminarla. Ne scrutò i tratti,  la forma dei begli occhi, il loro colore verde prato, la pelle morbida e candida, poi vide la bocca, le labbra e avvistò qualcosa che in realtà pochi avevano notato: una piccola fossetta stava all’angolo delle labbra di July, la fossetta che sua madre Wandy chiamava “Il bacio nascosto.” Rimase sorpresa anche perché né lei né suo fratello avevano ereditato un così particolare segno dalla madre, ma ancora, non era solo figlia del fratello, ma anche di Matilde ed anche lei aveva questo particolare "segno".
La sala era rimasta col fiato sospeso, impaziente quanto spaventata di conoscere il giudizio della spietata zia, soprattutto il papà di July, che era seduto su una poltrona anche lui da solo.
“Il tuo corpo ed il tuo viso ti rendono una possibile moglie per ogni uomo di Londra e, perché no, anche di Parigi.”  Pronunciò la signora. Tutti rimasero a bocca aperta: il giudizio era positivo, ma parlare di matrimonio..?
“Moglie?” Chiese July stravolta.
“Ma Beatrice, mia figlia ha ancora 13 anni. Non le sembra un po’ prematuro parlare di matrimonio?” Chiese Matilde in stato di choc.
“Io non sposerò nessuno!” Affermò la ragazza come se non avesse sentito la madre. “Non voglio essere segregata in casa per il resto della mia vita, stando agli ordini di un uomo.”
Girò le spalle e corse in camera sua con la testa bassa per non incontrare la delusione negli occhi dei suoi genitori. Arrivata al piano superiore si chiuse la porta alle spalle sbattendola.
Come poteva una donna che non aveva mai conosciuto, permettersi di venire in casa e mettersi a dettare leggi, dire a sua madre come comportarsi e scegliere per lei un futuro; cosa che non avevano fatto per lei nemmeno i suoi genitori?
Istintivamente aprì la finestra, inspirò l’aria della sera a pieni polmoni e poi la fece uscire calmandosi e svuotandosi di tutto il nervosismo che quella sera le aveva portato.
Si appoggiò alla ringhiera bagnata dall’umidità e, non sapendo perché, guardò il cielo. Questo gesto da sempre le dava sicurezza, lo faceva anche quand’era piccola, ma non ricordava come mai; poi un flash dalla memoria: cercava qualcosa.
“Ma cosa?” Si chiese. Pensò al diario che la mamma aveva trovato; lei aveva detto che ci aveva scritto tutto, forse c’era anche la risposta alla sua domanda. Lo prese dalla scrivania e lo sfogliò alla luce della luna. Non c’era scritto nulla che le sembrasse importante, poi la sua attenzione si soffermò su una pagina, la data era il 21 dicembre 1923: sette anni fa. Cercò di decifrare la sua calligrafia, che in realtà sembrava più un’insieme di scarabocchi astratti, ma con un po’ d’impegno riuscì a leggere.
Caro diario,” iniziava “oggi ti scrivo di un avvenimento importante: Peter Pan mi ha fatto visita e mi ha promesso che quando sarò più grande, mi porterà con se a Neverland!
Mentre scrutavo il cielo in cerca delle stelle che mi avrebbero portato lì, ho sentito la voce di qualcuno e girandomi son ruzzolata giù dal tetto. Pensavo di schiantarmi al suolo, malui mi ha preso atterrando sulla ringhiera. Poi ci siamo presentati e mi ha detto di Neverland, dei bimbi sperduti e di Hook. C’era anche Trilli ed era così bella! Dopo un po’ però se ne sono dovuti andare, avrei dato qualunque cosa per andare con loro, ma Peter mi ha detto che sono troppo piccola, ma sarebbe venuto quando sarei stata più grande.”
Con questo, l’ultima pagina di diario finiva, non c’era più nulla.
July pensò: ricordava che una volta aveva fatto un sogno simile.
In realtà non era stato un sogno e lei lo sapeva, ma col passare del tempo, visto che il suo eroe non arrivava, iniziò a credere di aver fatto solo un sogno. Chiuse il “diario” e alzò il viso al cielo.
“Che strano...” pensò. “eppure, sarebbe bello se esistesse d’avvero un mondo in cui non bisogna dar conto a nessuno, in cui ci si debba solo divertire. D'altronde, chi ha detto che non esiste? Sarebbe possibile? No, probabilmente no. I miei sono pensieri di una bambina e tutti sanno che i bambini hanno idee strane.”
Nonostante i suoi pensieri e nonostante il vestito, appoggiò nuovamente il libretto sulla scrivania e salì per la piccola grondaia arrampicandosi sul tetto. Si sedette ed alzò ancora una volta la testa rilassandosi. Iniziò a fare qualcosa che non faceva da anni, guardò il cielo cercando due stelle molto vicine e più luminose delle altre. Dopo poco tempo le parve di vedere qualcosa, uno strano bagliore che si dirigeva verso di lei, si sporse più avanti per vedere cosa fosse, ma come si tese, le mani le scivolarono e cadde dal primo piano del palazzo.
Non immaginava che cadere potesse essere così... bello quanto spaventoso. Mentre cadeva semplicemente chiuse gli occhi: ora si sarebbe liberata di tutte le pressioni, di tutti i suoi doveri verso il genere umano adulto, verso la madre, verso il padre... e poi... si sentì avvolgere da qualcosa di caldo e morbido, che la teneva stretta a se e fermava la sua caduta. Lentamente aprì i suoi occhi solo per trovarne altri color dei prati in primavera quasi come i suoi ma più vivaci, che la guardavano con un misto di curiosità e divertimento.
“Secondo me tu hai istinti suicidi.”Disse il ragazzo.
“C-come hai fatto a prendermi? Chi sei tu?” Chiese July in stato di choc.
“Davvero non ti ricordi di me?” Replicò lui.
“Dovrei?” Domandò ancora lei.
“Sai, quand’eri piccola eri meno pesante da prendere al volo.” Scherzò di nuovo il ragazzo.
July lo guardò intensamente, poi qualcosa scattò e due semplici parole le vennero alla bocca, uscendo come un sussurro senza che lei se ne rendesse conto. “Peter...Pan...?”
Un grande sorriso si dipinse sul voto del quattordicenne.
 

N/A 
Sono tornataaaa!!!! Hahaha il vostro incubo peggiore è quì!!! 
Spero che la storia sia piaciuta e se non vi è piaciuta, mi dispiace, ma mi aspetto molte critiche costruttive (se non piace)
e se piace critiche positive :)
Ad ogni modo, RECENZIONIIIIIIII!!!!!!!!!!!! 
APPROPOSITO, voglio dedicare questo capitolo 
a truedirectioner97 con tantissimo affetto!!!
Questo è tutto per ora, con affetto 
                                                               -July
P.S. Mi è venuta l'idea di scrivere una citazione in base ad ogni recinzione. Percui:

TRUEDIRECTIONER97: 
Volevo solo provare i confini della realtà... Ero curioso di vedere cosa sarebbe successo. Tutto qui: solo curiosità. (Jim Morrison)

   
 
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