Dopo lunghi mesi di sonno, finalmente
sono ritornata in pista. Stavolta, invece di pubblicare una MitsuMei
come tanti di voi si aspetterebbero, ho deciso di proporvi qualcosa di... vecchiotto
e inusuale. Questa fic partecipava al contest Tutti pazzi per le Fey!,
indetto da gm19961 (alias Grace96) sul forum Writer's Palace, e si è
piazzata seconda in classifica. Insomma, un buon traguardo, considerata
la coppia e le condizioni in cui l'avevo composta.
La shipping in questione è la Phoenix/Pearl,
ovvero quella che mi era stata assegnata dalla Giudice durante il concorso.
Ovviamente, siccome non riesco a shippare altro pairing al di fuori della
NaruMayo, questa coppia è stata trattata in modo one sided. Sarà solo
uno dei due personaggi in questione a nutrire qualcosa per l'altro e il destino
vuole che sia proprio... *rullo di tamburi* non ve lo dico.
Detto questo, mi auguro sia di vostro gradimento! Buona
lettura a tutti!
Pi esse: La storia presenta un
flashback, ambientato durante il processo contro Zack per la morte del suo
Maestro. La storia in sé e per sé, invece, è ambientata appena dopo le vicende
narrate in Apollo Justice.
Sacrificio
Il mondo prese a vorticare
improvvisamente attorno a lei, rendendosi confuso e distorto dinnanzi ai suoi
occhi innocenti. Da quando il martelletto del Giudice aveva sbattuto
violentemente sul banco, in quell’aula si era scatenato l’inferno. Pearl cercò
di farsi largo in quella massa brulicante di persone, nel vano tentativo di
raggiungere la sua adorata Mistica Maya.
Che cosa stava succedendo?
Per quale motivo quegli sconosciuti in divisa blu stavano cacciando tutti fuori
di lì? Perché non permettevano a nessuno di assistere a quel processo?
Perché il Signor Nick non
aveva coraggiosamente puntato il dito contro quell’ingiustizia, gridando con
impeto la sua Obiezione?
«Pearly! Pearly!».
La piccola Fey si voltò di
scatto, richiamata dalla tanto amata voce della cugina. La cercò più volte con
lo sguardo, disperatamente, tentando di distinguere la figura della nuova
Maestra in mezzo a tutti quegli sconosciuti. Per un attimo le parve di trovarsi
immersa nel punto più profondo dell’oceano, travolta e più volte sbalzata dalla
corrente impetuosa, mentre l’acqua salata penetrava e pizzicava violentemente i
suoi poveri polmoni.
Trattenne istintivamente il
respiro, avanzando alla cieca nella folla, guidata dal suo istinto. Pregò
silenziosamente tutte le sensitive della sua casata, scongiurandole di darle un
indizio in grado di condurla tra le braccia della diciannovenne.
Doveva assolutamente
trovarla! Senza di lei, le sarebbe risultato alquanto difficile sapersi
orientare in quel mondo sconosciuto. Sarebbe riuscita a cavarsela ugualmente,
se non l’avesse raggiunta? Quell’orribile prospettiva la spaventava alquanto.
Lacrime bollenti premevano
contro i suoi occhi per sgorgare impetuose, in manifestazione del puro terrore
al quale era soggetta. Si strofinò il viso col dorso della mano, trattenendosi
coraggiosamente dallo scoppiare a piangere in mezzo a quel vasto pubblico di
persone. Solo dimostrandosi forte sarebbe riuscita ad abbracciare la sua
parente.
Tese nuovamente le orecchie,
sperando di riuscire ad udire ancora quel rassicurante richiamo. Se si fosse
concentrata, se solo avesse udito ancora una volta il suo nome, forse avrebbe
capito da dove proveniva. La sola idea di riuscire in una simile impresa le
infondeva nuovo coraggio.
Non sarebbe stato poi così
difficile, se fosse riuscita a distinguere quelle parole in quel vociare
frastornante e fragoroso. Ipotizzando che la stesse effettivamente chiamando,
sarebbe stato alquanto difficile sovrastare le altre urla e le grida di
protesta.
Improvvisamente, un signore
robusto e nerboruto la urtò, facendola barcollare e incespicare sui suoi stessi
passi. Un gemito di sorpresa e dolore scivolò fuori dalle piccole e rosee
labbra di Pearl, mentre si capacitava di ciò che era appena successo. Si coprì
il volto con le mani, sperando così di attutire il violento impatto col freddo
e duro pavimento.
Attese con paura di sbattere
a terra, quando una mano ferma e al contempo delicata l’afferrò saldamente per
l’esile e sottile braccio. Successivamente, il sibilare di una corda giunse
alle sue orecchie, accompagnato da un sonoro schiocco.
«Stupido sciocco!» esclamò
una voce a lei conosciuta, in direzione dell’uomo che l’aveva appena spinta.
«Almeno abbi la decenza di porle le tue sciocche scuse e di fermarti ad
aiutarla, invece di ignorarla scioccamente e continuare scioccamente a
imprecare in modo scioccamente sciocco e indecente!».
La giovanissima Fey alzò
leggermente il capo, quel poco che bastava per incrociare lo sguardo fiero e
adirato della Signorina von Karma. A giudicare da come sosteneva l’occhiata
furibonda dello sconosciuto, non sembrava affatto intimorita. Anzi, pareva
alquanto determinata e decisa. Davvero stava affrontando quell’armadio di uomo
solo per difenderla? Proprio per proteggere lei, che qualche mese prima l’aveva
insultata e le aveva assestato uno schiaffo in pieno volto?
All’improvviso, un tocco
gentile la riscosse. Si voltò di scatto, verso chi l’aveva prontamente
sorretta, sbarrando i suoi begli occhi color nocciola. Rimase alquanto
sorpresa, non appena scorse il volto del Signor Edgeworth, e si vide costretta
a coprirsi la bocca con la mano, pur di nascondere il suo evidente stupore.
«Ti sei fatta male, Pearl?»
le domandò con preoccupazione, squadrandola da capo a piedi con occhio clinico
per valutare se fosse ferita. Abbozzò un sorriso gentile – o almeno, cercò di
farlo –, non appena notò che era illesa. «Non ti preoccupare. Adesso Franziska
ed io ti riportiamo da Maya».
La bambina annuì
meccanicamente, ancora scossa e frastornata. Riservò un’ultima occhiata al
signore, prima di avanzare a capo chino, affiancata dai due procuratori.
Perché non era venuta la
Mistica Maya a cercarla? Perché non era stata lei a difenderla da quello
sconosciuto?
Non che le fosse dispiaciuto
l’intervento dei due conoscenti, anzi. Tuttavia faticava ancora a credere in
quella situazione alquanto assurda e inaspettata. Era in parte contenta di
vedere come quei due “amici” le volevano bene, eppure c’era un dettaglio –
benché minuscolo e apparentemente insignificante – che l’aveva lasciato l’amaro
in bocca.
Perché era stato il
procuratore a salvarla, invece del suo tanto adorato Signor Nick? E lui,
principe azzurro e paladino della giustizia, dove si trovava in quel momento?
Perché non si trovava lì, accanto alla tanto amata cugina?
Perché non era lì con lei?
Nelle
sue innocenti iridi ancora si riflettevano quelle immagini intrise di
disperazione e dolore. Se solo Pearl avesse avuto il coraggio di chiudere gli
occhi, sarebbe stata in grado di rievocare quell’istante di morte, ove i suoi
sogni e le sue speranze erano divenuti polvere al vento.
Se
avesse abbassato le palpebre, sicuramente non si sarebbe soffermata sullo
sguardo stupito del Detective Dick, né avrebbe ascoltato le urla di Larry. Non
avrebbe prestato attenzione neppure alla Signorina von Karma, che mulinava
furibonda la sua frusta mentre ricopriva di insulti il Sistema Giudiziario
Americano, e non avrebbe neppure posato lo sguardo sul Signor Edgeworth, che
poggiava la mano sulla spalla della collega nel tentativo di calmarla.
Per
quanto fosse strano e inaudito, non avrebbe neanche guardato la Mistica Maya,
piangente e singhiozzante, ancora incapace di accettare quella cruda realtà.
No, si sarebbe concentrata solo su una persona: il Signor Nick, silenzioso e
dal volto inespressivo, che si limitava ad uscire dal Tribunale senza degnarli
della benché minima attenzione.
Lo
avrebbe seguito ancora una volta con lo sguardo, per poi rincorrerlo il più
velocemente possibile, pur di raggiungerlo e trattenerlo.
A
differenza di sette anni prima, tuttavia, non si sarebbe lasciata chiudere la
porta in faccia. Lo avrebbe afferrato per un braccio e costretto a rimanere con
loro, scongiurandolo di non abbandonarli. Anche a costo di piangere e di
inginocchiarsi di fronte a lui, lo avrebbe pregato di non lasciarli, di restare
accanto alla Mistica Maya.
Già,
di rimanere con la sensitiva perché, sebbene Pearl nutrisse un amore viscerale
nei confronti dell’unico uomo capace di strapparle un sorriso e una risata di
gioia, sarebbe stato troppo egoistico da parte sua chiedergli di restare solo
per lei.
Aveva
sempre stimato e adorato quel principe azzurro, data la sua simpatia e la sua gentilezza.
Sin dal loro primo incontro, avvenuto nella residenza Fey, aveva sviluppato una
certa affinità con lui. In quel paladino della giustizia aveva visto la figura
di quel padre mai visto, un punto di riferimento al quale fare sempre
affidamento nei momenti di bisogno. Col trascorrere del tempo, era diventata
sempre più dipendente dai suoi sorrisi, dalle sue continue attenzioni e da
quell’affetto che riservava solo a lei.
Era
stato abbastanza traumatico per lei, timida e pudica com’era, riconoscere di
serbare più di un semplice affetto nei suoi confronti; non tanto per
l’intensità di quell’emozione, no, quanto per la sua impossibilità. Perché lei
lo sapeva e se n’era fatta una ragione: per quanto lo desiderasse, non lo
avrebbe mai avuto per sé.
Sarebbe
stato ingiusto nei confronti della Mistica Maya farsi avanti e cercare di
conquistare il Signor Nick. Dopotutto, per la tanto amata cugina, l’avvocato
rappresentava il suo mondo e la sua unica ragione di vita. Portarglielo via
sarebbe stato come strapparle l’anima.
Il
filo dei suoi pensieri fu improvvisamente spezzato da un singhiozzo, giunto
alle sue orecchie violento come un pugno allo stomaco. Il volto di Pearl si
tramutò in una maschera di puro dolore, non appena si capacitò di ciò che stava
accadendo.
Se
solo avesse avuto il coraggio di fermare Phoenix Wright, in quel momento la
Maestra non si sarebbe trovata in preda allo sconforto. Se solo fosse stata
abbastanza coraggiosa, non avrebbe dovuto assistere a quella scena straziante.
Si
affacciò timidamente alla porta, osservando con tristezza la figura
rannicchiata della parente, contorta dall’intensità di quel dolore acuto,
mentre versava lacrime di rabbia e tormento. Pearl distolse lo sguardo dalla
mora, sfregandosi gli occhi col dorso della mano. Almeno lei doveva dimostrarsi
forte, se desiderava dipingere un sorriso sul volto di Maya.
Avanzò
di qualche passo, elegante e silenziosa come non mai, giungendo alle spalle
della tanto amata cugina. La avvolse in un caldo abbraccio, stringendola a sé
con calore e affetto, come per cullarla e scacciare quell’incubo che la
tormentava.
-
Mistica Maya – la richiamò dolcemente, come una madre alla sua adorata figlia,
sforzandosi di mostrarsi allegra nonostante la sua agonia interiore. – Vedrai
che il Signor Nick tornerà. Un giorno o l’altro ritornerà da noi, te lo
prometto.
-
Come puoi dirlo, Pearly? – replicò la sensitiva, inzuppandole la divisa con le
sue lacrime, guardandola con occhi ricolmi di miscredenza e diffidenza. – Sono
passati sette anni e non si è mai fatto vivo! Perché ne sei così sicura?
-
Perché credo nell’amore – le rispose con semplicità, sfoderando un sorriso
dolce e triste al contempo. In quel momento, era l’unica risposta vera e
sincera che poteva darle. – Vedrai, un giorno ti verrà a prendere col suo
cavallo bianco e ti porterà via da qui.
Perché
sì, Pearl credeva davvero nell’amore. E il suo amore aveva un nome e un
cognome: Phoenix Wright. Nonostante tutti quegli anni di agonizzante mutismo,
non aveva mai dubitato di lui. Nella rabbia, nella tristezza e nel dolore, un
barlume di speranza la incitava spesso a confidare in lui.
Ed era
convinta che, un giorno, lui sarebbe davvero tornato per loro anche se, per
farlo, avrebbe avuto bisogno di un aiuto.
Fece
il suo ingresso in ospedale, venendo inevitabilmente investita dall’acre odore
di disinfettante, immergendosi in quel mondo bianco e piatto.
Con
l’avvenire di quello sfortunato incidente del Signor Nick, era stata finalmente
capace di attuare il suo piano. Quale occasione più ghiotta di quella per
combinare nuovamente un incontro tra lui e la Mistica Maya?
Affidò
alla ragazza della reception l’enorme scatolone ricolmo di DVD del Samurai
d’Acciaio, raccomandandole di recapitarlo al più presto all’infortunato. Era
davvero importante, per lei, che quel pacco venisse consegnato al più presto
all’ex avvocato. Solo in quel modo sarebbe riuscita a portare a termine la sua
missione e a ridonare così un sorriso alla povera Maestra.
Inutile
dire che non ne aveva fatto alcuna parola con lei. Se solo avesse osato
accennarle le sue intenzioni, la sensitiva le avrebbe severamente proibito di
fare alcunché. Nonostante fosse alquanto dispiaciuta di dover disubbidire al
suo volere, reputava necessaria una simile azione.
-
Vuole lasciargli anche un messaggio, signorina? – le domandò la ragazza, poco
prima di affidare il pacco ad un giovane e forzuto infermiere.
La
giovane Fey prese un bigliettino, indugiando ancora un attimo, giusto per
rileggere ciò che aveva scritto.
Ciao, Nick!
Ho saputo del tuo incidente
e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere trascorrere il tempo guardando il
Samurai d’Acciaio, invece di fissare il soffitto e dormire tutto il giorno.
Sarà come rivivere i vecchi tempi!
Mi spiace solo di non essere
lì con te, ma i miei doveri di Maestra me lo impediscono.
Spero di poterti incontrare
ancora, un giorno!
Tua, Maya.
Osservò
un’ultima volta la firma, notando con malinconia come fosse strano leggere un
altro nome scritto con la sua calligrafia. Avrebbe tanto voluto firmarsi come
mandante di quel regalo, ma in quel modo avrebbe vanificato ogni cosa.
Doveva
essere forte e mettere a tacere per l’ennesima volta il suo amore, se davvero
desiderava rendere felice la Mistica Maya e il Signor Nick. Sì, perché solo in
quel modo sarebbe stata in grado di renderlo contento.
Il sacrificio
era la più grande forma di amore e Pearl in quel momento stava dimostrando di
amare davvero Phoenix Wright.
- Pearly!
Pearly!
La giovane
sensitiva si voltò di scatto, non appena le urla gioiose della Mistica Maya
giunsero alle sue orecchie. Inarcò un sopracciglio, esibendo un’espressione
curiosa e alquanto stupita, di fronte all’insolita allegria della Maestra.
- E’ successo
qualcosa, Mistica Maya? – domandò la Fey, poco prima di essere letteralmente
travolta dall’abbraccio della cugina.
La mora
sfoderò un sorriso raggiante, sventolandole davanti agli occhi il suo beneamato
cellulare. – Sì! Pearly, dopo sette anni, Nick mi ha chiesto di incontrarci!
A quanto
pareva, il suo sacrificio aveva generato qualcosa di buono. Pearl sorrise di
cuore, aggregandosi alla felicità della cugina. Se tutto fosse andato per il
meglio, lo avrebbe finalmente incontrato anche lei.
Magari tutto
sarebbe tornato come ai vecchi tempi, dove tutti erano contenti e felici.
Forse ogni
cosa sarebbe tornata come prima, dove lei avrebbe ancora potuto godere di
quell’affetto, coccolando e cullando il suo amore proibito e continuando a
tenerlo nascosto agli occhi indiscreti.
Pearl saltellò
dalla gioia, lasciandosi sfuggire una risata genuina.
- Sono così
contenta per te, Mistica Maya!
Improvvisamente,
una nota di tristezza e stupore si dipinse negli occhi della cugina. Carezzò
dolcemente la guancia della giovane, dimostrandosi dispiaciuta e preoccupata
come non mai.
- Pearly…
perché stai piangendo?
Sarebbe stato
difficile soffocare il suo amore, Pearl ne era consapevole.
Ma se quello era il giusto prezzo da pagare, se questo
era l’unico modo per rendere felice Maya e Nick, allora si sarebbe sacrificata,
anche se era doloroso.