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Autore: Giamo    14/07/2013    0 recensioni
Gli zombie si moltiplicano sulla terra e cambiano il volto dell'umanità. Carlos, un uomo, si trova a riflettere su cosa l'umanità sia divenuta.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*BANG!*

Il fucile di Carlos tuonò mentre era nascosto dietro un muretto. Quello zombie era cosparso a terra e la testa integrata con l'asfalto.

Erano esattamente 321 giorni che era scoppiata l'epidemia, senza un apparente motivo: bisognava adattarsi. All'inizio le grandi istituzioni, i governi, le associazioni dicevano di avere la cosa sotto controllo, di offrire aiuto, di poter curare gli infetti. Ma poi l'infezione cominciò a colpire i soldati, i burocrati e tutte le belle promesse andarono in fumo. I cittadini rimasero soli nel panico, abbandonati a se stessi e agli zombie. Chi poteva rimaneva in casa e si difendeva come meglio poteva fin quando poteva; altri scappavano verso i monti e verso le campagne cercando posti più isolati. L'Alaska, la Patagonia e la Siberia divennero mete ambite e ricercate, ma il viaggio per arrivarvi era lungo e pericoloso, le strade divennero tortuose e nei lunghi viaggi mancavano sempre le provviste, quindi occorrevano giorni per raggiungere certi posti isolati e non molti ce la facevano.

Questo momento della storia che, ammessa la sopravvivenza del genere umano, avrebbe occupato molto spazio tra i libri di scuola, mise in luce tutto l'egoismo dell'uomo come specie e tutta la sua incredibile disorganizzazione. Per Carlos questo era disgustoso. Quando ci si abituò alla situazione si formarono dei piccoli gruppi di sopravvissuti unitisi per cooperare, ma non tutti fecero una buona fine, molti vennero attaccati e sbranati. Carlos decise invece di affidarsi alla fede in Dio e di affrontare gli zombie da solo, per non legarsi a nessuno, per non perdere nessun'altro, dopo aver perso tutta la famiglia da bambino. Decise di essere slegato da ogni vincolo.

Dopo 321 giorni di epidemia aveva massacrato centinaia di abomini, era diventato un cacciatore, aveva capito che cacciare gli piaceva, reputava che quello fosse l'unico aiuto concreto per l'umanità. Pensava che uccidere gli zombie fosse l'atto più caritatevole che avesse potuto fare, ogni volta si ripeteva: uno zombie morto, un bambino vivo. Carlos si sentiva in grave debito con l'umanità, per il suo passato. Era stato condannato alla sedia elettrica perché s'era macchiato di un terribile peccato: omicidio. Per sette volte. Sette bambini. Sette erano stati i bambini, come i peccati capitali, come le trombe che suoneranno nell'Apocalisse. Forse proprio gli urli innocenti di quei fanciulli mondi erano state le trombe dell'inizio della selezione eterna, quella selezione nella quale i dannati erano costretti a tornare in vita dopo morti, una vita da bestie selvatiche, costretti a rivivere come automi e a cibarsi della carne di quelli  che una volta erano i loro simili.

Carlos fu 'fortunato', l'epidemia scoppiò due giorni prima della sua esecuzione. Interpretò questo fatto come un segno, si pentì delle sue azioni e cominciò un'ascetica penitenza di sangue e di morte. Scontare la pena per purificarsi di tutti gli errori che aveva commesso, questo era il suo obbiettivo, nonché l’unico modo per sperare di poter raggiungere qualche sorta di redenzione.

I primi tempi il problema principale era sopravvivere, non farsi sbranare; se si incontravano altre persone ci si aiutava, si pensava a fare il possibile per il prossimo: i vecchi venivano accuditi. Ma poi il più grande nemico dell'uomo divenne l'uomo stesso con la sua disperazione, la sua depravazione, la sua cattiveria. Coloro che venivano ritenuti spacciati, come i vecchi e gli invalidi, venivano lasciati indietro, da soli, a morire di stenti. I bambini al di sotto dei 4-5 anni erano pensati come un peso che rallentava la marcia del gruppo, per questo venivano lasciati.

Quando gli zombie cominciarono a essere di meno a causa del deperimento da cibo e dell’attività dei cacciatori, stupratori, ladri e assassini furono quelli che si diffusero per i boschi, facevano agguati alle macchine e alle persone che seguivano le strade; i cannibali si moltiplicarono e diventarono ancora più pericolosi degli azzannatori. Homo homini lupus: l'uomo é lupo per l'uomo, il suo stesso nemico.

 La fiducia nella propria specie, svaní. 

Dopo 321 giorni dallo scoppio dell'epidemia, l'umanità morì.
   
 
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