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Autore: moni93    14/07/2013    8 recensioni
Sasha e Kardia: dea e guerriero.
Solo questo?
Per me, assolutamente no.
Questa fic cerca di descrivere, in parte con eventi del Gaiden dello Scorpione e del manga dei Lost Canvas, e in parte con scene del tutto inventate da me, quello che è il legame che unisce questi due personaggi. Un affetto che va oltre la semplice amicizia, perchè... curiosi? Non vi rimane che leggere.
NOTA: Non avendo concluso la lettura dei Lost Canvas (peste e carestia su di me, lo so), non sono certa del finale. Per cui, potreste trovare delle incongruenze con il finale del manga. Spero che sappiate comunque apprezzare.
Genere: Drammatico, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sasha, Scorpion Kardia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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LE PAROLE CHE NON HAI BISOGNO DI SENTIRE

 

Alla mia carissima amica Thanatos_Dark, che oggi compie gli anni

E a MaikoxMilo, per avermi ispirata (anche se inconsapevolmente).

 

You're not alone

Together we stand

I'll be by your side, you know

I'll take your hand

 

La prima volta che ti vidi, pensai ad un coniglietto. Non so bene perchè, forse perchè sono animaletti piccoli e timorosi, e tu mi apparivi minuscola e terrorizzata, con quel tuo abitino triste e cupo. Più probabilmente, ti confusi con quella sottospecie di topo dalle orecchie oblunghe, perchè eri tutta sporca di terra e foglie. Anzi, sicuramente è per questo: facevi morir dal ridere!

Eppure, non risi.

Avevi un’espressione talmente sconsolata e malinconica, da far intenerire un sasso. Per questa ragione, mi stetti subito sui nervi. E non mi trattenni certo dal fartelo presente.

“Che mocciosa irritante!” esclamai, senza un briciolo di tatto.

Ero intenzionato a far rapporto al Gran Sacerdote. Che si occupasse lui di bambini smarriti e depressi, io ero un cavaliere, avevo altro a cui pensare! Ad esempio, dovevo allenarmi per migliorare la mira, ogni tanto sbagliavo così vistosamente da rischiare di bucare quel ratto di biblioteca di Degel. Sì, lo so, gli sarei dovuto essere debitore e blablabla, però non era mica colpa mia se stava sempre in mezzo!

Ah, tra le altre cose, dovevo anche svolgere un compito della massima importanza: finire di mangiare la mia succulenta mela quotidiana!

Che c’è? È una cosa serissima, lo dice anche il detto: “Una mela al giorno, leva il medico di torno”. Per cui, se ne avessi mangiata una ogni giorno, sarei diventato immune a qualsiasi dottore!

Tuttavia, tu riuscisti a farmi cambiare idea, il che mi irritò ancor più.

“Io... non ho un posto in cui tornare...” borbottasti, a metà tra un sussurro e una confessione.

Ah no.

No, no, no, non se ne parlava proprio!

Non mi avresti conquistato con quel musino da cane bastonato! Non mi sarei fatto coinvolgere in quella storia, che già mi puzzava di casino imminente!

No, no e ancora no!

Sarei stato irremovibile, categorico.

La mia mela mi attendeva, l’avevo appena rubata dalle cucine del Santuario e aspettava di essere mangiata da me, non potevo mica mancare ai miei doveri!

Chinando il capo, la tua frangia celò gli occhietti verdi che minacciavano di riempirsi di lacrime.

Non volevi mostrarti debole o tentavi di non farmi preoccupare?

Minacciavi di scoppiare a piangere, sarebbe stato giusto se fossi scoppiata a piangere senza motivo apparente. Eri una bambina, non avevi mica bisogno di una scusa per fare i capricci!

Invece ti trattenesti e non mostrasti nemmeno una lacrima.

Fu allora che m’incavolai di brutto.

“Sei una vera rottura! Dove vuoi che t’accompagni?! Cerca almeno di decidere cosa vuoi fare!”

E anche alla svelta, avrei aggiunto.

Ti caricai così a peso morto sulle mie spalle e attesi una risposta.

I tuoi occhi vacillavano ancora nel dubbio e nel timore, ma quando mi osservasti nuovamente, sembravi un tantino più serena.

“Voglio andare... non lo so dove voglio andare. Lontano da qui, ecco.”

La risposta che mi desti fu parecchio infantile e generica, ma mi stava bene.

Volevi andartene?

E sia!

Saremmo partiti insieme, tanto il Gran Sacerdote aveva altri undici rompiscatole a cui dettare ordini, uno in più o in meno non avrebbe fatto alcuna differenza. Forse, però, così facendo mi sarei messo nei guai. Forse. Ma chi se ne importava? Avevo in groppa una bambina sola e sconsolata, che razza di uomo ero se non la facevo ridere?

“La vita è troppo breve per avere il broncio o essere tristi.” ti dissi ad un certo punto.

Tu tentasti di guardarmi in volto, ma non ci riuscisti.

Ti reggevo sulla mia spalla e, al massimo, avresti potuto osservare la mia chioma danzare nel vento. Non so nemmeno perchè diedi voce ai miei pensieri, magari così riuscivo a strapparti un sorriso, che ne so.

“Perciò...”

Per dare maggiore enfasi, voltai il capo e ti permisi di guardare le mie iridi marine. Oltre che il mio fantastico sorriso da fusto.

“Sorridi e la vita ti sorriderà! E se proprio non funziona, tu le tiri un bel cazzotto e vedrai che tutto si sistema!”

Mi aspettavo un sorriso, invece rimanesti inebetita.

Che irritante, ti avrei preso a pugni, anzi, stavo giusto per farlo, se non... ecco, diciamo che non fu un’ottima idea voltarmi a guardarti mentre camminavo. Specie perchè il sentiero finì ed incominciarono le scale. Quelle maledette, cretine, scale assassine.

Ma dico, che bisogno c’era?

Non si poteva abitare tutti in pianura, mi chiedo io?!

Sta di fatto che, per colpa tua, caddi nel vuoto.

Una volta assicuratomi di avere ancora tutte le ossa integre, sebbene collocate nel posto sbagliato, ti cercai con lo sguardo. Eri finita faccia a terra e con il sedere all’aria, nel vero senso della parola. La gonna ti si era alzata e ti si vedevano le mutande, tra l’altro, di un assurdo color rosa confetto.

Le mie risate, quindi, furono più che giustificate.

Il pugno che mi desti in testa, invece, no.

“Ehi, ma sei impazzita!” sbottai, lo sguardo assassino.

A ribattere, però, trovai dinnanzi a me un cucciolo di tigre. E bello incavolato, anche.

“Non si ride delle disgrazie altrui!” mi riprendesti, con fare da maestrina.

Oh? Ma non mi dire, allora ce l’avevi anche tu la voce per gridare! E che bel musetto pieno di vita, finalmente! Cominciavi a starmi più simpatica, sebbene in quel frangente non pensai esattamente ciò, ero troppo incavolato.

“Non rido delle tue disgrazie, ma delle tue mutande. Carine, tra l’altro, chi te le ha comprate ha fatto un’ottima scelta: con quelle puoi star certa che nessuno oserà mai stuprarti!”

Ricominciasti a prendermi a pugni, ma stavolta mi difesi con le braccia. Potrà sembrare assurdo, dato che ero uno degli uomini più forti al mondo (anzi, IL più forte, mi correggo), però i tuoi cazzotti facevano parecchio male!

“Brutto, antipatico, screanzato!!” urlasti, rossa in viso come un peperone.

Fu così che mi costrinsi a usare le maniere forti.

“Vuoi la guerra? E sia! Ti mostro io come combatte un cavaliere!”

Detto fatto, ti afferrai per la vita e ti feci finire pancia all’aria. Cominciai così la mia tortura preferita, quella che Dohko mi aveva insegnato. Dopo nemmeno un minuto che ti facevo il solletico, imploravi già pietà. T’ignorai bellamente per cinque minuti buoni e poi, quando mi fui annoiato, ti lasciai andare. Adesso che avevi liberato un po’ di voce e risate, sembravi più una mocciosa. Una mocciosa spettinata e con i vestiti sciupati, ma pur sempre meglio di come stavi prima.

Bene, si poteva partire!

“Andiamo. Ah, a proposito, io sono Kardia. Te lo dico nel caso in cui non avessi il tempo di chiamarmi Bellissimo ed impavido cavaliere d’oro dello Scorpione. Anche se, quasi quasi, sarebbe meglio così.”

Sbuffasti con aria annoiata, ma non protestasti.

“Io sono Sasha.”

Sebbene camminassi a passo celere, eri già al mio fianco, come se quello fosse sempre stato il tuo posto.

“Sasha? No, troppo bello come nome. Tu sarai Mocciosa o, all’occasione, Ehi tu.”

Brontolasti per qualche minuto, ma continuasti a seguirmi.

Eri piccola, ma selvaggia e forte come una leonessa. Io avevo già compreso il tuo valore, sebbene tu faticassi a vederlo.

Incominciavi davvero a piacermi e questo fu solo il primo dei miei problemi. E delle mie gioie.

 

When it gets cold

And it feels like the end

There's no place to go

You know I won't give in

No I won't give in

 

Dopo quel breve, ma avventuroso viaggio, capii di essere diventato qualcosa di insostituibile per te.

Mi vedevi come un amico, un fratello maggiore, mai come un cavaliere.

Chi ero io per contraddirti o riprenderti?

Sebbene avessi scoperto che tu altri non eri che la reincarnazione della dea Athena in quest’epoca, a me non importava nulla. Per me rimanevi la piccola rompiscatole, dalle mutandine rosa. Nessuno avrebbe cambiato questo.

“Kardia, non è bene che la divina Athena si affezioni a te.”

Sisifo mi aveva ripreso. Per l’ennesima volta.

Dicevo tanto di Degel, ma era Sisifo il vero guastafeste. Riusciva sempre a trovare qualcosa che non andava, laddove invece tutto filava liscio. Che era, geloso?

“Non vedo dove stia il problema.” avevo risposto, senza la minima esitazione.

Lui si era fatto ancora più serio.

“C’è che siamo cavalieri, combattenti votati alla nostra dea e pronti a morire per lei. Non è bene che si affezioni troppo... altrimenti, potrebbe non sopportare la nostra morte.”

Avevo sbuffato.

Avevo tamburellato il piede a terra per la frustrazione.

Ad ogni parola che udivo volevo urlare, attaccare, prendere a pugni quella faccia insopportabile, ma non potevo. Sisifo era un mio compagno e pure più grande. Ergo, gli dovevo rispetto.

Questo era quello che Degel avrebbe voluto sentirmi dire.

Peccato che io non mi stavo mai ad ascoltare.

Lanciai una cuspide a velocità inumana, graffiando la guancia del Sagittario che, lentamente, prese a sanguinare. Non disse nulla, né si mosse. Stette lì ad osservarmi, con quegli occhi indagatori e capaci di scavarti nell’anima.

Quello che mi faceva imbestialire più di tutto, era che lui fosse un uomo buono e giusto, come il Gran Sacerdote. E nonostante questo...

“Ma ti senti parlare?! La divina Athena non deve affezionarsi a noi cavalieri! Ma per chi l’hai presa, per una bambola da governare a tuo piacimento?! Quella è solo una ragazzina, maledizione!!”

Lanciai un altro colpo, stavolta colpendo la sua spalla.

Una smorfia di dolore contorse il viso di Sisifo, facendomi sorridere per la soddisfazione. Tuttavia, lo sguardo che mi rivolse, mi costrinse a chinare il capo.

C’era disperazione e tanto, tanto rammarico in quegli occhi, ma non per questo mi zittii.

Piuttosto che ammettere un torto, mi sarei staccato la lingua a morsi.

“Sia tu che Sage, non fate altro che riempire la testa di quella bambina con una montagna di paroloni e discorsi circa il destino e la sua missione. Ma le avete mai chiesto se era questo ciò che voleva?!”

Lui chiuse gli occhi e tentò di assumere nuovamente il suo contegno di sempre. Sebbene non me ne accorsi in quel momento, Sisifo si stava mostrando molto più forte di me.

“Non ha scelta.” disse in tono pacato.

“Non gliene avete lasciata!” protestai io.

“Non è una cosa che possiamo decidere noi.”

“Oh certo, bella scusa, scarica la responsabilità al destino! Fate così da quando sono entrato nel Santuario: quando qualcosa non vi piace o vi è scomodo ammettere un errore, date la colpa al destino!”

“NON È UNA MIA DECISIONE!”

Quell’urlo improvviso mi fece sussultare.

Non avevo mai sentito Sisifo gridare, né perdere la sua proverbiale calma.

Rimasi così sconvolto e, lo ammetto, spaventato da quella reazione, che non aprii bocca.

Lui osservò il pavimento in marmo, stringendo il pugno con una tale forza, da farmi avvertire una scossa di dolore.

“Nessuno di noi ha scelto. Possiamo solo accettare il destino per cui siamo nati. E pregare per lei.”

Per la prima volta, mi resi conto di quanto quell’uomo fosse umano e fragile.

Non credevo che potesse voler bene a te, alla mia Sasha. Anche se il suo affetto, forse, era ancora annebbiato dall’ammirazione.

Era incredibile come tu riuscissi a farti voler bene con così poco, semplicemente essendo te stessa.

“Non puoi impedirle di essere umana.” mormorai ad un tratto, ma non per timore.

Il mio era rispetto per i suoi sentimenti, desiderio di non ferire oltre il suo cuore.

Mi sorrise tristemente, come se già conoscesse quel discorso.

“Lo so. Ma non posso impedire a me stesso di desiderare a tutti i costi di salvarla da ulteriore dolore.”

La replica mi giunse spontanea.

“Potresti semplicemente lasciarla andare.”

Sospirò e rise debolmente, sebbene mi parve che non lo fece per deridere le mie parole. Mi si avvicinò, lentamente, e mi posò una mano sulla spalla.

“Sei ancora troppo giovane per capire, ma va bene. Stalle vicino, almeno tu, ma cerca di non strafare. O anche tu ne rimarrai ferito.”

Quella conversazione mi aveva completamente svuotato di ogni forza. La vista mi si era annebbiata e le gambe mi tremavano.

“Kardia?”

La voce di Sisifo si fece ovattata e lontana, finché non svanì assieme al mondo.

Quando rivenni nel mio letto, capii di essere svenuto per la febbre. Le cattive notizie non arrivavano mai sole, dovevo aspettarmelo.

“Kardia, ti sei svegliato!”

Nemmeno il tempo di riprendermi, e tu mi stavi già attaccata al collo, tentando di soffocarmi. Una vera dea della giustizia, non c’era che dire!

Per quanto odiassi gli abbracci, dovetti ammettere che mi rendeva felice essere il solo a riceverne da te. Dopo poco ti staccasti, fissandomi dritto negli occhi
con aria seria.

“Senti Kardia, non voglio che ti sforzi troppo, capito?”

Dopo il primo attimo di smarrimento, risi, divertito da quelle parole.

“Chiedi al Sole di non splendere, bambina.” ti risposi, ma tu non mi desti retta.

“Non m’importa, non voglio che ti succeda nulla di male. Promettimi che non ti affaticherai troppo. Prometti!”

I tuoi occhi mi imploravano di assecondarti.

Fu così che ti mentii, per la prima volta.

“D’accordo, Sasha. Te lo prometto.”

 

Keep holding on

'Cause you know we'll make it through,

We'll make it through

Just stay strong

'Cause you know I'm here for you,

 I'm here for you

 

Il tempo trascorse rapido e ingiusto.

Nel giro di pochi anni, eri già diventata una splendida ragazzina. Certo, ancora acerba, ma già molto graziosa. Ti eri fatta crescere i capelli fino alla vita, com’era tradizione per la dea Athena. Il tuo viso si era fatto meno paffuto, più aggraziato e femminile. Cominciavano perfino a spuntarti un accenno di tette, non male per una

tredicenne!

“Kardia, sei il solito pervertito!” mi dicevi sempre, quando ti facevo un complimento.

“Mamma mia, voi donne siete incontentabili: ti dico che hai le tette grosse e ti arrabbi, ti dico che ce le hai piccole e ti arrabbi! Dimmi te cosa devo dire per non farti incavolare!” brontolavo io.

Solitamente ribattevi sempre in qualche modo, oppure mi prendevi a pugni come una vera signorina altolocata. Quella volta, invece, rimanesti in silenzio.

“Che c’è? Che ho detto stavolta?”

La mia domanda ti fece arrossire ancor più, costringendoti a fissare il pavimento.

“Neh, Kardia... c’è qualcuno che ti piace?”

Sussurrasti talmente a bassa voce, che fui costretto ad avvicinarmi.

“Eh?” domandai poi, enfatizzando il mio sgomento con un’espressione idiota.

Tu ti tormentasti le mani e la veste.

“Sì, insomma, c’è una ragazza che ti piace?”

Fu il mio turno di rimanere ammutolito.

Non avevo davvero idea di come risponderti.

Certo, qualche fanciulla degna di nota c’era, ma nulla che andasse oltre alla mera attrazione fisica. Ero giovane e avevo una voglia matta di scoprire il sesso, certo, ma tu mi stavi chiedendo di amore e, quel sentimento, io non lo conoscevo. Optai quindi per una decisa manata in testa, che ti scompigliò tutti i capelli.

“No, al momento nel mio cuore ci sei solo tu!”

Non soddisfatto della tua reazione, rimasta praticamente invariata, ti afferrai con l’altra mano e ti trascinai a me, facendoti il solletico.

“Cos’è? Vuoi confessarmi il tuo amore?” chiesi tra una risata e l’altra, mentre ti torturavo con il nostro gioco preferito.

Arrossisti fortemente, ma non eri più imbronciata.

“Scemo!” esclamasti, pizzicandomi le guance.

Continuammo a farci i dispetti e le boccacce, anche quando Shion passò per caso di lì e ci osservò interdetto. Mi aspettavo una critica o comunque un richiamo, invece, non appena i nostri sguardi si incrociarono, mi sorrise in segno di saluto. Che tipo.

Forte di avere campo libero, mi accanii su di te con ancor più ardore, facendoti ridere a crepapelle.

“Kardia, così mi soffochi!” biascicasti, mentre un’enorme ciocca di capelli ti copriva il viso.

“Colpa tua e dei tuoi stupidi capelli! Perchè te li sei fatta crescere così tanto?” domandai, tanto per prenderti in giro.

Una gemma smeraldina fece capolino in quel mare ametista.

“Come perchè? Perchè voglio somigliarti!”

Per un attimo non seppi che fare.

Poi, ti agguantai per la vita e ti strofinai il pugno sul capo, dato che per me sarebbe stato troppo imbarazzante abbracciarti.

“Scema!” ti urlai.

Era bello essere la tua persona speciale.

 

There's nothing you could say

Nothing you could do

There's no other way

When it comes to the truth

So keep holding on

'Cause you know we'll make it through,

We'll make it through

 

“Kardia... Kardia...”

Il mio nome suonò come una litania, mentre nella mia mente si sovrapposero sogni e ricordi. Mi stavo svegliando, anche se non ne capivo il motivo. Ogni mattina mi alzavo con la luce del Sole, ma mai col canto del gallo.

“Kardia...”

Spalancai gli occhi.

Quello non era un gallo.

“Sasha!” esclamai frastornato “Che diavolo...?”

Non ebbi il tempo di comporre una domanda, che tu me ne ponesti una.

“Posso dormire con te?”

Avevo la bava alla bocca, i capelli in completo sfacelo, gli occhi che vagavano per la stanza per comprendere dove fossi, e la mente che mi imponeva di tornarmene a fare un giro nel meraviglioso mondo di Morfeo.

“Sasha, ma... che ore sono?”

Senza rispondere, ti arrampicasti sul letto.

“Mi fai dormire con te, sì o no?”

C’erano un’infinita di domande che avrei voluto porti, ma ero troppo stanco per comporle e creare frasi di senso compiuto. Perciò me ne uscii con una semplice constatazione, che voleva suonare come un ordine.

“Purché si dorma.”

Mi spostai un poco, di modo da permetterti di sdraiarti in quel minuto spazio. Ti accoccolasti il più vicino possibile a me, utilizzando il mio braccio come cuscino. Eravamo stretti e scomodi, eppure mi sentii felice. Era la prima volta che condividevo il letto con te.

“Stai comoda?” ti chiesi, mentre sbadigliai vistosamente.

Tu annuisti.

“Mai stata meglio.”

Ti strinsi a me istintivamente, proteggendoti con il mio braccio sinistro da qualsiasi mostro o Specter che sarebbe potuto spuntare da sotto il letto, disturbando così il tuo sonno.

Perchè tu avevi intenzione di dormire, vero?

“Kardia?”

“Mh?”

Non era una vera parola la mia, quanto più un mugugnio che significava “Dormi, ti prego, ho sonno”. Ma tu eri chiaramente intenzionata a parlare, anche se per poco.

“Mi vuoi bene, Kardia?”

Tenni gli occhi chiusi, sebbene dentro di me suonò, impercettibile, un campanello d’allarme.

“Che razza di domanda è?”

“Rispondi.”

“Certo che te ne voglio.”

“Quanto?”

Sbuffai e agii d’istinto, come facevo sempre.

Ti diedi un bacio sulla fronte, innocente ma pieno d’affetto.

“Tanto così.”

Per qualche minuto non parlasti.

Sembravi turbata, sebbene il mio gesto avrebbe dovuto rassicurarti. Per quanto ti conoscessi da anni, non riuscivo ancora a inquadrarti del tutto. Eri un libro aperto, eppure con delle pagine nascoste, tenute incollate da sentimenti che ancora non comprendevo. Solo tu potevi farmi leggere quelle note segrete e, quella notte, trovasti il coraggio per farlo.

“Me lo daresti sulla bocca?”

Sebbene assonnato, in quel mentre mi destai del tutto.

E capii.

Io per te ero diventato qualcosa di più di un semplice fratello, vero?

“Sasha...” mormorai, volendo infondere in quella parola tante altre cose.

Come il fatto che ti volevo bene, ma che non avrei mai potuto considerarti una donna, nemmeno una volta compiuti i sessant’anni! Per me saresti sempre rimasta la mia piccola, rompiscatole, Sasha. La marmocchia che mi prendeva a pugni e che giocava a fare la dea dispotica in mutande rosa. Avrei anche voluto dirti che mi dispiaceva, perchè non avrei mai voluto ferirti. Tuttavia, non fu necessario aggiungere altro. Quella parola bastò a farti scuotere il capo, come a voler cancellare la tua domanda. Sapevi che avrei parlato così, eppure hai tentato, hai sperato in qualcosa di impossibile ma, lo ammetto, bello.

“Scusami, lascia perdere. Lo so. Io sono solo la tua sorellina.”

Quella cosa mi seccò, e anche molto.

“Solo?” ripetei, infatti.

Ti carezzai i capelli e ti costrinsi a guardarmi.

Sebbene fossi conscio che quanto ti avrei detto ti avrebbe fatto male, pregai affinché quelle stesse parole, un giorno, ti fossero di conforto.

“Tu sei SOLO la persona più importante della mia vita!”

Affondasti la faccia nel mio petto e incominciasti a tremare, ma tentasti di parlare in modo calmo e quasi indifferente.

“Davvero?”

Mi permisi di poggiare la mia testa sulla tua, tentando di farti sentire amata.

“Davvero, ti pare che possa mentire su una cosa così importante?”

“E mi vorrai sempre bene?” domandasti, non soddisfatta.

“Certo.”

“Sarai sempre con me?”

E qui mi costringesti a mentirti per la seconda volta.

“Sì, per sempre.”

La mattina dopo mi svegliai con la schiena a pezzi, il braccio atrofizzato e senza più un briciolo di sangue, e la maglietta zuppa. Ah, e il Gran Sacerdote mi fece pure la ramanzina per averti “rapita” e, presumibilmente, “deviata”.

Tsk, cosa non si fa per amore?

 

So far away

I wish you were here

Before it's too late,

 This could all disappear

 

Ed ora, eccoci qua.

Non pensavo che sarei morto in un luogo tanto freddo e inospitale. Insomma, il grande e possente Kardia, fregato da uno stupido lucertolone. E pure brutto.

Mah, pazienza, almeno è stato un duello pieno di passione e vita.

Sono davvero fiero di me, ho anche salvato l’amico idiota di Degel! Sì sì, avrò di certo scolpito il mio mito nella storia. I posteri parleranno di me per secoli, ricordandomi e temendomi. Che soddisfazione!

Tuttavia... non riesco a fare a meno di pensare a te.

Al tuo sorriso e alle lacrime che ti farò versare.

Sono proprio un idiota.

Scusami, per non essere stato quello che volevi.

Scusami, per averti abbandonato.

Scusami, mi dispiace davvero... Sisifo aveva ragione.

Non avrei dovuto farmi coinvolgere.

“Kardia, fai attenzione e torna sano e salvo.”

Ah... ahah, che cretina. Anche adesso che sei grande e consapevole del tuo ruolo, mi tratti ancora con un riguardo che non mostri a nessun altro. Mi vuoi bene, nonostante sia solo uno stolto, destinato a morire.

Per questo, anche se sono sommerso dalla neve, anche se ho la vista annebbiata dalle lacrime, non posso far altro che sorridere e ripetere quanto ti dissi allora, prima della mia partenza per Bluegrad.

“Certo. Ci vediamo dopo, Sasha.”

 

Before the doors close

And it comes to an end

With you by my side

I will fight and defend

I'll fight and defend

 

“L’Oricalco è in mano nostra, divina Athena!”

Senza nemmeno bussare, un guerriero del Santuario entrò nella Sala del Gran Sacerdote, urlando gioioso per la missione compiuta. Tuttavia, il mio cuore non smise di battere all’impazzata per l’angoscia.

Un’orribile sensazione, simile ad una lama che perforava il mio cuore, mi smorzò il fiato. Accadde d’improvviso, qualche tempo dopo la partenza di Kardia e Degel.

Ero terribilmente in ansia per entrambi... no, non era vero.

Sebbene fossi conscia che questo mio atteggiamento fosse estremamente egoista e sbagliato, non potei fare a meno che pensare unicamente al cavaliere dello Scorpione, al mio caro fratello. Il solo pensiero che gli fosse accaduto qualcosa, mi attanagliava anima e corpo.

“E i due cavalieri partiti per la missione?” domandai.

C’era un briciolo di speranza in me.

Effimera, quasi ridicola, ma c’era.

Non appena notai che il volto del cavaliere si rabbuiò, compresi di essermi illusa.

“Il nobile Degel e il nobile Kardia, purtroppo sono...”

Non volli ascoltare oltre.

Senza proferire parola, mi ritirai nelle mie stanze.

Avrei pianto, mi sarei disperata, già avvertivo delle lacrime bruciarmi le guance.

Sarei voluta morire, oh come lo desiderai, pur di non avvertire oltre quella pena insopportabile!

Ma già sapevo che non l’avrei fatto. Troppe persone contavano su di me, Kardia per primo. Solo perchè non lo potevo vedere, non significava che mi avesse abbandonata. La mente mi diceva questo, ma il cuore si dilaniava e urlava.

Avrei lottato, mi sarei ferita altre innumerevoli volte, ma sarei andata avanti. Anche se in quel momento mi sembrava impossibile.

Per lui, avrei continuato a lottare.

Per lui, avrei stretto i denti e avrei affrontato il mio destino.

 

Hear me when I say,

When I say I believe

Nothing's gonna change,

 Nothing's gonna change destiny

Whatever's meant to be

Will work out perfectly

 

“Sasha, di nuovo qua?”

Un ragazzo alto, sulla trentina, ma dal volto ancora bambinesco, si avvicinò ad una donna. Aveva pressappoco la sua età, i capelli lunghi fino alla vita, erano tenuti legati da una lunga treccia. Era china su di una lapide, annerita dal tempo e dalle intemperie, ma alla cui base erano posti una grande quantità di fiori.

“Sai che quando ne ho l’occasione, passo a fare un saluto ai miei cavalieri. Anche se non si trovano effettivamente qui.”

Si voltò a guardare il giovane negli occhi, ma quando giunse a quel punto si girò nuovamente, volendo celare il proprio viso.

“E poi, oggi è quel giorno...”

L’amico capì e decise di lasciarla sola.

Non c’era bisogno che le dicesse che l’aspettava in fondo alla valle con suo fratello, lei già lo sapeva. Inoltre, non voleva interrompere una seconda volta le sue preghiere e la sua riunione con l’amico a lei più caro.

La donna, ponendo i fiori sulla lapide, inizia così a parlare.

“Tu hai sempre odiato gli addii, me lo dicevi ogni volta che te ne andavi per una missione. Quasi come se volessi prepararmi per il giorno in cui...”

Non riuscì a proseguire oltre.

A distanza di anni, si sentiva ancora ferita, impotente. Aveva salvato la Terra e suo fratello Aron, ma non aveva potuto far nulla per i suoi cavalieri. Per lui.

Piangere non era mai stato così doloroso e difficile. Le lacrime volevano uscire, eppure lei si imponeva di non farlo. Lui si sarebbe arrabbiato, l’avrebbe sgridata, ne era sicura. Le avrebbe preso le guance e gliele avrebbe pizzicate, arrivando perfino a farle il solletico, pur di farla ridere.

Lo faceva sempre, per lei, era la sua mocciosa. La sua bambina speciale.

Gli venne da ridere, ripensando al sentimento che aveva provato per lui da giovane. Ancora si chiedeva come avesse potuto innamorarsi di lui... e al contempo, capiva che non aveva potuto farne a meno e che, anche se comprendeva che il loro legame era unico e speciale, proprio perchè non erano altro che fratello e sorella, si sentiva ancora affezionata a lui in modo differente. Non era più il dolore di un cuore infranto, ma la malinconia per quel batticuore, quel rossore che l’accompagnava ogni volta che lo vedeva.

Infine, vi era il colpo peggiore.

Non era riuscita a salvarlo e lui non aveva mantenuto la sua promessa.

Quante volte si era dimenata nel sonno, cercando perdono e accusandolo di averla tradita. Al risveglio, inesorabilmente, si sentiva vuota, incompleta, sola.

Si asciugò una lacrima, che venne subito sostituita da altre.

“Sai, Shion mi ha detto che nell’Ade sia tu che gli altri, siete risorti con le vostre armature per scagliare un ultimo colpo tutti insieme. Ha detto “Mentre ognuno diceva il motivo per cui viveva e per cui valeva la pena salvare la Terra, Kardia se ne è uscito con un: Per la passione!”. Proprio degno di te, neh? Non potevi scegliere qualcosa di un po’ meno equivoco ed appariscente, vero?”

Si passò la manica dell’abito sul viso, per l’ennesima volta. Non riuscendo a placare il pianto, tentò almeno di nascondersi, ponendo le mani sul volto.

“Sono stata brava, però, sai? Adesso lavoro con Tenma e Aron nell’orfanotrofio in cui siamo cresciuti. L’abbiamo ricostruito in una grossa città e adesso è pieno zeppo di bambini, dovresti vedere che chiasso! Tenma mi ha proposto di sposarlo, ma io ho rifiutato, cioè, gli ho chiesto un po’ di tempo per pensarci. E sai che mi ha detto?”

Mostrando finalmente il proprio viso, tentò di assumere un’aria virile e sciocca.

“Quanto tempo ti ci vuole per dirmi sì o no?!”

Si lasciò sfuggire una risata. Forzata, all’inizio, ma via via sempre più spontanea.

“È buffo, è davvero buffo che me l’abbia chiesto stamane.”

Con un sorriso tenero, che racchiudeva tutto il suo affetto per quel giovane cavaliere defunto, Sasha poggiò la mano sulla pietra, carezzandone la superficie rugosa. Immaginò che fosse la sua mano, quella grande e gentile mano, che l’accompagnava ovunque volesse e che la difendeva da ogni male.

“Tu odi gli addii, per questo vengo sempre a trovarti oggi.”

Sorrise e finse un’aria seccata.

“Scommetto che nemmeno ti ricordi, smemorato come sei! ... Oggi, è il giorno in cui ci siamo incontrati per la prima volta. Il giorno in cui ho stretto il tuo mantello per la prima volta... e in cui ti ho affidato il mio cuore.”

Si alzò in piedi.

Ogni cosa in lei si era placata, poiché anche il dolore cessa di esistere, col tempo.

Mai del tutto, ma si placa, si impara a conviverci. Basta affidarsi ai ricordi ed una promessa, che non è mai stata infranta. E trovare così un motivo per andare avanti.

“Ho intenzione di dirgli di sì. Sarai al mio fianco anche stavolta, vero?”

Carezzò un’ultima volta la lapide.

“Promesso.” sussurrò, conoscendo già dentro di sé la risposta.

 

There's nothing you could say

Nothing you could do

There's no other way

When it comes to the truth

So keep holding on

'Cause you know we'll make it through,

We'll make it through

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Ciaooo a tutti!! ^^

Spero tanto che la mia fic vi sia piaciuta, c’ho messo tanto impegno e passione (dato che si parla di Kardia, mi pare il minimo).

Due cosucce al riguardo: il titolo della canzone è “Keep Holding On” di Avril Lavigne. Ora, la scelta di questa canzone è stata dettata da un’illuminazione dell’ultimo minuto, perchè quella che avrebbe dovuto esserci era “Baby Love Child” dei Pizzicato Five (ascoltatela, merita per il significato). Solo che poi, poco prima di postare, mi venne in mente codesta canzone. E penso che ci sta bene uguale. Anzi, meglio. E che quasi quasi avrei potuto sostituire le parole... solo se ci stavano bene! Andavano alla perfezione. Mannaccia a me, ho pure aggiunto una parte.

Quindi, significato ovvio a parte per questa, la prima scelta (Baby Love Child) mi sembrava la più adatta per questi due, in quanto Sasha è la marmocchia di Kardia. Secondo il mio modesto parere, infatti, tra i due vi è un legame molto simile a quello tra fratello e sorella. Tuttavia, credo che Sasha si fosse innamorata di Kardia, magari da piccola, magari senza rendersene conto, ma ne sono più che certa. Succede, l’ammirazione per una persona più grande e nella quale si racchiude tutto il nostro affetto in quella tenera età che è la pre-adolescenza, si tramuta spesso in amore. Ma Kardia non l’avrebbe permesso. Essendo più grande, sa bene che quello non è vero amore, però capisce anche quanto possa essere doloroso sentirsi rifiutati. Per cui le sta vicino, con maggiore affetto e premura, se necessario.

Insomma, da tutti questi ragionamenti (scaturiti per colpa di una domanda di MaikoxMilo, della serie “Ma secondo te, che rapporto c’è tra Cardia e Sasha?”), è nata questa fic. Che ho pensato immediatamente di dedicare alla mia cara amica Thanatos_Dark. Perchè ama tanto Kardia e perchè... beh, lei lo sa perchè. ;)

Ho voluto imprimere dentro a questa storia tutto l’affetto, l’amicizia e anche l’amore che si prova per il proprio fratello maggiore, poco importa se non è di sangue. In certi casi, i legami di sangue sono la cosa più banale e inutile al mondo. Non è necessario essere parenti per volersi un bene dell’anima. Oltre a ciò, ho tentato anche di infondere quel senso di perdita e dolore che si prova quando quella persona speciale ci abbandona, lasciando, tuttavia, spazio al futuro e alla speranza.

Come dice Avril Lavigne “Keep holding on!”.

Per quanto concerne il finale, come già detto in descrizione, l’ho inventato. Il motivo: mi mancano ancora cinque volumetti alla fine dei Lost Canvas. Sì, lo so, avrei dovuto terminarli, però non c’era tempo! Ho comunque capito che (SPOILER per chi non avesse concluso la lettura) Sasha ha battuto Hades e che i cavalieri d’oro sono tornati tutti assieme per dargli man forte. Come, perchè, che fine hanno fatto ecc... non lo so. Da questa base, ho creato il finale della mia fic.

Spero di non avervi deluso.

Grazie mille a tutti per aver letto fin qui, lasciate pure una recensione, mi fa sempre piacere.

Un bacione a tutti!

 

Moni =)

 

P.S.: “Le parole che non hai bisogno di sentire” si riferiscono sia a quelle della canzone, sia ad un semplice “Ti voglio bene” o “Sarò sempre con te”. Intendo tutte quelle cose che, sebbene facciano sempre piacere sentirsi dire, si sanno già e si sapranno sempre.

 

P.S.S: Non so se è colpa dell’estate, del caldo o del raffreddore, però temo di aver fatto un po’ di casino coi verbi... se il mio timore fosse fondato, vi prego di farmi presenti gli errori, così che possa provvedere a correggerli. Grazie mille! ^^

   
 
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