Fumetti/Cartoni americani > I Simpson
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Autore: Diaster    16/07/2013    2 recensioni
La storia è nata mentre io e mia sorella guardavamo un puntata dei Simpson, non ricordo quale, e all'improvviso all'unisono abbiamo esclamato: "Oddio, immagina Homer e Ned insieme". La cosa è finita là finché un giorno senza nulla da fare ho deciso di buttarci giù qualche riga ed ecco il risultato. La storia è un incontro tra Homer e Ned, non il primo né l'ultimo, solo uno dei tanti perché è cosi che mi sono immaginata il tutto quando quel giorno ci pensammo io e mia sorella. Non so nemmeno se ci siano altre storie in giro, ma okay. Spero piaccia a qualcuno. Recensite
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era un tiepido pomeriggio di metà ottobre. Dall’albero in giardino le prime foglie iniziavano ad ingiallirsi e poi, passando dalle varie sfumature di rosso e marrone, cadevano sul soffice tappeto d’erba del giardino dove si trovava Homer disteso sull’amaca. Ascoltava le note di un brano di musica jazz suonato da Lisa, la sua brillante bambina di appena 8 anni. Per lui era sempre una gioia sentirla suonare, era una delle poche cose belle che aveva combinato nella sua vita, insieme agli altri suoi due figli, Bart e Maggie. Sapeva di non essere un padre eccezionale, ma amava i suoi bambini. A differenza delle altre volte in cui si trovava in pena per via delle marachelle di Bart o per un litigio con sua moglie Marge, quel giorno la musica non riusciva a rilassarlo, era troppo preso dai suoi pensieri. Steso all’ombra degli alberi,con un giornale che gli ricopriva la faccia e una lattina di birra Duff in una mano, accanto alla staccionata che separava il suo giardino da quello del vicino, la sua mente ritornava liberamente alla notte precedente. Come suo solito dopo l’abbondante cena che aveva saziato la sua enorme fame era uscito, ma non per andare da Boe ad ubriacarsi insieme ai suoi amici come credeva sua moglie, bensì per recarsi in un posto molto più vicino di quanto chiunque potesse immaginare. Era uscito con la macchina, tanto per non destare sospetti, e aveva fatto un lungo giro passando avanti al jet market di Apù dove aveva intenzione di comprare della ciambelle. Ma proprio quando stava per spegnere l’auto e scendere, all’improvviso aveva cambiato idea, decidendo che fosse stato meglio se nessuno l’avesse visto. Cosi continuò a guidare lungo la panoramica di Spriengfield fino a quando trovò una strada piuttosto isolata e decise di fermarsi, lasciando la vettura in quella stradina deserta e buia per recarsi a piedi nell’ultimo posto in cui qualcuno si sarebbe aspettato di trovarlo. Gli ci erano voluti all’incirca dieci minuti per ritornare a piedi nella strada in cui abitava con la sua famiglia, ma il vialetto che aveva imboccato, attento a che nessuno lo vedesse, non era il suo, ma quello del suo vicino di casa, Ned Flanders. Chiunque conoscendolo si sarebbe chiesto cosa diamine ci facesse a casa dello stupido Flanders, il vicino che non faceva altro che maltrattare e prendere in giro avanti a tutti. Il punto era che ormai da tempo nessuno conosceva più Homer. Col tempo i segreti si erano accumulati formando un macigno che gravava sul suo stomaco e che lo rendeva irriconoscibile persino a sé stesso quando la mattina si guardava allo specchio per farsi la barba o quando guardava il suo riflesso nelle vetrine dei negozi. Bussò piano alla porta e non dovette attendere per più di una manciata di secondi perché Ned corse subito ad aprire. Controllando che non ci fosse nessuno in strada gli fece cenno di entrare in casa dopo avergli rivolto un sorriso caloroso. Cavolo, quanto amava quel sorriso, aveva il potere di dissolvere in un attimo tutte le sue preoccupazioni e i suoi timori, ma ovviamente questo era un’altra delle cose che doveva tenere solo per sé. Chiuse la porta e seguì Ned nel soggiorno mentre lo sentiva dire: -Todd e Rod non ci sono, ho pensato che avrebbero potuto trascorrere una notte a casa dei nonni. -Bene- bofonchiò. Almeno in quel modo non avevano dovuto incontrarsi in uno squallido motel fuori città. Casa di Ned era molto più facile da liberare a differenza della sua che era sempre troppo affollata per poter passare insieme tutta la notte, abbracciati, accoccolati, giocando sotto le coperte, senza l’impellente minaccia del sole che sorgeva e che li costringeva a separarsi,ad andare verso le macchine e recarsi dalle rispettive famiglie, per poi vedersi tutto il giorno, struggendosi per il fatto di essere cosi vicini da potersi toccare senza però poterlo fare. Si sedettero insieme sul divano ed Homer non riuscì a resistere al desiderio di baciarlo. Era da tempo che desiderava farlo. Nonostante il loro ultimo incontro fosse stato appena due giorni fa, gli erano parsi un’eternità, il tempo sembrava dilatarsi all’infinito quando non erano insieme e paradossalmente correva troppo veloce quando lo erano, cosi adesso non poteva più aspettare. Freneticamente gli sfilò il maglione verde e passò la sua mano sul petto muscolo di Ned. Lo sentì fremere mentre continuavano a baciarsi con maggiore trasporto. Avvertiva che anche lui aveva aspettato e desiderato quel momento tanto quanto lui. Con delicatezza lo spinse sul divano con una mano, iniziando a slacciargli i pantaloni con l’altra. Finalmente era riuscito a sfibbiare la cintura e ad aprire i pantaloni, e mentre Ned gli passava uno mano dietro la schiena, accarezzandolo dolcemente con un tatto che sembrava impossibile per un uomo, lui gli infilò una mano negli slip, toccandolo nella sua parte più intima con voglia crescente. Ma all’improvviso sentì Ned che si irrigidiva. -No Homer, aspetta. Homer continuò a baciarlo con maggiore insistenza, premendosi verso di lui come se volesse entrargli dentro, ma Ned lo allontanò come solo lui sapeva fare, in modo deciso ma delicato. -Cosa c’è che non va? È per caso per quello che ha detto oggi il reverendo? Quella stessa mattina si erano recati in chiesa e Lovejoy aveva predicato sull’apertura in città di un nuovo locale gay, riempiendo le teste dei fedeli con la solita solfa. Mentre faceva finta di ascoltare, lanciando occhiate al suo Ned, Marge non aveva evitato di dire la sua, di come fosse un’indecenza, una vergogna che qualcuno avesse deciso di aprire un locale del genere in città. A lui non importava niente di quello che predicava Lovejoy e di cosa pensassero la Chiesa e sua moglie a riguardo, ma per Ned era diverso. Il pensiero che quel che stavano facendo era considerato un peccato, che avrebbe potuto andare all’inferno solo perché amava un altro uomo, lo tormentava. Homer lo aveva visto spesso agitarsi nel sonno, dopo che avevano passato una notte meravigliosa insieme, mentre faceva chissà quali terribili incubi. La vista di Ned ridotto in quello stato lo faceva star male perché sapeva che era lui la causa di quel dolore e allo stesso tempo era consapevole che se l’avesse lasciato si sarebbe ridotto ancor più uno straccio. Inoltre c’era da considerare che lui non avrebbe mai potuto vivere senza di Ned, senza quegli incontri fugaci e rubati alla notte che erano tutto il suo mondo. Credeva di aver vissuto una vita piena e felice, ma si era illuso. Tutti quegli anni trascorsi senza di lui adesso gli sembravano grigi, vuoti, effimeri. Il vero Homer era nato la notte di quella prima volta insieme, in cui i loro corpi si erano mossi come uno, toccandosi ed esplorandosi, amandosi. Quello era stato il primo di una lunga serie di incontri magnifici e allo stesso tempo struggenti. Ogni volta facevano l’amore come se quella potesse essere l’ultima in cui erano insieme, l’ultima volta che potevano respirare l’uno l’odore dell’altro, perché non c’era alcuna certezza e loro non sapevano quando si sarebbero rivisti. Quando sentì Ned singhiozzare, Homer riemerse dai propri pensieri. Si voltò a guardarlo negli occhi e con una mano gli asciugò una lacrima che gli aveva rigato il volto. -Va tutto bene- iniziò a dirgli –io sono qui, ti amo e non stiamo facendo nulla di male. Cosa importa di quello che dice Lovejoy? Amarsi non è un reato, il sesso di una persona non conta niente. Ned annuì a lo abbracciò forte, avviluppandolo tra le sue braccia. Homer si sentiva al sicuro e si sentiva bene ad ascoltare il suo respiro, il battito calmo del suo cuore, la sensazione delle sue braccia intorno al corpo,il suo profumo che lo inebriava. Rimasero cosi a lungo, per quelle che parvero ore, stretti l’uno all’altro, finché ad un certo punto Homer pian piano si sciolse dall’abbraccio, prendendolo per mano e conducendolo nella camera da letto. Avrebbe voluto amarlo quella notte, possederlo e farlo suo, lo desiderava più di qualsiasi altra cosa, ma sapeva di non poterlo fare. Non poteva preoccuparsi soltanto di quello che lui voleva ma anche di cosa avesse bisogno Ned, per cui si distesero sul letto insieme, guardandosi negli occhi fino a quando non si addormentarono, i respiri sincronizzati. -Papinooo. Homer per poco cadde dall’amaca, sobbalzando quando Marge lo chiamò da dentro casa. Sua moglie era una donna fantastica e Homer si sentiva un vero stupido a mentirle. Avrebbe dovuto confessarle tutto, dirle la verità e permetterle di rifarsi una vita con un uomo che l’amava e la meritava. Ma non sapeva come fare. In quel modo avrebbe rovinato tutto. La vita di Marge che amava ancora, anche se in modo diverso. Dei bambini,che sarebbero stati sicuramente presi di mira a scuola e che non avrebbero sopportato la separazione dei genitori. Di Ned, che non avrebbe mai sopportato le chiacchiere della gente, mai retto gli sguardi accusatori. Non voleva fare del male a nessuno. L’unica cosa che poteva fare per ora era custodire il segreto come un tesoro prezioso, perché questo era il suo amore per Ned, un gioiello che se mostrato a qualcuno sarebbe finito in pezzi. Si alzò, dirigendosi verso la porta di casa ed entrò, non prima di aver rivolto un ultima occhiata al giardino accanto, dove Ned stava abbracciando i suoi figli e Homer non poté impedire ad un’ondata di gelosia di investirlo, desiderando di averlo tutto per sé.
  
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