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Autore: Tomi Dark angel    16/07/2013    5 recensioni
SEGUITO DI " DAL SOLE E DALLA LUNA NACQUERO LE ALI ".
" Sam e Dean Winchester sono due cacciatori di demoni alla ricerca dei loro angeli, Gabriel e Castiel, che dopo due anni di assenza sembrano ormai scomparsi. All'improvviso però, ricompare un angelo ferito, spossato, portatore di pessime notizie. Cosa sarà accaduto realmente agli angeli? Perché Sam e Dean sentono il mondo intero franargli addosso? E' accaduto qualcosa di orribile, qualcosa che nemmeno gli angeli avevano previsto, e mentre Sam e Dean partono alla ricerca di risposte, delle ali dorate e argentate si spiegano sul loro cammino per spianargli la strada. "
Destiel / Sabriel
Dedicata a Sherlocked, Xena89 e Blacasi
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Silenzio. Cupo, mortifero, pesante. Occhi che fissavano, occhi colmi di stupore, rabbia, dolore e lacrime.
Qualcuno piangeva, accasciato al suolo in una pozza di sangue non sua. Erano singhiozzi bassi e rochi, ma parevano urlati da una voce che pareva non poterne più di emettere versi straziati di bestia ferita.
Due ragazzi erano in ginocchio, stretti ai corpi gelidi di angeli immobili, ancora caldi di sangue, dolore e sofferenze patite con fare immeritato. Le ali immense, grigie e dorate, si stendevano al suolo, così grandi da ricoprire per metri e metri i corpi di chi anche nella morte, forse sentiva freddo. Piume calde che gentili coprivano quelle membra rigide, che non potevano più muoversi. Piume che ricordavano angeli bambini, cresciuti insieme alle loro ali senza sapere il destino che li attendeva.
Due angeli esanimi, i cui corpi ancora si muovevano grazie ai compagni umani che disperati continuavano a scuoterli, fissando i loro volti con occhi vuoti di pianto e dolore. Davanti a quella scena così naturale e macabra, coloro che guardavano si chiesero cosa fosse in realtà la guerra. Morte? Dolore? No.
Guerra significa dimenticare. Abbandonare ogni più piccolo brandello di umanità, mettere da parte i legami e tutto ciò che rende vivi. La guerra spezza gli animi, li fa a pezzi e poi rende i frammenti impossibili da rimettere insieme: lo si leggeva negli occhi di Sam e Dean Winchester, che ormai parevano aver esaurito le lacrime e la forza per piangere. Stavano chini come uomini distrutti sui corpi di chi aveva rappresentato la loro felicità, le loro ali, la loro vita.
Si erano persi tante volte, nelle risate di Gabriel. Avevano fissato gli occhi zaffiro di Castiel, che ricordavano loro il colore del mare e del cielo. Insieme, le ali, le mani, gli occhi dei due angeli avevano costruito un mondo dove essere cacciatori non era poi così terribile, un mondo dove ogni paura e avversità si poteva affrontare a testa alta, senza aver paura di ferirsi. Quando Sam e Dean cadevano, Gabriel e Castiel li avevano sempre aiutati a rialzarsi, e con pazienza li avevano ripuliti dal fango e dal dolore, sorridendo come genitori amorevoli che non sarebbero mai andati via.
Sam e Dean ci avevano creduto, si erano affidati alla leggerezza delle loro parole, ai loro “ti amo” che per i due fratelli erano valsi oro, aria respirabile e un sole nascente su una giornata sempre nuova. Ora, l’ossigeno si trasformava in veleno e il sole andava in pezzi come vetro, sparendo e lasciandoli al buio.
Nessuno avrebbe mai dimenticato quei lamenti. Nessuno avrebbe mai più cancellato la memoria di quei ragazzi accasciati, privi di forze, esausti per aver perso ciò che fino a quel momento li aveva tenuti in piedi. Era quello, il vero Dolore. Perdere, sapendo che niente sarebbe mai più stato come prima.
Perdere quei sorrisi.
Perdere quelle voci, così morbide e dolci, che mai una volta avevano mancato di confortarli.
Perdere quei respiri calmi, misti ai battiti di cuori che per anni avevano rassicurato i due Winchester che andava tutto bene, che in fondo, la loro vita non era poi così male.
Dean sentì il corpo di Castiel farsi freddo e diventare rigido, lontano. Per questo, il cacciatore si sfilò la maglietta e la poggiò dolcemente sulle spalle dell’arcangelo. Gli accarezzò il viso, sfiorando quei tratti che amava e sorridendo tristemente tra le lacrime.
Avrebbe atteso che il suo Cass si svegliasse. Non poteva morire, non lui. Aveva promesso… aveva promesso…
Sam premette la fronte contro quella gelida di Gabriel, inspirando il suo odore. Pregò di riaprire gli occhi, di svegliarsi tra le sue braccia e scoprire di aver appena abbandonato un brutto incubo.
Quante cose non gli aveva detto e quante non avevano fatto insieme? Non gli aveva mai fatto provare una fetta del suo dolce preferito, e non avevano mai bevuto un caffè insieme. Non avevano mai avuto un appuntamento vero, di quelli che li avrebbe visti affiancati, mano nella mano, a camminare tra la gente e vetrine variopinte di negozi. Adesso, ognuna di quelle assurdità che un tempo Sam avrebbe definito stupide e insignificanti, componeva un quadro importante e bellissimo di cui Gabriel non avrebbe mai fatto parte.
-Ti amo… Dio mio, ti amo… svegliati.- mormorò con voce roca. –Dimmi che è tutto un sogno… fai suonare il campanellino che mi regalasti…-
Proprio in quel momento, come in risposta a ciò che aveva appena detto, il collare si slacciò, cadde sul petto di Gabriel, scivolò senza un fruscio al suolo e lì, mandò in frantumi il campanellino. Frammenti piccoli, come fatti di vetro, esplosero in un piccolo ventaglio di scintille, che incarnavano le speranze di Sam e di tutto ciò in cui pregava e credeva. Speranze frantumate.
-No… no, no!- mormorò, raggruppando freneticamente i piccoli pezzi lucenti con cura maniacale, da pazzo. Li raccolse sui palmi delle mani e li strinse, ferendosi la carne. Portò le mani alla fronte, la appoggiò alle dita sanguinanti e pianse ancora, come se non sapesse fare altro… come piangere fosse l’unica cosa che avrebbe fatto in futuro, fino alla fine dei suoi giorni.
Piangere, ricordare.
Una mano gentile si poggiò sul suo capo, e allora Sam incrociò gli occhi lucidi di Bobby, inginocchiato al suo fianco. Sorrise tristemente.
-Portiamolo via da qui, ragazzo.- mormorò, ma Sam scosse freneticamente il capo.
-No! Può ancora tornare, può ancora…-
-Gabriel non tornerà.-
Ma Sam continuò a scuotere il capo e con calma, lasciò cadere le schegge del campanellino. Protese il corpo verso l’ala di Gabriel che riposava più vicina a loro. Dolcemente, Sam si coprì la mano con la manica sbrindellata della camicia e cominciò ad accarezzare una delle piume col tessuto ruvido. Una, due, tre volte.
Lentamente, Sam ripulì la piuma, riconducendola all’oro che ricordavano i suoi momenti più belli, quell’oro che aveva sempre brillato e inginocchiato il sole stesso ai piedi del suo padrone.
-Ragazzo…-
Ma un’altra mano seguì il suo esempio. Dean accarezzò delicatamente una delle piume di Castiel, ancora ingrigita, senza curarsi del sangue che la ricopriva e pensando soltanto che Cass non meritava quel sudiciume.
Qualcuno strisciò verso di lui, trascinando i piedi e le ali sul terreno. Samael, aiutato da Mary, cadde in ginocchio al suo fianco, protese una mano insanguinata e la passò dolcemente sulla piuma più vicina di Castiel che riusciva a raggiungere. Guardò Dean in viso, fissandolo con occhi vacui di dolore troppo forte che rischiava di spezzare qualcosa in lui con fare definitivo.
-Sai, prima che il Paradiso cadesse, Castiel mi chiese chi tra angeli e umani fosse migliore e chi avesse molto da imparare dall’altro… ora conosco la risposta, e allora la conosceva anche lui. Ha sempre creduto nell’uomo, e per questo vi amava e vi proteggeva, curando i vostri sbagli. Tuttavia, pur amandovi, non ha mai dimenticato noi angeli… è sempre stato al nostro fianco… sempre… e noi gli facevamo questo. Oh, Padre mio… cosa abbiamo fatto?-
La voce di Samael si spezzò e l’angelo chinò il capo, nascondendosi il viso tra le mani, come a volersi rifugiare nell’oscurità di occhi chiusi che gli impedissero di vedere lo scempio di un corpo amico e amato straziato in quel modo. Soltanto ora si rendeva conto della gravità dell’accaduto, dell’insensato della guerra nella quale senza pensare ognuno si era gettato a capofitto. Nessuno aveva considerato una possibilità di pace, una tregua che ignorasse il massacro di fratelli costretti a farsi a pezzi.
-C’è sempre un’altra strada, lui ce lo diceva spesso… e noi l’abbiamo dimenticato così.- mormorò Samael, scoppiando in singhiozzi. Mary lo strinse a sé, premendo il suo capo contro il seno, ma piangeva anche lei. Samael si aggrappò alla cacciatrice, strinse i suoi abiti così forte che vi piantò le dita, facendoli a brandelli, ma Mary non se ne curò. Continuò ad accarezzargli il capo, a baciargli i capelli, come se quei piccoli gesti la aiutassero a sentirsi meglio.
Poco lontano da loro, Balthazar lasciò cadere per terra la spada, proprio mentre Belial atterrava al suo fianco e lo stringeva in un abbraccio convulso, tremante di paura e dolore. Balthazar affondò il viso nei suoi capelli, beandosi della loro morbidezza che richiamava la consistenza delle nuvole e una parvenza di bellezza in un mondo che pareva aver perso tutto ciò che lo aveva reso vivibile fino a quel momento. Chiuse gli occhi e finalmente lasciò libere le lacrime, leggere di dolore pesante e pulite di colpe oscure come fuliggine nera.
-Temevo di averti perso…- mormorò Belial, tremando convulsamente. –Non doveva finire così… dovevo salvarlo…-
Ma Balthazar scosse il capo e lo strinse più forte, come se non volesse più lasciarlo andare. Belial era quanto gli restava di buono, la sua isola felice. L’unico punto luce che tenesse duro contro l’oscurità pregnante della solitudine.
Si abbandonò contro il suo corpo, desiderando che quel dolore finisse, che ogni cosa tornasse al suo posto, come un puzzle sbagliato e finalmente ricostruito alla giusta maniera.
Soltanto in pochi si accorsero che Sindragon e Sindragosa erano rimasti accasciati, immobili e vicini. Il muso della volpe poggiava teneramente sulla nuca del cane, che non si muoveva più… ormai, nessuno dei due respirava. Semplicemente, avevano scelto la loro strada, quella che prima o poi sceglievano tutti i Behemah Aqedà alla perdita del padrone: seguirlo, ovunque egli fosse finito. Fedeli fino alla fine.
Michael atterrò accanto ai due, si inginocchiò al loro fianco e li accarezzò, guardandoli con leggera compassione. Era un gesto talmente umano, talmente caritatevole, che Lucifero e tutti i presenti rimasero immobili a fissarlo, stentando a riconoscere il freddo e marziale arcangelo che aveva cercato già una volta di fare a pezzi mezzo mondo. Adesso tuttavia, dinanzi alla fedeltà di due Behemah ai loro padroni, anche il più battagliero degli arcangeli era costretto a chinare il capo, esausto da tanto dolore. Non avrebbe mai voluto che finisse così.
-Come siamo giunti a questo?-
Michael levò gli occhi al cielo piangente, rivolgendo la sua domanda a Dio più che agli angeli. Voleva una risposta, una spiegazione a tanta violenza, ma tutto restò silenzioso.
Si alzò in piedi, cadde in ginocchio accanto a Castiel e anche lui passò una mano pulita su una delle piume sporche di sangue. Al corpo di Gabriel, si aggiunsero Bobby, Balthazar e Belial, mentre Michael veniva aiutato da Samael e Mary. Poco a poco, lentamente, anche altri angeli atterrarono e posero le loro mani sulle piume degli arcangeli caduti. Anche Leitsac fu sottoposto alle morbide carezze rispettose che richiamavano un perdono e una piccola preghiera alla sua anima corrotta, dispersa. Non l’aveva mai meritato. Chiunque poteva trovarsi al suo posto, perduto e abbandonato al suo destino.
Una mano si pose accanto a quella di Dean, accarezzando di dolcezza le piume abbandonate di Castiel. Il ragazzo sollevò gli occhi lucidi e incrociò quelli di Meg. Il demone sorrise e gli fece l’occhiolino.
-Suvvia, non esserne tanto stupito. Dopotutto, il pennuto era un gran bel figo.- ammise col suo solito tono di scherno, ma Dean non riuscì a impedirsi di ricambiare con un sorriso tremulo e intriso di tristezza.
Lì, sotto un cielo che pareva aver deciso di sua volontà le sorti immeritate di tre arcangeli innocenti, tutti loro parevano uguali, fratelli. Non vi erano più angeli e demoni, Behemah o repliche. C’erano soltanto occhi, volti, corpi che per una volta, dinanzi all’incredulità del mondo intero, si spalleggiavano e si guardavano negli occhi da pari a pari. Dell’odio, ognuno di loro ne aveva avuto abbastanza.
Lentamente, con cautela, Lucifero atterrò, sbattendo le enormi ali velate. Fissò quel laborioso intreccio di corpi, nemici e amici che ormai non vedevano più nell’altro un nemico, ma soltanto un fratello. Poteva sperare anche lui di essere accettato, di essere uno di loro? Non aveva mai cercato il consenso del mondo, ma lì, davanti a Michael che finalmente si trovava libero e in presenza della sua famiglia, Lucifero capì che era il momento di lasciarlo andare.
L’arcangelo apparteneva al paradiso, ai cieli più alti, e lì, nella Gabbia, entrambi avevano imparato qualcosa, costruendosi un nuovo carattere, nuove leggi di giustizia, quella vera, che prevedevano una certa libertà per chi la invocava. Sarebbe cambiato tutto, Lucifero lo sapeva, ma non poteva sperare di riavere indietro l’unico arcangelo che avesse mai realmente penetrato il suo cuore di pietra e acciaio.
Si voltò lentamente, chiudendo gli occhi. Sarebbe rimasto solo, era questa la punizione infertagli da Dio. Il reale dolore, il vero male… era la solitudine.
Ma una mano gentile si posò sulla sua spalla, facendolo voltare appena. Belial sorrise, inclinando il capo.
-Non vieni, fratello?- domandò innocentemente, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lucifero si voltò, guardò oltre le sue spalle e vide Sam Winchester scostarsi leggermente, come a volergli fare posto. Era vero, non c’erano più distinzioni. Lucifero e Michael erano esattamente come tutti gli altri, poiché, dinanzi alla morte, ogni persona è uguale all’altra, che si tratti di un essere umano, di una creatura sovrannaturale oppure no.
Erano tutte anime, tutti colpevoli della battaglia appena avvenuta, ma c’era sempre un modo per porre un rimedio, Castiel l’aveva insegnato a tutti loro. Capire l’errore, chinare il capo dinanzi ai propri sbagli e chiedere perdono come era giusto. 
Fu solo quando Lucifero si inginocchiò accanto a Sam, chinando il capo e mormorando un timido “Grazie” che accadde qualcosa. Un timido, fioco bagliore emanò dalla pelle chiara e sporca di Sam.
Dapprima, il ragazzo si guardò le mani, sbattendo ripetutamente gli occhi e chiedendosi se non stesse impazzendo come credeva che sarebbe successo. Spostò lo sguardo su Lucifero, che di rimando gli fissava il collo, il petto visibile attraverso i brandelli di maglia sbrindellata, le braccia, il viso. Sembrava incredulo, e ad ogni istante sbarrava gli occhi un millimetro di più. Si raddrizzò, scattando in piedi. Guardò Dean, che stava subendo lo stesso processo, ma non si era nemmeno accorto del fioco bagliore di stella emanato dalla sua pelle, troppo concentrato a ripulire le piume di Cass.
-Michael.- chiamò Lucifero, attirando l’attenzione dell’arcangelo, che si alzò in piedi e spostò uno sguardo consapevole da un Winchester all’altro.
-Dean!!!- urlò Sam, portandosi le mani davanti al viso. Sentiva qualcosa muoversi dentro di lui e mentre il sangue si trasformava in lava fusa, un grido di dolore emanò dalle labbra del cacciatore, che si contorse.
-Sam!- urlò Mary, cercando di reggerlo, ma il ragazzo pareva in preda agli spasmi e quasi la colpì.
-Sammy, cosa… aaaah!!!- urlò Dean, inarcando la schiena. Tentò di alzarsi in un gesto di disperata confusione, ma le sue gambe persero forza e il ragazzo stramazzò al suolo, gli occhi socchiusi e vacui mentre l’anima restava imprigionata in un corpo straziato dall’interno, sofferente. Dean ricordava un dolore del genere, ma lo associava soltanto alle torture dell’inferno.
Nessuno dei due fratelli riuscì più a gridare ma anzi, entrambi sentirono le funzioni motorie annullarsi per il troppo dolore, come se il cervello, per sottrarsi a quel disumano supplizio, avesse scelto di scollegare la spina e rintanarsi da qualche parte, anche se inutilmente. Il dolore c’era, bruciava, dilaniava, e i ragazzi non riuscivano nemmeno a manifestarlo. Restavano lì, scossi da violente convulsioni, le labbra socchiuse in un grido muto.
Alcuni tentarono di soccorrerli, ma Michael, Lucifero e Belial spalancarono le ali, attirando l’attenzione di tutti.
-State indietro!- gridò Michael, perentorio. Gli altri indietreggiarono, costretti dallo scudo di ali che quasi nascondeva i due fratelli alla vista. Belial si inginocchiò accanto a Dean e gli afferrò una spalla, stringendo forte.
-Supera questo momento, Dean. Ritrova te stesso, puoi farlo.- mormorò, prima di rivolgere gli occhi verso Castiel. –Aiutalo, fratello… se davvero sei da qualche parte, aiutalo. Aiutateli tutti e due.-
§§§§
-Dean. Dean!-
Qualcuno chiamava, invocava il suo nome. Chi era? Lui conosceva quella voce. Una mano gli toccò la spalla, lo scosse, mentre la voce chiamava ancora, insistente, quasi fastidiosa. Alla fine, Dean schiuse timidamente le palpebre e incrociò il viso preoccupato di suo fratello Sam, chino su di lui.
-Dove… siamo?- gracchiò il biondo, tirandosi a sedere. Sam attese qualche istante prima di parlare, perché anche pronunciare la più piccola e innocente parola sembrava fargli paura e incutergli soggezione.
Dean si guardò intorno, e solo allora capì il perché dell’atteggiamento timoroso del fratello.
Erano in un cimitero. Ma non si trattava di un cimitero ordinario, di quelli che fissi restando quasi indifferente alle lapidi che lo popolano. No, quel luogo era diverso.
Avvolto da un sottile strato di nebbiolina umida che ricopriva ogni lapide senza nome, ogni brandello d’erba verde spento, il cimitero appariva come un luogo popolato di spiriti e sogni infranti. Delle ombre parevano strisciare tra le tombe, affiancate da fiaccole fluttuanti a qualche millimetro da terra, che tuttavia non bruciavano né corrodevano l’erba. Infine, c’erano le statue: a grandezza naturale, poste in posizioni di disperata impotenza e di preghiera mai accolta, i volti deformati dal dolore e le ali… le ali spezzate alla base, come se un possente colpo di martello le avesse fatte a pezzi senza pietà, senza remore.
Quello era il luogo dove le anime ancora respiravano.
Quello era il luogo dove i morti trovavano volto, ma non voce.
Ogni statua raccontava una storia, ogni espressione narrava di una fine violenta, non voluta o terrorizzata, ma a nessuno di loro era concesso un grido o un lamento.
Silenzio.
Dean scorse lo sguardo sulle statue vestite di abiti drappeggiati, all’apparenza morbidi, e sulle fasce legate in vita: quei capi d’abbigliamento li riconosceva.
Le conferme iniziarono a giungere quando il ragazzo incrociò il volto disperato della statua di una donna il cui capo chino non permetteva comunque ai lunghi capelli di nasconderle totalmente il volto. Dean l’aveva vista qualche ora prima, soccombere sotto i colpi di ventinove demoni ben armati. L’aveva conosciuta, e non era l’unica che riconosceva.
-Dove cazzo siamo… dove cazzo siamo, Sam?- esclamò, alzando la voce e indietreggiando. Si guardava intorno, come una bestia in trappola, ma Sam gli afferrò un braccio e lo costrinse a guardarlo.
-Non alzare la voce, Dean. Siamo in un cimitero di angeli.-
-Stronzate, gli angeli non vanno da nessuna parte quando muoiono.-
-Invece sì. Io… ci trovai Gabriel, una volta. E credo che ci sia finito di nuovo, insieme a Castiel. Possiamo ritrovarli.-
Senza più una parola, Sam cominciò a camminare cautamente tra le tombe, il capo chino, che pareva voler evitare gli sguardi sofferenti delle statue sovrastanti, poste su enormi piedistalli di candido marmo. Dean lo seguì, imitandolo perché sempre più convinto che qualcuno li osservasse, strisciando sinistro e invisibile tra le tombe. Forse erano le statue stesse, forse qualcos’altro, ma Dean si sentiva esposto, nervoso, a dispetto dell’ambiente che appariva calmo e silenzioso.
Camminarono a lungo, per quelle che parvero ore. Lì il tempo pareva sospeso tra sogno e realtà, irreale, lontano come ogni ricordo di una vita e di qualsiasi rumore. Lì si poteva soltanto dormire, poiché anche il respiro appariva disturbante.
-No…-
Sam si fermò così all’improvviso che Dean sbatté contro la sua schiena ampia. Barcollò all’indietro stordito, finché non vide ciò che aveva scioccato suo fratello.
Due statue affiancate riposavano alle spalle di tombe di marmo appena nato, come vomitato dalla terra che ne abbracciava le basi.
L’arcangelo Castiel, uno dei grandi che la sua epoca ricordava, giaceva in ginocchio, seduto sui talloni, con le mani sollevate in preghiera, il capo chino e la fronte poggiata sulle dita intrecciate. I capelli morbidamente lavorati, scompigliati come quando era morto e gli occhi chiusi in nell’espressione pacifica di chi accetta e capisce che è ora di lasciar andare la vita.
Indossava soltanto i suoi splendidi pantaloni di seta e la fascia legata in vita, così lunga da drappeggiarsi lungo la fiancata del piedistallo e cadere a terra, modellata con così tanta precisione da sembrare realmente morbida come appariva.
L’atteggiamento di Castiel era rilassato, sereno. Aveva accettato la morte senza paura, lasciandosi alle spalle quanto riteneva giusto e la speranza di un mondo migliore costruito sul suo gesto. Sulle sue labbra aleggiava un lieve sorriso misericordioso, lo stesso che aveva ostentato stringendo tra le braccia la sua replica. Era morto pregando per gli angeli, per gli uomini e per Leitsac che infine si pentiva e spirava un istante dopo tra le sue braccia, e così infine restava bloccato: in preghiera, come eterno guardiano del destino di chi aveva amato.
Al suo fianco stava Gabriel, bellissimo nel suo atteggiamento di carità gentile che ricordava tutto ciò che era stato in vita.
Sorrideva anche lui, ma con una vena di tristezza nel volto immobile, dalle orbite appena visibili per gli occhi socchiusi, vuote e grigie, i capelli come scompigliati dal vento. Stava eretto, un piede dietro l’altro come a voler improvvisare un aggraziato passo di danza e il capo inclinato verso una mano portata a palmo aperto all’altezza della bocca. Le labbra dell’arcangelo poggiavano gentili su qualcosa di luccicante, colorito e dorato che riposava non pietrificato sul palmo. Un collarino familiare si allacciava intorno al polso di Gabriel mentre il campanellino da gatto, che egli baciava con totale devozione, costringeva Sam a coprirsi la bocca per trattenere un singhiozzo.
-Gabe…- mormorò, cadendo in ginocchio ai piedi della statua. Allungò una mano per sfiorare un piede di Gabriel in un gesto fiducioso, che chiedeva pietà contro un dolore che pareva aprirgli il petto in tanti squarci crudeli.
Dal canto suo, Dean non riusciva a distogliere gli occhi da Castiel. Come in trance, si avvicinò, si arrampicò sul piedistallo e sedette accanto alla statua, senza distogliere gli occhi dal suo viso. Quanti ricordi, risvegliavano quei zigomi, quel corpo, quelle vesti.
Castiel era stato parte integrante della sua vita, un pezzo d’anima perduto che Dean aveva sempre osservato e cercato di proteggere. Aveva fallito, e adesso, quegli occhi non vedevano più.
Niente più blu cobalto. Niente più zaffiri stellati e ali di luna. Niente più cielo sopra la sua testa. Castiel si era portato via ogni cosa, ogni razionalità in un mondo che pareva aver fatto a pezzi semplicemente smettendo di respirare.
Dean appoggiò una mano su quelle giunte di Castiel, ricercando un calore perduto che non riuscì a trovare. Chiuse gli occhi, appoggiò la fronte sulla spalla gelida di quello che ormai era soltanto un pezzo di pietra senza più colori né calore vitale.
-Sai, Cass…- mormorò. -…quando ti conobbi… pensai che fossi il primo dei bastardi. Sembravi un soldatino senza arte né parte, dedito solo a far contento quel bastardo di Dio che pareva avercela con me e la mia famiglia sin dalla nascita di ognuno di noi. Ti odiai per questo, credo. Perché, anche se invisibile, tu un padre ancora in vita ce l’avevi, o almeno, eri convinto di averlo. Eri così fiero, sembravi avere sempre un obbiettivo da perseguire, mentre io… io non sapevo nemmeno chi ero. Ti odiavo, ti odiavo da morire. Ma poi…-
La voce di Dean parve spegnersi, affogata nei singhiozzi di Sam che piangeva a pochi passi da lui. Anche il più anziano dei Winchester si sentì sul punto di piangere, ma doveva continuare a parlare, a dirgli quanto doveva. Perché Cass era Cass. Perché lui lo meritava.
-… poi ti conobbi davvero, e non eri il soldatino tutto ordini e armi che credevo. Anzi. Apparivi più umano di me, più vivo. Forse è per questo che ti scelsi come guida, anche se inconsciamente. Ti seguii, affidandomi alle tue ali che non permettevano mai che mi facessi male. Quando accadeva qualcosa di brutto, tu eri lì, potevo sentirti, e questo mi aiutava a restare sempre in piedi. Adesso però… tu non ci sei più. E io mi sento crollare, cadere in ginocchio, e mio fratello cadrà con me. Come si fa ad andare avanti, Cass? Come si può dimenticare ciò che in passato ti rese vivo e completo e illudersi ancora che la vita che verrà sarà reale? Insegnamelo, come mi insegnasti ad amare e a volare. Insegnamelo… proteggimi ancora con le tue ali, perché il mondo mi cade addosso e io sto morendo con te…-
La voce di Dean si spezzò, e allora il ragazzo fu costretto ad allontanarsi dalla statua e a coprirsi il viso con una mano per nascondere le lacrime.
Una volta, suo padre gli disse che era inutile piangere per i cari defunti, che era stupido e da deboli. Per l’ennesima volta, Dean si sentì una vera delusione per John, che aveva sempre creduto in lui. Aveva perso tutto, ormai. I genitori, Castiel, Gabriel, suo fratello. Restava soltanto lui, con i suoi logoranti sensi di colpa da sopravvissuto e i suoi “se” sussurrati al vento, che non gli avrebbe mai risposto.
Se solo gli avessi impedito di impugnare quella scheggia…
Se solo avessi impedito la guerra…
Se solo avessi provato ad aprirgli il cuore, a riportarlo indietro dall’inizio…
Se, se, se. Domande senza risposta, rimproveri che Dean non si sarebbe mai perdonato.
Plic.
Il rumore amplificato, cristallino di qualcosa che s’infrangeva sul freddo marmo del piedistallo gli fece levare la testa. Il viso di Castiel, immutabile nella sua espressione pacifica… piangeva. Lacrime salate, calde di vita, bagnavano le guance gelide di pietra, cadendo copiose sulle mani giunte e giù, fino al piedistallo.
-Cass? Cass!-
-Non si sveglieranno, figlioli.-
Sam e Dean sussultarono, voltandosi di scatto. Quella voce, per quanto bassa e roca, appariva come un grido nel silenzio ovattato del cimitero.
Un vecchio avanzava verso di loro, curvo sotto il peso degli anni, il volto scarno, gli occhi di un azzurro opaco e il capo calvo, a dispetto della barba incolta che gli ricadeva sul petto fin quasi alla cintola. Indossava una lunga veste nera, come un saio da monaco.
Pareva essere capitato lì per caso, durante una normalissima passeggiata, tanto era la naturalezza dei suoi movimenti lì. Non sembrava accorgersi del sinistro strisciare di ombre tra le tombe, né del silenzio schiacciante che opprimeva chiunque lo assaporasse per più di qualche istante. Avanzava pacifico, tranquillo e quasi ignaro dell’ambiente circostante.
Si fermò tra i due piedistalli e levò su di loro uno sguardo stanco, antico quanto e più del mondo. Quegli occhi dovevano aver visto troppo, poiché il peso che arrecavano nel loro piccolo universo di azzurro opaco pesava, pesava da morire.
-Non si sveglieranno.- ripeté con dolcezza, inclinando il capo in una maniera che ricordava dolorosamente Castiel. Sam si asciugò il viso col dorso della mano.
-Chi… è lei? Come fa a saperlo?-
-Perché sono morti, figlio mio. Qui sono tutti morti.-
-Noi no.-
-Ma non siete pietra come i figli sui quali piangete con tanta dedizione. Voi, potete ancora muovervi. Voi esistete. Loro no.-
Dean scattò in piedi.
-Non è vero! Loro sono ancora qui da qualche parte!-
-Dovresti sapere che non è così.-
-Ci sarà un modo per riportarli indietro!-
-Modo?- Il vecchio sospirò, esausto. Il peso degli anni, o dei secoli, pareva pesare come macigni immensi sulle sue vecchie spalle curve. –I modi esistono sempre, figliolo, ma non sono quasi mai alla vostra portata. Non perché siate umani, bada bene, ma perché certe cose vanno lasciate come sono.-
Dean chinò il capo. Stentava anche solo a pensarlo, ma il vecchio aveva ragione. Lui stesso, anni prima, aveva rimarcato quel concetto, riguardo il sacrificio che John Winchester aveva compiuto per riportarlo in vita: “Ero morto, e dovevo restarci.”
Eppure, Dean non riusciva ad arrendersi, non riusciva a voltare le spalle al suo piccolo paradiso che, anche se pietrificato, pareva respirare ancora attraverso la roccia che lo avvolgeva. Anche nella morte, Castiel aveva versato una piccola, preziosa lacrima per lui, in risposta alle sue suppliche sofferenti. Come angelo, non era mai morto, e Dean lo sapeva… doveva crederci.
Si lasciò scivolare lungo il piedistallo e cadde a sedere accanto al suo angelo, il capo chino e l’aria esausta.
-A cosa stai pensando, figliolo?- domandò allora il vecchio, accostandosi. Dean scosse il capo.
-Penso che non sia giusto. Penso che il fato sia un gran bel pezzo di merda.- ringhiò a denti stretti. –Penso che Castiel e Gabriel non meritavano quella fine. A volte nessuno ci pensa, nessuno guarda alla morte perché tutti troppo spaventati per farlo, ma è davvero giusto che il “cerchio della vita” si chiuda così? È giusto che i giusti soccombano e i malvagi sopravvivano? Lo stesso Leitsac era innocente, poiché fu soltanto la casualità a regalargli quel destino del cazzo, ma a quanto pare nemmeno lui meritava una seconda occasione.  Quale Dio può permettere tutto questo?-
Dean si portò al volto le mani chiuse a pugno, tremante di rabbia.
-Quale Dio lascia che si spezzino le ali ai suoi figli più fedeli? E noi uomini? Noi non siamo l’opera perfetta, Cass si sbagliava. Siamo rotti, siamo… siamo ciò che ha condotto lui e i suoi fratelli alla morte. Come possiamo incarnare la perfezione che narra, quando portiamo odio dove regna la pace? Non c’è nessuna bontà nell’essere umani, così come non c’è nessun Dio… non c’è neanche la speranza, perché l’ho vista morire negli occhi di Castiel e spegnersi quando il suo volto perse luce. Resta solo il buio e io… io non ci vedo.-
Dean si strofinò gli occhi, sentendosi realmente accecato. Faceva male, bruciava da morire. La luce di Castiel non c’era più. Per anni, l’angelo era stato la luna di Dean, l’unica fiaccola argentata capace di stendere i suoi raggi laddove le tenebre parevano più forti. Adesso, quella luce non c’era più.
-E tu, figlio mio?- disse l’anziano, rivolgendosi a Sam. –Tu cosa provi in questi istanti?-
Sam sorrise tristemente, tra il mare di lacrime e il volto cinereo di chi si sente prosciugato, secco di emozioni e vitalità.
-Io? Io non penso più, signore. Non ho il coraggio di pensare che Dio esista, perché, se è così, so per certo che è un gran bastardo. Se solo… se solo avesse un po’ di pietà, mi lascerebbe qui o… o permetterebbe che scambi il mio posto con quello di Gabriel. Non so nemmeno se ci ascolta, quando preghiamo, ma se solo lo facesse, a quest’ora ci saremmo io e mio fratello in quegli involucri di roccia.-
L’anziano guardò prima Sam e poi Dean, che annuiva lentamente. Entrambi mortalmente pallidi, entrambi coi visi smunti di chi ha pianto troppo ma non smetterà mai di farlo. Dicevano sul serio.
-È realmente così? Dareste la vostra vita, perfino la vostra anima per due soldati di Dio? Sono semplici angeli, creature nate per dover proteggere il paradiso e nient’altro.-
-Ti sbagli.- lo interruppe Dean. –Ognuno di quei fottuti angeli morti lassù, sulla Terra… ogni Behemah, ogni replica… loro hanno lottato per proteggere un ideale. Non c’entra un cazzo il paradiso e tutte quelle stronzate lì, loro lo sapevano… e hanno combattuto lo stesso.-
Dean scivolò giù dal piedistallo, troneggiando sul vecchio. Il viso del cacciatore trasudava fierezza e una convinzione talmente ferrea da apparire inattaccabile.
-E questo li rende degli eroi. Il mondo non saprà, non vedrà, ma ci sarà in futuro chi porterà sulle spalle i benefici che tutti quei sacrifici comportarono. Libertà di scegliere e amore. È questo che i nostri successori ricorderanno, e di questo sono fiero anch’io… perché forse, anche l’uomo può essere davvero l’essere meritevole che gli angeli proteggevano.-
L’anziano lo guardò in faccia, guardò Sam e infine gli angeli. Un’espressione impietosita gli scavò lentamente i tratti somatici finché un sorriso non giunse a frantumarla. Il vecchio osservò, giudicò, e infine capì.
-Molto bene.-
Fu allora che l’anziano batté le mani una volta. Un suono cristallino, ben diverso dal principio di un applauso si propagò nell’aria, vibrando possente tra le tombe, contro le statue, oltre la nebbia infinita che abbracciava il cimitero.
Sam e Dean non fecero in tempo a guardarsi intorno che un fascio di luce più luminoso del sole, della luna, e di tutti gli astri messi insieme esplose dalla curva figura dell’anziano. La luminosità si propagò con l’aspetto di un’aurora boreale molto più ampia e possente di quella di Belial, manifestando un’immensità di colori che accarezzò le tombe e il terreno. Fu allora che i fiori cominciarono a germogliare.
Orchidee, glicini, margherite e qualsiasi altra pianta esistesse al mondo emerse sbocciando dal terreno, stiracchiandosi grata al cospetto della luce purissima, variopinta come lo spettro di uno specchio attraversato da un raggio di sole. Piantine appena neonate dall’aspetto noto e sconosciuto, colorato, fresco e ancora giovane distesero i petali e le foglie di smeraldo con tanta gratitudine che parevano voler abbracciare il loro creatore.
Poi, giunse l’acqua. Sgorgò dalle basi di ogni piedistallo, scivolando accanto alla pietra, tra l’erba di smeraldo e le piantine appena nate e in continua crescita rigogliosa. Rugiada purissima e cristallina accarezzò l’intero cimitero, ricoprendo di un filo d’acqua fresca il terreno, bagnando le scarpe di Sam e Dean con una sorta di sfiorare giocoso di bimbo appena nato.
All’improvviso, la nebbia si dissipò e l’infinita distesa di tombe nivee si trasformò in un Eden di piante rigogliose e acqua fresca che pareva dissetare ogni statua. Sam socchiuse gli occhi e vide le piante arrampicarsi sui piedistalli, intorno alle statue, fino alle basi delle ali spezzate. Da lì, si sprigionarono ennesimi fasci di luce accecante e poco a poco, sbocciando come gli stessi fiori che le avevano richiamate alla vita, delle enormi ali di pietra ricoprirono l’aria come una cappa immensa di piume grigie e immense appendici piumate spiegate al vento, come pronte a spiccare il volo.
E lì, ove gli astri brillavano e la vita germogliava inarrestabile in un mare infinito di verde e acqua di cristallo, Sam e Dean videro il cimitero con occhi diversi. All’improvviso, i volti delle statue non soffrivano più. Avevano tutti un’aria sollevata, rilassata, anche se immobile e i corpi non erano più contratti dal dolore ma liberi, tesi nel volo che le anime perdute degli angeli parevano aver già spiccato.
Le tenebre sovrastanti si dissiparono, ferite dalla troppa luce, rivelando la magnificenza di un sole oro e arancio fisso nel momento di massima tranquillità e bellezza che potesse trasmettere: l’alba. Raggi di luce dorati piovvero sulle statue, tingendole di colori, riflessi, armoniosità. Quello, sarebbe stato per sempre un luogo di inizio, come lo era la morte. L’inizio di un viaggio, l’alba di una nuova era per chi moriva e per chi restava a ricordare la scomparsa di un caro.
Era uno spettacolo senza tempo, una riproduzione ancora più bella e commovente del paradiso stesso.
Lì, i morti tornavano a respirare attraverso la pietra.
Lì, i fiori germogliavano e proteggevano aggraziati chi riposava nella pace della vita e del silenzio rilassato di un nuovo Eden.
Lì, riposavano gli angeli in un degno cimitero che vedeva le loro anime vivere un sogno perpetuo e pacifico. Il sonno che ognuno di loro meritava.
-Figli miei.- chiamò una voce, e allora Sam e Dean rivolsero la loro stordita attenzione al concentrato di luce dinanzi a loro. Non videro il volto del vecchio, perché quel magro corpo gracile pareva non esistere più, insieme alla sua voce bassa e insicura. Chi parlava adesso, aveva un timbro possente, che scuoteva la terra e germogliava il sole e la luna. Quella voce aveva valicato le ere senza mai smettere di narrare, di ricordare, di costruire storie sul piatto di una bilancia che decretava bene e male.
Quella voce, capirono Sam e Dean, era l’inizio e la fine di ogni cosa. Quella… era la voce di Dio.
Nessuno dei due si sarebbe inginocchiato, perché nessuno dei due voleva credere che tutto ciò fosse reale. Quante volte avevano entrambi progettato di rifilare un pugno al padreterno semmai se lo fossero trovati davanti? Eppure adesso, con quella rinascita e nascita di vita che continuava a spiegare le sue ali di cristallo intorno a loro, i due Winchester non riuscivano neanche a parlare. A stento respiravano l’aria dai mille profumi che li abbracciava.
-Figli miei.- ripeté Dio. –Così parlaste e così io vi ascoltai. Chiedeste risposte, e infine io ve le pongo innanzi. Vi ho sempre ascoltati, figli miei, e mai ho dimenticato di osservare i miei figli, sebbene non fu sempre mia volontà intervenire. La vita è vita perché in essa si gioca una partita contro la morte e per la vostra libertà io non porrò mai mano contro una giocata che potrebbe risultarvi fatale. La libertà, quella vera, accetta la dipartita così come la accettarono i miei figli alati. Capire se morire è giusto o sbagliato non è alla vostra portata, ma vedete… voi combattete perché il vostro andare avanti verte intorno al non voler perdere molto presto quella partita che tutti giocate. Accettate il fato, lo combattete fino alla fine e a volte riuscite a prevalere. Tuttavia, non è ciò a rendervi speciali. Fui condotto qui, tra i miei figli, per ascoltare e ricordare le vostre invocazioni. La vostra umanità, il vostro implorare per la sicurezza di chi amavate… fu questo a condurmi qui. Chiamaste il mio nome: ebbene, eccomi e so già cosa chiedete.-
Dean barcollò, ma si appoggiò al piedistallo per non cadere.
–Sei Dio?- gridò.
-Ho molti nomi, figlio mio, ma se ti aggrada chiamarmi così, allora sì: sono Dio, e per anni ho ascoltato le vostre suppliche. Non ho mai mosso le pedine per voi, poiché consapevole delle vostre capacità. Lottate per ciò che credete giusto, per poter scorgere l’alba di un nuovo giorno, e questo vi da la forza per capire quanto sia importante ogni respiro. Sappiate che la vita è soltanto una transizione, ma è come la gestite che costruisce ciò che sarà della vostra anima. Ora, sappiate che io non potrò riportare indietro i vostri compagni. Il loro tempo è giunto, e così sarà.-
I visi di Sam e Dean si contrassero. Allora, il minore dei Winchester si fece avanti, afferrando la mano del fratello.
-Puoi scambiarci con loro?- chiese.
-Lo fareste? Una vita per una vita?- rispose Dio.
-Sì.- fu la conferma senza esitazioni, e allora la luce vibrò di potenza, scuotendo la terra sotto i loro piedi.
-Vostra fu la scelta, ma ancora una volta non sarà mia l’ultima mossa che potrete muovere nella vostra vita. Avete due strade, due perfetti bivi… sappiate riconoscerne l’importanza e non abbiate a dimenticare che la vera soluzione ce l’avete davanti agli occhi, nell’aria che respirate. Vi dono una speranza e uno spiraglio di luce: possano essi condurvi al traguardo laddove la strada si fa più irta.-
Un tonfo, un altro vibrare cristallino. Sam e Dean caddero in ginocchio, storditi mentre l’intero Eden che ancora si formava attorno a loro danzava di una nuova ondata di vita.
Caddero entrambi al suolo, esausti, disperati, mentre una parte di storia si dipingeva alle loro spalle. Poiché fu loro il merito di aver ricondotto il tramonto di un cimitero disperato all’alba di un luogo di paradisiaco riposo, ogni angelo avrebbe ricordato che due semplici umani, due ragazzi, avevano visto, parlato e convinto Dio stesso a rimescolare le carte di un destino già scritto.
 
Angolo dell’autrice:
Ok, fermiamoci. La storia si prolunga di un altro capitolo, ma questo non lo sapevo nemmeno io. Credo di aver esagerato a scrivere, ma non voglio neanche fare un capitolo infinito, perché quello stanca. Perciò, ecco il mio piccolo regalino: un altro capitolo, ma stavolta sarà davvero l’ultimo. Credo che il finale sarà abbastanza sorprendente e…
Balth/Mary: MA COME TI VESTI?!
Mary, anche tu?!
Mary: e dovresti vedere Lucifero e Michael! Sono vestiti come una tappezzeria, ma li trovo aaaaaaaltamente alla moda.
Oh, no… tregua!
Lucifero: tesoro, questo jeans è molto inadatto a una serata in discoteca, sai?
Chi vuole fare una serata in discoteca? E poi perché Michael ha l’armatura decorata con dei fiorellini?
Lucifero: perché anche in battaglia si deve essere chic!
Ora basta. GABRIEEEEEL!!! Apri questo armadio ed esci fuori di lì, maledetto vigliacco!
Gabe: no, ne ho abbastanza! Mi hanno già vestito da cameriera sexy due volte e ancora non riesco a togliere le calze a rete!
Calze a rete?!

kimi o aishiteru: mi hai dato la notizia più bella dell’anno, sappilo! Non smetto di sorridere da quando ho saputo che l’operazione è andata bene! Finalmente! Bravo Cassie, per ora eviterò di chiuderti la testa in un cassetto. Coraggio, Ale, Agne e Chiara, correteee!! Fatela svagare, altrimenti niente prossimo capitolo e niente Dean e Cass nudi nei vostri letti (L’hai detto davvero. Nd Dean)( non dovevo?)(ecco perché mi hai impacchettato! Fammi uscire!!! Nd Dean). Cioè, allora non sono l’unica che guida ascoltando le sigle dei cartoni animati!!! Non sono sola a questo mondo! La mia stima per voi cresce a livelli inimmaginabili, sappiatelo. Sai, credo che in fondo, Leitsac sia colui che rappresenta maggiormente ognuno di noi. A volte la solitudine ci fa fare cose strane, a volte sbagliate, ma non è mai troppo tardi per rimediare. Alla fine, un piccolo aiuto si trova sempre, anche nella persona più impensata, e Leitsac l’ha capito. Cosa hai pensato del nuovo aspetto di Lucifero? Temo di aver esagerato a figurarlo come lo immaginavo, forse dovevo attenermi ai canoni del telefilm… sto stravolgendo tuttoooo!!! (corre in tondo, presa da una crisi di panico) Kimi, spero con tutto il cuore di doverti “sopportare” in eterno! Le tue recensioni sono magnifiche e mi infondono sempre una grande forza e voglia di scrivere, perciò grazie! Grazie a te che scrivi e hai la pazienza di leggere il capitolo ad alta voce mentre sei in macchina, grazie alle tue amiche che commentano insieme a te e seguono ciò che pubblico. Grazie di tutto.
HowlingFang: in realtà, Gabriel sapeva che sarebbe finita così. Il suo scopo era proteggere Sam, e credimi, il nostro arcangelo non poteva morire più felice di così. Lo stesso vale per Cass, che non ha mai dimenticato che ogni briciolo della sua esistenza verteva intorno alla vita di Dean. Alla fin fine, i due fratelli non sono poi così diversi. Eh, Samael e Mary sono più rimbambiti di Balthazar e Belial, ma vaglielo a dire. Sì, il GOOD MORNING VIETNAM era tutto per te. Cosa pensi, che non me lo sia segnato che dovevo farglielo dire? Ho il pc pieno di post-it, ma finalmente questo l’ho eliminato. Dai, Michael in questo capitolo non è stato tanto male. Che ne pensi? Lo so, Meg sta sulle balle anche a me, ma non mi sono fatta mancare nulla in questa storia. C’erano gli angeli, e i demoni non potevo lasciarli fuori. Alla fin fine però, Meg non è mai stata cattiva. Certo, aveva un carattere di me**a, ma ha sempre aiutato i Winchester, fosse anche per suo tornaconto. Grazie per il commento, ci vediamo nel prossimo capitolo!
chelseadaone: suvvia, scriverò altre storie nel fandom di Supernatural! E non dico che sia impossibile che nasca un sequel di questa storia. In ogni caso, non sono un angelo, ma una semplice scrittrice pazza che però ama i suoi lettori e recensori. Grazie mille per il commento e ricorda che tu che commenti, aiutandomi a continuare la storia… sei tu la grande! Grazie!!!
Sherlocked: coraggio, fatti forza! Tutte le cose sceme finiscono! (non è una cosa scema! Come hai potuto definirla cosììììì!!! Nd Gabriel isterico)(ma che ha?)(crisi di nervi, ha preso troppo caffè… o troppo zucchero. Nd Balthazar)(sì, ma non è normale)( non è normale neanche che vada in giro vestito da struzzo, ma glielo lasci fare lo stesso. Nd Balth)( ah già… adoro quel costume, sembra quello di qualche sponsor pubblicitario!) Credimi, aspetto anche io che Gabe ritorni. Era uno dei personaggi più belli della serie, e me l’hanno ammazzato come se niente fosse. Non potevo sopportarlo, ma forse non è stato totalmente un male… calcola che ho scritto questa storia in funzione della sua morte. Volevo che cambiasse, tutto qui, e l’ho fatto. Le nuove coppie che ho creato qui dentro non me le aspettavo nemmeno io. In realtà, all’inizio della storia Samael doveva morire, Mary non doveva tornare indietro e Belial non doveva nemmeno esistere! In quanto a Crowley… purtroppo è ancora qui, anche se nella storia ha fatto la fine dei fuochi d’artificio e mi sta mettendo sottosopra l’armadio! (secondo te come mi starebbe questo vestito? Nd Crowley)(Crow, è da donna! E cavolo!)(però mi donano le calze. Non ho mai avuto le gambe così lisce, nemmeno dopo la ceretta! Nd Crowley)(TI FAI LA CERETTA??? Nd tutti) Comunque, se vuoi ho scritto già un’altra storia nel fandom di Supernatural, ed è sempre una Destiel. Dacci un’occhiata, se ti va. E sì, continuerò a scrivere altre fan fiction e ti avvertirò, perché le tue parole sono magnifiche. Credimi, se scrivessi un libro e lo pubblicassi, lo farei pensando alle vostre parole, ai vostri incoraggiamenti che non ho mai ricevuto in vita mia prima di adesso. Per questo ti ringrazio, perché la tua recensione è splendida e perché sembri amare davvero ciò che scrivo, e questo è… meraviglioso. Grazie.
xena89: scrivere della battaglia è stato un supplizio, lo ammetto XD ho sudato parecchio, anche perché avevo paura di aver tralasciato qualcosa e le parole che spesso pronunciano i miei personaggi… non so, a volte mi sembrano banali, e tremo al pensiero che lo siano davvero. Eheh, l’happy ending FORSE ci sarà, ma non assicuro niente, anche perché stai parlando con l’autrice più sadica di sempre XD tremate, gente! Grazie mille per il commento, al prossimo capitolo!
Tomi Dark Angel
  
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