Capitolo
Otto: Not with a bang but a whimper
There's no time
for us
There's no place for us
What is this thing that builds our dreams, yet slips
away from us
Who wants to
live forever
There's no chance for us
It's all decided for us
This world has only one sweet moment set aside for us
Who wants to
live forever
Who dares to love forever
Oh, when love must die
But touch my
tears with your lips
Touch my world with your fingertips
And we can have forever
And we can love forever
Forever is our today
Who wants to
live forever
Forever is our today
Who waits forever anyway?
(Who Wants to
Live Forever – Queens)
Rose entrò nella sala di
controllo quasi
correndo, stringendo convulsamente il manico di una tazza. Solo che
mancava la
tazza.
“Potevi avvertirmi che
stavamo per atterrare” si
lamentò col Dottore. “Mi è finito tutto
il tè sul soffitto!”
“E anche la
tazza” le fece notare lui
adocchiandone i resti con un sorriso.
La ragazza sembrò
accorgersi solo in quel
momento di star ancora stringendo in mano quel che ne rimaneva.
Grugnì e
raggiunse il cestino sotto la console per gettarlo via.
“Buongiorno!”
esclamò allora notando Martha per
la prima volta, che se ne stava seduta sul sedile di bordo.
“Buongiorno”
rispose Martha abbattuta.
Rose si accigliò.
“Cosa mi sono persa?” domandò
voltandosi verso il Dottore ma non ebbe bisogno di una risposta.
Capì al volo.
Si diresse velocemente verso le porte del TARDIS e le
spalancò. I suoi timori
furono subito confermati quando si ritrovò in un piccolo
appartamento
londinese.
Rose si voltò per
tornare nel TARDIS ma Martha e
il Dottore l’avevano seguita fuori.
“Casa”
spiegò Martha rassegnata.
“La mattina dopo che
siamo partiti” confermò il
Dottore fiero di sé. “Ce ne siamo andati solo per
dodici ore. Dodici ore
precise!” disse ancora rivolgendosi a Rose, certo che lei
avrebbe tirato fuori
quella volta in cui l’aveva riportata a casa 12 mesi dopo,
invece che dodici
ore. Lei però lo stava guardando con
un’espressione più scura di quella di
Martha.
Il Dottore sbatte le palpebre
confuso. Perché
Rose non era contenta? Non voleva che fossero di nuovo loro due da
soli? Meglio
in due, non è così? “Tutto dovrebbe
essere com’era stato lasciato” continuò
lui
sperando di riuscire a strapparle un sorriso. “Libri,
cd…bucato” finì prendendo
tra indice e medio l’intimo di Martha per sottolineare il
concetto. La ragazza lo
afferrò nascondendoselo dietro la schiena senza dire niente.
“Ma è ancora
presto!” si lamentò Rose. “Ci sono
ancora così tanti posti che potremmo mostrarle!
Barcellona!” esclamò con un
gesto spazientito della mano. “Non siamo mai andati a
Barcellona! Il pianeta,
non la città” aggiunse notando lo sguardo confuso
dell’altra ragazza. Rose non
voleva perdere la buona amica che era diventata Martha. Senza di lei
sarebbe
già impazzita…da sola, col Dottore e le sue
eterne indecisioni. E potevano
davvero essere eterne visto quanto a lungo poteva vivere. Le parole
dette e
quelle non dette aleggiavano pesanti su di loro…come quel ti amo che lei gli aveva detto sulla
spiaggia e che non aveva mai
avuto una risposta. Non una che contasse quantomeno. Il Dottore poteva
far finta
di essersene dimenticato, o addirittura che non fosse mai successo, ma
lei no.
Gesti e azioni accennati ma mai portati a termine che rimanevano a
separarli,
come una tortura.
Quanto le mancava Jack in quei
momenti, avrebbe
fatto di tutto per far sì che lui fosse ancora lì
con loro. Jack avrebbe saputo
cosa fare. Jack avrebbe saputo dire la cosa giusta. Anche prima,
però, quando
aveva cercato di convincere il Dottore a tornare nel Cinquantunesimo
secolo per
salutarlo o salutarlo, il Signore del Tempo non ne aveva voluto sapere,
oppure
aveva accettato ma non erano riusciti nemmeno ad avvicinarsi alla data
o al
luogo di destinazione. Rose si accigliò ulteriormente a quel
ricordo e si
ripromise di sollevare di nuovo l’argomento…una
volta risolto questo.
Il Dottore si grattò
nervosamente dietro a un orecchio
pensando a cosa rispondere.
Salvato
dal telefono,
pensò quando questo cominciò a suonare. Un attimo
dopo partì la segreteria.
“Ciao,
non
ci sono. Lasciate un messaggio” fece una
registrazione con la voce di
Martha.
“Scusate” disse
la ragazza. I due si limitarono
ad annuire.
“Martha,
ci sei?” fece la voce di una donna, intenta a
lasciare un messaggio. “Rispondi,
dai.”
“È mamma,
può aspettare” assicurò la ragazza,
nervosa.
“Ok
allora, fai pure finta di non esserci, se ti va” continuò
ignara la donna
dall’altra parte del telefono. “Ho
chiamato solo per dirti che tua sorella è in televisione.
Pensa un po’, al
telegiornale! Pensavo ti potesse interessare. Ciao.”
“Tish? In
televisione?” esclamò Martha afferrando
il telecomando e premendo il tasto di accensione. “Come ha
fatto a finire al
telegiornale?” si domandò.
Rose distolse per la prima volta lo
sguardo dal
Dottore e lo rivolse verso lo schermo: la sorella di Martha si trovava
in piedi
davanti a uno stuolo di giornalisti e telecamere.
“Ha un nuovo lavoro. Fa
la PR per qualche
laboratorio di ricerca” spiegò Martha.
Accanto a Tish c’era un
uomo anziano, intento a
tenere un discorso. “I dettagli sono
top
secret” stava dicendo. “Ma
posso
assicurarvi che stasera vi mostrerò una macchina. Premendo
un solo bottone,
cambierò il significato dell’essere
umani.”
Martha scrollò le spalle
e spense la
televisione. “Scusate. Stavate dicendo?” disse
voltandosi a guardare i suoi
ospiti, ma adesso Rose stava sorridendo. Stava guardando il Dottore in
attesa
di qualcosa.
“Sì,
dicevo…che dobbiamo andare. Vero, Rose? Sì,
dobbiamo proprio andare.”
Rose non disse niente e
continuò a ghignare.
“Cosa?” fece
lui.
Lei sospirò e
appoggiò il peso su un fianco.
Continuò a guardarlo.
“Che cosa?”
Rose fece un cenno verso la
televisione. Il
Dottore seguì il suo sguardo. “Cosa?”
insistette.
Rose ridacchiò, e
ripeté il gesto.
“Rose! Martha!”
esclamò il Dottore realizzando
qualcosa. “Non ha appena detto che avrebbe cambiato il
significato dell’essere
umani? Dobbiamo assolutamente andarci!”
Rose si voltò verso
Martha e le fece un
occhiolino.
“Immagino significhi che
la partenza è
rinviata!” esclamò Martha entusiasta. Si rivolse
al Dottore. “Il ricevimento è
questa sera…cosa farai nel frattempo? Non immagino che si
possa prendere il
TARDIS e tipo…non so…riapparire tra sette
ore.”
Il Dottore stava già
scuotendo la testa. “Non
posso spostarmi su una linea temporale di cui ormai faccio
parte!”
“E poi” si
intromise Rose allegramente “almeno
quattro di quelle ore ci serviranno per scegliere il vestito e
prepararci,
vedrai! È giunto il momento di farti conoscere le meraviglie
e le delizie del
guardaroba del TARDIS!” dichiarò prendendo Martha
sottobraccio e conducendola
all’interno della cabina. “Poi
immagino…” aggiunse lasciandola andare e
rivolgendosi al Dottore, improvvisamente timida. “Visto che
siamo a Londra…non
potremmo fare un salto al Powell Estate? Scoprire
cos’è successo alle nostre
cose da quando…beh, lo sai…”
Il Dottore annuì,
percorse la distanza che li
separava e l’abbracciò. Restarono così
per alcuni istanti prima che Rose lo
lasciasse andare e si dirigesse sorridente verso il guardaroba insieme
a
Martha, con l’aria di chi ha appena intrapreso una sacra
missione.
………¿DW?………
“Il Powell Estate
è il posto dove sono
cresciuta” spiegò Rose a Martha, dopo che questa
si riprese dalla visione che
le veniva presentata. “È un quartiere popolare ma
è sempre stata la mia casa: mia
e di mamma. Anche se nel mondo di Pete vivevo nel lusso e venivo
trattata come
una ricca ereditiera…” scrollò le
spalle, selezionando ancora un altro vestito
e lanciandolo sul mucchio insieme agli altri.
“Hai voglia di
parlarne?” domandò Martha,
cominciando timidamente a passare in rassegna il suo angolo di
guardaroba. Rose
le aveva assicurato che qualunque abito avesse scelto sarebbe
certamente stati
della sua misura.
“Ti ho già
raccontato di Pete. Ci è voluto così
poco perché ci accettassimo uno come parte della famiglia
dell’altro…” cominciò
Rose e le raccontò della grande villa, delle imprese Vitex,
dei dirigibili, di
Torchwood e di tutte quelle differenze che le ricordavano ogni giorno
di non
trovarsi nel suo universo.
“Più dei
dirigibili?” ridacchiò Martha che per
nulla al mondo poteva immaginarsi un cielo pieno di dirigibili.
“Beh, non è
che uno giri sempre con il naso per
aria” scherzò Rose sollevando due vestiti e
comparandoli tra di loro con occhio
critico. “Per farti un esempio…lì non
abbiamo la monarchia. Alla fine
dell’Ottocento il popolo è insorto in una
rivoluzione contro la famiglia reale
accusando i membri di essere diventati dei demoni e li hanno uccisi
tutti.
Adesso c’è un presidente.”
Martha fece una smorfia.
“Un esempio più allegro
e meno truculento non ce l’avevi?”
Rose rise.
“Mmm…” fece pensandoci su.
“Brad Pitt
è ancora felicemente sposato con Jennifer Aniston!”
“Lo sapevo che da qualche
parte erano ancora la
coppia perfetta!” esclamò Martha trionfante.
Scelsero gli abiti, le scarpe e i
gioielli e
Rose portò le sue cose in camera sua in modo che fossero
lì ad aspettarla per
la serata.
Quando le due ragazze emersero,
trovarono il
Dottore che le aspettava nella sala di controllo trafficando come suo
solito
infilato sotto la console. Appena le sentì arrivare
balzò in piedi e andò loro
incontro con un sorriso. “Pronta ad andare?”
domandò a Rose.
Martha fece passare lo sguardo da
uno all’altro e
uscì dal TARDIS, stringendo contro al petto il vestito viola
che aveva scelto.
“Io mi occuperò di alcune faccende
intanto…e comincerò a prepararmi”
annunciò
lasciandoli soli.
Rose le fece un cenno di saluto con
una mano
mentre l’altra era intrecciata con quella del Dottore.
Inserirono le coordinate
e si smaterializzarono.
………¿DW?………
Fece quasi male uscire dal TARDIS,
che il
Dottore aveva parcheggiato lì, nel cortile, come aveva
sempre fatto. Senza
lasciarle la mano, il Dottore la accompagnò fuori dal
TARDIS, attraverso il
cortile, su per le scale, fino alla porta del piccolo appartamento dove
aveva
vissuto per diciannove anni.
Rose non ebbe tempo per farsi
prendere dai dubbi
o dalla paura perché il Dottore aveva già aperto
la porta e la stava tenendo
per lei. La ragazza deglutì e varcò la soglia.
Il respiro le si bloccò
in gola. “È tutto
esattamente come l’avevamo lasciato” disse con un
rantolo. Guardò verso il
Dottore. “Com’è possibile?”
Lui si stava passando con finta
nonchalance una
mano sulla nuca, guardando ovunque tranne che verso di lei.
“Beeeeh….può essere
che…beh, potrebbe…che sia venuto qui
a…ecco… a continuare a pagare l’affitto
in
modo che nessuno toccasse la vostra casa” confessò
imbarazzato.
Rose lo abbracciò
d’impulso, nascondendo il viso
contro il bavero della sua giacca. Lui la consolò,
accarezzandole i capelli,
dandole tutto il tempo di cui avesse bisogno. Rose sospirò.
Perché lui non
riusciva, non poteva o non voleva darle certe cose, dirle certe
cose…ma non
avrebbe mai dimenticato tutte quelle cose che il Dottore era disposto a
fare
per lei. Quello che aveva fatto per
lei e che avrebbe continuato a fare. Poteva non dirlo…ma
ormai Rose sapeva di
essere amata con la stessa intensità con cui lei amava il
Dottore.
Si staccò da lui con
rammarico. “Forza” disse,
più a se stessa che al Dottore. “È
tempo di liberare questo posto.”
Il Dottore la seguì in
silenzio mentre lei si
aggirava per l’appartamento raccogliendo tutto ciò
che le ricordava sua madre e
la loro vita insieme. Gli album di fotografie, un vecchio e orrendo
canovaccio
tutto bruciato che era stato testimone del primo tentativo culinario di
Rose,
il servizio da tè di cui sua mamma andava tanto fiera. Di
questo tipo di cose
stava riempiendo lo scatolone che le aveva offerto il Dottore
(più grande
all’interno!), dopotutto tutto ciò che era
appartenuto a Rose era già stato
trasferito nel TARDIS tanti e tanti anni prima.
Mentre Rose aggiungeva sempre
più cose alla
scatola (“Tanto è più grande
dentro!” “Sì, ma pesa
uguale!”) il Dottore si
limitava a osservarla con la schiena appoggiata contro un muro.
“Ti mancano?
Jackie…Mickey…la tua famiglia?”
“Ogni giorno”
rispose lei senza levare lo
sguardo.
Lui aprì la bocca per
dire ancora qualcosa, ma
Rose lo bloccò con un gesto deciso della mano.
“Non scusarti”
gli ordinò, sapendo cosa avrebbe
voluto dire. “Non dire che ti dispiace. A me non dispiace e
sono sicura che in
realtà non dispiaccia nemmeno a te.”
Alzò lo sguardo e lo fissò decisa.
“Sono
esattamente dove voglio essere e cioè con te. Tutti lasciano
casa alla fine e
io l’ho fatto tanto tempo fa. Te l’ho
già detto quel terribile giorno, anche se
continui a volerlo dimenticare. Nulla è cambiato per me. Mi
mancheranno, mi
mancheranno per sempre: come dici tu, erano la mia famiglia. Sono la
mia
famiglia. Tu sei la mia casa.”
Il Dottore le si
inginocchiò accanto e la
abbracciò. “Parlami di loro” le disse
appoggiando la bocca vicino all’orecchio,
facendola sedere con sé sul divano. Quel divano
così dolorosamente familiare,
dove avevano passato insieme così tante ore durante le
visite a sua madre, e
l’odore di Jackie ancora permeava quei cuscini. Rose glielo
disse e cominciò a
raccontare anche a lui quello che aveva detto a Martha solo poche ore
prima e
molto di più.
Mentre parlava, il Dottore si
limitò ad
ascoltarla in silenzio, dandole tutta la sua attenzione, accarezzandole
dolcemente il dorso della mano col pollice.
“…un anno dopo
è nato Tony” gli stava raccontando
Rose. “Più cresceva e più diventava la
copia sputata di Pete. Hanno gli stessi
capelli rossi! Fa uscire mamma di testa ma infondo lei ne è
così contenta! È
così intelligente Dottore, lo avresti adorato…e
lui avrebbe adorato te!”
………¿DW?………
“Rose!”
esclamò il Dottore bussando alla porta
della ragazza. “Rose, se non ti spicci faremo
tardi!”
“Macchina del
tempo!” ribatté lei scherzosa
finendo di applicarsi un rossetto rosso fuoco.
“Linee
temporali!” la rimbeccò lui prontamente,
sorridendo. Si aggiustò il farfallino dello smoking.
“Oh, credo che quello
ricada esattamente sotto
la definizione di ‘trucchetto’!” Rose
ripose il rossetto nella borsetta,
controllò che l’acconciatura fosse fissa e
uscì dalla camera.
Il Dottore restò
letteralmente a bocca aperta
quando la vide. Indossava un vestitino nero, semplice, ma con un decoro
di
pizzo a coprirle le spalle e il decolleté. Senza riuscire a
spiccicare una
parola, le offrì galantemente un braccio, con i tacchi era
alta quasi quanto
lui.
Incontrarono il Martha fuori dal
TARDIS e
insieme presero un taxi per raggiungere il ricevimento.
“Perché un
taxi?” volle sapere Martha alla fine
della corsa. “Perché non andare col
TARDIS?”
“Scienziati”
rispose il Dottore con una smorfia.
“Non mi fiderei mai di parcheggiarla incustodita vicino a
loro!” si aggiustò i
gemelli ai polsi, offrì di nuovo il braccio a Rose, che lo
accettò volentieri,
e si incamminarono per l’ultimo tratto.
“Oh, vestito
nero” si lamentò il Dottore. “Ogni
volta che la indosso succede sempre qualcosa di brutto.”
Rose ridacchiò.
“E tutte le volte che indossi il
completo marrone allora?”
“Secondo me non
è il completo” confermò Martha.
“Sei tu. Comunque, secondo me ti dona…vero Rose?
Fa molto James Bond!”
“James Bond?”
ripeté il Dottore lanciando
un’occhiata a Rose e, vedendo la sua espressione allegra,
sorrise a sua volta.
“Davvero?”
“Oh,
sì” confermò Rose.
“Anche i nostri vestiti
però sono spettacolari”
continuò Martha senza riuscire a nascondere un ghigno.
“Il TARDIS ha fatto
davvero un lavoro fantastico. Rose, quel pizzo è strepitoso.
Non lo credi anche
tu, Dottore?”
“Oh,
sì!” esclamò lui entusiasta. Martha lo
fissò sbalordita...era forse riuscita a tirargli fuori una
reazione genuina?
“La dichiarazione d’indipendenza!”
dichiarò il Dottore tirando una pergamena
fuori da una delle tasche. “Credevo di averla persa!
Ah…Tomas Jefferson, lui si
che era uno spasso. Oh, guardate: quello deve essere
l’ingresso principale.”
Martha roteò gli occhi.
Ovviamente no. Ma Rose
stava ridendo…quindi probabilmente andava bene lo stesso.
“Oh! Guarda:
stuzzichini!” dichiarò il Dottore
non appena ebbero messe piede nel salone principale. “Io
adoro gli
stuzzichini!” Ne afferrò una manciata e ne porse
uno a Rose, premendolo
delicatamente contro le sue labbra. Lei lo accettò e si
sorrisero. Le dita del
Dottore si trattennero un momento più a lungo contro le
labbra di lei prima di
ritirarsi.
“Almeno per una volta
facciamo parte degli
ospiti invece che del personale di servizio”
commentò Rose con il suo tipico
sorriso con la lingua tra i denti.
In quel momento spuntò
la sorella di Martha.
“Tish!”
esclamò Martha abbracciandola.
“Oh, ma stai
benissimo!” disse Tish adocchiando
il vestito della sorella. Martha e Rose si fecero
l’occhiolino. “Allora, cosa
ne pensi, impressionante, no?”
“Molto!”
“E sono due sere fuori di
fila…sei
pericolosamente vicina a una vita sociale!”
Martha sbatté la
palpebre. Giusto, erano stati
via solo dodici ore. “Starò attenta o
finirò sui giornali scandalistici.”
“Dovresti davvero tenere
d’occhio i fotografi…e
la mamma: viene anche lei e si porta dietro Leo.”
Martha sollevò un
sopracciglio, poco convinta.
“Leo? In completo? Questa la devo proprio vedere.”
Tish notò Rose e il
Dottore, che si erano
limitati ad osservare in silenzio il loro scambio di battute, e
lanciò uno
sguardo interrogativo verso la sorella.
“Oh, certo” si
riprese Martha. “Questi sono Rose
e il Dottore.”
“Salve!”
risposero entrambi stringendo a turno
la mano a Tish.
“Sono con te?”
volle sapere Tish con un sorriso
tirato.
“Ehm…sì.”
“Ma non sono sulla lista.
Come hanno fatto ad
entrare?”
“Sono il
mio…più-uno” spiegò Martha
imbarazzata.
Tish incrociò le
braccia. “Uno” rimarcò seria.
Rose sospirò e
tirò fuori un tesserino magnetico,
aveva pensato spesso di poter ricorrere a questo espediente per
giustificare la
sua presenza o la sua stessa esistenza, visto che ufficialmente era
morta, ma
aveva sperato di non essere mai costretta a usarlo. Lo
mostrò a Tish. “Istituto
Torchwood” dichiarò con quel tono di voce
professionale che aveva utilizzato
così spesso negli anni passati. “Sono stata
mandata per supervisionare
l’evento.”
Tish la guardò, presa
alla sprovvista. Non
avevano mai avuto a che fare direttamente con Torchwood
all’agenzia ma lei la
sapeva lunga sull’istituto. Dopotutto sua cugina ci aveva
lavorato e non era
mai più tornata indietro.
Prima che la ragazza potesse
prendere in mano il
tesserino per analizzarlo bene il Dottore si intromise tra di loro.
“Allora,
questo Lazarus. È il tuo capo?”
“Il professor
Lazarus” specificò Tish
distogliendo l’attenzione da Rose, che si affrettò
a rimetterlo via, “sì.
Faccio parte del suo staff esecutivo.”
“Fa parte del
dipartimento PR” disse Martha.
“Sono il capo del
dipartimento PR, a dire il
vero” la corresse Tish impettita.
Martha la guardò
allibita. “Stai scherzando?”
“L’ho
organizzata io questa cosa.”
“Allora, sai cosa
farà il professore, stasera?”
domandò il Dottore cercando di riportare il discorso su un
argomento più
interessante. “Quello sembra un manipolatore sonico a
micro-raggio.”
Tish sbuffò divertita.
“Ha il bernoccolo della
scienza, avrei dovuto saperlo. Torno al lavoro ora. Ci vediamo
più tardi.” Si
allontanò.
Il Dottore si cacciò in
bocca un altro
stuzzichino. “Bernoccolo della scienza? Cosa voleva
dire?” domandò curioso.
“Che sei ossessivamente
entusiasta riguardo la
scienza” spiegò Martha con un ghigno.
“Uh! Bello!”
commentò il Dottore con un sorriso.
Rose rise. “Non voleva
essere esattamente un
complimento da parte sua, quello.”
“Sono ancora sexy
però!” le rispose il Dottore facendole
l’occhiolino. Rose arrossì ma prima che potesse
rispondere qualunque cosa una
donna si avvicinò chiamando Martha per nome. Rose riconobbe
subito la voce
sentita in segreteria quella mattina.
La ragazza affiancò il
Dottore per farsi
spiegare meglio qual’era lo scopo di quel manipolatore sonico
e per lasciare a
Martha e a sua madre un po’ di privacy.
“Sei sparita
l’altra sera” sentirono dire dalla
madre di Martha dopo un po’ e non poterono fare a meno di
girarsi. La donna li
aveva adocchiati e li stava guardando con fare sospettoso.
Martha scrollò le spalle
cercando di apparire
disinvolta. “Sono solo andata a casa.”
“Da sola?”
“Questi sono due miei
amici” rispose la ragazza,
cedendo sotto la pressione dello sguardo della madre. “Rose e
il Dottore.”
“Dottore come?”
volle sapere la donna alzando un
sopracciglio.
“No, è solo
‘il Dottore’” spiegò Martha
scuotendo la testa. “Abbiamo lavorato un po’
insieme.”
Rose e il Dottore strinsero la mano
prima a Leo,
il fratello di Martha, poi alla donna.
“Incantato, signora
Jones” disse il Dottore. “Ho
sentito molto parlare di lei.”
“Davvero? E cosa ha
sentito?” domandò la donna
senza prestare la minima attenzione a Rose.
“Beh, sa…che
è la madre di Martha e…” il Dottore
fece una pausa. Deglutì cercando di prendere tempo, sperando
che gli venisse in
mente qualcosa sulla donna. Qualunque cosa. Alla fine si arrese.
“No, in realtà
è più o meno tutto” confessò.
“Occupati? A fare cosa, esattamente?”
Rose roteò gli occhi: la
capacità del Dottore di
mettersi nei guai con le madri rasentava il ridicolo. Decise di farsi
avanti
prima che le cose precipitassero e il Dottore si beccasse un bello
schiaffo,
anche se dubitava che sarebbe stato immeritato.
“Signora Jones”
chiamò attirando la sua
attenzione, facendo di nuovo suoi i modi e gli atteggiamenti da alta
società
che aveva acquisito come erede della Vitex. “Abbiamo
conosciuto sua figlia
durante l’emergenza al Royal Hope Hospital ed è
stata di grande aiuto durante
l’intera situazione. Come diceva il Dottore, purtroppo siamo
stati piuttosto
impegnati e abbiamo avuto poco tempo per chiacchierare ma sua figlia
non ha
certo mancato di parlarci dei suoi studi di artistici e della sua
attività
organizzativa presso il Tate Modern!” Rose scoccò
un’occhiata ammonitrice in
direzione del Dottore, che stava per dire qualcosa a riguardo, che si
zittì
all’istante. “Davvero interessanti, mi piacerebbe
sentirne parlare più nel
dettaglio da lei un giorno” concluse con un sorriso
smagliante.
La madre di Martha la
fissò per un momento, poi
ricambiò il sorriso e le strinse di nuovo la mano, placata e
colpita dai modi
della giovane donna. Stava per aprire di nuovo la bocca per chiedere
cosa ci
facevano loro
all’ospedale ma venne
interrotta dal tintinnio di un bicchiere. Le luci si offuscarono e il
professor
Lazarus cominciò il suo discorso d’apertura.
Il professore stesso
entrò nella macchina. Quando
essa ebbe delle complicazioni e andò in sovraccarico la vita
del professore fu
salvata solo dall’intervento del Dottore, che
riuscì a spegnerla prima che
saltasse in aria con l’intero edificio. Pochi secondi dopo il
professor Lazarus
ne usciva...quarantanni più giovane. Le rughe erano
scomparse, il capelli
bianchi erano tornati al loro originale color dorato. “Il mio
nome è Richard
Lazarus” disse spalancando le braccia con fare teatrale.
“Ho 76 anni e sono
rinato!”
Rose e il Dottore si scambiarono
un’occhiata
perplessa e decisero di avvicinarglisi.
Il professore si stava ingozzando
di
stuzzichini. “Sto morendo di fame!” aveva appena
dichiarato a sua moglie, Lady
Thaw.
“Deficit
d’energia” gli spiegò il Dottore,
arrivandogli alle spalle. “Succede sempre in questo tipo di
processi.”
“Lei parla come se ne
vedesse di tutti i giorni,
signor…”
“Dottore. E beh, no, non
tutti i giorni, ma ho
una certa esperienza con questo tipo di trasformazioni.”
“Non me ne
parlare” commentò Rose a mezza voce,
roteando gli occhi. Il Dottore fu l’unico a sentirla e le
lanciò un’occhiata
divertita prima di far tornare l’attenzione su Lazarus.
“È
impossibile” lo derise il professore.
“Usare onde sonore
ipersoniche per creare uno
stato di risonanza? È geniale” fece il Dottore
guadagnandosi un'altra alzata
d’occhi da parte di Rose. “Non può fare
a meno di mettersi in mostra” disse lei
a Martha, che ridacchiò con lei.
Il professore sollevò un
sopracciglio davanti
alla spiegazione del Dottore. “Lei capisce la teoria,
allora?”
“Abbastanza per sapere
che non ha potuto tener
conto di tutte le variabili.”
“Nessun esperimento
è interamente privo di
rischi.”
“Quell’affare
è quasi esplosa! Tanto valeva
entrare in un frullatore.”
“Lei non ha le qualifiche
per commentare” disse Lady
Thaw indignata.
“Se non
l’avessi fermato, sarebbe esploso!”
“Allora la ringrazio,
Dottore” disse Lazarus
riprendendo in mano le redini del discorso e concludendolo.
“Ora ho delle cose
di cui occuparmi. Addio, Dottore.”
Cominciò ad allontanarsi
con la moglie prima di
girarsi, prendere la mano di Rose nella sua e poggiarci sopra un umido
baciamano.
Il Dottore lo guardò
male per tutto il tempo.
“Ha fatto il passo più lungo della
gamba” commentò dopo che se ne fu andato.
“Non ha idea del danno che avrebbe provocato.”
“Quindi cosa facciamo
ora?” domandò Rose che si
stava fissando la mano come se fosse stata mangiata da un coccodrillo.
Il Dottore ispirò
bruscamente. “Ora? Beh,
quest’edificio deve essere pieno di laboratori. Io dico di
fare i nostri test
personali visto che il caro professore non sembra per niente
preoccupato delle
conseguenze del suo esperimento.”
“E come pensavamo di
farli questi test? L’ultima
volta che ho dovuto distrarre qualcuno per te sono quasi finita a
fuoco, ti
ricordo.” Rose abbassò la mano contro il bordo del
vestito per pulirsi il dorso
della mano ma Martha le afferrò il polso e la
fermò.
“Ma qui qualcuno di noi
ha appena raccolto un
campione di DNA, giusto?” disse Martha con un ghigno.
Gli occhi del Dottore brillarono di
ammirazione.
“Oh! Martha Jones, sei una stella!”
………¿DW?………
Non fu un problema raggiungere i
laboratori.
Erano tutti incustoditi e le serrature elettroniche non erano mai state
un
problema per loro. Quello che scoprirono, però, non fu
rassicurante. Il DNA del
professor Lazarus era diventato profondamente instabile. Addirittura,
mutò
proprio davanti ai loro occhi, mentre lo analizzavano. Qualcosa nel DNA
del
professore si era attivato e non lo lasciava stabilizzare.
“Qualcosa cerca di
cambiarlo” spiegò il Dottore.
Rose lanciò a lui e a
Martha un’occhiata
confusa. Tra tutti, lei era quella che ci capiva di meno su quel tipo
di
argomento. “Cambiarlo in cosa?” volle sapere.
“Non lo so”
fece il Dottore “ma dobbiamo
scoprirlo.”
………¿DW?………
Tornarono nella sala del
ricevimento, sperando
di trovare subito il professore e riuscire a parlargli.
“Ehi, tutto bene
Martha?” chiese Leo andando
loro incontro. “Penso che mamma ti voglia parlare.”
“Mm…sì,
più tardi andrò a cercarla. Senti...hai
visto Lazarus da qualche parte?”
“Beh, stava prendendo
confidenza con Tish un
paio di minuti fa.”
Rose sollevò un
sopracciglio al commento e si
rivolse a Martha e al Dottore. “Con Tish? Come facciamo a
sapere che non abbia
già cominciato a cambiare?”
“Non lo
sappiamo” rispose il Dottore guardandosi
intorno allerta. “Hai visto il DNA, non era stabile. Il
processo richiede
energia, hai visto come divorava tutto il cibo che gli capitava davanti
prima.
Forse quando quello non sarà abbastanza si
trasformerà…o forse passerà a un
nuovo tipo di alimentazione.”
“Sai dove sono andati
Tish e Lazarus?” fece
fretta Martha.
“Di sopra,
credo” rispose Leo con un’alzata di
spalle. “Perché?”
Il Dottore scambiò uno
sguardo con le due
ragazze. “Dobbiamo trovarlo, non sappiamo ancora quanto
può essere pericoloso”
disse e scattò verso l’ascensore urtando nel
processo la madre di Martha, che
si era avvicinata per parlargli.
Rose lo maledì
interiormente e si fermò davanti
alla donna. Le toccò delicatamente un gomito e le sorrise in
segno di scusa.
“Desolata signora Jones. È un gran maleducato ma
non è cattivo. Stiamo
svolgendo un’indagine interna in questo momento ma appena
avremo finito sarà un
piacere fare quattro chiacchiere con lei” disse velocemente
prima di correre a
raggiungere Martha e il Dottore, che la aspettavano tenendo aperte le
porte
dell’ascensore.
“Indagine?”
ripeté la signora Jones confusa.
“Indagine per cosa?”
Leo porse alla madre un nuovo
bicchiere di
champagne, visto che il precedente era stato rovesciato dal Dottore.
“Tish ha
detto che lavora per Torchwood.”
………¿DW?………
“Lascia perdere mia
mamma” si scusò Martha
imbarazzata.
“Non preoccuparti per
questo” l’assicurò Rose.
“Mia madre era ancora peggio. La prima volta che ha
conosciuto il Dottore l’ha
schiaffeggiato.”
Il Dottore sospirò e si
portò una mano sulla
guancia. “A volte mi sembra di sentire ancora le sue dita
sulla faccia.”
Rose lo ignorò.
“È bello avere qualcuno a casa
che ti aspetta e si preoccupa per te. È una seccatura
metà delle volte ma è
sempre una bella sensazione.”
Le porte dell’ascensore
si aprirono. Per prima
cosa controllarono lo studio del professor Lazarus, dove trovarono Lady
Thaw,
sua moglie, morta. Assomigliava a una vecchia mummia rinsecchita.
“Ecco dove ha trovato la
sua nuova fonte di
energia” commentò Rose acremente.
“Dobbiamo
sbrigarci!” esclamò
Martha correndo di nuovo in ascensore
per continuare a cercare lui e la sorella. Li trovarono sul tetto, ad
ammirare
lo skyline di Londra e Lazarus…ci stava provando con Tish.
La costrinsero ad
allontanarsi giusto in tempo per vedere il professore trasformarsi in
un
mostro.
“Correte!”
strillò il Dottore e senza
esitazione, scapparono il più velocemente possibile, di
nuovo verso il
ricevimento.
“Dobbiamo far evacuare
l’edificio!” esclamò
Rose. In quel momento partì tutta una serie di allarmi. Sicurezza Uno continuava a ripetere una
voce elettronica. Si era
attivato un blocco di emergenza che tagliava quasi tutta
l’energia, fermava gli
ascensori e bloccava le uscite: veniva causato da
un’intrusione, come spiegò
Tish.
“Questo vuol dire che gli
ospiti non possono
uscire!” urlò Rose correndo giù per le
scale insieme agli altri.
Raggiunsero di nuovo il salone
principale e Rose
estrasse immediatamente il tesserino di Torchwood e lo tenne alto sopra
la
testa in modo che potessero vederlo tutti. “Questa
è un’emergenza. Vi preghiamo
di dirigervi velocemente ma in ordine verso le uscite! Vi
ringrazio!” aggiunse
quando vide che tutti facevano come aveva detto. Cosa non faceva un
documento
ufficiale.
“Da come lo sventoli in
giro sembra che tu non
abbia fatto per tutta la tua vita!” commentò il
Dottore sollevando un
sopracciglio. Afferrò il cacciavite sonico e
cominciò a lavorare per riaprire
le porte.
“Gli alieni non esistono
solo in questo mondo,
mio caro Signore del Tempo. La mia squadra ed io ci siamo trovati in
questo
tipo di situazione più volte di quanto tu possa
immaginare!”
Con un ‘clang’
le porte si sbloccarono e il Dottore
le spalancò permettendo agli ospiti di cominciare a scappare
fuori proprio
quando Lazarus raggiunse il salone a sua volta. Riuscì ad
agguantare un ospite
con quella specie di pungiglione che gli era cresciuto sulla schiena e
lo
ridusse come aveva ridotto Lady Thaw.
Rose rimase vicino alle porte per
aiutare la
gente ad allontanarsi mentre il Dottore corse a distrarre il mostro.
Pochi
secondo dopo Rose venne raggiunta da Martha che aiutava Tish a
sorreggere il
fratello.
“Cosa fa il
Dottore?” domandò Tish vedendolo
scomparire seguito da Lazarus.
“Cerca di farci
guadagnare del tempo” fu la
secca risposta di Martha. “Cerchiamo di non
sprecarlo.” Lei e Rose si
scambiarono un’occhiata silenziosa e annuirono, poi Rose
corse via nella stessa
direzione in cui era sparito il Dottore.
“Leo, guardami”
ordinò Martha. “Concentrati su
di me: fammi vedere gli occhi. Ha una commozione cerebrale”
soffiò tra i denti,
preoccupata. “Mamma, devi aiutarlo ad andare di
sotto.”
Prese del ghiaccio, lo mise in un
tovagliolo e
lo porse alla madre. “Questo limiterà il
gonfiore” disse prima di muoversi per
seguire Rose.
La madre la fermò
inorridita. “Non puoi andare!
Hai visto cosa ha fatto quella cosa! Ti ucciderà!”
Martha scosse la testa.
“Non mi importa. Devo
aiutarli!”
“È il Dottore,
non è vero? Lui e quella ragazza”
ringhiò la donna. “Lavora per Torchwood! Non ti
ricordi di tua cugina Adeola?
Anche lei lavorava per loro e non è mai tornata
indietro!”
“Ma loro erano
lì, mamma!” gridò Martha
esasperata. “A Canary Wharf, sono stati loro a fermare i
Cyberman!”
“Ci stanno facendo
guadagnare tempo” si
intromise Tish. “Tempo per fare uscire anche te!”
“Non posso
abbandonarli!” dichiarò Martha
girandosi e correndo di nuovo dentro l’edificio. Dopo pochi
minuti andò a
sbattere contro Rose e il Dottore.
“Come hai fatto a
trovarci?” esclamò il Dottore
riprendendo subito a correre. Stano scappando da Lazarus, di nuovo.
“Ho seguito le
esplosioni!” rispose
semplicemente Martha andando loro dietro. “Cosa avete
fatto?”
“Abbiamo fatto scoppiare
Lazarus!” urlò Rose col
fiatone.
“Beh, non mi sembra che
abbia funzionato!”
“È servito
solo a farlo arrabbiare!” strillò il
Dottore.
Tornarono nella hall, nella stanza
col
macchinario di Lazarus. Dopo un secondo il Dottore ci si
infilò costringendo
Rose e Martha a seguirlo. Vi si chiusero all’interno.
“Ci stiamo
nascondendo?” domandò Martha
spaventata, cercando di trovare la giusta posizione per poter respirare
senza
avere il gomito di Rose conficcato nel fianco. Rose per contro stava
cercando
di non affondare il naso nel collo del Dottore. C’era davvero
poco spazio.
“No, sa che siamo qui, ma
questo è il suo
capolavoro” rispose il Dottore sottovoce.
“Scommetto che non lo distruggerà,
nemmeno per arrivare a noi.”
“Ma siamo in
trappola!”
“Tanto per
cambiare” sbuffò Rose, ma per il
momento sembrava più divertita che spaventata. Preoccupata,
certo, ma non
spaventata.
“Beh, sì,
questo è un piccolo problemino.
“Vuoi dire che non hai un
piano?” volle sapere
Martha, guardando verso Rose in cerca di una vera risposta. La ragazza
si
limitò a scimmiottare il Dottore mentre rispondeva
“Sì, il piano era quello di
entrare qui dentro.”
“I piani a lungo termine
non sono una delle sue
caratteristiche” spiegò Rose con un sorriso
vagamente irritato.
“E quindi?”
domandò Martha che digrignò i denti
sentendo la nota isterica presente nella sua voce.
“E quindi è il
momento di un altro piano”
rispose il Dottore cercando di recuperare il cacciavite sonico
dall’interno
della giacca.
Rose arrossì.
“Non credo che lo troverai lì
dentro il cacciavite” confessò. Il Dottore
trattenne il respiro e abbassò lo
sguardo, realizzò inorridito di aver infilato la mano
profondamente nella
scollatura di Rose. Alzò lo sguardo su di lei e la
fissò intensamente. La
ragazza vide che guardandola, i suoi occhi erano diventati quasi del
tutto
neri, tanto gli si erano dilatate le pupille.
Divincolandosi, Rose
riuscì a recuperare il
proprio cacciavite e glielo passò. Solo allora il Dottore
distolse lo sguardo dai
suoi occhi e cominciò ad abbassarsi verso il fondo del
macchinario scivolando
contro il suo corpo.
Una volta in ginocchio, le
circondò una gamba
con il braccio per mantenersi in equilibrio. Lo stesso, Rose non
riuscì a
trattenere un rantolo.
“Ancora non capisco da
dove sia uscite quel
coso” disse Martha mentre il Dottore lavorava con i cavi e i
cavetti del
macchinario. “È alieno?”
“No. Per una volta
è di origine rigorosamente
umana.”
“Umano? Come
può essere umano?”
“Forse deriva da geni
dormienti nel DNA di
Lazarus. Il campo di energia deve averli attivati. Ora sembra che
stiano
diventando dominanti.”
“Quindi è una
regressione.”
“Una qualche opzione che
l’evoluzione ha
respinto quaranta milioni di anni fa. Ma il potenziale è
ancora lì, chiuso nei
vostri geni. Dimenticato, finché Lazarus non l’ha
liberato per errore.”
Rose sospirò.
“È come un vaso di Pandora.”
“Esattamente. Belle
scarpe, comunque” le rispose
il Dottore. “Ma sono altissime. Come fai a camminarci?
Meglio, come hai fatto a
correrci per tutta la sera?”
“Chiedimelo domani
mattina” si lamentò lei.
“Questa doveva essere una serata tranquilla.”
Il Dottore sbuffò.
“Ho indosso il completo nero
della sfiga, c’era da aspettarselo.”
“Quello che non mi sarei
aspettata è che in
tutto il tempo e lo spazio non abbiano ancora inventato una scarpa che
abbia il
tacco ma che sia anche comoda” ritorse Rose.
“C’è
a dire il vero” disse il Dottore senza
smettere di smanettare freneticamente, dato che Lazarus
all’esterno si stava
facendo sempre più impaziente. “Gesia 14, anni
30227. Scarpe che possono
convertirsi da alte a basse semplicemente battendo i tacchi.”
Rose ridacchiò.
“Come Dorothy?”
“Come Dorothy”
rispose il Dottore ricambiando il
sorriso.
“C’è
qualche valido motivo per il quale non ne
ho già l’armadio pieno?”
“Ehm…”
“Sarà il primo
posto dove ci porterai a fare
shopping dopo questa sera. Chiaro?”
“Chiaro”
confermò il Dottore riuscendo
finalmente ad attivare il macchinario come voleva. Questo
rilasciò un’onda
simile a quella che aveva ringiovanito Lazarus ma al di fuori. Il
mostro cadde
a terra con un tonfo e tornò al suo aspetto umano di Richard
Lazarus.
Il Dottore si tirò su in
piedi, reggendosi con
un braccio intorno al fianco di Rose. Ci era mancato un pelo che il
raggio
colpisse loro invece che Lazarus. Appoggiò per un secondo la
fronte contro la
spalla di Rose e respirò a fondo, sentendo il profumo
confortevole della
ragazza invadergli le narici. Sospirò ancora una volta e la
lasciò andare.
Uscirono dal macchinario. La prima
cosa che
Martha fece fu controllare che Lazarus fosse davvero morto prima che il
coroner
lo portasse via. Seguirono la portantina fuori dall’edificio
e guardarono
portarlo via. Mentre se ne stavano lì in silenzio, sulle
scalinate ricoperte da
un tappeto rosso, Rose prese la mano del Dottore nella sua.
“Hai mai pensato
come sarebbe stato?”
“Che cosa?”
“Se quel macchinario
fosse stato davvero in
grado di far star giovane una persona” rispose la ragazza
senza il coraggio di
guardarlo negli occhi.
Il Dottore però si
voltò a fissarla. Stava
parlando di lei, di loro, questo lo sapeva. “Rose”
la chiamò e la costrinse a
guardarlo. “Non è di perderti che ho
paura” le disse criptico, stringendole la
mano.
Prima che nessuno dei due potesse
aggiungere
nient’altro arrivarono Tish e la signora Jones, nel
particolare, sul piede di
guerra.
“Voglio una
spiegazione” dichiarò minacciosa.
“Cos’è successo là dentro?
Qualcuno me lo spieghi. Immediatamente! E perché
deve sempre esserci in mezzo questo maledetto Torchwood?”
“Mamma,
calmati!” esclamò Martha indignata per
la scenata.
Rose fece un respiro profondo, si
calò ancora
una volta la maschera da ereditiera della Vitex e si fece avanti.
“Signora
Jones, la prego, lasci che le spieghi” disse in un tono che
il Dottore stentava
a riconoscere.
L’aveva già
percepito prima, durante il
ricevimento, come se lei non si potesse sentire più a suo
agio di così in un
ricevimento di quella portata. Anche adesso, con quel tono
professionale che
riusciva ad adottare con tanta naturalezza. Una realizzazione lo
colpì davvero
per la prima volta: Rose aveva avuto una vita nel Mondo di Pete. Un
mondo in
cui era l’ereditiera della Vitex, figlia di una delle
famiglie più ricche
d’Inghilterra. Un mondo in cui non solo aveva lavorato per
Torchwood ma in cui
aveva avuto addirittura una squadra sotto il suo comando.
Razionalmente l’aveva
sempre saputo: gliel’aveva
detto lei stessa che aveva cominciato a lavorare per Torchwood. Sapeva
che le
era nato un fratellono di nome Tony e tutta una serie di altri piccoli
dettagli. Quanto aveva passato a pensare a come stava passando al vita
senza di
lui…solo non l’aveva mai realizzato a pieno fino a
quel momento.
Sbatté le palpebre. Rose
nel frattempo era
riuscita a placare la signora Jones, che aveva cominciato a convincersi
che
tutto quello che avevano cercato di fare era stato in buona fede.
Si strinsero la mano prima di
andare ognuno per
la propria strada.
“Volete che vi
riaccompagniamo a casa?” si offrì
Rose.
“Meglio di no”
rispose Tish ridendo. “Troppe
emozioni per una sola sera.”
“Io non sono ancora del
tutto convinta su di voi
comunque, tenetelo a mente!” avvertì la signora
Jones con una smorfia. Rose e
il Dottore sorrisero, nonostante le parole della donna la tensione era
quasi
del tutto scomparsa.
“Allora dovremo darle
prova del contrario!”
dissero prima di dirigersi verso casa di Martha.
“Che serata!”
esclamò la ragazza chiudendosi la
porta d’ingresso alle spalle.
“Un’altra cosa
che ci è scappata un po’ di mano,
no?” rispose il Dottore con un ghigno. Si schiarì
la gola. “Allora…un altro
viaggetto?”
“Dottore!” si
intromise Rose. “Non credi che si
sia guadagnata i privilegi di una viaggiatrice abituale? E poi hai
promesso di
portarci a fare shopping!”
“E non si può
ritirare una promessa di shopping
col TARDIS, vero?” disse lui senza smettere di ghignare.
“Ohhh, e va bene!
Allons-y!”
Una volta chiusa la porta del
TARDIS alle
spalle, il Dottore cominciò immediatamente a saltellare
intorno alla console,
premendo pulsanti e inserendo coordinate. Rose ne sapeva abbastanza per
capire
che non si stavano limitando ad andare nel vortice.
La ragazza gemette, togliendosi le
scarpe e
appoggiandole ordinatamente in un angolo. Il TARDIS subito le
sostituì con un
paio di comode di ciabatte e la ragazza le mandò un
ringraziamento silenzioso.
“Qualunque cosa tu stia facendo, smettila”
ordinò al Dottore, che aveva
cominciato a borbottare a mezza voce riguardo un pianeta dove tutti i
colori
erano invertiti. “In questo momento non desidero
più camminare per il resto
della mia vita” sospirò lasciandosi cadere sul
sedile del capitano e chiudendo
gli occhi.
“Attenta a quello che
desideri…” disse il
Dottore.
Rose aprì un occhio e lo
guardò divertita.
“Perché potrebbe esserci un genio del
ventiquattresimo secolo pronto ad
avverarlo?”
Lui scoppiò a ridere e
si allontanò dalla
console, lasciando il TARDIS comodamente parcheggiata nel soggiorno di
Martha.
“Beh, ma di quello ce ne siamo già occupati, no?
Credo che sia finito su un
pianeta disabitato e sia intento a far contenti dei porcellini
d’india…”
Martha, che pure si stava togliendo
i tacchi,
quasi cadde per terra, e guardò gli altri due allucinata.
“Roma”
spiegò Rose chiudendo di nuovo gli occhi.
“Nel 140 d.C. abbiamo trovato un genio della lampada
proveniente dal futuro.”
“Come risultato adesso al
British Museum c’è una
statua di Rose che impersona la dea Fortuna!”
esclamò il Dottore entusiasta e
cominciò a raccontare a Martha di quella particolare
avventura e della Rose di
pietra. Nel frattempo la Rose in carne e ossa si addormentò
beatamente sul
sedile.
Una volta terminato il racconto, il
Dottore le
si avvicinò e la prese in braccio, lasciando che la testa di
lei gli
ciondolasse su una spalla. Si avviò verso la sua stanza
prima di girarsi ancora
una volta verso Martha. “Tutto a posto con te?”
La ragazza annuì,
facendogli cenno di portare
pure Rose nella sua stanza. “Ne approfitterò per
portare un paio di cose nel
TARDIS…poi andrò anch’io a letto. Sono
esausta!”
………¿DW?………
Il Dottore raggiunse la camera di
Rose solo dopo
diversi minuti dal momento che il TARDIS non
l’aveva spostata per rendergliela più vicina.
L’adagiò delicatamente sul
copriletto beige, facendo attenzione che non si svegliasse, e si rese
conto per
la prima volta di quanto era cambiata la stanza rispetto a prima.
Non c’era più
quella tinta rosa dappertutto
sebbene rimanesse comunque presente nei dettagli. Era più
ordinata, anche se di
poco: almeno il pavimento non era più coperto da mucchi di
vestiti.
Sulla toletta notò,
vicino allo specchio, due
foto in cornice. La prima era di lei con la sua famiglia: con Pete
Tyler e un
bambino di un anno con i capelli rossi era vero che assomigliava
incredibilmente al padre. Un vero Tyler. La foto doveva essere rimasta
piegata
in una tasca per lungo tempo a giudicare dai segni più
chiari che la
attraversavano. Nell’altra foto invece c’erano loro
due, a Natale, dopo la
sconfitta degli Sycorax. Si trovavano sotto il vischio (chi poteva aver
scattato la foto? Mickey probabilmente) ancora le coroncine di
cartapesta
calate sulla fronte. Rose era rossa come un pomodoro: ci aveva sperato
tanto,
lo sapeva. E anche lui, in quel momento aveva realizzato quanto volesse
baciarla.
Questa reincarnazione era diversa
dalle altre,
l’aveva capito subito. Non che prima non avesse voluto
baciarla ma era così
difficile trattenersi adesso. Spesso provava desideri allo stesso modo
e con la
stessa intensità di un essere umano, che amava Rose come un
uomo ama una
donna, così
come un Signore del Tempo
non sarebbe stato in gradi di fare, mai… ma dopotutto
l’aveva sempre saputo che
morendo si era ricreato apposta per lei. In modo da essere perfetto per
lei:
più giovane, più simile a tutti quei ragazzini
che continuava a portare a
bordo. Aveva addirittura cambiato accento per lei! E quel giorno di
Natale
aveva voluto baciarla con tutto se stesso, il sangue che gli pulsava
nelle
orecchie… e da codardo qual’era non fece niente di
quello che avrebbe voluto
fare. Non l’aveva presa tra le braccia premendola contro di
sé, sentendo ogni
curva del suo corpo contro il proprio, reclamandola come sua,
baciandola con
passione. No, si era limitato a chinarsi in avanti e a sfiorarle
castamente un
angolo della bocca con le labbra sussurrandole “Buona Natale,
Rose Tyler.”
Anche ora, mentre la guardava
dormire, provava
gli stessi desideri di quel giorno. Rassilion, da quando era tornata da
lui poteva
contare sulle dita di una mano i momento in cui non
li aveva provati.
Le si sedette accanto, spostandole
i capelli dal
viso. Il sentimento che provava per lei sembrava volergli esplodere nel
petto.
Le accarezzò una guancia con le nocche della mano. Come
aveva fatto il rossetto
a restarle perfetto, intatto sulle labbra nel corso di tutta la serata?
Ma se
ci avesse dormito al risveglio se lo sarebbe ritrovato su tutto il
cuscino.
Le passò il pollice sul
labbro inferiore.
Cosa
sto
facendo?
Lo stesso, però, si
alzò per prendere un
batuffolo di cotone dalla toletta e cominciò a pulirle il
viso: sapeva che
quando dormiva nemmeno un bombardamento sarebbe stato in grado di
svegliarla. E
per una volta non era una metafora visto che era
stata in grado di dormire durante un bombardamento.
Una volta finito le
accarezzò la guancia
un’ultima volta e fece per andarsene quando gli occhi gli
caddero sul vestito
che ancora stava indossando. Le si
stropiccerà tutto fu il pensiero che gli
balenò in testa. Fece per
allungare una mano verso la spallina prima di ritirarla velocemente,
come se si
fosse bruciato, per nasconderci il viso. Sono
un pazzo. Cosa sto facendo?
Pensò al corpo sotto
quei tessuti, lo stesso
corpo che era stato premuto contro il suo quando erano rimasti
imprigionati nel
macchinario di Lazarus, quel corpo che combaciava così
perfettamente con il
suo…d’altra parte si era ricreato per lei.
Così come le loro mani trovavano il
loro posto perfetto l’una stretta intorno
all’altra, perché non avrebbero
dovuto farlo i loro corpi?
Guardò ancora una volta
la figura di Rose
addormentata e si chinò su di lei per premere duramente le
labbra contro le sue
per un breve, doloroso secondo. Poi si alzò e
scappò dalla stanza praticamente
correndo.
Nota
dell’autrice: A volte ritornano! Innanzitutto non so come
scusarmi dei lunghi
mesi di attesa! Sapevo che per maggio-giugno non sarei stata in grado
di
scrivere ma per motivi di forza maggiore non sono riuscita a scrivere
nemmeno
per buona parte di aprile! Chiedo venia! Spero di essermi fatta
perdonare con
questo capitolo (sembra che mi si fisicamente impossibile scrivere un
capitolo
meno corto di 10 pagine. La quantità di volte in cui ne
saltano fuori 13 è
inquietante! Ci sarà un qualche messaggio nascosto che non
riesco a cogliere?).
Comunque
eccomi, sono tornata! Al momento non me la sento di darvi una data di
uscita
per il prossimo capitolo perché: a) devo seriamente mettermi
d’impegno e finire
‘Il mio maestro’ che va avanti da così
tanti anni che mi sento in imbarazzo a
dirlo, e quindi deve avere la priorità; b) ho perso
l’esercizio! Prima della
pausa riuscivo a scrivere per ore e ore al giorno mentre adesso per
scrivere
questo capitolo ci sono stata più di una settimana! Quello
che posso
assicurarvi è che di certo non farò passare mesi;
c) dei prossimi capitoli uno
sarà inventato di sana pianta mentre gli altri tre/quattro
si baseranno solo a
grandissime linee sugli episodi della stagione e ci vorrà un
gran bel lavoro di
tramaggio dietro!
Alcune
considerazioni:
1) Ho
fatto riferimento a un’avventura passata con un genio del
24esimo secolo…si
riferisce a uno dei libri pubblicati della BBC ‘The Stone
Rose’ che vede come
protagonisti, appunto, Rose e il Dottore.
2) Non
avevo idea di come chiamare questo capitolo e quindi mi son buttata su
una
citazione di Eliot
3) Come
avrete notato ho saltato tutta l’ultima parte
dell’episodio perché…sì.
Diciamocelo: era inutile. Era già inutile
nell’episodio (che nel suo insieme
non era particolarmente brillante dal momento che i personaggi si
limitavano a
correre avanti e indietro e basta) figuriamoci in una riscrittura. Non
valeva
nemmeno la pena di citarlo in stile ‘riassunto’
come faccio quando gli eventi
non cambiano quasi per nulla rispetto alla serie originale.
4) quanto
accidenti è lunga questa nota?
5) Fate un
salto a dare un’occhiata al capitolo con Shakespeare (Nel
tuono, nel lampo,
nella pioggia) verso la fine: mi hanno fatto una bellissima fan art
della scena
con Rose e il Dottore sulla panca! <3
6) Un paio
di persone in questo mesi di hiatus mi hanno scritto preoccupati che
avessi
abbandonato la storia…non credo proprio che
succederà ma caso voglia…vi
avvertirò. Non mi limiterò a smettere di
aggiornare e basta! Purtroppo sono
davvero piena di impegni e ci sono anche lunghi periodi di tempo in cui
non ho
davvero tempo per scrivere, per quanto lo voglia! Abbiate pazienza per
favore e
non dimenticatevi di me!
(Seriamente,
quanto è lunga questa nota??)
Dubbi,
perplessità o semplicemente apprezzamenti…non
mancate di scrivermi! Un bacione
a tutti! Prossimo capitolo: Martha farà suoi i desideri e le
speranze di voi
povere lettrici, prenderà il Dottore per il collo e gli
darà una bella
scassata, urlandogli contemporaneamente in un orecchio. Go Martha, go!